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Autore: Hisfreckles    01/07/2013    6 recensioni
'Aveva imparato a conviverci, ormai, con i risvegli improvvisi, le urla, la tachicardia e l’affanno, eppure sapeva che con gli incubi, non ci sarebbe mai riuscita. Ma adesso era cambiato tutto.
Adesso era diventata mamma.'
[Keeta] [Post-Mockingjay]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Katniss aveva sempre saputo, dalla prima volta che aveva avuto a che fare con la morte, che non avrebbe più passato una notte tranquilla e senza incubi, fatta eccezione delle volte in cui le braccia di Peeta la tenevano stretta.
Aveva imparato a conviverci con i risvegli improvvisi, le urla, la tachicardia e l’affanno. Eppure sapeva che con gli incubi, non ci sarebbe mai riuscita . Ma adesso era cambiato tutto.
Adesso era diventata mamma.
Non che gli incubi fossero spariti, non l’avrebbero mai fatto, ma la maggior parte dei giorni Katniss era così stanca che neanche ricordava di essere andata a dormire. Ora altri pianti disperati riempivano la loro casa, altre urla squarciavano il silenzio notturno e probabilmente a Katniss neanche dispiacevano, non come quelle che di solito li svegliavano in piena notte, almeno.
Era notte fonda quando il pianto acuto di suo figlio la costrinse ad aprire gli occhi.
- Mmh, Peeta?- mugugnò con la voce arrochita dal sonno, mentre con una mano scuoteva la spalla del biondo che borbottò qualcosa nel sonno, ma che non diede segno di svegliarsi.
Lanciò un’occhiata all’orologio digitale che si trovava sul comodino, segnava le due e trenta del mattino: puntuale come al solito. Rassegnata, si alzò dal letto, e si diresse verso la piccola stanza azzurra che si trovava proprio di fianco alla loro.
Peeta l’aveva ridecorata interamente, proprio come aveva fatto con quella della bambina, anni prima, partendo dai muri azzurri che aveva utilizzato come sfondo per disegnare un verdissimo prato tutt’intorno alla stanza. Entrò e si affrettò a prendere in braccio il neonato che era diventato rosso in viso a forza di piangere.

- Shh – prese a cullarlo cercando di tranquillizzarlo. Il bambino si zittì per un attimo puntando i grandi occhi grigi nei suoi del medesimo colore, poi ricominciò a lamentarsi.
- Hai fame, vero?- chiese retorica mentre si spostava verso la sedia a dondolo di fronte alla culla. Il piccolo si attaccò al suo seno famelico senza mai staccare gli occhi dai suoi. Katniss non aveva mai desiderato nulla del genere, ma adesso che l'aveva non avrebbe saputo cosa fare senza quei due angeli. All’inizio aveva avuto paura, una paura che le arrivava dal profondo perché, dopotutto, lei era la ragazza di fuoco, era capace solo di rovinare l’esistenza di chiunque incontrasse, non avrebbe mai potuto fare qualcosa di buono come mettere alla luce un bambino e sicuramente non se lo meritava, ma Peeta sì.
Perciò era lì, gli occhi fissi nei suoi occhi che la scrutavano attentamente.
Il bambino spostò la testa e allontanò il suo corpo con una manina paffuta, chiara manifestazione del suo essere sazio. Brutto, brutto segno. Di solito finiva sempre con l’addormentarsi durante le poppate notturne, Katniss lo rimetteva nella culla e se ne tornava a letto, niente di più niente di meno. Ma i suoi occhietti erano più svegli e vispi che mai. Si alzò lentamente spostando il piccolo in modo che appoggiasse la guancia sulla sua spalla, e cominciò a camminare dandogli leggere pacche alla schiena. Il bambino fece un versetto felice mentre con le manine cercava di afferrarle i capelli.
- Su, dormi – disse supplicante dopo aver fatto il giro della stanza per la sesta volta. Era davvero un disastro nel farli addormentare. A meno che non si addormentassero tra le sue braccia, lei non aveva nessuna idea di come fare. Era compito di Peeta quello. Certo, avrebbe potuto cantare, ma l’unica ninnananna che conosceva era troppo intrisa di dolore e sangue per cantarla senza avere la sensazione di sporcare anche i suoi figli.

- Mamma? –
Una bambina dai capelli scuri sgambettò nella stanza stropicciandosi gli occhi azzurri.
- Ehi, che ci fai sveglia? –
Si sarebbe dovuta armare di una grande dose di pazienza per farli addormentare entrambi, una pazienza che lei non aveva, e che le ricordò che in quel momento Peeta stava dormendo beatamente ignaro di tutto.
- Non riesco a dormire – si lamentò con la vocina sottile facendosi strada nella camera per poi sedersi sulla sedia a dondolo.
- Sei sicura? – incalzò Katniss facendo finta di pensarci su per un attimo – Pensavo di andare nei boschi domani, e pensavo che magari tu potessi accompagnarmi.-
-Davvero?- domandò la piccola illuminandosi improvvisamente.
-Già, ma se starai dormendo, mi toccherà andare da sola-

-Come mai le mie due ragazze sono sveglie a quest’ora?-
Entrambe si voltarono verso lo stipite della porta a cui Peeta è poggiato.
La bimba si alzò e corse ad abbracciare il padre che la prese in braccio senza troppi sforzi.
- Ha mangiato?- chiese Peeta rivolgendosi a sua moglie.
-Già, ma non vuole saperne di riaddormentarsi- rispose guardando il piccolo che silenziosamente osservava la scena, mentre mordeva la sua spalla, Katniss ringraziò silenziosamente il cielo che ancora non avesse i dentini.
- E tu, invece, come mai ancora in piedi? – continuò il biondo, questa volta rivolgendosi alla figlia, nel tono una finta nota di rimprovero.
-Non riesco a dormire- disse la bambina candidamente con una scrollata di spalle.
- Invece secondo me stai morendo di sonno-
-Non è vero- contestò la bimba, ma uno sbadiglio, che aveva cercato in tutti i modi di nascondere, fece capolino sul suo volto, -Va bene- rinunciò alla fine, - Però mi leggi una storia?-
- Come vuoi, dolcezza – concluse Peeta, poi si avvicinò alla donna per rubarle un bacio e sussurrarle un veloce – Torno subito- prima di uscire dalla stanza.
Katniss gli lanciò uno sguardo torvo prima di sbuffare divertita.
- Vorrei tanto che fossero entrambi così facili da convincere- disse a mezza voce tre sé e sé tornando a dedicarsi al piccolo che aveva tra le braccia. Ricominciò l’andirivieni canticchiando leggermente.
C’era qualcosa che la tormentava, un ricordo che premeva per venire fuori, più cercava di scavare e più si allontanava da lei, come se scappasse. Era così presa dai suoi pensieri da non accorgersi che la melodia che aveva canterellato fino ad allora, si era trasformata in un’altra melodia, una che conosceva fin troppo bene e che era quasi volta al termine. Era così naturale cantarla, come addormentarsi tra le braccia di suo padre dopo aver passato tutto il giorno al lago nel tragitto che percorrevano per tornare a casa.

Here your dreams are sweet and tomorrow brings them true
Here is the place where I love you.


Le ultime parole della ninnananna risuonarono nella stanza, rimbalzando sulle pareti azzurre per poi svanire nell’aria, lasciando al loro posto solo il respiro profondo e calmo di suo figlio completamente rilassato tra le sue braccia. Rimise il bambino nella culla, delicatamente per non farlo svegliare e rimboccò le coperte accuratamente prima di uscire dalla stanza.
Peeta aveva detto che sarebbe tornato subito, ma ancora non si era fatto vedere. Andò nella stanza da letto per vedere se era tornato a dormire, ma non c’era. Ritornò sui suoi passi, lungo il corridoio e fino alla porta semiaperta da dove proveniva una luce soffusa, la spinse lentamente in modo da affacciarsi, ma senza disturbare. Peeta era steso sul bordo del letto, i capelli che ricadevano disordinati sugl’occhi chiusi e un braccio inconsciamente abbandonato oltre le spalle della bambina che, accucciata contro di lui, dormiva profondamente . Il libro che Peeta stava leggendo si alzava e abbassava dimenticato sul suo petto. Non riuscì ad evitare di sorridere a quella vista. Entrò nella stanza in punta di piedi, richiuse il libro e lo poggiò sul comodino prima di rivolgere la sua attenzione a Peeta. Quel letto sembrava davvero troppo piccolo per lui, non capiva come riuscissero a starci entrambi. Forse era meglio svegliarlo o l’indomani si sarebbe alzato con un bel torcicollo. Cominciò a sussurrare il suo nome mentre con una mano accarezzava il suo viso, il rado strato di barba bionda che solleticava piacevolmente le sue dita. Le palpebre del ragazzo tremolarono leggermente prima di lasciar intravedere le iridi dello stesso colore del cielo primaverile, le sorrise assonnato una volta messa a fuoco.
-Mi sono addormentato – affermò mentre con una mano si tirava a sedere stando ben attento a non svegliare la bimba.
-Non volevo che passassi la notte sul pavimento –
-Gentile da parte tua –
Lo sguardo fisso sulle sue labbra mentre lentamente si avvicinava a lei, troppo lentamente secondo la ragazza che invece annullò completamente la distanza.
- Sei bellissima – le sussurrò sulle sue labbra, questa volta fu lui a baciarla mentre con una mano le accarezzava i capelli. Qualcosa li interruppe, Katniss mise una mano sulla bocca per coprire lo sbadiglio che non era riuscita soffocare.
Si scusò imbarazzata mentre la risata dell’altro la contagiava.
- Dai, andiamo a dormire – disse Peeta ancora sorridente prendendole le mani, le diede un bacio sulla fronte e poi la guidò verso la stanza da letto.
Katniss doveva essersi addormenta perché quello che vedeva non aveva senso. Conosceva bene quella casa, i muri grigi e crepati, le persiane rotte e l’odore di casa.
Una bambina sgambettò in cucina con un sonoro sbadiglio. Una bambina così simile alla sua ma con gli occhi grigi come la cenere.
-Mamma, perché Prim sta piangendo? -
- Perché ha fame, tesoro - rispose la donna con un sorriso.

La scena cambiò: un uomo entrò in cucina, Katniss lo vide sedersi sul divano portando la bambina con sé, parlano di qualcosa ma il suono arrivava ovattato alle sue orecchie. L’uomo rise leggermente a qualcosa che la bimba aveva detto. Katniss ricordava quel sorriso. La loro attenzione si spostò su sua madre e la bambina che aveva in braccio.
- Posso tenerla in braccio fino a quando non si addormenta?- disse la bimba rivolta a quest’ultima. La donna protestò ma alla fine glielo lasciò fare.
Qualche volta, quando le cose vanno particolarmente male, la mia mente mi regala un sogno felice. Ma le cose non stavano andando male, e questo non era un sogno. Era un ricordo.
Quando Katniss si svegliò -il cuscino bagnato dalle lacrime, che silenziose scendevano lungo le sue guancie- , il sole era appena sorto e la luce lambiva dolcemente il letto su cui era stesa. Peeta non era a letto, la sua vista era offuscata, ma poteva chiaramente sentire lo scroscio dell’acqua provenire dal bagno. Si rannicchiò su se stessa cercando di calmarsi, non sentì neanche la porta che si apriva, solo due braccia che la stringevano.
- Ehi, ehi, ehi- sussurrò Peeta stringendola più forte a sé - Shh -
Prese a cullarla tra le sue braccia continuando a sussurrarle parole confortanti, e lei si aggrappò a lui con tutte le forze. Il pianto cessò lasciando dietro di sé solo una serie di singhiozzi strozzati.
Dei passi risuonarono nel corridoio. Quando la piccola entrò nella stanza dei suoi genitori, entusiasta per la giornata che la aspettava, non pensava di vedere la sua mamma piangere. Sapeva che spesso aveva degli incubi, anche lei a volte ne aveva avuto qualcuno, ma davvero non capiva di cosa potesse aver paura la sua mamma. Katniss le sorrise, ma lei aveva capito che era triste.
Salì sul letto carponi avvicinandosi a Katniss, le asciugò gli occhi e poi si accucciò tra sua madre e suo padre.
- Allora, sei pronta per andare a caccia? – domandò la bruna, diede un bacio sulla fronte alla bambina cercando di ignorare lo sguardo preoccupato di Peeta. La bimba saltò in piedi.
- Sì, mamma! – esclamò. Katniss si alzò dal letto e prese in braccio la figlia.
- Allora sarà meglio andare a cambiarci!-
- Vi aspetto a casa per pranzo. - disse il biondo
-Va bene - rispose la donna, gli scoccò un bacio prima di aggiungere un: -Non ti preoccupare - sapendo che avrebbe capito che non si riferiva al coprifuoco – Va tutto bene-.

Peeta dice che andrà tutto bene. Io ho lui e lui ha me.

  
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