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Autore: EVOL    02/07/2013    3 recensioni
Un racconto estremamente banale e troppo splatter per i miei canoni. Eppure, è il primo che decido di pubblicare su questa piattaforma. E' uno short su una persona assolutamente comune: cosa è più orribile della banalità?
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci fu il protagonista di questa storia. Chiamiamolo John Smith.

John Smith nacque in un normale ospedale, in modo normalissimo, dopo 9 mesi di gestazione.
John Smith crebbe come un bambino normale, di altezza normale. Andava a scuola come tutti i bambini normali, aveva voti nella media.
John Smith si trovò una ragazza normale, la corteggiò, la baciò, ci fece del sesso normale alla missionaria e gli piacque.
John Smith trovò un normale lavoro come impiegato postale, sposò la sua ragazza e andò a vivere in una casa normale accanto a quella dei suoi vecchi.
Poi scoppiò la guerra e John Smith venne co-optato. Fanteria di prima linea.
Fu il primo a cadere, colpito in petto da un singolo colpo di pistola.

Disse ‘oh’, mentre un cerchietto rosso gli si apriva in petto e cadde secco di schiena, senza alcun pensiero memorabile e senza nulla da tramandare ai posteri.

Il cerchietto rosso si tinse all’improvviso di nero, e qualcosa simile ad un tubo iniziò ad uscirne. Quando ne fu completamente fuori si flesse, ed un altro tubo identico lo seguì. Sei tubi flessi uscirono in totale dal petto di John Smith, ed iniziarono a farsi leva sul terreno attorno al suo corpo. Improvvisamente qualcosa di piatto, esagonale ed immenso ne esplose fuori, aprendo quel corpo come una bomba e spargendone le viscere in tondo. Quel torace si resse sulle sue sei zampe che andavano via via allungandosi, con un fremito. Sul dorso ampie ali si estesero, pulsando al ritmo dei molti cuori che vi pompavano dentro fluidi. L’essere levò in alto il capo simile a quello di un uccello, munito di un becco affilato e di grandi occhi compositi. Per ultimo, a sgusciare fuori da quello che ormai era il resto irriconoscibile di John Smith fu l’addome, piatto e lungo e uncinato, come quello di uno scorpione.

La creatura, enorme, bagnata nei fluidi dell’uomo che l’aveva ospitata, rimase così contratta per un po’, come incredula della sua libertà. La stessa incredulità nei suoi occhi, avresti potuto leggerla negli occhi della fanteria nemica. Quindi l’animale levò in alto il becco e lanciò un urlo terrificante, battendo le pesanti ali e librandosi in volo. I soldati fecero ordine di fuoco ma la creatura aveva la pelle spessa, e pareva immune alle pallottole. Sventrò due-tre poveracci solo con i bordi affilati delle sue ali, ne ghermì uno nel becco che ancora implorava pietà, troncandolo di netto in due e gettandone via le parti. Un tenente, giovane, capelli sbiancati, estrasse una granata e la tirò contro la creatura. Quella esplose, staccando di netto una delle ali. Dell’icore viscoso schizzò fuori dalla ferita, corrodendo come acido un fante che si era nascosto nell’erba.

Ma il mostro non si fermò, iniziò a serpeggiare fulmineo verso i soldati sulle sue sei zampe, traffigendoli ad uno ad uno con il suo spillone, come ridicoli spiedini.

Il secondo protagonista di questa storia, chiamiamolo Jack Johnson, pensò che morire col cazzo moscio dietro al culo di un altro uomo era proprio una morte da froci. Avrebbe riso di quella volgarità, ma l’icore gli aveva già corroso la faccia.

Finalmente arrivò il fuoco di copertura dalla trincea. Diversi colpi di mortaio colpirono la creatura squarciandone il corpo, ed essa urlò di nuovo, si eresse brevemente annusando l’aria, e finalmente cadde. Ai superstiti il lamento straziante sembro un ‘perchè?’, così intenso che quasi furono dispiaciuti.

Dopo qualche minuto si decise di mandare dei ricognitori per impacchettare l’abominio e mandarlo in qualche laboratorio, perchè venisse studiato e finisse in un museo. Con terrore, alcuni soldati, tutti dai capelli ormai bianchi, si avvicinarono al cerchio di cadaveri che fino alla sera prima erano i loro camerati.

Ed al centro del cerchio trovarono solo una colomba. Una colomba bianca morta, nel cui petto un piccolo forellino rosso andava piano piano chiudendosi.
  
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