Personaggi/Pairing: Sanzo, Goku
Tipologia: One-Shot
Lunghezza: Word dice 1903 parole, quasi 4 pagine comunque.
Avvertimenti: Nessuno in particolare
Genere: Triste direi, ma anche un pochettino Fluffy XD
Disclaimer: Sanzo, Goku e compagni cari non mi appartengono, la Minekura dice che non mi cederà mai e poi mai i diritti, quindi sono ancora totalmente e indissolubilmente suoi. Nessuno mi ha pagato per scrivere questa storia, se così fosse comunque mi avrebbero pagato per non scriverla.
Credits: "Avevo qualcosa che volevo proteggere e quando la persi compresi quanto fossi impotente e che ognuno di noi è troppo impegnato per a difendere sé stesso per pensare agli altri. Così mi dissi: voglio qualcosa che non devo proteggere" questa fantastica citazione appartiene al Venerabile Genjo Sanzo Hoshi ( e alla sua creatrice ovviamente) lungi da me appropriarmi di una simile perla di saggezza.
Note dell'Autore: Questa fanfiction è stata scritta per il concorso su Saiyuki indetto da Writers Arena e giuro che mi ha mandato scema, ancora non so e non riesco a capire se sono riuscita o no a fare una storia non introspettiva come richiesto dal bando. Giuro non me ne rendo conto. Se sono riuscita a rispettare i parametri la prenderò come vittoria personale, pure se dovessi finire all’ultimo posto, se invece non li rispetta, bè… spero di non essere bannata dal forum XD
Incubi
- È
irritante
scoprirsi svegli nel bel mezzo della notte: il cervello ci mette sempre
qualche
secondo ad accorgersi di essere di nuovo attivo ed intanto ci si
ritrova ad
occhi aperti nel buio a fissare il soffitto della propria stanza, senza
capire
il motivo per cui non si sta beatamente dormendo come cinque secondi fa.
- È
una cosa che
fa saltare i nervi a chiunque, figuriamoci al Venerabile Genjo Sanzo
Hoshi. Già
lui è stanco morto per tutte le responsabilità
che ogni giorno deve affrontare,
per il mal di testa che continua a tormentarlo e per il dover dormire
sempre con
un occhio aperto.
- Una
cosa del
genere per lui è più che irritante. È
insopportabile.
- Trattenendo
a
stento una sequela di parolacce palesemente non adatte al suo rango, si
tira su
a sedere mentre la vena sulla fronte comincia a pulsare in modo
violento. Si
concentra un attimo ma non ci sono aure maligne nei dintorni. Proprio
niente.
- Perché
diavolo
si è svegliato allora?
- Si
accende una
sigaretta e si appoggia al muro, in ascolto.
- Passano
un
paio di minuti, scanditi solo dal lievissimo crepitio della Marlboro e
dal suo
respiro che butta fuori il fumo, e poi lo sente: un rumore soffocato
dietro la
porta. Assomiglia tanto ad un singhiozzo.
- Chi
osa
singhiozzare in quel modo fastidioso a quell’ora della notte?
- Una
vaga idea Sanzo
ce l’ha ed è proprio per questo che,
nell’avvicinarsi all’uscio, afferra
l’harisen invece della Shoreijyu. Manco a dirlo, dopo aver
spalancato la porta
si ritrova a fissare un paio di occhi dorati. Una paio di occhi dorati
e
piangenti per amor di precisione, e se poi bisogna essere proprio
precisi si
può aggiungere anche che quegli occhi e quel singhiozzo
soffocato appartengono
ad una certa stupida scimmia che per chissà quale assurdo
motivo se ne sta lì
davanti a lui, in pigiama e con il viso bagnato di lacrime.
- La
mano di Sanzo
esita un secondo.
- Solo
uno però.
- L’harisen
si
abbatte violentemente sulla testa castana.
- -
Che diavolo
ci fai in piedi a quest’ora, stupida scimmia!?
- Goku
incassa
il colpo con un mugolio rassegnato. Quello strano bonzo che lo ha
liberato è un
tipo piuttosto violento e lui ha imparato ad accettarlo. Il bambino
fissa quegli
irati occhi viola con un’espressione tale da sciogliere le
pietre. Peccato che
la persona che gli sta di fronte sia molto più dura di un
banale sasso: Sanzo
non è proprio il tipo da farsi intenerire da un moccioso.
- -
Sanzo ho
paura!
- -
Paura di
cosa?
- -
Ho fatto un
incubo… un incubo tremendo! Ero da solo nella mia camera e
stavo mangiando un
grosso nikuman, uno di quelli che abbiamo preso alle bancarelle in
paese… ti
ricordi Sanzo? Solo che all’improvviso si è
trasformato in un enorme mostro e
voleva mangiarmi! LUI! Io ti chiamavo… ti ho chiamato
tantissimo! Ma tu non
arrivavi! E poi non ero più qui a Choan ma di nuovo
lì, e avevo ancora le
catene…
- Un
singhiozzo,
ancora. E Sanzo se ne sta zitto, a fissare quegli occhi bagnati, per la
prima
volta senza sapere bene cosa fare.
- Il
Nikuman-mostro è una cosa abbastanza sciocca, più
di quanto Sanzo possa
tollerare, e il fatto che la scimmia avesse paura di essere
mangiata…
- Il
detto
“occhio per occhio” non esiste per niente, no?
- Fosse
solo
quello Sanzo non si farebbe alcuno scrupolo a prenderlo ad harisennate
fino a
fargli passare la voglia di fare incubi, ma è la seconda
parte del sogno che lo
trattiene. Non occorre che Goku specifichi dove sia lì,
il bonzo sa
benissimo che si sta riferendo alla grotta sul monte Gogjo.
- Una
parte del
suo cervello gli continua a dire che basterebbero pochi minuti per
liberarsi
della scimmia. Dovrebbe solo spiegargli con calma che i nikuman restano
tali e
sono creati esclusivamente per essere mangiati e non per magiare, e che
non c’è
alcuna possibilità che lui ritorni in quella stupida grotta
perché lui non lo
permetterebbe mai e poi mai.
- Ecco,
poche
parole e Goku si riaddormenterebbe tranquillo e lui potrebbe fare lo
stesso.
Semplice no? È quello che farebbe chiunque, soprattutto nel
trovarsi davanti un
bambino spaventato. Ma Sanzo, come si è già
detto, non è chiunque. È Toa il
trentunesimo Genjo Sanzo Hoshi.
- E
soprattutto
non è il tipo di persona da agire così, non
è uno che si occupa spontaneamente degli
incubi altrui. Già odia occuparsi dei propri.
- Un
ricordo… un
ricordo si affaccia nella sua mente stanca: un sorriso, una veste da
Sanzo, un
paio di occhi buoni ed indulgenti.
- [Avevo qualcosa che
volevo proteggere…]
- Per
quanto sia
impossibile da immaginare a chi lo conosce adesso, anche Sanzo
è stato un
bambino. Un moccioso arrogante e allo stesso tempo insicuro, un
moccioso che
faceva incubi e ne aveva paura.
- Un
bambino
uguale a tutti gli altri bambini sotto questo punto di vista.
- Ma
nonostante
la paura tremenda che quei sogni scatenavano in lui, non era mai andato
a
piangere dal suo maestro. Mai.
- Vuoi
per
orgoglio, vuoi per vergogna, ma l’idea di correre dal suo
maestro non gli aveva
mai sfiorato il cervello. Preferiva mille volte restarsene
lì nel suo futon
con volti
sconosciuti che gli urlavano
orribili insulti piuttosto che mostrare la propria debolezza
all’uomo che più
stimava in assoluto.
- Questo
è
quello che pensava, quello che si auto imponeva di credere.
- Che
poi il
maestro si trovasse sempre a passare di
là in quelle buie notti, Koryu
la considerava una mera coincidenza. O forse sesto senso, chi lo sa.
- Il
Sanzo di
oggi, in effetti, saprebbe spiegare benissimo quelle coincidenze
perché sa cosa
vuol dire sentire una voce, sa cosa vuol dire chiamare senza usare
parole. Lo
sa fin troppo bene.
- Ma
allora era
solo un bambino spaventato, nient’altro.
- Komyo,
con il
suo sorriso, era capace di dissipare qualsiasi brutto pensiero, il solo
guardare in viso quell’uomo insignito della più
alta carica concessa dalla loro
religione, aveva il potere di calmare l’anima.
- Koryu
lo sapeva
bene.
- Quando,
svegliandosi da quelle orribili proiezioni della sua mente, si trovava
davanti
il volto del maestro, sereno e gentile, sentiva il cuore rallentare, i
battiti
farsi regolari. All’inizio cercava di mascherare la sua
paura, ma poi si era
reso conto che non serviva. L’uomo che gli stava davanti non
aveva mai
accennato a quella sua debolezza tanto umana.
- -
Sai Koryu,
un buon sakè accompagnato da una sigaretta è
capace di rigenerare un uomo –
erano le solite parole che gli rivolgeva in quelle notti.
- -
Maestro,
sono minorenne.
- In
realtà erano
altri i motivi per cui non accettava mai ciò che gli veniva
così gentilmente
offerto. L’odore del sakè e quello del tabacco
erano per lui l’essenza stessa
del suo maestro. Che diritto aveva lui di impossessarsi di
quell’odore?
- Lui,
Koryu
della corrente del fiume, non lo meritava.
- Non
allora.
- Poi,
quando si
era trovato le mani sporche del sangue del suo maestro, e gli occhi
ancora più
sporchi di quelle oscene immagini di morte, aveva capito.
- Non
è ciò che
sta intorno ad un uomo a concepirne l’essenza.
- […e
quando la persi, compresi quanto
fossi impotente…]
- Da
quel giorno
gli incubi erano diventati molto più reali. Molto
più spaventosi.
- E
questa volta
era da solo, nessuno poteva aiutarlo.
- Poteva
anche
bere il sakè, incatramarsi i polmoni fino a svenire, pensare
a discorsi più o
meno filosofici… poteva fare tutto questo ma le cose non
sarebbero cambiate in
alcun modo. Era solo, solo con i suoi incubi, solo con i suoi mostri.
- Si
era trovato
a portare avanti un’esistenza indegna, non voluta.
- Se
fosse stato
forte, probabilmente sarebbe riuscito a sollevarsi da solo dalla merda
in cui
era precipitato.
- Avrebbe
imparato a lasciar fuori dalla sua mente quelle immagini, quegli
orrori, quella
consapevolezza di essere un vigliacco.
- Però
non era
riuscito a sconfiggere i suoi nemici. Era capace di ammazzare demoni,
uomini e
perché no? Anche gli dei in persona se avessero tentato di
ostacolare il suo
cammino. Ma quei nemici d’ombra non era mai riuscito ad
affrontarli. Era… impotente.
- E
constatarlo
faceva dannatamente male.
- […e che
ognuno di noi è troppo impegnato
a difendere sé stesso per pensare agli altri…]
- Spesso
sta
nell’orgoglio la forza di un uomo. E nella testardaggine
anche.
- Ci
sono
persone che non meritano di vivere ma che, nonostante tutto, si
aggrappano alla
vita in un modo disperato.
- Sanzo
è fra
quelli.
- Non
è
possibile venire privati di tutto, ci resta sempre qualcosa: il nostro
corpo,
la nostra mente, anche la nostra anima a volte. E se non troviamo
nient’altro
possiamo vivere per quello. Per noi stessi.
- Sanzo,
per
quanto privato dell’anima e del cuore, continua a vivere in
modo sfacciato,
difendendo il poco
che è rimasto di lui,
innalzando se stesso a nucleo fondamentale del suo mondo. Prima di
incontrare Goku,
infatti, gli altri nemmeno esistevano. Erano solo macchie in movimento,
figure
indistinte nel caos che gli si muoveva dentro.
- Pian
piano
però ha acquistato forza, forse anche (in piccola parte)
grazie a quella voce
insistente, ma l’ha fatto principalmente da solo. Trovando
nello specchio la
ragione ultima di difendere qualcosa, è riuscito a scacciare
gli incubi, ad
eliminare i mostri.
- Non
che adesso
non ci siano più ovvio. Capita più raramente di
allora, certo; ma sono ancora
lì quei nemici neri e inevitabili.
- Però
ora c’è
qualcosa di diverso, qualcosa di piccolo in realtà. Fatto
sta che quelle notti,
le notti di pioggia perlopiù, svegliandosi sudato nel letto
non cerca più con
lo sguardo gli occhi del suo maestro; cerca invece le sigarette, le sue
sigarette,
e la Shoreijyu anche.
- Cerca
se
stesso, la sua vita inutile.
- E
la difende,
la difende costantemente.
- […Così
mi dissi…]
- Goku
lo tira
per la veste, distogliendolo dai suoi pensieri.
- È
ancora
spaventato ma adesso gli occhi sono asciutti. Gli basta essere
lì vicino a Sanzo
per non aver paura, il solo guardare quel volto severo e sicuro basta a
rassicurarlo completamente.
- Chissà,
forse
Komyo Sanzo Hoshi riderebbe di cuore nel vedere i ruoli così
totalmente
capovolti.
- […Voglio
qualcosa che non devo proteggere…]
- -
Vai a
dormire scimmia. E non osare mai più seccarmi per idiozie
del genere.
- Lo
dice con
tono duro, cattivo. Fissandolo direttamente in quegli occhi dorati che
al suo
rimprovero tornano a riempirsi di lacrime.
- -
Non sono tuo
padre, non sono il tuo babysitter. Sei abbastanza grande e abbastanza
forte da
poterlo uccidere da solo quel mostro.
- -
Ma non ne
sono capace!
- Sanzo
si morde
le labbra. Quella frase…
- -
Impara
allora. Provaci.
- E
non sa se lo
sta dicendo a Goku o a se stesso.
- Non
hai
bisogno della protezione di nessuno.
- Perché
dopotutto Sanzo di bambini piagnucoloni ne ha avuto abbastanza. Goku
non è come
lui, non dovrà mai esserlo. “Impara a camminare
sulle tue gambe” si usa dire,
ed è una
frase tanto vera da spaccarti
il cuore.
- Se
anche a lui
l’avessero insegnato prima forse…
- Goku
lo fissa
con uno sguardo serio, meditando sulle sue parole.
- -
Però se non
ce la facessi… - mormora esitante.
- -
Ti coprirò
le spalle.
- Non
“ti
proteggerò” perché Sanzo non
protegge nessuno che non sia se stesso, né da mostri
immaginari né da demoni reali.
- Non
“ti
aiuterò a sconfiggerlo” perché
Sanzo sa anche che gli incubi vanno
affrontati da soli, senza la possibilità di poter contare su
qualcuno.
- Ma
“ti coprirò le spalle” perché
anche lui, da bambino, ha avuto chi lo ha
fatto.