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Autore: Abstract Joy    02/07/2013    5 recensioni
Quello che lo tormentava non era un caso come gli altri, niente affatto. Quello che lo tormentava poteva definirsi IL caso.
Chiuso nel suo palazzo mentale, il consulente investigativo non riusciva a trovare la stanza giusta da aprire. Nell’accumulare le informazioni essenziali solo ed esclusivamente al suo lavoro, aveva lasciato fuori con attenzione maniacale ogni informazione utile a risolvere quel caso specifico, a risolvere IL caso.
Brancolava nel buio.
Improvvisamente, il meccanismo perfetto del suo cervello fece un passo avanti, scattò, mosse la rotella giusta… Il piano infallibile era stato elaborato.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock Holmes pensava.
Pensare, in effetti, era ciò che gli riusciva meglio. Ciò che preferiva al mondo, oltre risolvere casi impossibili, far sentire tremendamente insulso il resto del genere umano, insultare Anderson, suonare il violino e indossare cappotti che lo facessero sembrare più alto.
Insomma, Sherlock Holmes stava pensando e sicuramente pensava a qualcosa di importante.
Mani unite sotto il mento, sguardo deciso, ogni muscolo del volto teso e concentrato.
La cameriera del locale aveva tentato per dieci minuti di attirare la sua attenzione, arrivando anche a sventolargli con insistenza il menù davanti agli occhi.
Niente.
Niente avrebbe potuto distrarre Sherlock Holmes dai suoi pensieri.
 Quello che lo tormentava non era un caso come gli altri, niente affatto. Quello che lo tormentava poteva definirsi IL caso.
Chiuso nel suo palazzo mentale, il consulente investigativo non riusciva a trovare la stanza giusta da aprire. Nell’accumulare le informazioni essenziali solo ed esclusivamente al suo lavoro, aveva lasciato fuori con attenzione maniacale ogni informazione utile a risolvere quel caso specifico, a risolvere IL caso.
Brancolava nel buio.
Improvvisamente, il meccanismo perfetto del suo cervello fece un passo avanti, scattò, mosse la rotella giusta… Il piano infallibile era stato elaborato.
Sherlock Holmes si concesse un sorriso soddisfatto, si alzò in piedi, riposizionò teatralmente la sciarpa viola intorno al collo e si avvicinò al bancone. Si sporse in avanti, diede una breve occhiata al barista, indugiò sulle sue scarpe. Scosse la testa, prese il telefono, compose il numero di Lestrade.
 
E’ stato il fratello. Vai ad arrestarlo. SH
 
Riposizionò il telefono nella tasca del cappotto, fece un giro su stesso ed uscì trionfalmente.
Adorava pensare ed adorava ancora di più farlo così incredibilmente bene.
 
Tre giorni dopo Sherlock Holmes era di nuovo seduto ad un tavolo dello stesso locale.
 La stessa cameriera cercava disperatamente di capire se volesse un caffè.
Sherlock aspettava.
Dietro di lui, a pochi tavoli di distanza, un gruppo di donne tra i venti e i quarantacinque anni.
Ridacchiavano rumorosamente, lanciando sguardi decisamente poco discreti ad Holmes.
Il detective prese il telefono ed inviò un messaggio al dottor John Watson:
 
Mi serve il tuo aiuto. Ho bisogno di una consulenza. Vieni subito. SH
 
Era il sesto messaggio che mandava senza aspettarsi di ricevere alcuna risposta.
Ovviamente, John era arrabbiato.
Sherlock rimaneva basito davanti all’insensibilità di quest’ultimo. 
Tutto era fatto per il bene della scienza, l’esperimento era di vitale importanza. I maglioni di John rimasti accidentalmente coinvolti erano vittime sacrificate in nome di un bene superiore.
Ovviamente, il dottore non riusciva a capirlo. Erano due giorni che non gli rivolgeva la parola, se non per farfugliare lamenti insensati e promesse di vendetta.
Il suo John, così prevedibile. Come per lui non riuscisse comunque a diventare noioso, aveva smesso di chiederselo. La risposta lo confondeva, e Sherlock odiava essere confuso.
Era immerso in questi pensieri, quando alle sue spalle cominciarono una serie di colpi di tosse palesemente destinati ad attirare la sua attenzione.
Sospirando, Sherlock si voltò ed alzò lo sguardo.
Ventisei anni, lavora in un negozio di profumi, bionda tinta, trucco troppo pesante, unghie mangiucchiate, personalità nervosa, instabile, si sistema inutilmente i capelli, cerca di fare una bella impressione, single da tre settimane, è stato lui a lasciare lei, ovviamente.
-Ho il piacere di parlare con il signor Sherlock Holmes?
Sherlock la scrutò per un altro istante, prima di rispondere:
-In carne ed ossa. Cosa vuole da me, signorina… Lisa?
La ragazza spalancò gli occhi e sorrise, estasiata. Lanciò uno sguardo alle amiche sedute poco distanti, che stavano ovviamente monitorando ogni cosa.
-Oh mio dio, ma allora lei è davvero un genio! Insomma, io lo sapevo già, ma… Oh mio dio!
Sherlock alzò gli occhi al cielo, rassegnato. Decise che era inutile far notare alla povera ragazza che stava indossando una catenina con il proprio nome in lettere rosa. Le rivolse un sorriso forzato.
-Ecco, io.. Sono venuta per darle questo. Spero che… Insomma, quando ha voglia… Quando vuole…
Non finì la frase. Si limitò a poggiare un biglietto sul tavolino di Sherlock e a volare via dalle amiche, che la accolsero con grida di vittoria, come se avesse appena realizzato una qualche impresa titanica.
Sherlock raccolse il foglietto accuratamente ripiegato e lo aprì, raccogliendo tutta la sua inesistente pazienza.
Un numero di telefono, un bacio lasciato con il segno del rossetto.
L’ultima volta che qualcuno gli aveva lasciato il proprio numero, si era poi rivelato uno psicopatico intenzionato a rovinargli la vita. Questa volta, temette che non sarebbe stato altrettanto fortunato.
Uscì dal locale senza troppa fretta, con il gruppo di donne pronte a seguirlo come segugi.
Non c’era bisogno di voltarsi per controllare: le loro risatine irritanti rischiavano di perforargli i timpani.
Il cellulare squillò e Sherlock decise che era arrivato il momento di rispondere.
-Dio santo Sherlock, ti avrò chiamato dodici volte!
-Sette. Mi hai chiamato sette volte.
-Si, va bene, ma… Oh, lasciamo perdere.
-Hai un caso per me?
-Io? No, ecco, non esattamente. Io volevo augurarti buona fortuna.
-Interessante. E per cosa, se posso saperlo?
Dall’altro capo del telefono, Lestrade trattenne una risata.
-Lo sai. Insomma, per la tua ricerca. Quando l’abbiamo letto, questa mattina, Anderson ha rischiato di strozzarsi con il caffè.
Per quanto l’immagine di Anderson che soffre riuscisse sempre a rallegrare le sue giornate, Sherlock chiuse la chiamata senza aspettare altre spiegazioni.
La ragazza al bar, la signora che quella mattina gli aveva fatto l’occhiolino mentre usciva dal taxi, il gruppo di pazze che continuava a seguirlo.
Lo zampino di John Watson era estremamente prevedibile.
Prese il cellulare e si collegò ad internet. Sul blog di John, lampeggiava senza sosta una sua foto (la solita, quella che odiava, mentre indossava quel maledetto cappello) circondata da orribili cuori brillanti.
Sotto, il titolo dell’ultimo articolo, in un carattere rosso e pacchiano.

DETECTIVE CERCA MOGLIE.
Dopo anni di solitudine, Sherlock Holmes ha deciso di non poter più continuare la sua vita senza una dolce compagna ad allietare i suoi giorni e le sue notti. Ormai da un po’ di tempo è alla ricerca della ragazza giusta, senza successo. La donna della sua vita è ancora là fuori…E potresti essere tu!
 

Un brivido di terrore attraversò il corpo di Sherlock al solo leggere quelle parole. Chiuse il sito, ignorando il resto dell’articolo, in cui erano elencate le caratteristiche della sua presunta donna ideale, e gettò un occhiata preoccupata alle sue spalle, dove il numero delle sue inseguitrici era cresciuto in modo inspiegabile.
John doveva amare davvero tanto quei maglioni e doveva anche conoscerlo parecchio bene.
Sapeva perfettamente cosa sarebbe bastato per inorridire Sherlock, impassibile di fronte alla maggior parte dei problemi della gente comune.
Sherlock fermò un taxi, pregando mentalmente che l’autista non fosse una donna, e partì in direzione Baker Street, pronto a farla pagare al suo coinquilino.
Sceso davanti casa, non fu sorpreso di vedere una serie di taxi fermi a qualche metro di distanza, da cui uscirono una schiera terrificante di giovani donne.
Sapeva che presto una di loro si sarebbe avvicinata, probabilmente quella bassina con la frangia, che sembrava la più intraprendente.
Quando vide John arrivare in lontananza, non riuscì a fare a meno di emettere un sospiro di sollievo.
Aveva una nuova ragazza, ovviamente.
Alta, più alta di lui, l’ha conosciuta in farmacia, divorziata,John  le piace, o non sarebbero venuti fin qui a piedi, John l’ha portata subito a casa, è molto interessato a lei, peccato che lei sia ovviamente ancora innamorata dell’ex marito.
John arrivò davanti al portone con aria trionfante. Uno sguardo al gruppo delle stalker personali di Holmes era bastato per stampargli in volto un sorriso vittorioso. Voleva vedere il suo coinquilino disperato, voleva sentirsi chiedere scusa, voleva divertirsi a guardarlo rifiutare ogni singola pretendente.
Sherlock, invece, si limitò a sorridere, affabile.
John alzò un sopracciglio, confuso.
Sherlock si avvicinò pericolosamente all’amico, poggiando una mano sulla sua spalla. Riuscì a cogliere in John una certa agitazione. Ne fu soddisfatto.
-Ehm, Sherlock, vorrei presentarti Mary, lei è…
-Non mi importa.
-Come? Dannazione Sherlock, potresti almeno fingere di essere educato, per una volta.
John si voltò vero Mary, come per scusarsi. Quando tornò a rivolgere l’attenzione su Sherlock, lo trovò a pochi centimetri dal suo volto. Sentì il cuore accelerare in modo fin troppo palese, sentì Sherlock emettere un gemito di soddisfazione, quello che sentì dopo non seppe mai descriverlo, neanche a se stesso.
Sherlock si era rapidamente voltato verso il gruppo di insistenti ammiratrici, per assicurarsi di essere nella loro visuale, si era sporto oltre la spalla di John, per gettare uno sguardo di sfida anche alla povera Mary, e poi si era avvicinato a lui sempre di più, fino a che Watson riuscì a percepire chiaramente il respiro fresco del detective sulle guance.
Poi lo baciò.
Senza una spiegazione, una parola, uno sguardo di troppo. L’aveva guardato e l’aveva baciato, come se fosse la cosa più semplice e normale del mondo. Probabilmente,ma questo John lo capì solo molto tempo dopo, lasciare che le labbra di Sherlock si incollassero alle sue era DAVVERO la cosa più giusta e semplice da fare, l’unica che lo facesse sentire bene.
Se chiedeste a John Watson per quanto tempo rimasero lì, davanti al 221 B di Baker Street, più vicini di quanto lo fossero mai stati, con i cuori veloci, le mani bisognose di accarezzare i capelli dell’altro, le labbra affamate pronte a rincorrersi in eterno, non saprebbe rispondervi. Per lui, quel momento è durato tutta una vita, o non è mai esistito.. Probabilmente non lo capirà mai davvero.
Se chiedeste a Sherlok Holmos la stessa cosa, saprebbe indicarvi i minuti e i secondi, saprebbe descrivervi esattamente la loro posizione, i loro movimenti, i cambiamenti e le risposte dei loro corpi. Con la mente di uno scienziato Sherlock Holmes aveva immagazzinato ogni minuziosa informazione, desideroso di studiarla e analizzarla finchè sarebbe servito.
Quello che Sherlock Holmes non vi dirà, però, è che dopo quel bacio, si era sentito confuso. Abbiamo già parlato di quanto odi essere confuso, ma non potè farne a meno.
Aveva previsto ogni cosa: far arrabbiare John, lasciare che tentasse di colpirlo su ciò che odiava di più, lasciare che scrivesse quell’articolo,far in modo che un bacio dato per dispetto e per allontanare da lui attenzioni indiscrete non fosse altro che un semplice e banale esperimento scientifico.
John Watson era l’incognita nel suo cervello, la stanza che, per quanto si sforzasse, non riusciva ad aprire.
Ce l’aveva fatta. Tutto era andato secondo i piani. Ad entrare in contatto con le emozioni Sherlock Holmes era il peggiore, ma per analizzare i segni che lasciano sul nostro corpo non esisteva nessuno come lui.
Da mesi IL caso tornava a tormentarlo. Per qualche ragione sapere con esattezza quali fossero i reali sentimenti del dottore verso di lui, sembrava una questione di vitale importanza.
Se si fosse consultato con qualsiasi altro essere umano, probabilmente,avrebbe ricevuto una chiara lezione su come anche un cieco avrebbe capito che John Watson era perdutamente e incredibilmente attratto da lui. Sarebbe stato semplice, sarebbe bastata una minima attenzione ai piccoli gesti.
 Semplice per tutti, ma non per Sherlock Holmes.
Egli aveva bisogno di prove, di indagini, di elementi concreti. Aveva bisogno di misurare e analizzare le reazioni del corpo di  John Watson ad un gesto intimo quale un bacio.
Complesso e assurdo per tutti, ma non per Sherlock Holmes.
 
-Ti ammazzo.
Furono queste le prime parole sussurrate da John non appena riuscì a respirare normalmente.
-Ti giuro che questa volta ti ammazzo. Avrei dovuto farlo mesi fa, quando sei tornato dal regno dei morti. Anzi no, probabilmente ancora prima. Molto prima. Dio santo Sherlock, cosa diavolo ti è saltato in mente?
-Avevo bisogno di allontanare da me ogni possibile interesse da parte delle deliziose fanciulle che mi tormentano da quando tu hai scritto quel meraviglioso articolo sul tuo blog.
-E questo ti è sembrato il modo migliore per farlo?!
-Ha funzionato perfettamente, mi sembra.
John guardò alle spalle di Sherlock e con suo rammarico constatò che le “deliziose fanciulle” avevano stampata sul volto un espressione tra lo shock e la disperazione. A giudicare dalla velocità con cui alcune di loro stavano digitando sui tasti del telefono, nel giro di 5 minuti tutta Londra sarebbe stata informata sulla coppia del momento. Probabilmente avevano fatto anche delle foto.
Terrorizzato, spostò lo sguardo su Mary.
-Ascolta, io… Non è come sembra. Posso spiegarti.
Mary sorrise, di un sorriso indulgente e gentile.
-Oh John, non c’è niente da spiegare. Credo di averlo sempre sospettato, sai? Avrei preferito venirlo a sapere in modo diverso, ma non importa. Davvero, voi due formate una coppa meravigliosa.
Sorrise ancora e, senza aggiungere altro, girò i tacchi e corse via.
John era senza parole. Non sapeva assolutamente cosa dire. Il volto paralizzato dallo sgomento.
Quando il suo sguardo incrociò quello di Sherlock, però, non riuscì a trattenersi.
Entrambi sorrisero e ben presto il sorriso divenne una risata a cuore aperto. Con le lacrime agli occhi, John  sussurò:
-Siamo una coppia meravigliosa. Fantastico. Ma ora entriamo in casa, le tue ammiratrici dal cuore spezzato continuano a fissarci, sono inquietanti.
-Concordo.
-Dimmi solo una cosa, Sherlock.
-Cosa vuoi sapere?
-Per convincerle che eri già impegnato, per ingannarle, non bastava un bacio a stampo? Insomma, era davvero necessario usare la lingua?!
Sherlock sorrise, divertito.
Il gruppo di donne nell’angolo assistettero poi a qualcosa di ancora più sorprendente: Sherlock Holmes, il celebre consulente investigativo, il nemico del crimine, il sociopatico intrattabile, aveva schiaffeggiato il sedere di John Watson e aveva esclamato “Andiamo John, non fingere che non ti sia piaciuto!” e, fischiettando, era entrato nell’appartamento, seguito dal suo terribilmente imbarazzato coinquilino.
 




ANGOLO DELL'AUTRICE..

Saaalve! Se siete arriviati fin qui vuol dire che avete avuto il coraggio di finire questa storia piena di demenzialità, e quindi vi ringrazio già per questo. Il tutto nasce dai miei film mentali continui, da un idea che nella mente mi sembrava spassosissima e che nella realtà probabilmente non farà ridere nessuno, ma quando un idea chiama, io rispondo.. Con scarsi risultati, ma rispondo xD
Ringrazio tutti e.. Alla prossima! (Con qualcosa di più decente!) (Si spera!)
  
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