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Autore: Laylath    03/07/2013    1 recensioni
“Non possono risolvere la cosa con un automail?”
“Le connessioni nervose alla metà inferiore del corpo sono tagliate, per cui non possono fare nulla...”
“La vita sedentaria di sicuro non fa per te.”
Era tutto quello che era riuscito a dire con la sua solita calma, mentre, in realtà, l’ira gli montava dentro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heymas Breda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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“Non possono risolvere la cosa con un automail?
“Le connessioni nervose alla metà inferiore del corpo sono tagliate, per cui non possono fare nulla...”
 
Quelle parole pronunciate in maniera così atona risuonavano nella mente e nell’anima di Breda, sovrastando il rumore del treno che procedeva nella campagna di Amestris.
Guardando la sua immagine riflessa nel finestrino, il sottotenente vide i propri occhi bruciare in una maniera che gli era del tutto sconosciuta: in essi c’era tutto il furore che aveva trattenuto davanti al suo migliore amico.
Si era limitato ad uscire da quella maledetta stanza di ospedale, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
“La vita sedentaria di sicuro non fa per te.”
Era tutto quello che era riuscito a dire con la sua solita calma, mentre, in realtà, l’ira gli montava dentro.
Per lui era una sensazione davvero strana: in genere nella coppia era Havoc quello che aveva le reazioni immediate e violente, mentre lui tendeva a elaborare il dolore in maniera più quieta e tranquilla. Era lui quello che doveva trattenere il sottotenente biondo per impedirgli di compiere qualche idiozia dettata dall’impulsività.
Ma questa volta aveva dovuto esercitare un fortissimo autocontrollo sulla propria persona per evitare di colpire ferocemente qualcosa, o persino lo stesso Havoc.
Quello sguardo spento, quella sigaretta fumata senza il minimo gusto, quella… maledettissima rassegnazione. Assieme all’uso delle gambe sembrava che quei dannati homunculus gli avessero portato via l’anima.
Una parte di se stesso si rimproverava: ne aveva visto di feriti durante il suo servizio al fronte, persone che per colpa della guerra avevano perso l’uso di uno o più arti. Sapeva benissimo che una reazione come quella di Havoc era più che plausibile.
Ma oltre il suo essere soldato, oltre il suo essere una persona razionale e pratica, il suo cuore gridava all’impazzata che tutto questo era completamente sbagliato.
Sarebbe stato sbagliato se fosse successo a Falman, a Fury, al tenente, al colonnello, a lui stesso… ma che fosse capitato ad Havoc era qualcosa che andava oltre il limite di sopportazione.
Sei tu il  braccio della coppia, Jean. Non puoi farmi questo… non puoi!
Perché era questa la realtà: loro lavoravano insieme da anni… da una vita. E il loro rapporto andava oltre le ore d’ufficio: erano un nucleo inscindibile, forgiato sin dal periodo d’Accademia, quando quella che sembrava la più improbabile delle amicizie si era formata. Delusioni, amori, guerre, missioni, bagordi: avevano passato di tutto insieme.
Non devono essere un paio di gambe prive di vita a ridurti così, Havoc.
Con un respiro tremante cercò di ricomporsi: non era tutto perduto.
C’era quella possibilità data dalla pietra filosofale del Dottor Marcoh.
Breda sapeva bene che, ormai, il colonnello e tutti loro erano invischiati in una storia veramente grande e, se doveva essere sincero, era molto preoccupato. Mentre lui era ad accompagnare Acciaio alle rovine di Xerses la situazione era degenerata malamente e le prede del suo superiore si stavano rivelando più grandi e pericolose del previsto. Nei suoi quasi dieci anni come soldato, Breda ne aveva passate tante e anche brutte, ma questa volta si sentiva decisamente fuori posto.
Ma la cosa non contava: aveva ancora qualche possibilità di rimettere in piedi Havoc, questo era l’importante.
Sospirò, pensando a quanto gli era stato raccontato sulla pietra filosofale: i suoi componenti erano persone… anime di persone. Non si era mai fermato a riflettere sul concetto di anima: lui, con la mentalità pratica che si ritrovava, riteneva che una volta che le persone morivano era tutto finito. Certo, continuavano a vivere nei ricordi dei loro cari, ma era tutto lì. L’idea che la vita potesse essere imprigionata a formare la pietra filosofale lo metteva a disagio… era come se si privasse una persona del diritto di morire, di completare il giusto ciclo dell’esistenza. Tutto ciò era profondamente innaturale.
Come è innaturale che un ragazzino sia ridotto in un’armatura ed un altro abbia una gamba e un braccio automail perché hanno cercato di riportare in vita la loro madre…
Innaturale… ma alla base del loro gesto c’era lo stesso sentimento che lo stava facendo viaggiare in quel treno. Non voler arrendersi all’idea di aver perso una persona cara… non accettare il fatto di vedere Havoc in una sedia a rotelle, con lo sguardo spento e il suo amore per la vita svanito.
Si stava trovando a giocare con regole del tutto nuove, che andavano oltre tutto quello in cui era abituato a credere. Ma si sarebbe adattato a quella novità: se erano stati esseri non umani a ridurre così Havoc, allora per guarirlo era disposto ad usare la pietra filosofale.
Che le anime che la componevano lo potessero perdonare, ma in ogni caso loro erano perdute per sempre. E se fosse stato nelle loro condizioni avrebbe preferito essere usato – e questo verbo lo fece rabbrividire – per curare un umano piuttosto che alimentare la follia di quelle creature.
In fondo se tutto andava come previsto, sarebbe stato pienamente in pace con se stesso.
 
“Dottore, è in casa? – chiamò bussando alla porta, in cima alle scale – Dottore?”
Forse non è ancora tornato…
Sentendo un rumore dietro di lui vide passare un contadino con un cesto sulle spalle.
“Mi scusi – chiese – sa se il dottore non è in casa?”
L’uomo lo guardò con curiosità.
“Oh, ma lei è quello che è entrato dal dottore poco prima… ha per caso dimenticato qualcosa?”
“Eh? Ma no, è la prima volta che sono qui…” mormorò Breda perplesso, mentre una spiacevole sensazione iniziava ad impossessarsi di lui.
“Ma poco tempo fa lei è entrato… indossava una divisa militare, no?”
Merda!
Comprendendo che era successo qualcosa Breda impugnò la pistola e con un calcio aprì la porta. Questa non oppose alcuna resistenza ed il sottotenente si trovò davanti ad una stanza con mobili e attrezzature mediche rovesciate, inequivocabili segni di colluttazione.
La rabbia che aveva trattenuto davanti ad Havoc riprese a montargli vertiginosamente: era un vicolo cieco.
La mano libera dalla pistola si serrò.
...la cenere che cadeva dalla sigaretta senza che Havoc facesse nulla per impedirlo, limitandosi a fissare il vuoto davanti a lui… senza vita, senza anima.
Il pugno che colpì lo stipite della porta fu violentissimo: Breda sentì il dolore che si riversava dalla mano al polso a tutto il braccio. Ma non faceva male quanto il sapore di fallimento e frustrazione che gli invadeva il cuore e l’anima.
“Dannazione! All’inferno!” esclamò
Finalmente era arrivato lo sfogo: quel pugno l’aveva trattenuto dalla stanza d’ospedale di Havoc.
La nebbia che aveva avvolto la sua mente si diradò e si sentì incredibilmente svuotato, ma di nuovo lucido.
Si costrinse a calmarsi, respirando profondamente, permettendo alla sua personalità di riprendere il controllo.
Un solo, singolo, pugno, era questo quello di cui aveva avuto bisogno.
Non gli restava che tornare a Central, dopo quel buco nell’acqua… ma adesso la situazione era cambiata: aveva un conto personale con gli homunculus.
Era guerra aperta.

 
  
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