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Autore: mikeychan    03/07/2013    1 recensioni
Leonardo è deciso ad aiutare Mikey a scoprire un altro modo per parlare, dopo un incidente… 2012’s Serie!
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Leo, ti ho già chiesto scusa… cosa vuoi che ti dica!- esclamò Mikey.
-No, questa volta non ci sono scuse sufficienti per quello che hai fatto!- ribatté un adirato Leo.
Entrambi erano al centro del dojo, distanti cinque metri ciascuno. Gli occhi cobalto del leader mostravano la rabbia pura, mentre quelli azzurri dell’arancione erano vitrei di lacrime.
-E’ stato solo un incidente…- mormorò Michelangelo, distogliendo lo sguardo.
-Raph potrebbe non vederci più!- gridò l’azzurro: -Prova a riflettere!-.
L’arancione strinse le palpebre e un gemito si bloccò dietro i suoi denti stretti…
 
2 ore prima…
 
Quattro ombre si muovevano rapidamente sui tetti, pronti per pattugliare la città e allenarsi un po’. I loro occhi scrutavano attenti ogni vicolo, quando saltavano il divario fra due vicini palazzi. La luna splendeva nella sua metà falce, rivolgendo la sua unica faccia a una miriade di piccole luminose stelle.
Leonardo, con i suoi occhi cobalto, intravide un groviglio di ombre soffuse, provenienti da un vicolo perpendicolare al maestoso museo completamente bianco e in stile quasi nipponico.
Un museo di Storia dell’Arte, con una sorte di “campanile” a punta, per precisare.
La mano di Leo si fermò quasi sul pettorale di Raphael, il quale ridusse i suoi occhi verdi a due fessure. Il piede a tre dita dell’azzurro era fermo proprio sul cornicione cementato di un palazzo di tre piani.
-Vedo un movimento sospetto, proveniente in quel vicolo!-.
Raph scambiò un’occhiata a un perplesso Don che si stringeva la fascia di cuoio con l’anello d’ottone che sosteneva il Bo sulla schiena. Mikey, al contrario, era perso a fissare alcuni pipistrelli che svolazzavano nell’aria, fondendosi con il nerastro della notte inoltrata.
-Beh, hai intenzione di rimanere qui a fare la Statua della Libertà?- sfidò ironicamente Raph.
Leo sospirò pesantemente e sfoderò le katana: -Andiamo.
-Mikey!- chiamò Donatello, fermo sul cornicione per saltare Raph e Leo, già in strada.
L’altro si voltò: -Sì?-.
-Muoviti!-.
Entrambi, allora, saltarono, sgattaiolando verso le tenebre, correndo abilmente con le braccia gettate all’indietro e il busto flesso in avanti.
 
Raggiunsero il vicolo: erano convinti di trovare dei Purple Dragon, ma si sbagliarono quando riconobbero un cervello rosa con otto tentacoli, occhi gialli e dentini affilati. Dei robot trasparenti mostravano chiaramente le armi laser in loro possesso, caricate e pronte per sparare.
-Sono i Kraang!- sussurrò Leo, nascosto dietro a un cassonetto della spazzatura.
-E sono circa una dozzina- completò Donatello, contandoli con i suoi occhi ramati.
-Che stanno facendo, comunque?- chiese Mikey, con un sorrisetto sulle labbra.
-Sembrano…- fece Don, continuando a guardare: -Stanno scassinando una serranda-.
-Non è un lavoro tipico dei Purple Dragon?- rifletté Raph, stranito dalla faccenda.
-Non so. E’ quello che ho visto- rispose il genio, storcendo le  labbra.
-Sicuramente cercano qualche nuovo componente per il loro mutageno- espresse un irritato Leonardo.
Raphael riuscì a capire che tipo di negozio era dall’insegna spenta.
-Ragazzi, è un negozio di fiori-.
-Forse anche i Kraang hanno le ragazze, no?- schernì Michelangelo, causando un ridacchiare nel genio.
-Mikey, tieni la bocca chiusa- lo rimproverò Leo: -Non siamo poi così distanti da quei pazzi. Potrebbero sentirci e spararci!-.
-Ehm…- fecero Raph e Don, indietreggiando con le armi nelle mani: -Troppo tardi…!-.
-I Kraang distruggono le tartarughe per prendere il congegno dei Kraang!- espose un robot, pericolosamente vicino a loro, con l’arma puntata sui loro volti.
-Oh, cavolo- ringhiò Leo, con un gelido sguardo.
Il Kraang richiamò gli altri che si avvicinarono minacciosi. I cervelli alieni posizionati al centro del loro ventre, avevano gli occhi chiusi, perché collegati telepaticamente ai loro corpi robot. Le tartarughe si resero conto che quello in cui erano, si trattava di un vicolo cieco e l’unica uscita era dal lato dei nemici.
-Attacchi a sorpresa, ragazzi- mormorò sottovoce Leo, cercando di essere impassibile.
-Cioè?- chiese Mikey, già con la kusarigama in pugno.
Raph ringhiò e si posizionò dietro Leo: quest’ultimo spiccò una veloce corsa, mentre il Kraang che aveva parlato e dato l’allarme gli sparò i raggi rosati laser addosso. Le katana della tartaruga deviavano ogni colpo e una volta vicino al bersaglio, si chinò, mentre Raph saltò con una capriola e si gettò su un altro droide.
Mikey e Donnie stavano combattendo più che bene, evitando di essere colpiti, sino a quando l’arancione con le code della maschera corte, decise di affrontare l’attenzione con del sano humor.
Guardò Leo e Raph che mettevano fuori uso un robot a testa e osservò Donnie, un po’ in difficoltà con il suo Bo.
-Bene, bene!- schernì, scomparendo dalla visuale con un’impeccabile tecnica ninja…
 
-Dov’è Mikey?- sussurrò Leonardo, guscio a guscio con Raph.
-Non lo so!- rispose l’altro: -Don sta combattendo da solo?-.
-Sì!-.
La katana trafisse un droide all’altezza della testa: cadde immediatamente in terra, mentre il cervello schiuse i suoi occhi e impaurito, zampettò via, rifugiandosi in una stretta fessura, fra altri due palazzi. Era fuggito.
-Raph: io aiuto Donnie. Tu puoi affrontare quei Kraang che stanno aprendo la serranda- propose Leo.
-Intendi quelli distratti?-.
-Sì- fu la risposta del leader, mentre esibì un calcio all’ultimo Kraang dinanzi.
L’azzurro afferrò un piccolo uovo nero dalla cintura e lo scagliò pesantemente in terra: un fumo viola lo avvolse e lo fece scomparire, per poi ricomparire alle spalle del robot che era vicino a pugnalare alla nuca Donatello con un kunai.
“Non penso proprio!”, ringhiò mentalmente l’azzurro, trafiggendolo con la katana in gola.
Il genio, non appena udì il sinistro tonfo, si liberò del nemico con una rotazione esterna del Bo, affondato pesantemente sulla testa come una mazza da golf. Anche il Kraang battuto da Donnie, scappò a tentacoli levati.
-Grazie, Leo!- sorrise Donnie, mostrando l’incisivo mancante.
L’altro ricambiò con un altro sorriso e guardo Raph, che era vicinissimo a colpire silenziosamente i tre droidi, con un attacco a sorpresa. Era completamente visibile e se avrebbe fatto il più piccolo rumore, sarebbe stato battuto.
Raphael ringhiò, alzando a mo di coltello i suoi adorati Sai gemelli: negli occhi brillò una luce quasi sadica, ma qualcosa sconvolse in pieno il suo piano.
Da un fumo violaceo, comparve Michelangelo che urlò “Booyakasha” a pieni polmoni, attirando l’attenzione dei Kraang, i quali si rivolsero principalmente a Raphael. Il rosso spalancò gli occhi ma fu distratto dalla caduta in terra di Michelangelo, dovuta a un pesante calcio nello stomaco.
Non ci pensò su due volte a raggiungere il fratellino per proteggerlo. Uno dei Kraang avvicinò una pistola laser, ma un altro mostrò nella mano destra una sfera completamente grigia.
-La bomba ucciderà le tartarughe con un’esplosione della bomba!-.
Tirò il grilletto e la scagliò pesantemente contro i due fratelli, mentre gli ultimi tre droidi lasciarono perdere il negozio semi-scassinato di fiori per scappare il più lontano possibile.
Leo e Don urlarono ma un fascio bianco li avvolse completamente…
 
Riaprirono gli occhi e videro l’orrore: Raphael era ancora in piedi, dinanzi a un Mikey basito. I suoi Sai scivolarono dalle mani, cadendo pesantemente sul cemento dell’asfalto.
-R… Raphie…?- gracchiò Mikey, spaventatissimo.
Non ci furono risposte: il rosso era caduto pesantemente in terra, con gli occhi chiusi e la maschera completamente sfregiata e bruciata. La bomba gli era quasi esplosa in faccia…
Leo e Don si avvicinarono e il secondo citato iniziò a studiarlo: il poveretto non dava segni di vita.
-Portiamolo a casa!- urlò Donnie, mentre se lo caricò sulle spalle.
Leo e Mikey si guardarono attentamente: l’azzurro aveva un’espressione indecifrabile ma se ne andò, lasciando il fratellino ancora seduto in terra…
 
************************************
 
Mikey tornò in sé dopo il lungo ricordo: Leonardo lo stava ancora fissando con rabbia, sino a quando Donatello uscì dal suo laboratorio, dirigendosi lentamente nel dojo, dove l’albero nodoso era fissato da un afflitto Michelangelo.
Il genio guardò quest’ultimo, irrigidendosi di pura rabbia.
Da una porta shoji, con vari dipinti di guerrieri armati di katana, Sai, Bo e nunchaku, comparve Splinter, con i suoi occhi cannella, il kimono magenta e il bastone cristallizzato smeraldo. Le sue orecchie si mossero appena notando la rabbia nel cuore di Leo e Don.
Il più giovane sembrava completamente estraniato, ma il peso di un grave atto appoggiava sulle sue spalle.
-Donatello- chiamò Splinter, avvicinandosi: -Allora, come sta Raphael?-.
Spike si fermò dal mangiare la sua fogliolina, sistemato comodamente sul divano. Aveva intuito, in qualche modo, che il suo padrone era in una situazione spiacevole.
-La bomba ha danneggiato parzialmente le sue cornee- spiegò, chinando lo sguardo.
-E?- incitò Leonardo, sentendosi improvvisamente come in bilico su un cucuzzolo.
-C’è la possibilità che perda del tutto la vista…-.
Splinter spalancò gli occhi, mentre Michelangelo si mordicchiò il labbro, senza dir nulla.
Leonardo ringhiò e si avvicinò a quest’ultimo, incapace di mantenere il suo sangue freddo.
-Per colpa tua, Raphael potrebbe diventare cieco!- gli ringhiò: -Perché diavolo quella bomba non poteva lesionarti le corde vocali? Almeno non avremmo più sentito la tua voce fastidiosa!-.
Don e Splinter rimasero completamente scioccati, tant’è che Mikey, lasciandosi sfuggire un singhiozzo, scappò via, incapace di fermare le lacrime copiose sul volto.
Leonardo respirò così velocemente che ebbe un mancamento e si ritrovò piegato sulle ginocchia, con una mano sul petto e l’altra sugli occhi. Don gli si avvicinò senza dir nulla.
-C… che cosa ho detto…- soffocò, con un respiro tremolante.
-Leo, lo hai ferito- gli sussurrò Donatello, preferendo tornare, con il sensei, da un inconscio Raphael…
 
Mikey correva a perdifiato sui tetti, incapace di fermare i singhiozzi che sfuggivano rapidamente dalle sue labbra tremanti. Ignorava il battere furioso del cuore e i muscoli delle gambe stremati dalla lunga corsa e dal continuo saltare.
Egli, però, non poteva fermarsi.
Voleva andare il più lontano possibile dalla sua famiglia, per lo meno, non voleva più farsi vedere dopo quello che aveva causato a Raphael.
Si fermò su un edificio grigio che affacciava quasi sullo stesso negozio di fiori che i Kraang avevano cercato di scassinare. Nel suo respiro affannato, tentò di pensare a un modo per scusarsi con Raph, anche se, per la gravità del suo atto, non c’era nulla che avrebbe potuto fare.
Ormai il danno era fatto.
Mikey non aveva neppure la guardia alzata… troppo sconvolto, non riuscì neppure a parare un pugno che si schiantò pesantemente contro la sua nuca. Egli barcollò in avanti, tentando di non perdere l’equilibrio e cadere dall’edificio.
Fece una piroetta sul bordo del cornicione e con una capriola tornò sul tetto, lontano dalla fine. Si massaggiò la zona colpita, rimettendosi in piedi. Rimase sconcertato alla quantità di Foot Ninja armati dinanzi a lui. Egli era in inferiorità numerica.
Non c’era né Karai, né Shredder e questo, forse, poteva essere un “colpo fortunato”.
Mikey brandì la kusarigama e divaricò le gambe, pronto per lottare contro quella moltitudine di teste nere e occhi gialli. Le numerose katana, naginata, sai e altre armi ninja brillavano sotto la luna, emanando un bagliore sin troppo letale.
-D’accordo- urlò l’arancione, con un ghigno: -Stasera si balla il rock! Booyakasha!-.
Spiccò un balzo e a gambe divaricate, colpì la testa di un Foot con un calcio a piedi uniti. Sfruttò quello spilungone colpito per crearsi un’elevazione per continuare a saltare e a colpire. La catena della kusarigama si allungò e avvolse le caviglie di due Foot, lasciandosi finire pesantemente in terra.
Mikey rise soddisfatto e atterrò sulle mani, lanciandosi ancora in avanti per completare il tutto con un calcio rotante che spedì al tappeto tre nemici contemporaneamente.
Aveva il fiato grosso per la quantità di energia che aveva impiegato, ma non voleva mollare. Doveva vendicarsi in qualche modo di quello che aveva fatto a Raphie.
-Accidenti, ma questi spuntano come i funghi!-.
Michelangelo si rese conto che i nemici avevano chiamato rinforzi: lui non avrebbe potuto più nulla. Spinse ugualmente questo pensiero al confine della sua mente e si preparò alla nuova battaglia. Eppure, le cose cambiarono immediatamente.
Un Foot riuscì a piantare la katana nel braccio destro di Mikey, causandogli un urlo: un secondo ne approfittò per spedirlo al tappeto con un calcio al volto. L’impatto con il suolo fu così duro che Mikey rimase scioccato per un attimo.
I sensi di Mikey erano ovattati, ma riuscì a tenere gli occhi aperti, comunque.
Uno dei Foot gli si avvicinò e lo tenne bloccato in terra con un piede sullo stomaco. La tartaruga si sentì mancare l’aria e urlò ancora. Fu allora che, nel suo dolore, sentì un suono inconfondibile di una saetta che danzava con le sue katana gemelle.
Mikey si sforzò di guardare e alzando il collo, riconobbe qualcosa di estremamente familiare: una bandana azzurra e un paio di occhi cobalto si riflettevano nei fendenti che le katana creavano per abbattere la moltitudine di nemici.
Sorrise debolmente, ma per lui non era finita.
Un Foot lo afferrò per il collo, alzandolo dal suolo: gli occhi di Mikey spalancarono alla mancanza d’aria e tentò di lottare contro quelle cinque dita che premevano sulle sue vertebre cervicali. Piccoli scricchiolii estasiavano il Foot energumeno che lo teneva.
-MIKEY!- urlò l’alleato, alias Leonardo.
Infatti, lui era corso dopo Mikey per scusarsi e riportarlo a casa: lo aveva cercato per un po’ ma quando aveva sentito i classici colpi metallici di armi, aveva capito. Suo fratello era nei guai e sarebbe dovuto intervenire.
Il Foot strinse ancora, mentre lacrime di paura rigarono le guance lentigginose di Michelangelo, le cui forze sparirono sempre di più. Le mani che stringevano sul polso del nemico si afflosciarono mollemente lungo i fianchi, mentre la testa rimase inclinata verso il cielo, con la bocca semi-aperta.
L’ossigeno si era completamente esaurito nei suoi polmoni e i sensi lo stavano abbandonando.
-MIKEY, NO!- strillò Leo, cercando di raggiungerlo.
Colto da una rabbia improvvisa, le katana dell’azzurro rotearono più ferocemente, riuscendo a spianarsi la strada per raggiungere il suo piccolo raggio di sole.
La paura, però, lo assalì quando intravide il nemico che si divertiva a raschiare la gola del piccolo arancione con un kunai e a schiantarlo pesantemente contro una cabina di un ascensore.
In quell’attimo, Leonardo percepì il cuore smettere di battere: il tempo rallentò, le risate sadiche dei Foot divennero silenzio, mentre le gambe sembrarono molli e pesanti. La tartaruga spalancò gli occhi per il puro terrore…
Mikey giaceva in terra, con gli occhi chiusi e il petto perfettamente fermo.
Come morto.
Il Foot che aveva realizzato un simile lavoro sogghignò e scomparve, con gli altri, dietro a un fumogeno nero, il cui fumo si dissolse in pochi istanti, lasciando il luogo della lotta perfettamente calmo, come tutt’intorno.
Leo respirava pesantemente e lasciate cadere le katana in terra, si apprestò a raggiungere il suo fratellino, versando lacrime di terrore allo stato puro. S’inginocchiò accanto a quel corpo tiepido, scrollandolo per cercare di risvegliarlo.
-Mikey…- singhiozzò: -Per favore, dimmi che… non puoi morire…!-.
Gli prese il polso: aspettò per i battiti che non giunsero. Leo scosse furiosamente la testa, non volendo accettare la perdita del suo fratellino. Ricordandosi di alcune spiegazioni di primo soccorso di Donnie, egli iniziò con un massaggio cardiaco.
La scia di sangue sulla gola di Michelangelo era copiosa, come la ferita al braccio.
Leonardo premette più volte, donando parte della sua aria attraverso le labbra dell’arancione. Quest’ultimo non respirava ma Leo non voleva arrendersi. Su una crisi di nervi, sbatté un pugno sul cuore di Mikey, causandogli un gemito soffocato, seguito da un colpo aspro di tosse.
-Mikey…?- sussurrò Leo, incredulo.
L’altro non si mosse, ma almeno, il suo petto si alzava e abbassava lentamente. Leonardo si strofinò via le lacrime e lo raccolse in stile sposa, cercando di raggiungere il tombino più vicino…
 
1 ora dopo…
 
Donnie era interiormente preoccupato per Michelangelo. Leonardo era stato troppo duro con lui e tutto sommato, si era trattato di un incidente, non perché Mikey aveva fatto l’idiota in battaglia. Voleva solo essere d’aiuto a Raph.
Tutti sapevano che il rosso e l’arancione erano complementari l’uno all’altro.
E il rapporto che avevano quei due era intenso e forte.
Splinter non era più uscito dalla sua stanza, dopo che Leo aveva fatto scappare Mikey.
“Accidenti…”, pensò il genio, sorseggiando una tazza di caffè: “Sono già le 23:45!”.
Guardò l’orologio che batteva l’orario tardivo sulla parete est del suo laboratorio, prima che un lieve gemito sfuggì dalle labbra di Raphael, disteso in posizione supina su un lettino.
Non aveva la maschera e nello spazio fra la fronte e le labbra capeggiava un’ustione leggera. La situazione non era così grave come aveva creduto Don e, in un certo senso, si sentiva colpevole per aver scaricato l’intera colpa su Michelangelo.
-Raph?- chiamò il genio, poggiandogli una mano sulla fronte.
-Mmh…- rispose confusamente l’altro, schiudendo lentamente gli occhi: -La… mia testa…-.
Donnie sorrise un po’: -Come ti senti?-.
-Don… n… non riesco a vedere…- biascicò l’incredulo Raphael, nella paura.
-Aspetta che controllo!- rispose il genio, afferrando dalla sua scrivania una piccola pila.
Accese la luce e la puntò nelle iridi opache del fratello, sospirando pesantemente quando non vide né il restringimento né la dilatazione delle pupille.
-Raph, sei cieco, ma solo temporaneamente- spiegò Donnie, tornando a sedersi sullo sgabello.
-Qu… quindi, potrò rivederci?-.
-Sì, ma ci vorrà tempo. Per ora, calmati e distenditi- rispose il genio, distendendolo dolcemente.
Raph chiuse gli occhi e sospirò, sentendo una strana pace irreale. Fece per proporre l’ovvia domanda quando si udirono dei passi in corsa e delle grida d’aiuto fra i singhiozzi.
-Raph, resta qui, per favore! Vado a controllare!- esclamò un impaurito Don, uscendo dal lab.
 
-DON, SENSEI!- urlò Leonardo, con il fiatone e Mikey fra le braccia.
L’appello venne immediatamente accolto ed ecco che i due citati comparvero nel salotto, gelandosi all’istante. Donnie guardò lo stato pietoso del fratellino e la paura lo assalì. Splinter, invece, prese in braccio Michelangelo, mentre il genio abbracciò Leo, cercando di calmarlo.
-E’… è solo colpa mia!- singhiozzò il leader, incapace di fermarsi.
-Leo, calmati e dimmi cosa è accaduto- espose fermamente l’altro.
L’azzurro annuì e mentre entrambi si diressero al laboratorio, iniziò a spiegare la sua versione della vicenda…
 
Splinter aveva già capito che Raph era sveglio ma avrebbe festeggiato dopo: per il momento, il suo cuore piangeva per le condizioni del povero Mikey, ora depositato su un altro lettino.
-Maestro… che cosa succede?- chiese il rosso, cercando di trovare la mano di suo padre.
Splinter la raccolse e sospirò: -Tuo fratello Michelangelo…-.
-Raph, ho combinato un guaio!- singhiozzò Leonardo, raccontando con Don la storia.
A racconto ultimato, il rosso si sentì ribollire di rabbia, tant’è che scese dal lettino, vagando alla cieca per mollare un pugno a Leo.
-Come diavolo ti è saltato in mente di dirgli quelle stupidaggini?-.
Il leader si ritrasse e non rispose subito: -E… ero arrabbiato-.
-Donnie, dimmi come sta!- ringhiò Raphael, nella frustrazione assoluta.
Il genio iniziò a lavorare sul piccolo mutante incosciente, cercando di non tralasciare alcun fattore. Controllò il cuore, i segni vitali e le ferite.
-Il suo polso è molto debole e ha perso molto sangue- pronunciò serissimo: -La ferita al braccio non ha intaccato l’osso ma…-.
-Ma cosa?- chiese Splinter, stringendo con rabbia la mano sul bastone.
-E’ la ferita al collo che mi preoccupa…-.
-LEO!- urlò Raphael: -SE MIKEY MUORE, TU SARAI IL PROSSIMO!-.
E detto ciò tentò di correre fuori, sbattendo miseramente contro il muro. Splinter chinò le orecchie e lo accompagnò lontano, per farlo sfogare. Leonardo si sentì male per ciò che aveva provocato ma Don gli poggiò la mano sulla spalla.
-Leo, ho bisogno che tu esca da qui, ora-.
-Sì, va bene- concluse l’azzurro, uscendo fuori…
 
5 ore dopo…
 
In superficie era una grigia alba temporalesca. La pioggia stava già purificando l’aria dallo smog, mentre la città sembrava ancora addormentata. Ma l’oscurità del cielo non era nulla paragonata all’abisso incolmabile che aveva squarciato i cuori degli Hamato.
Don aveva lavorato tutta la notte su Mikey e verso le 05:40 uscì dal laboratorio, con un’espressione molto stanca e gli occhi arrossati dal pianto. Si diresse nel salotto, intravedo Splinter che abbracciava un Raph addormentato e un Leo che sedeva in terra, con il guscio contro il bracciolo del divano azzurro.
Splinter riaprì gli occhi e li rivolse al figlio genio.
-Maestro… ho bisogno di parlarvi-.
Neanche se avessero captato ogni singola parola, Leo e Raph si svegliarono immediatamente, anche se il rosso non avrebbe visto comunque. Leo si strofinò gli occhi rossi e lucidi e si alzò in piedi. Donnie sospirò gravemente e tutti andarono in laboratorio.
 
Mikey era ancora incosciente e aveva uno spesso strato di garze sul collo e sul braccio. Lividi e contusioni anche.
-Lo strangolamento che ha subito, gli ha danneggiato le corde vocali, quasi irreversibilmente- spiegò Don.
-E… che cosa significa?- chiese Raph, lottando contro le lacrime.
-C… che non potrà parlare come noi- continuò nervosamente il genio.
Leo lo guardò e non disse nulla: il senso di colpa era immenso.
-Le sue parole diverranno come gemiti… le corde vocali sono lesionate- concluse il genio, frustrato.
Raph si sentì distrutto: il suo povero fratellino… non avrebbe parlato… forse mai più?
No… scosse nervosamente il capo e ringhiò. Le lacrime si scontrarono sulle sue guance smeraldo e strinse i denti. Se c’era un colpevole, quello era Leo con la sua maledetta lingua tagliente.
-Mi dispiace…- soffocò Leo, sottovoce.
-Non me lo sarei mai aspettato da te- ruggì freddamente Raph.
Donatello si strofinò il volto nelle mani e inghiottì un groppo di dolore nella gola. Per il momento, un po’ di riposo era quello che ci voleva…
 
5 giorni dopo…
 
Splinter era venuto molte volte a controllare il suo piccolo Michelangelo, nella speranza di vederlo sveglio, mentre Raphael era ancora cieco ma poteva muoversi senza barcollare a causa delle vertigini. Leonardo, invece, si era confinato nella sua stanza, incapace di credere una simile realtà.
Don non smetteva di ingurgitare intere tazze di caffè, nel tentativo di rimanere sveglio.
Raphael aveva un bastone di legno che anticipava le passeggiatine che Raph svolgeva nel rifugio: con quei costanti tintinnii in terra, egli poteva capire quasi come muoversi. Era utile, in realtà: almeno non picchiava il volto sui muri.
Dai classici bip dei macchinari di Donatello, il rosso comprese che era molto vicino al laboratorio. Era così stufo del silenzio snervante che regnava in casa. Desiderava ardentemente i suoni della tv tenuta a un livello sonoro troppo alto, le grida felici di Mikey e le risate di tutti.
Raph aprì gli occhi: non vedeva nulla e abbattuto, li tenne ugualmente spalancati.
Muovendo le mani sulle mura e picchiettando il bastone, varcò la porta, ritrovandosi nel laboratorio. Lui non sapeva se era buio o irradiato da qualche luce e francamente, non gl’importava. Era venuto solo per Mikey. Sapeva che non si era ancora svegliato e aveva paura.
-Ciao, Mikey- salutò con un sorriso.
Le sue dita sfiorarono il sedile di pelle dello sgabello e molto attentamente si sedette, mentre la ginocchiera destra urtò lentamente il piede metallico del lettino dove l’arancione riposava tranquillo.
-Sono io, Raph- evidenziò, dopo un breve silenzio: -Non sentirti in colpa per me. Fra un po’ tornerò a vedere-.
Riuscì a toccargli la mano: era tiepida e seminascosta da una coperta di lana. Il rosso fu colto da un’improvvisa voglia di piangere ma si trattenne. Dopotutto, era il fratello maggiore e non poteva mostrare debolezze.
-Non credere a quello che ti ha detto Leonardo- sussurrò tristemente: -Lui è uno stupido!-.
Raphael e si coprì il viso nelle mani, tirando un profondo sospiro tremante: il suo intero corpo era scosso da tremiti di dolore, rabbia e disperazione. Se avesse potuto, avrebbe ucciso tutti i Kraang e i Foot. Voleva vendetta… ma soprattutto desiderava un male oscuro per Leo.
La causa delle ferite di Mikey.
Improvvisamente, un gemito appena percettibile raggiunse l’udito di Raph, come una freccia al poligono di tiro. Appoggiò la mano su quella del fratellino e attese.
Il suo cuore traboccò quasi di gioia quando percepì una leggera contrazione nelle dita dell’altro: Raphael quasi stentava a credere che Mikey si stesse svegliando!
-Mikey?- chiamò, con una grande gioia: -Sei sveglio? Dì qualcosa, su!-.
L’arancione schiuse appena gli occhi azzurri e fissò il buio che regnava nel laboratorio. Alla sua destra vi era un ampio monitor acceso, tinto da uno screensaver blu chiaro. Quella luce catturò la sua attenzione, tant’è che voltò il capo per osservare quella luce che s’irradiava sul suo corpo.
-Mikey?- riprovò nuovamente Raphael.
L’arancione guardò suo fratello maggiore con aria confusa, prima di rabbrividire al fascio di ricordi che strinse rabbiosamente la sua mente. Mikey strinse gli occhi e si accorse che il suo braccio sinistro era avvolto nelle bende e immobilizzato.
La sua gola bruciava e doleva, ma lui voleva rispondere alla domanda di un nervoso Raph.
-R…- ne uscì fuori.
Egli non sapeva della diagnosi precedente di Donatello: le altre sei lettere che componevano il nome completo del rosso erano rimaste confinate nella sua trachea. Michelangelo, allora, ci riprovò.
-R… p…-.
La paura lo assalì, tanto che strinse paurosamente la mano di Raph, il quale capì all’istante.
-DONNIE!- urlò quest’ultimo, senza saper scegliere fra la gioia e la paura.
Passi veloci e piccoli borbottii incomprensibili anticiparono la venuta del genio, il quale accese immediatamente la luce, spalancando gli occhi.
-Raph, che succede? Vedi, forse?- chiese frenetico.
-No, sono ancora cieco. Mikey si è svegliato, ma non riesce a parlare!-.
Il viola si apprestò a raggiungere il fratellino che singhiozzava senza la sua voce e gli accarezzò la guancia amorevolmente. Gli aprì delicatamente la bocca e con una lucina controllò il fondo della gola. Era arrossata, ma sapeva che il danno era alle corde vocali.
-Mikey, mi dispiace- disse, spiegandogli il male che lo avrebbe sempre afflitto…
 
Splinter entrò quando sentì i brusii di Donatello, seduto sul lettino con Mikey stretto al petto. Lo stava cullando, strofinandogli dolcemente il guscio.
Leonardo fece capolino dalla sua stanza, aprendo silenziosamente la porta. Il topo lo guardò privo di espressione e chiuse gli occhi: l’azzurro intuì che il danno per Michelangelo c’era.
-E’ tutta colpa mia!- ringhiò Raph, di spalle: -Se non avessi fallito… t… tu-.
-N…- ne uscì fuori dalla bocca di Mikey, ancora in lacrime.
Donnie lo accarezzò sulla testa, sentendo il cuore sin troppo pesante per la situazione.
-Troveremo un altro modo per te…- gli sussurrò: -Perché tu comunicherai ancora con noi!-.
Il genio e Mikey s’irrigidirono alla vista di Leo, al fianco di Splinter. Il rosso percepì l’aura del fratello maggiore e si sentì pervadere da un’ondata di rabbia pura.
-L…- gemette Michelangelo, distogliendo lo sguardo.
-Shhh, Mikey, ci sono io- gli sussurrò Don, iperprotettivo.
-C… come sta?- chiese Leo, balbettando nervosamente.
-Beh, non può parlare, come ho già detto- rispose acidamente il genio.
Leo annuì e il maestro gli appoggiò una mano sulla spalla, mentre si diresse verso il suo più giovane, abbracciandolo e baciandolo sulla fronte.
-P…- provò ancora il minore, singhiozzando nuovamente.
-Figlio mio- sussurrò Splinter, addolorato da una simile realtà.
-Leo, è tutta colpa tua!- ruggì Raphael, tentando di avvicinarsi al fratello citato.
Don gelò, quando intravide la testa rossa pericolosamente vicino al leader, il quale non si mosse né oppose resistenza. Il pugno di Raph vagò alla cieca, colpendo l’aria. La sua furia avrebbe potuto essere distruttiva.
-Che cosa hai fatto!- urlò ancora il rosso, accecato dall’odio.
-Mi dispiace… ero arrabbiato per cosa ti era accaduto e ho agito d’impulso!- gemette Leo.
Raph seguì il suono della voce e un altro pugno fu più vicino al volto di Leo, le cui lacrime non accennavano a placarsi.
-Sei un bastardo! Ti odio! TI ODIO!-.
Raph inciampò pesantemente in un groviglio di fili in terra e picchiò il volto in terra, grugnendo. Leo rimase fermo dov’era perché sapeva che se avesse toccato un muscolo del fratello, avrebbe sicuramente assaggiato una scarica intensiva di pugni.
Don volle aiutare Raph ma Splinter gli dette uno sguardo serio e fermo: non si mosse e rimase fermo sul posto.
-Maledetto..!- ruggì ancora il rosso, alzando lentamente il capo dal pavimento: -Dannato!-.
Spalancò gli occhi e fissò il buio: eppure, non poté fare a meno di percepire una luce biancastra sfumata. Raph batté più volte gli occhi… quel grigiastro non lo abbandonava e si diradava, ravvivando colori tendenti al marrone, al verde e… a un odioso azzurro.
Quelle sfere verdi rimasero spalancate in puro shock: riacquistarono un colore nerastro per le pupille diradate e una serie di forme gli cancellarono ulteriormente l’oscurità che aveva visto per un’intera settimana.
-Raph, che succede?- chiese Donnie, spaventato dal blocco del fratello.
Raph si rialzò da solo in piedi, ancora basito e si avvicinò lentamente a Leo, il quale non disse nulla. Quelle iridi erano vive e le pupille non più opache… c’era una sola ipotesi.
-Leonardo- mormorò Raphael, a un centimetro dal fratello.
Leo non rispose, ma i suoi riflessi non furono in grado di schivare un violento pugno che si abbatté contro il suo naso, facendolo cadere il terra, sconvolto ma in silenzio.
-Don, vedo di nuovo!- esclamò il rosso: -E questo significa che posso ucciderti!-.
Il genio fece per fermare il fratello furioso quando un lampo arancione lo accelerò.
-LEONARDO!- urlò il rosso, afferrando il suo Sai, pronto per affondarlo nel volto del citato.
In quel fascio di rabbia, Leo chiuse gli occhi, attendendo il dolore che non giunse mai. Tremando e ignorando il naso sanguinante, egli schiuse l’occhio destro, sconvolgendosi totalmente a ciò che vide.
-M… Mikey…- pronunciò attonito.
-C… cosa?!- balbettò Raph, vedendo il fratellino che teneva bloccato il polso con il Sai.
-Maestro, ma…?- gemette anche Don, mentre il topo annuì, confermando la risposta.
Mikey avrebbe detto qualcosa ma sapeva che non avrebbe più parlato e si limitò a scuotere lentamente il capo in un diniego. Il rosso aprì le dita, mentre il Sai cadde in terra, in un sonoro tonfo. Quel sorriso solare gli provocò un’esplosione si sentimenti e singhiozzando, Raph lo avvolse a sé.
-MIKEY, PERCHE’?!- urlò.
L’altro si limitò a sorridere e a staccarsi dolcemente da quelle forti braccia; si rivolse a Leo, che teneva lo sguardo basso e gli offrì una mano. L’azzurro lo guardò e mordicchiandosi le labbra accettò. Mikey lo avvolse in un abbraccio, lasciandogli comprendere che non era arrabbiato con lui.
-Ti voglio bene, Mikey…-…
 
1 settimana dopo…
 
La loro giovane amica April era venuta più volte a trovare i suoi amici, dopo che aveva saputo dell’incidente di Raph, completamente guarito con i suoi occhi e Mikey, quasi caduto in depressione.
Nella tana si respirava solo un silenzio triste. Michelangelo sedeva sul divano, con il laptop sulle gambe, navigando nel web alla ricerca di qualcosa che potesse risollevargli il morale. Guardò Spike: la tartarughina stava mangiando la sua foglia d’insalata, in terra, accanto al televisore.
“Lui non parla.”, pensò Michelangelo, guardandolo: “Quindi, sarò un po’ come lui…”.
Raph, il quale non aveva facilmente perdonato Leonardo, vide quest’ultimo che si avvicinava al fratellino con un sorriso angelico sul volto.
-Ehi, Mikey- sorrise.
L’altro gli rivolse lo sguardo e chiuse il coperchio del laptop, spostandolo alla sua sinistra, sul divano. Il suo braccio doleva ancora un po’, ma poteva muoverlo.
-Ecco…- cominciò Leo, un po’ nervosamente: -Ho trovato qualcosa che potrebbe aiutarti-.
Mikey sollevò un sopracciglio come per dire “che cosa?”.
Leo sorrise e notò Raph, Don e il sensei che si stavano avvicinando.
-Ho pensato a lungo a un modo per aiutare Michelangelo a poter comunicare con noi, anche senza la sua voce- proseguì.
-Davvero?- chiese Donnie, spostando gli occhiali da saldatore sulla testa.
-Sì. Il linguaggio dei segni-.
-E sarebbe?- chiese Raph, con Spike sulla spalla: -Coraggio, parla-.
-Esiste questo alfabeto particolare che adoperano i sordomuti e ho pensato che poteva essere utile- concluse Leo.
Rimasero in silenzio per un po’ ma Mikey saltò al collo del fratello maggiore, abbracciandolo in pura gratitudine.
-Mmh, sì. E’ un’idea brillante, Leonardo- acconsentì il sensei, lisciandosi la lunga e sottile barbetta.
-E… come si fa?- chiese Raph, decisamente incuriosito.
-Ho trovato un libro che spiega esattamente come imparare questo alfabeto- e Leo corse nella sua stanza.
Mikey rimase di buon umore, continuando a mantenere il sorriso sulle labbra, sino al ritorno del fratello che fu un vero razzo. Spostandosi le code della maschera sul guscio, mostrò il libro spesso dalla copertina marrone in suo possesso.
-Ecco, questo libro me l’ha portato April, qualche giorno fa- spiegò.
Mikey lesse mentalmente il titolo: “Il potere del linguaggio del corpo”.
Sorrise, abbracciando prima il fratello dalla maschera azzurra, poi quello rosso, il viola e infine, il padre.
“Grazie!”, urlò mentalmente…
 
Present Day
 
Leonardo stava guardando “Space Heroes” quando un tocco gentile posò sulla sua spalla. Si voltò.
-Ehi, Mikey-.
L’arancione iniziò a muovere le mani, in contemporanea alle parole mute.
-Davvero vorresti uscire in pattuglia, più tardi?- chiese l’azzurro, sbalordito.
Mikey pompò i pugni in aria… il linguaggio dei gesti era formidabile e anche se gli mancava la sua voce, anche così non era del tutto male…
-Non c’è di che, fratellino- sorrise Leo, quando Mikey gli espresse un grazie con un forte abbraccio.
Gli occhi verdi di Raphael mostrarono solo felicità: Leonardo sorrise…
Suo fratello lo aveva perdonato…
 
The End

  
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