Note Dell’autrice:
Ho scritto questa FF per il 28° concorso su EFP, beh non
ho idea se verrà accettata ne se arriverà da qualche parte, ma dato che poteva essere
pubblicata dopo la data del 20 novembre ho aspettato anche troppo XD.
Lo sapete che io non sono brava ad aspettare, almeno
in genere chi mi segue lo sa, spero solo che vi piaccia perché ho amato Queer
as Folk in ogni suo piccolo dettaglio, e vederne la fine mi ha lasciato troppa
nostalgia, in qualche modo è una sorta di futuro, sei mesi dopo l’ultima
puntata della quinta serie.
Spero che vi piacerà, perché l’ho
scritta con una voglia pazza di mettere giù qualcosa che valesse la pena di
leggere.
Quindi accetto anche ogni genere di critica, è
suddivisa in 4 capitoli, visti dal punto di vista di alcuni dei protagonisti, a
partire da Teddy, anche se ammetto che questo è solo una sorta di inizio,
preferisco sinceramente gli altri tre capitoli.
Ora vi lascio, buona lettura! E mi raccomando,
fatevi sentire!!!
Autore: Fanny80
Mail: fanny80msn@tiscali.it
Nome della FF: Nessuno è immune.
Genere: Drammatico/Romantico
Rating: Arancione
Categoria: Queer as folk (USA)
Commento alla FF:
Brian
Kinney ha sempre creduto di essere immune
da ogni cosa,
dall'amore, dal giudizio degli altri, da
quello di Dio, e
persino immune alla morte... ma non
è così, nessuno è immune
da ogni cosa.
hg
QUEER AS FOLK (USA)
NESSUNO È IMMUNE.
CAPITOLO 1°
(Ted)
Nessuno può essere totalmente immune, libero da ogni
cosa, neanche tu Brian.
Oh no, non lo sei affatto.
Hai passato tutta la tua vita a crederlo, a
convincere gli altri di essere immune a qualunque cosa, immune a tuo padre e al
suo disprezzo, immune a tua madre che pregava per qualunque cosa, benché mai
avesse fatto un minimo sforzo per salvare la vostra famiglia.
Nascondeva tutto il marcio dietro la sua facciata
severa, ligia alle regole di Dio, e fingeva di non vedere, di non sapere che
suo marito beveva fino a perdere i sensi, di non sapere che uomo meschino era
diventato.
Non accetterà mai che tu Brian, tu, suo figlio, sei
un omosessuale.
E quando non ha potuto più fingere di non vedere ha
pregato per la salvezza della tua anima, almeno così diceva, perché il tuo
peccato ti avrebbe portato a bruciare all’inferno se lei non l’avesse fatto.
“Il cancro te
lo sei cercato… e Dio che ti sta punendo per le tue perversioni!” ti ha detto e tu hai
provato un sottile piacere nell’urlarle contro, un sottile piacere nel riuscire
a sbarazzarti finalmente di lei, buttandola fuori dal tuo ufficio, e dalla tua
vita, ed io, in un angolo di quell’ufficio ho esultato, ammirandoti forse come
non mai.
Bruciare all’inferno…
Ah beh, di sicuro quello ti faceva meno paura di
mille altre cose.
Perché non ti sei mai sentito sporco, ti sei vantato
mille volte di essere gay, eppure disprezzavi ogni membro di quella comunità.
Gente frivola, dicevi, “Raccolgono fondi per stupide e patetiche cause, e lo scopo di tutto è
fottersi il più possibile soldi che non gli appartengono.”
Ma Brian, non eri immune neanche da quello, ironia
della sorte, hai fatto più tu per la piccola comunità gay di Pittsburgh che chiunque altro.
Sei caduto e ti sei rialzato, il successo ti
insegue, sembra quasi che tu riesca ad attirare i soldi come una calamita, e li
sperperi con altrettanta facilità, perché sono soldi, dicevi, eppure neanche di
quelli sei in grado di fare a meno.
No Brian, non sei un Dio, per quanto tu ti sia
sforzato di apparire tale, non sei incolume a tutto, hai sfuggito ogni genere
d’amore, ogni genere di legame, il sesso è sesso dicevi, “Brian Kinney, il dono di Dio ai Gay!”, così ti definiva Debbie.
Ma hai scoperto di non essere immune neanche al
cancro, ne all’amore che forse è qualcosa che gli rassomiglia molto.
Perché estirparlo, una volta che si intrufola dentro
di te, è un’impresa difficile, costa fatica, vero?
Sofferenza, dolore, sacrificio, liberarsi di
entrambi priva di energie, ti lascia sfinito dopo una giornata trascorsa a
lottargli contro.
Alla fine, in silenzio, hai sconfitto il cancro, da
solo, perché non volevi la commiserazione degli altri, affrontare tutto da
solo, perché è così che ti sei sempre sentito, Brian e nessun’altro.
Non esiste al mondo forse, una persona capace di
sfuggire all’amore come te, di disprezzarlo, tu che hai sempre detto di non
sapere amare.
Eppure la cosa più assurda di tutto è che gli altri
ti amavano nonostante questo.
Michael ti amava ed ha atteso, atteso quasi ogni
sera, in un angolo mentre qualcun altro ti faceva un pompino, per poi
riportarti a casa, atteso che ti stancassi di scoparti chiunque respirasse,
atteso e sperato, che dopo di tutto ti saresti accorto di lui.
E invece non l’hai mai fatto, non hai voluto, questa
è la verità, perché tu sapevi, hai sempre saputo cosa Michael volesse da te, ma
non potevi, non avresti mai potuto fargli del male, perché sei convinto di non
saper amare anche se dentro di te nessuno ha mai preso il suo posto.
L’hai protetto sempre da te stesso ed anche dagli
altri a volte, hai rischiato di perderlo, ma alla fine lui era sempre con te,
anche quando ha trovato la felicità che cercava in qualcun altro che forse lo
meritava di più.
E Justin, ha accettato da te ogni genere di cosa,
perché ti amava Brian.
E tu?
Oh si, anche tu lo ami, non è così?
Ma hai aspettato troppo per dirglielo, hai aspettato
che la paura liquida si impadronisse di te fino a farti credere che saresti
morto con lui se quell’esplosione te l’avesse portato via.
Ma non è stato così, non è stata la bomba al Babylon
a portarlo via da te, sei stato tu, e lui ha scelto.
Adesso è lontano e probabilmente non sa che tu sei
qui, in questo letto d’ospedale ad aspettare forse che la morte ti dia un po’
di sollievo.
Perché Brian Kinney non sei immune neanche a quello.
Non eri immune alla follia di coloro che credono di
uccidere ogni gay pervertito per poter così depurare il mondo dal male.
E così i freni della tua macchina non hanno funzionato,
qualcuno li ha manomessi e tu ti sei ritrovato la morte in faccia.
Immerso in così tanto sangue che neanche sapevi di
avere, hai perso i sensi e non ti sei più svegliato.
Oh Brian, per l’amore del cielo, dimostrami che
avevi ragione, dimostrami che sei immune persino alla morte, svegliati cazzo,
guardami!
Gli altri sono tutti fuori, Debbie è nella cappella
dell’ospedale, sta pregando per te così come ha fatto per Michael quando era al
tuo posto, e tu figlio di puttana, tu non fai nessun maledetto sforzo!
Non lo capisci?! Non capisci che se non apri quegli
occhi, e non sputi il tuo veleno come al solito potresti non farlo più?
Solo stanotte, dicono i medici, se non la superi non
ci sono più speranze.
Michael sembra come assuefatto, gli si legge il
dolore in faccia eppure non ha versato una lacrima, Ben l’ha fatto uscire da
qui mezzora fa, si è seduto su una sedia ed è lì che aspetta senza dire una
parola.
Emmett ha chiamato Lindsay e Mel a Toronto,
prenderanno il primo aereo, a dire il vero forse sono già qui, su un taxi.
Li per li non ho pensato sai? Mi hanno chiamato per
dirmi che eri qui, hanno chiamato me, ed io ho dovuto avvisare gli altri, il medico
dice che nei numeri da chiamare in caso d’emergenza c’era solo il mio.
Pensi fosse una vendetta sufficiente per lo scherzo
che ti ho tirato anni fa?
Io ti ho messo in condizione di decidere della mia
vita, ed ora tu hai messo me in condizione di sapere per primo che stavi
morendo.
Bello scherzo, tipico di te, davvero.
“Ted!” la porta si apre ed Lindsay ti guarda con gli
occhi pieni di lacrime “Oddio!”
Sembra così stanca mentre si avvicina a te, e Mel,
sulla porta, tiene in braccio Jenny e per mano Gus, non riesce a fare neanche
un passo ed esce, forse i bambini non sopporterebbero di vederti così.
“Cosa… Cos’è successo?” mi sussurra Lindsay senza
toglierti gli occhi di dosso, si sfila la sciarpa, e lascia scivolare il
cappotto dalle spalle.
“Non lo sappiamo, probabilmente stava andando a
casa, quella che aveva comprato per Just… i freni non hanno funzionato, Horvath
dice che sono stati manomessi, forse qualche fanatico…” mormoro guardandola e
lei chiude gli occhi, si piega verso di te e ti accarezza i capelli.
“I medici…? Si… si sveglierà?” balbetta incerta.
“Non lo sappiamo, dicono che se supera la notte
allora c’è qualche speranza, ma deve svegliarsi e per ora…”
Lei annuisce, mi guarda ed accenna ad un sorriso
“Vuoi che ti porti qualcosa? Vado a prendere del caffè.”
Annuisco “Ti ringrazio.”
E lei si solleva fermandosi a guardarmi “E Justin,
lo sa?”
“Emmett forse ha avvisato anche lui, non so.” Rispondo,
e del resto tu lo sai, non riesco ad andarmene da qui Brian, quasi mi sentissi
in dovere di esserti vicino, perché è vero, sei uno stronzo, bastardo, egoista
figlio di puttana, ma hai fatto per me più di quanto credi.
Lindsay annuisce e lentamente esce dalla stanza,
lasciando entrare Emmett, viene dritto da me e mi si siede vicino, sospira
guardandoti e poi guarda me “Michael mi preoccupa…” mormora “Se ne sta lì
Teddy, e non dice una parola, e poi ho paura… se non si sveglia…”
“Certo che si sveglierà, figurati se si priva del
piacere di tornare a tormentarci.” rispondo accennando ad un sorriso che Em
ricambia.
“Ho chiamato Justin, ma non ha risposto, così ho
lasciato un messaggio in segreteria.” mi dice tornando a guardarti.
“Non ha ancora richiamato?” chiedo un po’ sorpreso e
lui scuote il capo.
Poco dopo Linzy entra nella stanza, ha l’aria più
stravolta di prima e fra le mani niente caffè “Linz ti senti bene? Forse
dovresti riposarti, hai fatto un lungo viaggio, vi do le chiavi, potete andare
a casa di Debbie.”
“Ho… ho chiamato Justin, prima al numero di New
York, ma ha risposto la segreteria, poi ho provato sul cellulare, alla fine…
ecco io non so perché, ma ho chiamato a casa di Brian, quella che lui aveva
comprato per loro…” mormora scossa “Just… lui era lì, stava aspettando Brian.”
“Cosa?” io ed Emmett ci alziamo dalle nostre sedie
guardandola increduli.
“Non so cosa ci faccia lì, ma è evidente che Brian
stesse andando da lui quando ha avuto l’incidente.” continua scuotendo la
testa.
“Io non ne sapevo niente, non sapevo sarebbe
tornato…” dico voltandomi un momento a guardare te, steso in questo letto, sei
così pallido Brian, ed hai l’aria così stanca, con tutti quegli aghi nelle
braccia ed il tubo per l’ossigeno, Justin e qui e tu lo sapevi, perché non ci
hai detto niente?
“Neanche io sapevo niente, credo che non lo sapesse
nessuno.” dice Emmett strappandomi ai miei pensieri.
“Ora sta venendo qui, sono preoccupata, era troppo
stravolto per guidare.”
“Oh Linz sta tranquilla, arriverà sano e salvo.” la
rassicura Em.
Mi sembra di vivere in un incubo, che diavolo è
successo?
Tu non puoi giocarci questo scherzo, tu sei Brian
Kinney cazzo!
Ed ora che persino Justin è qui a Pittsburgh tu devi svegliarti maledizione!
Mi passo una
mano sulla fronte e vedo Michael entrare nella stanza, ha l’aria spenta e ti
guarda come se non fosse in grado di accettare che tu sia lì, cammina fino ad
avvicinarsi a me, ed io gli poso una mano sulla spalla “Michael… stai bene?”
Lui mi fissa
un momento e poi mi abbraccia, piange come un bambino, perché non vuole neanche
pensare a cosa accadrebbe se tu morissi, eppure, probabilmente come tutti noi,
non riesce a fare a meno di chiederselo.
“Ted… io…”
“Lo sai cosa
ti direbbe adesso?” chiedo con un sorriso mettendogli le mani sul viso “Non
sono ancora morto cazzo, smettila di frignare.” tento, in una pessima
imitazione di te che però lo fa sorridere mentre si asciuga gli occhi lucidi.
“Si hai
ragione.” annuisce guardandoti un minuto, poi torna su di me “Si sveglierà, non
è vero?” me lo chiede con gli occhi di chi si aspetta una bugia, purché non
faccia troppo male, ed allora io annuisco.
“Certo,
figurati, hai dimenticato chi è Brian Kinney? L’erba cattiva non muore mai.” dico
con tono scherzoso, ed improvvisamente capisco perché di numeri da chiamare in
caso d’emergenza c’era solo il mio.
Infondo ti
conosco Brian, i numeri sono il mio forte e questo fa di me una persona
razionale, almeno nella maggior parte dei casi, sapevi che avrei trovato il
modo giusto di dirlo agli altri e pensavi che tutto sommato la notizia non mi
avrebbe ucciso.
Su una cosa
però sbagliavi, sei mio amico Brian, e nonostante io odi tutti i tuoi
stramaledetti difetti, ti voglio bene.
Debbie bussa
alla porta, entra senza esitazione anche se non ha la sua solita aria allegra,
Linz allora esce, torna da Mel e dai bambini, accompagnata da Emmett, io e
Michael ci sediamo mentre lei in piedi ti guarda accanto al tuo letto “Horvath
dice che adesso sono sicuri, volevano ammazzarlo quei bastardi e ci sono quasi
riusciti! E dice anche che per l’ennesima volta quei figli di puttana se la
caveranno perché non è facile trovare i colpevoli!” sbotta con la sua solita
aria arrabbiata, Debbie è una donna forte, è stata per te una mamma più di
quanto lo sia mai stata la tua, ti accarezza i capelli e vedo in lei lo stesso
affetto e la stessa preoccupazione che aveva per Michael solo qualche mese fa.
“E tu,
piccolo stronzo, vedi di svegliarti, altrimenti vengo all’inferno a prenderti a
calci nel culo finché non ti decidi a tornare!” sussurra con voce rotta dal
pianto, mi ritrovo a sorridere, questa donna non cambierà mai, e forse lei è
una di quelle persone che proprio non vorrei vedere diversa da com’è.
Alzo lo
sguardo verso la porta, si sente un vociare insolito per un ospedale e poco
dopo Justin la spalanca fermandosi impietrito sulla porta a guardarci, Debbie
si volta fissandolo come se non potesse credere ai suoi occhi “Oh santissima
vergine! Pulcino!” gli va incontro e lo bacia abbracciandolo stretto come suo
solito.
Justin è
sconvolto, si separa da lei lentamente e si avvicina al letto, ti guarda, poi
guarda me e Michael e sembra che anche lui non trovi le parole da dire in
questo momento.
“I… io lo
stavo aspettando… sono tornato poche ore fa e… credevo avesse fatto tardi in
ufficio, io non ho pensato… io…” balbetta e gli occhi verdi si arrossano di
lacrime.
Povero
Justin, si è plasmato a te Brian, pensando che somigliarti di più ti avrebbe
convinto a lasciarti andare, ad amarlo, stavate per sposarvi e poi tu l’hai
convinto a seguire la sua carriera, a non rinunciare per te.
Neanche per
lui devono essere stati facili questi mesi, e tu qui sembravi lo stesso di
sempre ma ti ho visto mille volte con lo sguardo perso a pensare a lui quando
credevi di non essere visto, ti sforzavi di essere il solito Brian, ma credimi
amico, non ti riusciva affatto.
Eri pieno di
rabbia, più del solito e per le prime settimane evitavi tutti, solo il lavoro,
e qualche amante di cui il mattino dopo non ricordavi nemmeno la faccia, e
tutto per far sembrare che senza di Justin la vita era andata avanti, che
niente era cambiato.
“Se vuoi ti
lasciamo solo con lui Just.” dico all’improvviso, lui mi guarda scosso ed
annuisce, così mi alzo portando fuori con me Michael e Debbie.
Adesso Brian
devi solo trovare in te quella forza che hai sempre avuto, ricordati quel
giorno, apri gli occhi e permetti a Justin di dirti la stessa cosa che tu hai
trovato il coraggio di dirgli, lascia che possa riscattarsi dal suo senso di
colpa, lascia che possa di nuovo dirti quanto ti ama…