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Autore: realkseyoung_95    04/07/2013    3 recensioni
Il caldo gioca brutti scherzi a Kurt, soprattutto se sommato allo stress del babysitting estivo.
~One shot per il Kurtbastian Day, organizzato in occasione dell'anniversario dell'ultimo capitolo pubblicato di ACITW.
Genere: Generale, Mistero, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Happy Kurbastian day!
Ho scritto questa os in occasione dell'evento che le kurtbastianers del fantastico gruppo italiano hanno organizzato per l'anniversario della pubblicazione dell'ultimo capitolo di ACITW *asciuga lacrimuccia*.
Tema: estate.
Non è nulla di speciale ed è una delle mie solite idee stupide, ma sono contenta di aver dato il mio contributo.
Also, ho anche aggiornato la mia raccolta di flashfics baby!Kurtbastian, sempre a tema estate:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1967380
Bye, bye

-Dixie 
[spammo anche il mio ask perché non ho nulla di meglio da fare: http://ask.fm/dixiewellwood ]




Heat stroke



 

Si buttò sul divano di pelle nera, sospirando sonoramente e passando una mano tra i capelli sudaticci. Distese le gambe lungo il pavimento, sentendo i muscoli rilassarsi e le ossa scricchiolare, cominciando a chiedersi chi mai lo avesse costretto a fare una cosa simile, ricordando poi che era stato lui stesso ad infilarsi in quella situazione. Solo, non credeva che sarebbe stato così … faticoso, devastante. L’obiettivo che si era posto all’inizio dell’estate era quello di trovare un lavoro alla sua portata e che non richiedesse sforzi eccessivi, visto che suo padre lo aveva convinto che avrebbe preso Finn il suo posto in officina e quindi non avrebbe più avuto a che fare con motori e grasso per le macchine; era l’occasione adatta per cambiare un po’ aria. Subito aveva pensato al Lima Bean, ma per qualche strana ragione –o forse non tanto strana, qualcosa che poteva essere riassunto come il suo ex fidanzato Blaine- aveva deciso di non provare a presentarsi come cameriere, ma di buttarsi a capofitto dentro l’Inferno del babysitting.

Quando mai.

Doveva badare quasi ogni pomeriggio a quattro bambini assolutamente indisciplinati, che trovavano sempre l’occasione per distruggerlo con un nuovo gioco quando lui non faceva altro che chiedersi se mai si sarebbero stancati. Ma, per quanto avesse visto, sembrava che le loro batterie fossero sempre cariche al massimo da non permetter loro e non permettere a lui un attimo di riposo. Infatti, dopo i pochi secondi che si era concesso per riprendere le forze dopo una sfiancante partita a Twister –giorni prima aveva rotto un paio di pantaloni per colpa di quel demonio di un gioco- il più grande dei quattro si presentò davanti a lui con una palla da basket sotto braccio.

“Kurt, possiamo andare a giocare fuori?” gli chiese, mentre il ragazzo alzava gli occhi al cielo e pregava che non lo obbligasse a giocare con loro, cosa che solitamente succedeva. Sospirò e sorrise forzatamente, “ma oggi fa davvero caldo, siete sicuri di non voler rimanere dentro a, non so, fare qualcosa di più tranquillo?”

“Tipo cosa?” chiese il bambino, mentre i suoi due fratellini e la sorellina lo raggiunsero, circondando Kurt. Lo spaventavano sempre a morte quando facevano così, “ehm, non so … ad esempio a fare il gioco del silenzio o quello della nanna!”

Tutti e quattro sbuffarono, il che fece intendere a Kurt che la sua proposta era stata rifiutata. Aveva sempre provato un sentimento di odio-amore verso i bambini, ma per quei quattro demoni, al momento, provava solo odio. Ricordati i dieci dollari di paga al giorno, ricordati i dieci dollari di paga il giorno, si ripeté mentalmente, mentre socchiudeva gli occhi e sospirava, sconfitto. “Va bene, ma giocate solo voi. Dopo quel coso ègià un miracolo se riesco ad alzarmi dal divano.”

I bambini saltarono contenti e corsero in cortile ancor prima che Kurt riuscisse a mettersi in piedi. Quasi inciampò in una delle costruzioni del bambino più piccolo, dicendo tra sé e sé che avrebbe dovuto ricordare al piccino di riordinare una volta tornato dentro. Prese i suoi occhiali da sole e raggiunse i diavoletti fuori, dove già stavano tirando a canestro.  Optò per una delle sedie sotto la veranda, dove si accomodò deciso di prendere meno sole possibile. Non poteva permettere che la sua pelle lattea venisse rovinata da quel rossore stile gambero per colpa di quei maledetti raggi nocivi. 

Non aveva idea di quanto rimase là fermo, morendo dal caldo nonostante fosse all’ombra, ma, ad un certo punto, decise di sfidare le temperature più alte per sgranchirsi un po’ le gambe. Magari avrebbe solo fatto un corto giro del cortile, tanto per avere il piacere di una camminata sotto il sole cuocente.

Cominciò a guardarsi attorno; dall’altra parte della strada un uomo stava imprecando contro una pompa dell’acqua, tirando continui calci all’arnese e urlando alla finestra del piano più alto della sua casa di abbassare la musica metal, che stava disturbando il resto del quartiere. La via dove viveva la famiglia dei bambini solitamente era molto tranquilla, ma quel giorno gli parve più chiassosa del solito. Scosse la testa e decide di avvicinarsi alla staccionata di legno che divideva la casa da quella a fianco.

Kurt rabbrividì, e non era la prima volta che lo faceva davanti a quell’abitazione. Era un edificio abbandonato, con i vetri frantumati, i pezzi di legno rotti e il giardino in modalità foresta pluviale, selvatico e non curato da molto tempo. I bambini molte volte raccontavano che quella casa era infestata dai fantasmi, che alcuni loro amichetti li avevano addirittura visti e loro, certe notti, sentivano delle urla provenire da là dentro. I genitori dicevano invece che erano dei vandali che si divertivano a fare disastri e a spacciare droga, e che molte volte avevano denunciato i rumori ma nessuno si era mai fatto avanti per risolvere il problema. In qualsiasi caso, a Kurt quella casa metteva timore e si chiese come si avesse il coraggio di entrare là dentro anche solo per divertirsi.
Stava per voltarsi quando, con la coda dell’occhio, notò qualcosa di diverso in quel giardino malmesso. Si avvicinò di più alla staccionata, appoggiandosi a questa mentre guardava oltre.

Non molto più in là, un ragazzo se ne stava sdraiato senza maglietta e pantaloni su un lettino da spiaggia. Aveva gli occhi chiusi, quasi come se stesse dormendo e aveva l’espressione beata di chi solitamente stava tranquillamente prendendo il sole. Si ritrovò a spalancare un poco la bocca, più per sorpresa che per altro, anche se quel tipo non era per nulla male. Ma non poté non chiedersi cosa stesse facendo in un posto del genere, poi così in modo naturale come se nulla fosse. Insomma, non era cosa da tutti i giorni prendere il sole nel giardino di una casa abbandonata, almeno, così pensava. Corrugò la fronte e stette ancora un po’ ad osservarlo, intanto che questo non dava segni di vita e non pareva muoversi di un solo millimetro.

Per questo Kurt quasi cacciò un urlo quando il ragazzo si voltò verso di lui con gli occhi ben aperti.

Istintivamente si era nascosto dietro alla staccionata, sapendo che in qualsiasi caso lo aveva scoperto ed era inutile rendersi ridicolo ancora a lungo. Perciò si rialzò e fece finta di guardare altrove mentre, attraverso gli occhiali da sole, sbirciava l’altro che non aveva ancora smesso di fissarlo e si era messo a sedere sul lettino, mentre si sgranchiva la schiena. Quello era decisamente il momento esatto per allontanarsi, ma Kurt si convinse a rimanere lì a fare finta di osservare i bambini da quella posizione, provando ad ignorare, inutilmente, quell’individuo strano.
Tempo neanche un minuto che sentì una mano picchiettare sulla schiena.

Per un attimo sobbalzò, ma poi si voltò tranquillamente, incrociando le braccia. Il ragazzo lo squadrò dalla testa ai piedi con un paio di occhi verdi, che poi rialzò sul viso di Kurt, facendo una smorfia, “mi stavo chiedendo se per caso avessi qualche problema con me.”

“D’estate le gentilezze scompaiono e non si usa più salutare uno sconosciuto?!”  disse Kurt, ignorando quasi la sua frase e alzando gli occhiali da sole sulla testa. La luce gli fece socchiudere gli occhi, ma fece finta che questi appartenessero solo all’espressione di sfida che stava lanciando all’altro ragazzo.

Questo aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse, pensando bene alle parole prima di parlare, “cosa avrei dovuto dire?! Un ‘ehi’, un ‘ciao’, un ‘buongiorno, mia altezza reale, mi scuso per non essermi inginocchiato al suo cospetto’ ?!”

“Ah-ah, simpatico.” fece Kurt in tono sarcastico, senza ridacchiare o scomporsi troppo, “comunque non ho alcun problema con te, perché pensi che sia così?”

“Perché mi hai fissato per almeno dieci minuti e perché tra un po’ annaffiavi le erbacce con la tua bava.”
“I-io non  ho-“ cominciò Kurt, balbettando un poco “io non ti ho fissato per dieci minuti e tantomeno ho sbavato! Mi stavo solo guardando attorno quando ti ho visto. A proposito, dovresti essere un po’ più discreto, in questo quartiere ci sono dei bambini.”

“Non sono mica nudo!” esclamò lui, appoggiando i gomiti sulla staccionata di legno che traballò e feci altri rumori ben poco rassicuranti, “o forse vorresti che fosse così …” disse poi abbassando la voce e sorridendogli nello stesso modo demoniaco con cui lo facevano i bambini.
Kurt scosse la testa, “ma per favore!”

“Cosa c’è di male nel prendere il sole in un giardino in costume da bagno? Lo fa tantissima gente. O forse in Islanda, da dove probabilmente vieni, non è usanza comune.”

“Non è questo il punto!” fece Kurt, ignorando quelle sue ultime parole per non apparire più irritato di quanto già fosse. “Il fatto è che stai prendendo il sole in un giardino di una casa abbandonata. Hai idea delle voci che girano su questo edificio?! I bambini pensano che sia infestato dai fantasmi e vedere te che te ne stai lì come una lucertola non aiuta di certo a far sparire questa loro convinzione.”

“Ci credi tu?” chiese il ragazzo con un sorriso divertito.
“A cosa?”
“Ai fantasmi.”

Kurt rise, “nessun adulto ci crede e tantomeno io. Perché, mi vorrai far credere che tu sei uno di quelli appassionati del sovrannaturale che è convinto di aver visto degli spiriti volare attraverso quelle finestre?!” disse, con voce teatrale.

L’altro alzò le spalle e l’angolo della bocca destra in un ghigno, “potrebbe anche essere, chi ti può confermare il contrario?” . Per qualche motivo, Kurt si ritrovò zittito. Non sapeva bene come fare con quel tipo, magari doveva liquidarlo il prima possibile dato che stava cominciando a dire cose strane.

“E comunque non penso sia questo a spaventare i bambini …” cominciò il ragazzo, smorzando il silenzio. “Ci pensa già la tua faccia da checca a terrorizzarli abbastanza.”
Kurt alzò gli occhi al cielo, sospirando. “Sai, più passa il tempo più mi passa la voglia di tenere una conversazione con te. Come hai detto che ti chiami?”

“Non l’ho detto. Mi chiamo Sebastian e tu?”
“Kurt.” rispose secco lui. Sebastian … era un nome che gli si addiceva abbastanza, non sapeva bene il perché.

“Kurt?! Wow, mi aspettavo qualcosa come Lucy o un altro nome estremamente imbarazzante e femminile.”
“Mi dispiace deludere le tue aspettative, Sebastian.” pronunciò il suo nome nel modo più acido che conosceva. Pur di non guardarlo in faccia, distolse lo sguardo per posarlo sui bambini che ancora non si erano accorti della conversazione che stava tenendo ma continuavano a giocare per i fatti loro. “Ma tu non hai meglio da fare che star qui ad importunarmi?”

“Potrei dire la stessa cosa di te, per quando mi fissavi.”

“Per l’ennesima volta io non ti stavo fissando, ok?! Stavo passando di lì quando per sbaglio mi è caduto l’occhio, tutto qui.” Ribadì in modo scocciato, picchiettando le dita sul suo stesso braccio. Sebastian abbassò la testa, sconvolgendosi un po’ i capelli, “comunque, cosa ci fai da queste parti?” chiese a Kurt, sembrando quasi gentile.

L’interpellato rimase spiazzato dalla sua voce pacata che non credeva avrebbe mai avuto il piacere di sentire, “curo quei quattro diavoletti …” disse, facendo un cenno con la testa nella direzione dei bambini, “il metodo migliore per farsi rinchiudere in manicomio prima della fine dell’estate!”
“Sai che esistono modi migliori per divertirsi durante l’estate?! Cose da non farsi rinchiudere in manicomio, ma forse in carcere sì.” 
“Di male in peggio! Pensa, io conosco dei modi per divertirmi che non prevedono alcun arresto o malattia mentale …” fece, fingendosi sorpreso e usando il suo solito tono sarcastico. Sebastian ridacchiò, “io conosco dei modi per divertirmi che prevedono le manette, ma non la polizia …” disse, facendo l’occhiolino a Kurt che corrugò le sopracciglia, scuotendo la testa. “Se era un invito, beh, lo rifiuto con tanta gentilezza.”

“In realtà volevo invitarti per-“

“Kuuurt, con chi stai parlando?” la vocetta del bambino più piccolo interruppe la frase di Sebastian, costringendo Kurt a voltarsi già pronto a giustificarsi. Dentro di sé sapeva che sarebbe stato lui il primo ad accorgersi che qualcosa non andava, era il più sveglio del quattro. Il piccino si avvicinò a lui sorridendo, ma non sembrò preoccuparsi della presenza dello sconosciuto, tanto che ripeté la domanda.  

“I-io stavo parlando con …” cominciò Kurt, un po’ preoccupato per come si stava comportando il bambino. Indicò il ragazzo dietro di lui, ma quando si voltò per dire il suo nome notò che non c’era più.

Spalancò gli occhi sorpreso. Si precipitò più vicino alla staccionata, sporgendosi oltre queste e i cespugli pensando fosse nascosto là sotto. Ma nulla, Sebastian sembrava si fosse materializzato chissà dove e con lui anche la sua sdraio. Rimase un po’ sconcertato e scioccato, a tratti anche spaventato. Non poteva essersi allontanato ad una velocità simile, era umanamente impossibile, soprattutto con il lettino. E poi perché scappare con così tanta fretta? Alla fine era solo un bambino, non avrebbe potuto fare o dire qualcosa di male.
 
“Kurt, stai bene?” chiese il bambino con voce preoccupata quando gli afferrò le dita con la piccola mano. Kurt annuì e si affrettò a sorridergli, “sto bene, sì. E’ meglio se rientriamo perché fa davvero troppo caldo … “

Kurt sbatté le palpebre e si massaggiò le tempie; si era appena accorto di avere un forte mal di testa, molto probabilmente dovuto al fatto che era stato sotto il sole per troppo tempo. Il caldo gli stava giocando brutti scherzi.
Per un attimo si chiese se avesse davvero vissuto quella chiacchierata, o se fosse solo frutto di un colpo di calore, forse un’allucinazione.

O forse no.

 
 
 

   
 
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