“Uno”, he said

-Il soggetto si trova a compiere una scelta decisiva, dalla quale dipenderà l’esito finale: contrattaccare con l’arma più potente, con una meno dannosa quanto meno pregiata, incassare con la possibilità di uscirne comunque a testa alta oppure pregare che vada bene, sempre incassando?-
-Castle, muoviti!- sibilò Esposito.
-Era solamente una pausa riflessiva, comunque ora ho deciso: beccati questa raffica!-
-No, maledetto! Un “più 4”! Me la pagherai!-
-Alla fine ha scelto la prima opzione… a tuo discapito.- commentò Ryan.
-È inutile che gongoli, è solo colpa tua: sei tu che hai buttato il primo “più 2”!-
-Lo so, ora pesca: sono dieci carte.-
-Non perdere il conto.- disse Castle.
-Se non sbaglio, ora tocca a me!- iniziò Ryan. -Quindi, signori, blu l’ultima carta del mazzo...-
-Tecnicamente è turchese!- puntualizzò lo scrittore.
-Blu la carta che ho in mano: ho vinto!- concluse ignorando l’interruzione e gettando nel mazzo, con aria compiaciuta, un 7 turchese.
-Tu credi, e sottolineo credi,di aver vinto… ma, mio caro, non hai detto “uno”! Quindi, prego: due carte ti attendono!-
-Sillogismo impeccabile, caro Esposito, peccato che si basi su fondamenta errate: io ho detto “uno”; la tua è tutta invidia perché ne hai dovute pescare 10!-
-Tu non hai detto “uno”!-
-Si, invece!-
-No!-
-Si!-
“Sarebbe stupido non approfittare di questo momento di distrazione…” disse Castle tra sé e sé.

Il telefono sulla scrivania del detective Beckett dovette squillare una volta soltanto prima che la cornetta venisse alzata.
-Perfetto!- commentò la bella poliziotta. –Il primo omicidio della giornata… e il resto della squadra si è volatilizzato!- si alzò con fare seccato prendendo l’impermeabile.
-Capitano, ha visto “i tre moschettieri”?- 
-Più che vederli, li ho sentiti, soprattutto due: vai a prendere un caffè!-
-Cosa diamine…- inveì allontanandosi velocemente.
-Ah, Beckett! In bocca al lupo!
-Crepi! Anzi, crepino tutti e tre!-
-Ben detto!- concluse il capitano con un cenno d’assenso.

Si aspettava qualcosa di insolito nella stanza del caffè, ma quello era troppo anche per lei, così abituata alle stranezze dei colleghi: Ryan ed Esposito, in mano il mazzo delle carte giocate, ripercorrevano ogni loro mossa; Castle invece, con molta nonchalance, aveva più interesse per le carte ancora da pescare e per la mano del cubano e senza farsi il benché minimo problema si impossessò di un “più 4” nascondendolo nel risvolto dei pantaloni.
Si schiarì la voce, facendosi volutamente sentire. I tre sobbalzarono.
-Yo, Beckett!- salutò Esposito. –Avevamo giusto bisogno di te: devi aiutarci a dirimere una controversia.-
-Per quanto mi dolga di non poter prendere parte a questo bisticcio tra fratelli, c’è stato… un omicidio…-
-Che novità.- biascicò Castle muovendo sinuosamente una mano, nella quale stringeva un “cambiacolore”, verso la manica dell’altro braccio.
-E noi dovremmo investigare.-
-Nooo…- protestò Esposito facendo il broncio. –Ancora cinque minuti. Facci finire la partita!-
-Ma è finita: l’ho vinta io!- si impuntò l’irlandese.
-Ma non hai detto “uno”!!!-
-Io sono pronto a seguirti, mia musa!- scattò in piedi Castle, facendo scivolare sul tavolo diversi “più 2” dalle sue maniche. -E voi, Cip e Ciop, che fate?- domandò per sviare l’attenzione.
-Siamo pronti, la giustizia prima di tutto!- decretò Esposito alzandosi, scocciato, dalla sua sedia.
-Quindi dovresti ammettere che ho vinto io!-
-Vedi, Beckett, tu ti lamenti di me, guarda io con chi ho a che fare! Litigano per vincere una partita di “Uno”!- esclamò Castle.
Beckett inarcò un sopracciglio.
-Tu bari per vincere una partita di “Uno”.-
-Shhh! Non dirlo a nessuno!-
-Tu, allora, non chiamarmi mai più “musa”! Capito, gattino? E ora andiamo, abbiamo già perso fin troppo tempo!-
S’incamminò seguita dal resto della squadra.
Ryan corrugò la fronte osservando Castle.
-Castle, perché hai un “più 4” nel risvolto dei pantaloni?-
-Non fare domande delle quali, in realtà, non vuoi sapere la risposta.- disse Beckett, senza voltarsi, troncando la conversazione.
-Comunque… ho  vinto io!-