Libri > Stephen King, Varie
Ricorda la storia  |      
Autore: Evazick    04/07/2013    0 recensioni
[La Torre Nera; ambientata dopo "La sfera del buio", piccolo spoiler del finale!]
Se non avesse consumato tutto il suo dolore per la morte di Susan, proverebbe una fitta al cuore mentre ripensa a sua madre, alla forte e nobile Gabrielle Deschain, signora di Gilead, così giovane e bella prima che l’arrivo di Marten la consumasse come una candela nella notte. Al suo viso si sovrappone quello di Susan Delgado, amata troppo per troppo poco tempo e morta troppo presto, adesso solo uno dei tanti spiriti che accompagna il fantasma dei suoi rimpianti, che aleggia sopra di lui con il suo ghigno appuntito e la veste lacera.
"Is there- is there balm in Gilead?- tell me- tell me, I implore!"
Quoth the Raven, "Nevermore."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Madre?”
Roland arriva a malapena alla maniglia, ma riesce comunque ad afferrarla e ad aprire la porta della camera dei suoi genitori, senza però entrare. Rimane fermo sulla soglia, imbarazzato, come se non potesse più entrare liberamente come ha fatto fino a qualche anno prima, quando poteva ancora saltare in collo a sua madre senza essere deriso dai suoi compagni. Eppure c’è qualcosa che oggi l’ha spinto ad abbandonare Bert e gli altri subito dopo l’addestramento e salire le scale che portano a quella stanza così familiare. Gabrielle sembra non essersi accorta del suo arrivo, seduta su una poltrona vicino al fuoco e immersa nella lettura. Roland la osserva con il timore reverenziale che si deve alla signora di Gilead e l’amore geloso di un figlio verso la propria madre, senza osare distrarla. La osserva in silenzio, bella, nobile e serena, pura come un fiore, ancora non avvelenata dalle parole e dalle arti di Marten, e una parte dentro di lui sente che deve assaporare quel momento finchè può, perché presto non la vedrà più così e rimpiangerà il fatto di averla dovuta interrompere prima del tempo. La fissa ancora per qualche istante, poi lei alza lo sguardo e sobbalza di fronte all’improvvisa comparsa del figlio. Si ricompone in fretta e sorride calorosamente, contenta di vederlo. “Che ci fai qui, Roland? Non dovresti essere con Cort?” Non c’è rimprovero nel suo tono, solo mera curiosità.
“L’addestramento è già finito,” dice a testa bassa, quasi vergognoso. Vorrebbe aggiungere qualcos’altro, ma le parole gli rimangono bloccate in gola, come per colpa di un incantesimo, uno di quelli delle fiabe che Gabrielle gli raccontava. O forse è semplicemente il pistolero che sarà a trattenerlo.
“E sei venuto a trovarmi?” Gli occhi le brillano, non solo per la luce del fuoco. “È molto bello da parte tua. Siediti qui con me.” Gli fa segno di avvicinarsi e accomodarsi sulle sue ginocchia, nonostante lui sia cresciuto e sia più pesante. Alla sola idea il bambino scuote violentemente la testa, gli occhi azzurri impauriti dal fatto che qualcuno potrebbe vederlo – e chi li sentirebbe, poi, Cort, Bert e tutti gli altri?
“Tuo padre è impegnato e nessuno verrà a cercarti quassù. Nessuno saprà mai che sei venuto qui, sarà un nostro segreto.” Il tono di Gabrielle è fermo, ma le sue dita tremano leggermente e i suoi occhi vagano inquieti per il corpo del suo bambino, come se anche lei sentisse che quel momento non potrà accadere mai più. Madre e figlio si fissano a lungo in silenzio, poi Roland fa un passo, incerto, e poi un altro, e un altro ancora, finchè non si ritrova in grembo a Gabrielle. Non si sente a suo agio in quella posizione, perfettamente visibile dalla porta spalancata, ma non osa fiatare per rispetto di sua madre. Fortunatamente ci pensa lei a rompere il silenzio, dicendo, mentre gli posa sulle gambe il libro che stava leggendo: “Come vanno gli allenamenti?”
“Bene.”
“Cort è soddisfatto dei vostri progressi?”
A Roland viene da ridere a quella domanda, ma si trattiene e fa un cenno ambiguo con la testa. Dire che l’addestratore è soddisfatto del suo ka-tel è un’esagerazione: c’è da chiedersi chi di loro avrà il coraggio di essere il primo a sfidare l’uomo per guadagnare il titolo di pistolero. I suoi pensieri sono di nuovo interrotti da Gabrielle, che stavolta gli chiede: “Vuoi che ti legga una storia?”
Roland si volta verso di lei sorpreso. “Non ho più l’età per ascoltare una storia.”
La donna sorride divertita. “Non si è mai troppo vecchi per le storie. Viviamo per sentircele raccontare, qualunque sia la nostra età.”
Lui non fiata e, mentre la madre apre il libro sulle sue gambe, lascia che quella frase scivoli nei meandri della sua mente e si fermi lì, in attesa del momento in cui lui stesso la dirà, molti e ma-molti anni dopo, ai membri del suo ka-tet– non quello che lo seguirà fino a Mejis, ma quello che formerà quando Cuthbert e Alain saranno diventati polvere a Jericho Hill. Ma non facciamolo pensare alle morti che verranno: lasciamo che si goda questo momento tranquillo, uno degli ultimi, quando John Farson, Marten e il Re Rosso sono nomi che lo terrorizzano solo negli incubi che non ricorderà mai al mattino. Guardate, guardate bene come aspetta che Gabrielle trovi il poema che stava leggendo prima e inizi a leggerlo, soffermandosi sulla strofa che stava leggendo prima che venisse interrotta:
 

"Prophet!" said I, "thing of evil!- prophet still, if bird or
devil!-
Whether Tempter sent, or whether tempest tossed thee here ashore,
Desolate yet all undaunted, on this desert land enchanted-
On this home by horror haunted- tell me truly, I implore-
Is there- is there balm in Gilead?- tell me- tell me, I implore!"
Quoth the Raven, "Nevermore." *

 
 
“Roland?”
Spalanca gli occhi non appena sente qualcuno sussurrare il suo nome e si alza in piedi in fretta, le pistole sguainate e puntate verso colui che l’ha svegliato. L’istante prima di premere il grilletto riconosce Cuthbert, che non batte ciglio davanti alla sua rapidità, e rinfodera le pistole. Alain sta cancellando le tracce del falò che hanno acceso solo poche ore prima e i cavalli sono già sellati, pronti a partire di nuovo: non ci sarà riposo per loro, stanotte. Si scambia un’occhiata con Bert, e tanto basta all’amico per annunciargli: “Alain ha toccato degli uomini a cavallo a un paio di chilometri di distanza. Non molti, ma non me la sento di rischiare.”
Roland annuisce in silenzio e monta sul suo cavallo. Gli altri due si scambiano un’occhiata significativa, ma non dicono niente e si preparano alla partenza. Mentre partono alla volta di Gilead con Mejis alle loro spalle, il giovane Deschain non riesce a fare a meno di ripensare al ricordo che gli ha fatto visita durante il sonno. Se non avesse consumato tutto il suo dolore per la morte di Susan, proverebbe una fitta al cuore mentre ripensa a sua madre, alla forte e nobile Gabrielle Deschain, signora di Gilead, così giovane e bella prima che l’arrivo di Marten la consumasse come una candela nella notte. Al suo viso si sovrappone quello di Susan Delgado, amata troppo per troppo poco tempo e morta troppo presto, adesso solo uno dei tanti spiriti che accompagna il fantasma dei suoi rimpianti, che aleggia sopra di lui con il suo ghigno appuntito e la veste lacera.
Is there balm in Gilead? Tell me, I implore!
Guardatelo ora, guardatelo bene, mentre implora Gan che l’autore di quel poema non si sbagli e che ci sia davvero un rimedio per lui nella sua città. Questo ragazzo diventato adulto troppo in fretta, consumato dal veleno della rabbia e dalla sfera nella sua borsa, prega lo stesso dio che lo condannerà a raggiungere la sua meta e a rivivere la sua storia molte e ma-molte volte, ogni volta da capo. Sì, è a questo dio vendicativo e spietato che chiede misericordia e pietà, spezzato dal primo di una lunga serie di dolori che lo accompagneranno fino alla fine del mondo.
Ma per ora non sa niente di tutto questo, e continua a supplicare mentre l’alba spunta alle loro spalle e i torrioni di Gilead si profilano all’orizzonte, lontani come un miraggio.








* "Profeta, – io feci, – e sempre tal, sia uccello o
infido 
spettro!-
ti spinga l’Erebo o la tempesta al lido,

tu che su questa terra desolata ten vai-
per la mia tetra casa- dimmi schietto, t’imploro-
v’è pace almeno in Galaad?- dimmi- dimmi, t’imploro!"
E il corvo: "Non più mai."

È solo merito di Poe se mi è venuta in mente l'idea per questa storia (la prima sulla Torre Nera, spero di una lunga serie!), quindi andate a ringraziare lui, non me.
Lasciate una recensione, se avete tempo :D così vedrò quanti altri Tower Junkie italiani ci sono su EFP

xoxo
Zick

 

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Stephen King, Varie / Vai alla pagina dell'autore: Evazick