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Autore: Im_Not_Okay    05/07/2013    2 recensioni
- Guardami. - disse Frank, prendendogli in viso fra le mani, con ancora la Magnum tra le dita - Fa male vero? Oh, lo so, credimi. Ma adesso ascoltami, questo non è niente, NIENTE in confronto a quello che mi hai fatto passare tu! Vorrei che... che tu ti rendessi conto che il tuo menefreghismo nei confronti di tutti non ti porterà da nessuna parte. I minuti passavano, le lancette immaginarie di Frank ticchettavano e Gerard si contorceva dal dolore ansimando.
[Frerard]
AVVISO IMPORTANTE: Questa OS potrebbe essere considerata da alcuni a rating ROSSO, ma io sono buona e pucciosa e voglio che tutti possano leggerla quindi la metto arancione, 'kay? Ciao!
Genere: Dark, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Allora, un'altra OS per voi... Cioè, mi vengono delle illuminzazioni e se non le scrivo subito le perdo... Ma io sono SICURA che dopo averla letta mi strozzate, ma è okay. 
Volevo solo dire che ringrazio infinitamente chi segue le mie storie, o anche solo chi ci fa un giretto tanto per vedere come sono! xox!
Okay, spero che come One Shot piaccia, ho avuto un momento di crisi per tutto quello che mi è successo negli ultimi tempi (leggete il testo e arrivate sotto se volete sapere cosa!!!!)
E poi è un po' lunghetta... I'm Sorry! <3 E' che non c'era poi molto da raccontare e fare una ff di tre capitoli non era il massimo, no? xDxDxDxD 
 
Leggete, recensite e soprattutto ADORATE LE FRERARD! <--- Sì perché i due piccioncini sono troppo pucciosi!!!!!! <3<3<3<3 
 
 
 
Ah, già... so che lo sapete me c'è l'obbligo di specificare: 'Io non scrivo a scopoo di lucro, i personaggi non mi appartengono ecc...'
 
 
 
THIS IS MY REVENGE
 
 
Frank non capiva cosa avesse fatto di sbagliato. 
Cioè, era tutto perfetto prima, tutto. 
Amava Gerard più della sua stessa inutile vita e lui sembrava ricambiare con tutta la passione e la devozione che il piccolo avrebbe mai potuto desiderare. Erano felici.
E allora non poteva fare a meno di chiedersi cosa avesse sbagliato, perché di certo era colpa sua se il suo amore si stava allontanando, non poteva fare a meno di incolparsi  per quello che era successo, non poteva fare a meno di pensare di essere in qualche modo cambiato e che Gerard non lo amasse più a causa di un suo comportameno o altro. Ma non gli sembrava di essere poi molto diverso dai primi mesi in cui stavano insieme.
Non capiva proprio e non poteva non essere a dir poco scioccato per quello che il suo amore gli stava dicendo usando quel tono... Quel tono melodrammatico, quel tono che ti fa sentire una merda con i piedi, quel tono dispiaciuto che ti fa cadere le palle. Quel tono odioso.
- Frankie, Frank... Senti, è andata così, non funziona, non poteva funzionare. Mi dispiace, non è colpa tua, non è colpa di nessuno... Probabilmente era destino.
- M-ma Gerard... Mi avevi detto che mi a-amavi. - Frank ronzava attorno a Gerard mentre quest'ultimo metteva in delle grosse sacche tutta la sua roba.
- Ed era vero, e anche adesso continuo a volerti un bene che nemmeno ti immagini. - ma per Frank era così fottutamente difficile credere a quella parole...
- Allora perché vuoi abbandonarmi?
- No, no, Frankie, non pensarlo. Non voglio abbandonarti, è solo che questa vita non fa più per me, ecco. Potremo sicuramente rimanere in contatto, volerci bene, ma come amici. Questa sarà l'unica cosa che cambierà. 
- Ma questo cambia tutto, tutto! Gerard non lo capisci?
- Sì, ma è così che deve andare e...
- C'è qualcun altro, vero? Non vuoi stare più con me perché ti sei innamorato di qualcun altro. Ma okay, è la tua vita.
- Lo ammetto, hai ragione. E' per questo che voglio che fra noi finisca così, almeno restiamo in buoni rapporti, no?
- E' una ragazza?
- Mmh, s-sì - Gerard era molto indeciso sul fatto di dirlo o meno a Frank. Doveva ammettere che quando si incazzava faceva parecchio paura.
- Okay, okay... Ehm, allora addio Gerard. 
- A-addio?
- Sì, i-io non ho più voglia di vederti. F-forse hai ragione, f-forse è meglio se rompiamo, ma almeno vattene e non tornare, ti prego. - Era una richiesta disperata, la sua ultima àncora per non torturarsi fino alla fine della sua piccola vita.
- Se è questo quello che vuoi...
- E' esattamente questo. Addio, spero che tu da adesso in poi abbia una vita migliore. 
- Ciao Frankie, sei forte e ce la farai anche senza di me. - e detto questo chiuse la porta di casa un'ultima volta alle sue spalle.
Passarono due giorni e Frank ancora non era riuscito a realizzare l'accaduto. Era in uno stato catatonico di shock misto ad una sbronza costante per distrarsi. E Frank non era il tipo che affogava i dispiaceri nell'alcol, questa per lui era davvero una cosa grossa. 
E poi, una sera, qualche giorno dopo, si ritrovò a fissare le stelle che brillavano luminose in quel cielo notturno senza luna. E in ogni singola stella lucente rivedeva il bagliore degli occhi di Gerard, rivedeva il suo sguardo vivo e felice quando erano insieme.  Perché Gerard quando era con Frank era sempre felice, sempre. Come poteva averlo lasciato, come?
Era luglio, il mese più caldo di tutto l'anno e quella serata era davvero afosa. Malgrado tutto Frank aveva brividi di freddo che gli correvano lungo tutto il modollo osseo e si propagavano in ogni singolo nervo, era quasi doloroso. Tremava come una foglia. E finalmente, dopo giorni di stand-by si riprese e scoppiò in un pianto di sfogo, liberatorio, necessario.
Le ore passavano, Frank non aveva più lacrima da versare, non aveva più voce per singhiozzare, eppure il suo corpo già al limite, già allo strenuo delle proprie forze, continuava ad essere scosso da brividi e sobbalzi. 
Era disteso sul letto da sedici ore, non aveva mangiato né bevuto nulla e continuava a piangere. Intanto si dava dell'idiota, del debole, del coglione alcune volte, perché nonostante tutto non gli sembrava giusto stare così male per una persona. 
All'inizio nemmeno lui ci credeva, anzi, ma poi si fece forza e riuscì ad autoconvincersi che piangere per un cretino che lo aveva piantato in asso dopo avergli detto di amarlo era davvero un'immensa stronzata. 
Si alzò in piedi, nonostante le sue gambe stessero per cedere ad ogni passo e uscì da quell'angolino buio che gli ricordava solo il suo dolore e ciò che aveva perso.
Guardò fuori dalla finestra e ehi, il sole era sempre stato così accecante? O era lui che da troppo tempo non lo vedeva?
Prese uno, due, tre respiri profondi, poi si cambiò e uscì. Andò subito al parco, era un luogo che lo aiutava a riflettere e a rilassarsi malgrado tutto. 
Da quel momento in poi la sua vita sarebbe ripartita da dove la aveva lasciata prima di conoscere Gerard. Non poteva e non voleva dimenticare, era stato comunque il periodo più bello e felice della sua vita quello trascorso con lui, e in ogni caso si impara sempre qualcosa dalle brutte esperienze. Però non poteva nemmeno rinchiudersi nel suo malumore per sempre, né aveva voglia di farlo. 
Guardò i bambini che si rincorrevano, i ragazzi che parlavano, i genitori che tenevano i figli per mano e vide ciò che avrebbe sempre voluto, ciò che lui e Gerard erano, ciò che avrebbe voluto che diventassero e non poté impedire ad una lacrima solitaria di scorrergli lungo la guancia. In fondo stava guardando impotente i suoi sogni spezzarsi, quella goccia fuggitiva era anche giustificata. 
Ma la vita andava avanti, no? Con o senza di lui. E, dopo qualche altra riflessione, si convinse che era molto meglio e decisamente più sensato se lui la seguiva.
Luglio finì in un lampo. Non aveva perso i contatti con Mikey che, benché fosse il fratello di Gerard, stava ben attento ad invitare Frank a casa solo quando il suo ex non era nei paraggi. Era una persona davvero stupenda Mik, un po' nerd e con la parlantina infinita, ma simpatico.
E poi aveva ripreso a frequentare Ray, Bob e un sacco di altre persone con cui i rapporti stavano scemando perché lui passava troppo tempo con Gee. Sì, insomma, aveva ripreso la vita di prima e nel complesso non si poteva dire che non stesse bene.
Ma lui, anche dopo un mese, continuava a svegliarsi nel cuore della notte piangendo perché, anche inconsciamente, sentiva la mancanza del corpo di Gerard accanto al suo, caldo, stretto a lui, un porto sicuro. Ecco, forse era proprio questo che gli mancava, la sicurezza. La sicurezza dell'avere sempre qualcuno accanto, qualcuno che ti accolga fra le sue braccia quando stai male.
Iniziò agosto e le cose cambiarono. E' impossibile dire se in meglio o in peggio, è questione di punti di vista. 
Frank non piangeva più per Gerard, non se la sentiva di disperarsi ancora per lui, ne aveva davvero abbastanza. Ma iniziava a sentire un'altra emozione, diversa, che non aveva mai provato in vita sua. Aveva paura di cosa questa emozione potesse portarlo a fare, dopotutto capita a tutti di avere paura dell'ignoto, ma dopo appena un paio di giorni la accettò. Lo fece anche se sapeva che era sbagliato, assolutamente sbagliato, provare una cosa del genere. La accettò perché lo faceva stare meglio. Molto, molto meglio.
Frank non si riteneva "arrabbiato" perché non lo era. Non era per nulla arrabbiato. Insomma, Gee aveva tutto il diritto di lasciarlo per qualcun altro, poco ma sicuro. Lui si sentiva solo... mmh, non sapeva descrivere come stesse. Credeva che fosse ingiusto. Sì, ingiusto, ecco.
Ingiusto...
Perché lui aveva dovuto stare così male? Perché lui aveva dovuto soffrire e sentirsi una merda in tutti i sensi? Perché lui aveva buttato nel cesso un mese della sua vita disperandosi mentre quello stronzo di Gerard probabilmente si era solo tolto un peso liberandosi di lui e scaricandolo come si fa con un giocattolo vecchio che ormai non diverte più? Oh, questo a Frank non andava giù. 
Non riusciva ad accettare questa ingiustizia. No! 
Perché lui aveva sofferto, perché lui, per quanto avesse cercato di nasconderlo a tutti, sé stesso compreso, non aveva mai smesso di amare Gerard e di stare male proprio perché lo amava.
Agosto finì e quella sensazione di ingiustizia non aveva accennato a dissolversi, al contrario, si era rafforzata fino a diventare un pensiero fisso, un'ossessione. 
E lo stava facendo impazzire. 
Impazzire sul serio, non del tipo "Ho un mal di testa che mi sta facendo ammattire, meglio prendere un aspirina". No, lui iniziava a sentire una voce in testa che gli diceva di mandare a 'fanculo tutto e di vendicarsi. Su Gerard. Oppure di mandare a cagare la vita e di buttarsi dal terzo piano e smettere una volta per tutte di soffrire. 
E Frank stava provando ad opporsi in tutti i modi a quella presenza asfissiante, ma cavolo se era complicato. Perché ogni volta che non faceva come quella vocina gli diceva iniziava a stare male. Sia psicologicamente che fisicamente. E questo lo stava distruggendo, lo stava velocemente portando alla follia.
E ogni ora che passava si sentiva sempre più calpestato, sempre più distrutto da quelle ingiustizie, come se ogni istante il peso del rullo compressore sotto cui era disteso aumentasse. Perché si sentiva così: disteso sotto un rullo compressore. Ogni giorno schiacciato sempre di più.
E ogni giorno più convinto che fosse Tutta. Colpa. Di. Gerard.
Se c'era una parte di lui che ancora era razionale, ancora convinta che Gee avesse avuto tutto il diritto di lasciarlo, quella vocina che ormai aveva sostituito la coscienza di Frank la mandava a 'fanculo ogni volta che osava aprire il becco.
Incazzato, ecco. Adesso sì che lo era. E solo con Gerard. 
Era metà settembre e le cose nella mente di Frank erano del tutto degenerate e peggioravano senza arrestarsi mai. Ormai Frank si era arreso alla presenza e seguiva sempre più spesso i sui consigli. Non usciva, aveva tagliato ogni genere di rapporto con chiunque, quasi non mangiava più. 
Frank sapeva benissimo di essere impazzito quasi del tutto, non aveva problemi ad ammetterlo a se stesso. E sapeva che se voleva controllare questa voce terrificante avrebbe dovuto prendere degli psicofarmaci. Lui voleva prenderli, perché nonostante tutto non gli piaceva che un frutto della sua mente malata e della sua immaginazione gli mettesse i piedi in testa. 
Ma ogni volta che prendeva un po' di forza e coraggio per uscire la voce era più forte e lo faceva crollare sulla soglia, con la mano sulla maniglia ma senza riuscire mai a spingere verso il basso per aprirla.
Da fuori si poteva benissimo dire che in quella casa non ci vivesse nessuno. Nessuno usciva, nessuno entrava, nessun rumore proveniva mai dall'interno. 
E nessuno passava per salutare il piccolo Frank.
Fino a che, un bel giorno... 
Knock-Knock
Frank si chiedeva chi diamine potesse essere, magari aveva ordinato una pizza e non se era ricordato? Probabile con la sua mente che si divertiva a fargli certi scherzetti per nulla divertenti.
Si alzò di malavoglia e andò alla porta, cercando qualche banconota in tasca. Ehi, era pazzo, non criminale!
Aprì la porta con un cigolio sinistro, alzò lo sguardo tanto per verificare chi avesse davanti e...
E quello era un pessimo scherzo. E poi... mica era già Halloween? Non era il momento per dolcetto-o-scherzetto. Ah, giusto... Halloween. Fra quanto sarebbe caduto? Una settimana? Gli piaceva l'idea di essere nato il giorno di Halloween, il suo compleanno almeno aveva qualcosa di speciale in confronto agli altri, no?
Okay, aveva divagato abbastanza. Questo a dimostrazione di come la sua mente fosse del tutto andata. Che non fosse proprio lei a creargli un'allucinazione? Non poteva essere reale quello che aveva davanti. 
Però quella vocina gli diceva che era tutto vero e che era la sua occasione per... per fare cosa? Oh, no... non aveva intenzione di vendicarsi, non voleva fargli del male. Mmh, sembrava che la sua improvvisa apparizione avesse rischiarato le idee a Frank e che lo aiutasse a ragionare più lucidamente.
- G-gerard? - fu la prima cosa che riuscì a formulare.
- Ciao, Frankie.
- Cosa ci fai quì?! Ti avevo detto che...
- Sì, sì, okay, mi avevi detto che non mi volevi più vedere... ma sono venuto lo stesso. 
- Cosa. Vuoi. Da. Me. ?
- Chiederti scusa.
Eh? Okay, o Frank era davvero fuori, ma fuori di brutto, oppure quello fuori era Gee.
- Non hai nessun motivo per scusarti. - non era del tutto vero. La parte razionale di Frank improvvisamente riemersa dal suo stato catatonico gli diceva che era così, ma la vocina che non si era affatto indebolita gli diceva che Gee aveva un sacco di cose per cui scusarsi, invece. La sua coscenza, comparsa tutto ad un tratto, non sapeva a chi credere. E in ogni caso Frank non voleva le scuse di nessuno, non le avrebbe accettate.
- Invece sì, ho tantissime cose per cui devo chiederti perdono, se voglio tornare a stare insieme a te.
Black-out. 
Niente coscenza, niente vocine, niente razionalità fuori luogo. 
Non sentì niente. Effettivamente, vide solo buio per un attimo prima di riaprire gli occhi. Ma quando li aveva chiusi?
Si ritrovò disteso su suo divano, la luce esterna che chissà da quanto tempo non entrava in quella stanza dannata, gli illuminava il volto.
- Che...?
- Sei svenuto, nulla di grave. Adesso ti faccio questo effetto? 
Oh, Frank non credeva affatto che fosse colpa di Gee, ma delle cose in generale. Era colpa dello stress, il suo cervello aveva staccato per quello.
- Per quanto...
- Sei svenuto? No, non preoccuparti, solo per pochi minuti. 
La vocina era tornata all'attacco e gli diceva di buttarlo fuori dalla porta con un calcio e lasciare che si inculasse.
Fanculo la vocina, Gerard era lì e gli diceva che voleva tornare con lui! Era meraviglioso, incredibile e...
Incredibile.
Non poteva crederci. Perché semplicemente non poteva essere vero. L'istinto di sopravvivenza gli impediva di fare una cazzata come tornare con lui. E Frank iniziava a prendere in considerazione le idee della vocina. La vocina che gli diceva urlargli di andarsene, di non farsi vedere più in giro, che di diceva di sbatterlo fuori di casa per fargli capire cosa cazzo significa un rifiuto.
E davvero, stava per farlo, quando la vocina scomparve di nuovo. Scomparve tutto il mondo, tutto ciò che non riguardasse Frank e le labbra di Gerard premute contro le sue. Scomparve tutto tranne quel sapore dolce che gli era tanto mancato in quei mesi e... e quelle labbra tenere che avevano cominciato a muoversi, piano. E poi... poi c'era qualcosa che non quadrava.
Mmh, nessuna traccia della vocina, nemmeno quando si staccarono. Frank sorrise, felice di quella liberazione. Non credeva di aver sconfitto per sempre la voce, ma per il momento non stava rompendo i coglioni, quindi andava bene. 
Una fitta alla tempia. Ma cosa...?
Di nuovo la voce, merda. Ecco cosa succedeva a permettersi di essere felice per un secondo. Fanculo. 
Ma sembrava che la voce adesso avesse cambiato idea. Gli... gli stava d-dicendo di mettersi di nuovo con Gerard. Ma... ma a Frank non piaceva come lo aveva detto, con malignità, come se fosse una cosa malvagia e... e in un secondo vide davanti ai suoi occhi, chiaro come le immagini di un proiettore su un muro bianco, tutto quello che la vocina voleva fargli fare.
No! No, non poteva! Lui... non era questo e... per poco non svenne di nuovo. 
- Frankie, amore, che ti prende?
- Io... Nulla, s-solo un po' di mal di testa, credo per colpa dello svenimento! - disse con un sorriso. Da dove era partito l'ordine di dire quella frase? Quale subdola parte di lui lo aveva costretto a sorridere?!
- Vuoi un'aspirina?
- No, non serve.
- Tornando a noi... Se passo tutta la notte a chiederti scusa, potrò stare con te anche la notte dopo? 
Frank voleva dirgli che non poteva fidarsi di nuovo di lui, che lo amava ancora, ma che gli aveva fatto troppo male per... per perdonarlo così su due piedi. Lo stava per fare, gli mancava tanto così, ma poi ebbe un crollo. Non riusciva ad aprire le labbra per parlare, totalmente bloccato, come se gli stessero tappando la bocca con una mano. 
Non controllava più il suo corpo.
Quel corpo non era più suo. 
E adesso gli faceva male dovunque. Non era un male reale, ma era atroce comunque. E la voce gli diceva che avrebbe dovuto pronunciare solo quello che gli aveva ordinato di dire oppure avrebbe continuato a torturarlo all'infinito. Non poteva andare avanti ancora o sarebbe crollato per colpa del dolore.
La voce gli impose di sembrare naturale, un po' malizioso e dovette dire: - Non avrai mica intenzione di parlare e basta per tutta la notte?
Gerard scoppiò a ridere, sinceramente sorpreso dalla reazione di Frank. Probabilmente credeva che lo avrebbe mandato a cagare. E aveva ragione.
- Davvero? Lo hai chiesto sul serio? - volle la conferma. 
- Beh? E' una domanda come un'altra... 
- Okay... quindi mi perdoni?
- Non ti sei nemmeno scusato! 
- Oh, allora... Frankie. - disse circondandogli il viso con le mani - Tu... Non hai idea di come mi dispiaccia averti lasciato. Immagino quello che hai dovuto passare e le mie scuse non saranno mai abbastanza per quello che ti ho fatto. Non lo so perché, ma è successo e... Frank? - Frank aveva cominciato a piangere lacrime silenziose, senza singhiozzi, lacrime di felicità. Era il vero Frank che piangeva, quello che non veniva controllato da una presenza nella sua testa, quello che amava Gee sopra ogni cosa e che voleva fidarsi di lui, ma non ci riusciva. Gerard provvide ad asciugare quei rivoli umidi con i pollici - Amore, sei disposto a ricominciare daccapo?
Era la seconda volta che Frank cercava di ricominciare dall'inizio e a quanto aveva visto , la prima volta non era andata per il meglio. Non avrebbe perso nulla a ritentare. Con Gerard.
- S-sì! - disse continuando a piangere. La voce questa volta non si era intromessa, stava facendo tutto lui. Lo stava facendo perché era l'unica cosa che voleva davvero.
- Sul serio?
- La smetti di parlare? - e lo baciò di nuovo. Fece scorrere le mani sui fianchi di Gee e lo attirò a sé per poter avere un contatto più profondo. 
Le loro lingue si intrecciarono, si accarezzarono per la prima volta dopo mesi e Frank non poteva essere più sé stesso di così. Niente condizionamenti esterni. 
- Gee...
- Oh, Frankie... c-come mi sei mancato. - e lo spinse sotto di lui, sul tappeto soffice e peloso. E lì tutto iniziò a essere strano. 
Sentiva Gerard, il peso del suo corpo sul suo, le sue  labbra lungo il collo, le sue dita sui fianchi, sotto la maglietta... le sentiva, ma erano distanti, lontane. Come in un universo parallelo. La sua mente non era lì, a godere di quel piacere che gli era stato negato per mesi, a crogiolarsi nelle coccole che Gerard stava riservando solo a lui. No, era da tutt'altra parte.
Era costretta ad ascoltare. 
Non poteva non ascoltare le parole insistenti di quella voce, quelle parole dette con carisma che ti portavano a credere sempre di più a ciò che ti vogliono comunicare. 
E se il corpo di Frank si stava del tutto abbandonando a Gee, la sua mente era divisa in due fra il voler a tutti i costi seguire il corpo e lasciarsi andare per un momento assieme al suo amore e il fastidioso obbligo di dover lasciare quello spazio nei suoi pensieri tutto dedicato all'ascoltare quel monologo. 
Percepì quello che stava succedendo solo a spezzoni. 
Ad un certo punto si ritrovò senza maglia senza sapere come fosse successo. La stessa cosa per i jeans. Non ci capiva più nulla. Tutta colpa della voce, che lo distraeva.
Era una voce seccata, forse un po' stizzita, sorpresa di dovergli ricordare cosa gli avesse fatto il ragazzo che adesso era sopra di lui. Di dovergli riportare alla mente le settimane passate prima fra le lacrime, poi nella frustrazione del sapere di essere stato il solo a soffrire e alla fine nel bisogno di vendicarsi. E quella voce si stava innervosendo parecchio perché Frank non la ascoltava.
Adesso gridava nella mente di Frank e per lui era impossibile anche solo fare finta di non sentirla. Quella voce gli ricordava - lo costringeva a ricordare - tutto quello che aveva passato, lo obbligava a rivivere le stesse emozioni e a riprovarle una per una. 
Non voleva ripensare a quelle cose orribili, ma era costretto. Per la vita.
Erano nudi, stretti uno all'altro e Frank non ricordava quello che c'era stato in mezzo. Era frustrante. 
Allora rinunciò, rinunciò a combattere e ascoltò con tutto se stesso, sperando che finisse presto di parlare e che lui potesse godersi un po' Gerard. 
Rivisse il momento in cui lo aveva lasciato, quello in cui lui non riusciva a fermare le lacrime, quello in cui si era ripreso ma si sentiva calpestato. Come sotto un rullo compressore. Era ingiusto. Ingiusto che Gerard non soffrisse per quello che gli aveva fatto. Ingiusto che lui dovesse tacere e perdonare. Voleva la sua rivincita. Voleva che Gee capisse. Lo voleva perché Frank amava Gerard, lo amava così tanto che trovava ingiusto anche che lui restasse all'oscuro di una parte della sua vita. Voleva che sapesse perché non voleva nascondergli nulla, non voleva segreti.
Ecco, stava tornando a pensare nello stesso modo in cui pensava poco prima che arrivasse Gee. Voleva che continuasse così? Aveva capito che non era più una sua scelta, il suo libero arbitrio era andato a farsi friggere da un po'. Quindi si lasciò guidare dalla voce, che subito gli rimise davanti agli occhi quelli che aveva in mente di fare. 
Stava piangendo dentro per quello che doveva fare. Perché doveva, perché lo avrebbe costretto in un modo o nell'altro. 
Un dolore forte, acuto, bruciante, lo distrasse dai suoi pensieri e dalla voce. 
Mise a fuoco quello che aveva di fronte. Dal viso accaldato e arrossato di Gerard e dal punto in cui proveniva il dolore capì che lo aveva penetrato. 
La voce lo lasciò in pace, forse perché si era arreso. Non lo aveva accettato ma non aveva tentato di impedirglielo. Adesso bastava che Frank facesse quello che gli veniva detto.
Gerard venne con un gemito dentro Frank e lui lo seguì ad una manciata di secondi di distanza. 
Per ora tutto quello che doveva fare era essere il ragazzo di Gee, essere il più normale possibile. Anche se aveva fretta di fargliela pagare, perché era così. Quello che la voce aveva in mente era a dir poco eccessivo, ma non bisogna escludere il fatto che Frank avesse comunque voglia che lui capisse tutto. 
I giorni si susseguivano, fra baci, carezze e risate. Volavano. Per entrambi. 
31 ottobre. Halloween. Compleanno di Frank Iero. Giorno fatidico. Il giorno in cui la vendetta si sarebbe compiuta. Ma... ma quella non era una vendetta. Né tantomeno un regolamento di conti. Era solo una lezione di vita.
Durante quei giorni fra l'arrivo di Gee ed Halloween la presenza estranea nella mente di Frank non era certo andata in vacanza. Aveva lavorato su di lui, lo aveva convinto sempre di più, lo aveva portato al limite della pazzia, lo aveva ridotto ad un sottomesso che credeva di volere quello che il suo padrone - la voce - voleva. 
Quindi credeva di voler fare a Gerard tutto quello che la voce gli imponeva. 
Era la sera di Halloween, Frank e Gerard festeggiavano il compleanno del primo. Erano seduti sul divano, Gee disteso, con il capo in grembo a Frank, che gli accarezzava talvolta i capelli, talvolta le labbra. 
Gerard aveva notato qualcosa di diverso in Frank, ma non ci faceva troppo caso, era troppo preso dalla situazione.
Gee chiuse gli occhi, abbandonandosi al tocco del piccolo. 
Frank frugò fra i cuscini, fino a trovare quello che cercava. 
- Gee, dovremmo parlare di una cosa.
- Di cosa? - chiese l'altro senza aprire gli occhi.
Frank nascose l'oggetto che aveva in mano dietro la schiena e lo abbandonò lì per un po'.
- Di... beh, del perché sei tornato da me. Non né abbiamo mai parlato.
- E dobbiamo, vero? Okay... - Gee spalancò le palpebre, mettendo in mostra i suoi bellissimi occhi del colore degli smeraldi. - Senti, con la ragazza non ha funzionato, non mi piaceva, non sono fatto per avere una ragazza. 
- Oh... Va bene ma...
- Ma?
- Ma non so se tu hai la minima idea di quello che mi hai fatto passare. Di come sono stato quei mesi, di tutte le cose che mi sono passate per la testa. Ho avuto paura di impazzire - disse come se non fosse successo.
- Tu sei troppo controllato per poter impazzire, è più facile che succeda a me, no?
- No.
- Eh?
- No.
- Cosa "no"?
- Non sono troppo controllato per non poter impazzire perché sai... credo che mi sia successo, ecco.
- No, Frankie, stai benissimo. 
- Gerard tu non capisci... 
Gee sobbalzò quando qualcosa di freddo e metallico venne a contato con la pelle sopra il suo stomaco. Gliela accarezzava, facendo su e giù sul suo ventre.
Abbassò lo sguardo, incuriosito, ma se ne pentì subito. 
- F-Frank? C-cosa stai f-facendo?
- Pensavo... pensavo che non è giusto che debba stare male solo e sempre io, no? Ho ragione? Che dopo quello che hai fatto, dovresti pagare un piccolo... pegno, chiamiamolo così. 
- T-ti prego... N-non farlo. F-farò tutto quello c-che vuoi, m-ma tu non s-sparare, okay?
- Perché no? - parlava come un bambino che non capisce un discorso da grandi - Non vuoi dimostrarmi che mi ami?
- Sì... sì, ma ci sono migliaia di altri modi per farlo!
- Ma io voglio questo! - se avesse iniziato a battere i piedi sul pavimento sarebbe potuto sembrare un dolce bambino che fa i capricci. Un dolce bambino con in mano una Magnum carica e con il dito sul grilletto.
- Frankie, sii ragionevole...
Un colpo. Secco. Potente. E poi tutto si tinse di rosso. 
Gerard non aveva la forza di gridare, il proiettile gli aveva perforato lo stomaco. 
- Guardami. - disse Frank, prendendogli in viso fra le mani, con ancora la Magnum tra le dita - Fa male vero? Oh, lo so, credimi. Ma adesso ascoltami, questo non è niente, NIENTE in confronto a quello che mi hai fatto passare tu!  Vorrei che... che tu ti rendessi conto che il tuo menefreghismo nei confronti di tutti non ti porterà da nessuna parte. 
I minuti passavano, le lancette immaginarie di Frank ticchettavano e Gerard si contorceva dal dolore ansimando. 
Frank gli lasciò un bacio leggero sulla fronte, dove poi posò la pistola. Diede un ultimo, caldo bacio a Gerard e con un tuono il proiettile partì mentre Frank guardava la sua vittima negli occhi, occhi pieni di lacrime, di tristezza, di dolore, di rassegnazione, di amore. Occhi da cui la vita stava fuggendo.
Frank si alzò lasciando il cadavere di Gerard disteso sul divano, rosso del suo sangue. 
E adesso? Adesso si sentiva molto più leggero, senza più l'oppressione del rullo compressore addosso. Ed era bellissimo. Fottutamente meraviglioso. Decise che da quel momento in poi avrebbe ascoltato più spesso la vocina.
Si sarebbe pentito di aver ucciso il suo amore? Sicuramente. E poi cosa avrebbe fatto? Probabilmente sarebbe salito sul palazzo più alto nelle vicinanze e si sarebbe buttato di sotto. Importavano in quel momento tutti quei ragionamenti sul futuro? No. Perché? Perché in quel fottuto, tragico, orribile momento Frank era felice. E la felicità era un ottimo regalo di compleanno da parte del suo ragazzo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
Oddio, davvero qualcuno è arrivato quì?!?!?! *Fa una standing-ovation per chi ci è riuscito*
La storiella si è dilungata più - molto più - del previsto, ops! 
I nostri due eroi... ehm... Sì, LO SO E CHIEDO PERDONO!!!!!!! Sono una carogna, Gee mi odierà a vita insieme a tutti voi!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ma io ho le mie idee, i miei momenti e adesso voi mi tirerete addosso ogni genere di oggetto che possa ferire e sapete che vi dico? CHE AVETE UNA RAGIONE FOTTUTA! 
No, sul serio, mi faccio schifo sia per quello che ho scritto che per come lo ho scritto, ma vabbé...SORRYSORRYSORRY!!!!!!!!!!! 
E' che scrivendo mi sfogo e beh, credo si veda... 
Soprattutto visti gli ultimi avvenimenti quali 1) La morte della mia dolcissima cagnolina per colpa di una malattia - povera Lilly!!!!! çwç - 2)Sto parlando con un tizio che dice di essere... okay, non sono autorizzata - credo (?) boh, magari potrei anche dirlo ma poi se lo scopre, chessò... mi fido? Mah, non vorrei finire nei casini se qualcuno poi... boh!!!!!!!!!!!- a parlare di questo, ma sappiate che è solo un'aggiunta ai miei tormenti. 3) La mia chiavetta del cazzo si è coalizzata con la sfiga, l'universo e il karma per farmi succedere di tutto 4) Non ho nemmeno iniziato i compiti per le vacanze - ci penso e mi viene il mal di mare!
Okay, ciaoooooo a tutte e se avete letto questa OS e non vi è venuto mal di testa/tentazione di farmi fare la fine di Gee, complimenti!
Recensite anche per insultarmi, è okay! Ciauuuuuu! xoxo
 
Jas
   
 
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