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Autore: BecauseOfMusic_    05/07/2013    2 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco qua il sesto capitolo, finalmente!
sono riuscita a finirlo in un tempo minore rispetto al precedente per fortuna!
Chiedo venia in anticipo per il finale, ma voglio tenervi con il fiato sospeso, quindi vi prego non abbiatela a male. ;)
Ringrazio tutti quelli che leggono e seguono la storia, ma il mio grazie più grande va a coloro che la recensiscono, e mi permettono di capire se la storia piace, dove può essere sistemata e tutti i vari errori che può commettere chi scrive; quindi invito anche chi non ha mai recensito a dirmi cosa ne pensa della mia fanfiction, a me fa sempre piacere ricevere consigli ed eventualmente critiche (costruttive).
Vi saluto e vi auguro anche buone vacanze, anche se oramai il primo mese è già passato.
Tornerò presto, promesso.
con affetto

BecauseOfMusic_





Lilyth spronò il suo cavallo ad andare ancora più veloce, nel tentativo di seminare i quattro soldati che li inseguivano; non erano molti in realtà, ma loro avevano un ferito a carico, e fermarsi a combatterli avrebbe solo fatto sprecare tempo prezioso.
< un gran bel disastro > pensò  < ora come facciamo a fuggire? >
Martewall era rimasto più indietro di qualche passo, perché pensava che se li avessero raggiunti avrebbe potuto comunque permettere alla ragazza di salvarsi: lui se la sarebbe cavata in qualche modo, come al solito.
“Si avvicinano!” le urlò, sguainando la spada.
Lei si voltò appena “A chi appartengono i territori oltre il fiume?”
“Appartengono ai Flewing.”
“Li conoscete?”
“Si, sono imparentati con sir Kerwik, un mio cavaliere. Perché me lo chiedete?” rispose lui.
Lilyth  piegò la bocca in un sorriso enigmatico, poi diede un colpo di speroni deciso, per spingere la bestia oramai schiumante all’ultimo sforzo; giunsero alle porte della città mentre venivano aperte: i soldati alle loro spalle cercano di avvisare le sentinelle con degli squilli di tromba, perché richiudessero, ma invano.
I due fuggitivi travolsero il banco per la registrazione all’ingresso del borgo, circondati dal sibilare delle frecce degli arcieri sulle mura; fuori del borgo la fanciulla diede un brusco strattone alle redini e si diresse verso un macchione lontano dal bordo della strada sterrata.
Appena furono nascosti dalle fronde degli alberi rallentò l’andatura e si fermò in un piccolo spiazzo dove ad un albero era legata una mula.
Scese da cavallo, imitata dal barone inglese:
“Quanti minuti abbiamo prima che riescano ad uscire dal borgo?” chiese mentre si avvicinava all’animale e svuotava le sacche che aveva appese alla sella.
“Due, se siamo fortunati tre. Si può sapere cosa state facendo?”
“Li confondo, ecco che faccio. Slegatela, portatela lungo la strada, datele un colpo forte sul fianco per farla correre, poi tornate qui e cancellate le tracce che mostrano da dove siete realmente arrivati. Fate presto!”
“Ma noi non possiamo, questo animale appartiene a qualcuno!” cercò di obbiettare Martewall.
“Certo che appartiene a qualcuno, è mia! E ora sbrigatevi, altrimenti ci troveranno!”
Il barone fece come aveva detto Lilyth: diede un colpo sul fianco della mula per farla partire, attese che si allontanasse quanto bastava per confonderla con un cavallo, e poi tornò verso il macchione, cancellando le impronte.
“E ora?” chiese una volta tornato tra gli alberi.
“Ora nascondiamo i cavalli meglio e aspettiamo che i soldati passino, poi lasceremo che le bestie si abbeverino al fiume, lo guaderemo e raggiungeremo un borgo sulla costa, così potrete imbarcarvi e tornare in Francia.”
“Potremo imbarcarci” la corresse.
“Io non ho mai detto che sarei venuta con voi!” esplose lei “non mi interessa la protezione di Filippo Augusto, so..” Il suo discorso infervorato fu interrotto da un gemito di Ian, ancora incosciente.
“Sta perdendo davvero troppo sangue”constatò Martewall “sarà meglio fasciargli la spalla”
“Non possiamo fermarci a medicarlo adesso, dobbiamo raggiungere un villaggio prima che il sole sia alto nel cielo, e fasciare ora la spalla richiederebbe troppo tempo” disse lei osservando l’uomo a terra.
“Non ho intenzione di farlo morire dissanguato!” replicò il barone.
In quegli istanti il rumore del galoppo dei loro inseguitori si fece più vicino e li superò.
Lilyth frugò tra le cose che aveva estratto dalle sacche sulla mula, prendendo un piccolo fascio di bende
“Me lo sono procurato per le emergenze” rispose allo sguardo interrogativo dell’altro.
Poi si chinò su Ian cominciando a fasciargli strettamente alcune bende sopra la ferita, per bloccare la fuoriuscita di sangue.
Martewall non poté fare a meno di pensare che con gli occhi lucidi, le guance arrossate per la corsa e la cascata di capelli castani ad incorniciare il viso la fanciulla era molto bella; < ma cosa vado a pensare! > si riproverò subito dopo < non è proprio il momento! >
 
Ad Auxi-le-chat Filippo Augusto si era nuovamente rinchiuso nel salone dei ricevimenti assieme al conte di Ponthieu, suo fido consigliere, per discutere nuovamente cosa fare all’arrivo della fanciulla.
“Offritele la vostra protezione, sire, ma lasciatele la libertà di scegliere; a che scopo costringerla ad accettare se poi tenterà di fuggire di continuo?”
“Io non posso permettermi di darle la libertà di decidere Ponthieu! Sappiamo entrambi di quale portata è per il Senzaterra il peso politico della ragazza, non deve cadere nelle sue mani!”
“Ma ragionate, mio signore, vi supplico, come pensate che lei possa accettare di restare a vivere in Francia dopo tutto quello che ha passato? Sono anni che vive in Inghilterra, probabilmente sente di appartenere a quella terra, e vorrà lottare per disfarsi del tiranno che la governa!”
“Lo so, lo so!” urlò il sovrano per poi abbandonarsi con un sospiro esasperato contro lo schienale dello scranno su cui era seduto.
“Ma è fondamentale che rimanga entro i confini della Francia, Ponthieu, mi capite? Qui posso proteggerla, oltremanica no!” detto questo si chiuse per qualche istante in un pensieroso silenzio “Voi credete che la ragazza ricordi…?”
“Suppongo di si, aveva circa quattro anni quando mandaste lei e monsieur De La Crois in Inghilterra. Non potrebbe non ricordare l’imbarco.” Sussurrò il conte.
La schiena di Filippo Augusto fu percorsa da un brivido “Credetemi, lo ricordo molto bene anche io. La madre era distrutta e il conte mi pregò di tenere la bambina qui, ma non potevo…”
Entrambi rivissero in silenzio quei terribili istanti.
“E’ ora di andare a caccia, Ponthieu, ho saputo che nelle vostre terre c’è ottima selvaggina”
 
“Allora” esclamò Lilyth “secondo voi quanto manca al primo borgo?”
Avevano guadato il fiume alcune ore prima e ora lei seguiva le indicazioni del cavaliere per arrivare al villaggio più vicino; avevano deciso che si sarebbero fermati solo il tempo necessario a far riposare i cavalli, poi sarebbero ripartiti verso la costa, nella speranza di trovare un mercantile in partenza verso il continente.
Martewall seguiva la fanciulla di pochi passi, con la mano sull’elsa della spada. Lilyth poteva notare le occhiate tese che l’inglese rivolgeva al compagno esanime, che lei portava il più gentilmente possibile sull’incollatura del cavallo.
“Dista almeno altre otto ore di cammino”
“Al galoppo sarebbero cinque” osservò lei.
“Non possiamo andare al galoppo, faremmo molto più rumore e non è salutare per monsieur De Ponthieu.” Rispose il barone secco.
“Siete davvero un amico sincero se vi preoccupate più della sua salute che della vostra vita.” Osservò la ragazza.
“Oh no, vi sbagliate milady, non siamo amici, affatto. Non sono in una bella posizione davanti alla corte francese: sono un inglese, ero amico di Jerome Derangle, e poco tempo fa ho fatto prigioniero l’uomo a cavallo con voi per ucciderlo. Se muore mentre è in missione con me a chi credete che daranno la colpa?”
Lei lo guardò: “Non siete bravo a raccontare le bugie, milord, ma se preferite evitare l’argomento fingerò di credere alla vostra versione.”
“Ma no… io non… è davvero…” all’evidente sguardo divertito della ragazza, Martewall si arrese con un sospiro offeso “il diplomatico è lui qui” grugnì poi.
Dopo alcuni minuti di silenzio il barone inglese riprese la parola:
“In caso di attacco, sareste in grado di difendervi per alcuni minuti da sola?”
“Suppongo di si. Perché mai questa domanda? Vi sentite male?” rispose lei.
“Solo perché fino a che non avremo medicato monsieur De Ponthieu, io sono l’unico in grado di maneggiare un arma, e se dovessero attaccarci…”
Lei si limitò a sorridere educatamente “Come credete”
Percorsero ancora qualche kilometro, poi Lilyth tirò le redini del cavallo, arrestandolo
“Vi prego, prendete con voi quest’uomo, ho bisogno di far correre il cavallo per qualche metro”
“Non abbiamo tempo per fare quello che vogliamo milady, potrebbero scoprire il nostro tranello, e venirci a cercare oltre il fiume” la rimproverò lui.
“Vi prego solo pochi minuti, poi riprenderemo la marcia.” Supplicò la ragazza.
Martewall non riuscì a dirle di no, e sorrise tra sé e sé per la reazione di felicità dimostrata dalla sua compagna di viaggio: sembrava un bambina alla quale avessero appena regalato un giocattolo nuovo.
Lilyth depose dolcemente a terra il corpo di Ian, ancora esanime, rimontò in sella e spronò il cavallo al galoppo, sparendo dalla vista oltre i cespugli. Dopo pochi minuti tornò indietro, come promesso, e vide che il barone inglese aveva medicato e fasciato la spalla dell’altro cavaliere:
“Avete corso abbastanza? Siete soddisfatta?” le chiese.
“Oh si” rispose lei cercando di contenere il fiatone “e non ricordo l’ultima volta che mi sono sentita così libera”
“Cosa intendete? Non siete forse libera di andare dove volete e fare ciò che desiderate?”
“Decisamente no, milord, ma non credo siano cose che potete comprendere” disse lei sulla difensiva, mentre risistemava Ian sul cavallo.
La luce era lentamente diminuita, la temperatura si era abbassata ma entrambi preferirono proseguire senza fermarsi a dormire, non avevano  il tempo necessario; con il passare delle ore però il buio si faceva sempre più fitto, e le difficoltà nel proseguire aumentarono.
“Dal modo in cui gli alberi si diradano direi che ci stiamo avvicinando ad una radura, forse a qualche campo coltivato.” Rifletté Martewall ad un tratto.
“Si, avete ragione. Beh è un buon segno in ogni caso: se c’è una radura potremo fermarci, se è un campo significa che il borgo non è molto lontano.” Concordò la fanciulla.
Entrambi speravano in un campo coltivato, ma con un po’ di rammarico videro che la strada sboccava in una radura piuttosto ampia e riparata. Lilyth aveva uno strano presentimento, si sentiva come se qualcuno la stesse osservando; la cosa migliore da fare sarebbe stata informare il barone e cambiare strada per depistare eventuali inseguitori, ma la stanchezza ebbe la meglio sull’istinto.
Non appena misero piede a terra una freccia sibilò nell’aria, andando a conficcarsi nel tronco di un albero non lontano da dove si trovava Martewall.
“Giù!” le urlò lui,  correndole incontro per proteggerla.
Ma mentre cercava di coprire quella distanza una seconda freccia scagliata tra gli alberi lo colpì al braccio destro.
Il barone inglese si lasciò sfuggire un grido di sorpresa, mentre rimaneva fermo a terra, sperando che l’arciere non lo vedesse; contemporaneamente dal folto delle piante uscirono cinque uomini armati, che avevano il volto coperto da fazzoletti di stoffa.
Tre assalirono la ragazza, gli altri due si gettarono su di lui.
Martewall sentì Lilyth gridare nella confusione che seguì all’attacco, e pregò che non le succedesse nulla; usando la mano sinistra raggiunse l’elsa della spada, la estrasse e riuscì a risollevarsi, cominciando a lottare con gli assalitori. I due però non si arrischiavano ad avanzare, aspettando che la ferita al braccio lo indebolisse, così l’inglese fece finta di piegarsi in ginocchio per via del dolore, e non appena uno degli avversari gli fu abbastanza vicino lo sventrò con una mossa repentina.
L’altro si precipitò a soccorrerlo, abbassando stupidamente la guardia, e il cavaliere lo colpì con il piatto della lama, facendogli perdere i sensi.
Un altro urlo della fanciulla lo fece voltare, e vide che uno dei tre uomini che la circondavano le aveva puntato la spada alla gola, così tentò di assalirlo alle spalle, ma i due restanti componenti della banda lo tennero impegnato, impedendogli di avvicinarsi.
Lilyth allargò le braccia in un gesto di stizza: si era difesa bene con il pugnale per qualche minuto, ma poi quello più alto e abile tra tutti era riuscito a sorprenderla, e ora non poteva fare altro che tenere le mani bene in vista, altrimenti rischiava di perdere la testa e addio vendetta per la morte di suo padre.
D’un tratto le venne in mente che agganciata alla sella del suo cavallo, pochi metri alle sue spalle, c’era la spada di Ian; così cominciò a retrocedere impercettibilmente, facendosi seguire.
Mentre camminavano si accorse che l’uomo zoppicava vistosamente, cercando di non appoggiare la gamba sinistra; un lampo le attraversò gli occhi < Wenning, maledetto! > pensò < crede di ammazzarci facendolo passare per un assalto di briganti! >
“Milady, attenzione!” le gridò Martewall “Così andate a sbattere contro i cavalli, non avrete modo di fuggire!”
< accidenti! > imprecò lei < così ora Wenning si accorgerà della spada! > L’uomo infatti notando il bagliore metallico emanato dall’arma attaccata alla sella cercava di incalzarla, sperando di costringerla a spostarsi verso il centro della radura, impedendole di avvicinarsi ulteriormente.
Lilyth però non era ferita alle gambe, così tentò il tutto per tutto: volse le spalle all’avversario e corse a perdifiato verso gli animali; fece appena in tempo ad estrarre la spada per difendersi dall’assalto di Wenning, che l’aveva raggiunta.
Incrociò le lame con il capo dei mercenari diverse volte, e non faceva alcuna fatica a tenergli testa, lasciando a bocca aperta il barone inglese, che intanto si era disfatto di uno dei due uomini che lo impegnavano; Lilyth provò ad affondare diverse volte, andando però a vuoto, e parando a stento le risposte dell’avversario.
Il soldato rimasto in piedi corse a dare manforte al capo, mentre quello che Martewall aveva colpito alla testa rinvenne e, seppur con difficoltà, ricominciò ad incalzare il cavaliere.
Entrambi erano stanchi, ma la ferita aveva debilitato molto l’inglese, che si ritrovò disarmato e sovrastato dall’avversario.
Sperò che la ragazza ed il Falco si salvassero, e che sua sorella non soffrisse troppo per la sua scomparsa, e poi comprese che lui, invece, ne avrebbe sentito la mancanza.
Alla fine tutto diventò buio e silenzio.
 



  
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