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Autore: pegicorn    05/07/2013    1 recensioni
“ Io credo che ogni persona arrivi ad un punto della sua vita in cui affronta una lunga serie di brutte giornate. Puoi scegliere di lasciarti trascinare in basso da tutto questo, oppure puoi trovare delle vie per superarlo. Io sono arrivata alla conclusione che le persone non sempre sono state lì per me, ma la musica c’è sempre stata. ” (Taylor Swift)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho preso di nuovo l’Ipod, la playlist 3 è ancora lì, al suo buon vecchio posto … volevo eliminarla qualche giorno fa, ma non ce l’ho fatta. Che cosa assurda. Ho ancora bisogno di lei. Mi ritrovo un'altra volta seduta su questo letto con la testa tra le mani a pensare perché mi fai così male … eppure … eppure non dovrebbe essere così. Cosa ci fai qui? Vattene! Non ti voglio intorno, lo capisci? E invece no. Non te ne vuoi andare. E allora io devo difendermi. La faccio partire senza neanche guardare cosa seleziono, ma ben presto riconosco la chitarra acustica e il ritmo ben cadenzato. Ma certo, avrei dovuto aspettarmelo. È “Untouchable”. Intoccabile. “Intoccabile come un distante cielo di diamante”… come te a inizio Luglio … e io adesso non ho proprio la forza di lasciarti fuori, quindi avanti, continua pure a passarmi davanti come un vecchio film in bianco e nero … ti lascio tutto lo spazio che vuoi. Un tremolio, forse sono lacrime che scendono, non lo so, e poi il filmino comincia.

Intoccabile come te che non ti degni nemmeno di capire che esisto. Ti prego non farmi questo, non di nuovo. Non potrei sopportarlo. Non farmi così male ti scongiuro. Ma non capisci che ti sta ingannando? Per lei, la mia migliore amica, è tutto un gioco. Uno stupido, insulso gioco. Perché … perché non mi vedi? “Tu guardi solamente oltre me, ma se solo mi conoscessi potremmo essere un bellissimo miracolo, increbile, al posto di questo essere invisibile” … esattamente come stasera. Io ero seduta accanto a te, su quelle stupide scalette … chissà se hai capito quanto male mi stavi facendo … no, sicuramente no, eri troppo impegnato a farlo a te stesso per accorgerti che lo stavi buttando involontariamente addosso a me. Mio Dio … non avrei mai pensato di provare una cosa del genere. Ma che cosa hai fatto alla mia testa? Ti ho guardato mentre giocavi convulsamente con la cover del tuo Samsung Galaxy SII, perfino quella cosa era più interessante di me. Poi ho rivolto lo sguardo al mio braccio destro, sì esatto, quello col braccialetto.  Dice “Speak Now”, parlare ora … come l’ultimo album di Taylor … quanto bisogno avevo di Lei in quel momento! Ma non avrei potuto fare niente finché fossi stata circondata da persone … così ho atteso pazientemente che “la luce dei tuoi occhi” avesse fatto il suo comodo e che arrivasse l’ora di ritornare a casa. Poi tutto mi ha sommerso di colpo. Dannato vuoto allo stomaco! Cosa ci fai lì? Vattene! No! No! Non piangere! Non farlo! Troppo tardi … ero già scoppiata. Dio che male. Ipod. Mi serviva l’Ipod. Lo tirai fuori dalla tasca e andai sulla playlist 3. Mi inondò una valanga di Taylor Swift. Tra essere investita dalle Sue parole e capirne il senso fu un tutt’uno: Drew guarda verso di me, io fingo un sorriso così lui non vedrà che voglio, che ho bisogno, di tutto quello che dovremmo essere io e lui. Ed ecco un altro pratico esempio della Sua puntualità … com’era vero! Quanto cavolo era vero! Tutto … tutto è partito così. Una sera di Aprile mi sono ritrovata a fare un finto sorriso e quando sono tornata a casa mi è scoppiata in faccia la consapevolezza di aver messo in moto qualcosa che non conoscevo affatto. E poi ho cominciato ad aver bisogno di te. Sempre. La paura … non dimenticherò mai la paura così viva di poter perdere tutto … tu eri innamorato di lei … la mia migliore amica. E come avrei potuto, io, mettermi in mezzo? Non potevo! Non avrei mai potuto!  Ma lei ti usa … perché non lo capisci? Io sono qui. Aspetto solo che tu mi veda. “È lui la ragione delle mie lacrime sulla chitarra, l'unico che abbia avuto abbastanza per me da spezzarmi il cuore. Lui è la canzone che continuo a cantare in macchina, e non so perché. Lui è il tempo impiegato, ma non ce n'è mai abbastanza, e lui è tutto quello in cui ho bisogno di sprofondare …” Non voglio più sentire quel dolore … mi … mi distrugge ogni volta … se solo tu lo sapessi … ma ora basta. Non voglio più fare parte di questo triangolo stupido. Mi stacco. Giuro che mi stacco.

E poi, Lunedì piscina. Ci sei anche tu, mi sono offerta di portarti. E c’è anche lei insieme a tutte le atre. “Bene ragazza, adesso devi metterti alla prova” mi sono detta. Ti sei voltato e mi hai sorriso. E tutta la mia convinzione è sparita chissà dove … mi si sono allargate le labbra automaticamente. “Ciao” ti ho detto, e ti ho fatto montare in macchina. E tu ti sei messo accanto a lei. “Tutto normale, stai tranquilla … tutto normale” continuavo a ripetermi … e rimase normale per un po’. 

E poi, dentro l’acqua. Era gelata cavolo! Ma tu non hai avuto pietà, ovviamente. Mi hai caricata di peso per farmi bagnare tutta, mentre io mi dimenavo. E ci riuscisti proprio bene devo ammettere. “Ti odio!” ti dissi ridendo … non avrei potuto sostenere niente di più falso. Tu allora hai fatto il finto offeso e mi hai risposto “Non è vero, lo sai benissimo che mi ami”. Le gambe hanno cominciato a cedere, ma fortunatamente ero in piscina. Ti ho confutato con uno scroscio d’acqua in piena faccia. E abbiamo iniziato a giocare. Inutile dire che hai preso il sopravvento in fretta … ma era tutto così bello  e magico … tutto è magico con te. E intanto Taylor canticchiava nella mia testa … “Perché non posso farci niente se assomigli a un angelo, non posso farci proprio niente se vorrei baciarti sotto la pioggia, allora vieni a sentire questa magia che io sto sentendo da quando ti ho incontrato, non posso farci niente se qui non c’è nessun altro … non posso fare a meno di essere me stessa. Stavo quasi per chiamarti Stephen, come il protagonista della canzone. Ecco … dovrebbe essere sempre così. Poi è arrivata lei e si è aggrappata alla tua schiena. E io sono tornata dagli altri che stavano a bordo piscina. Mi dissi di ignorarvi, e ci riuscii … per un po’. Poi siamo andati tutti ai lettini, e lei si è accovacciata su di te. Vi siete aggrovigliati come due perfetti sposini, incuranti del resto del mondo. Stavo per urlare, così presi l’Ipod e dissi “Io mi abbronzo! E sono in fase Swift, quindi nessuno mi disturbi”. Tutti ridacchiarono, e io mi misi con la schiena al sole. È così frustrante … non posso parlare. Non posso. Non posso! Tay … che devo fare? Misi la prima canzone della sua cartella. “Sembra che l’unica persona a non vedere la tua bellezza sia quella che nello specchio ti guarda di riflesso” … era “Tied together with a smile”, legata insieme con un sorriso.  Già … un sorriso. Ecco cosa ci voleva. Un semplice sorriso. Ma non il suo. Il mio. Allora ho cercato dentro di me la cosa più vicina alla felicità che potessi trovare … ma la mia vita, con te di mezzo, era diventata una cosa strana … tu non mi fai bene. Affatto bene. Dovevo andare più indietro. Trovare altro. Ma tu avevi monopolizzato tutto. Stavo per piangere, ancora. No! Non qui! Cavolo non qui! E poi ho sentito delle urla. Cosa diamine è? Ci misi un po’ a capire che era l’Ipod … “Io non credo che dovresti aspettare”, diceva Taylor,“credo che dovresti parlare ora”. Speak Now World Tour 2011, live a Milano. E io c’ero. Mio Dio, com’eri bella Tay … avrei tanto voluto abbracciarti. Ma non potevo perché ero troppo lontana, così mi sono riempita gli occhi e il cuore di te. Ho rubato avidamente ogni tua esibizione. Ogni tua parola in italiano. Ogni tuo cambio d’abito. E l’ho sigillato nella mia mente. Non potrei scordarmelo per nulla al mondo. È inziata “Sparks fly” e tu hai illuminato tutto il Mediolanum Forum. Avesti potuto fare l’intero il concerto a luci spente da quanto brillavi. Eri nel tuo vestitino dorato con le paillettes per la prima esibizione, e il rossetto rosso sulle labbra. Sei così gigantesca dal vivo. Fino a quel momento ti avevo sempre vista da un PC … ma niente, niente, potrà mai togliermi la gioia nel cuore che avevo quando ti ho visto in tutto il tuo metro e ottanta, statuaria e bellissima, sembrava quasi di vivere in un sogno. E niente potrà portarmelo via. Niente. Nemmeno lui. Sorrisi. Sorrisi davvero. Grazie a te Taylor. Ancora una volta.

E poi tutto traballa di nuovo e il flashback va vorticosamente più indietro. Giugno, tu sei in Francia. E io sono qui, con quello stupido telefono che continua a squillare. L’ho spento, mi faceva impazzire. Le vostre conversazioni vanno avanti a raffica in quel gruppo di whatsapp. Non ce la faccio più così … nessuno sa, nessuno si immagina quello che sta realmente accadendo. Solo io so, e questa cosa mi uccide. E tu nemmeno ti immagini quello che sto passando, quello che provo, quello che vorrei dirti, quello che vorrei che fossimo io e te … non ce la faccio più a vederti così. Guardami, guardami un po’. Che cosa vedi? Una ragazza, forse. Una ragazza amica di una ragazza che ti piace. Sempre ammesso che tu riesca a riconoscermi come “RAGAZZA”. E dimmi un po’, che cosa vedi quando guardi lei? Certo, che te lo chiedo a fare. Tu vedi una dea. Lei, il centro del tuo mondo. Ovvio. Tanto sono io a soffrirci di più … ma come è possibile che tu non lo capisca? È così … evidente. Cambia idea come e quando vuole. Prima è sì, poi dopo è no. Poi è di nuovo sì. E poi è di nuovo no. E tu, stupido, resti lì inerme ad aspettare il suo ennesimo cambiamento. E non ti accorgi di me. Invisibile. Esattamente come nella canzone di Taylor Swift. Come quella che metto ogni volta che piango per te per sentirmi capita in qualche modo da qualcuno. E tu … tu cosa?! Non riesco neanche a parlarti nella mia testa. Ma perché mi è presa così per te? Credevo … credevo di stare per uscirci … invece no. Mi sono trovata ancora più ingrovigliata in questa tortura assurda. Nemmeno non avessi saputo che sarebbe finita così … dovrei scriverci qualcosa. Ma dove sei adesso? Perché non sei qui? Quanto vorrei che fossi qui … mi farebbe stare meglio anche solo stare accanto a te e fingere di non provare nulla … almeno non dovrei sopportare la consapevolezza di aver perso la testa per te. Non volevo che andasse così … doveva essere semplicemente una cotta … una stupida banale cotta … non questo. Non doveva essere questo enorme casino.

E poi torna ad essere di nuovo Luglio. E ci sono io che piango … piango … e piango, con Taylor Swift alle orecchie e il telefono che trilla. Odio quello stupido programmino. E odio il modo in cui lei ti sta usando. Ma soprattutto odio il tuo ottuso non vedermi. Vorrei soltanto che tu fossi qui con me. Mi manchi. E mi sento una stupida perché io non sono questa! Non sono una cretina che piange per dei messaggi di whatsapp. Ma dove sono finita?

E ha cantato solo la prima strofa e il ritornello. “È solo una canzone ragazza, solo una canzone”, invece no, non è solo questo. È la mia vita. Siamo noi questa canzone. Un noi che non esiste. Un noi che non c’è. Un noi che non c’era e mai ci sarà. Eppure mi stai facendo male ancora. La tua stupida immaginetta continua a fluttuarmi nella testa mentre Lei canta.

“È metà luna piena e io non sarò qui ad aspettare tutto il giorno, so che stai dicendo che sarai qui in ogni caso” … e invece no, non ci sei stato … perché quando tutto ha cominciato a tremare ti sei dileguato. Ma tu sei intoccabile, bruci più lucente del sole, e ora che sei così vicino mi sento come se mi sciogliessi”. Intoccabile. Intoccabile. Sempre più intoccabile. Non riesco neanche ad alzare una mano e asciugarmi le lacrime che colano sul viso. Eppure … eppure stavo bene. Andava tutto bene. Perché? Perché l’hai fatto? E poi tutto ha ricominciato a vorticare.

È metà Luglio adesso e l’uragano sta per scatenarsi. Non so cosa fare. Mi sta piano piano arrivando tutto addosso. Sento che questa volta non ti fermerai … non so quello che il tuo amico ti ha detto oggi, ma da quello che vedo ti ha mandato il sangue al cervello. Cosa vuoi fare? Quel “ti devo parlare” che le hai rifilato mi fa paura sul serio … te ne vuoi andare, non è così? Sì, è così. Te ne vai anche tu. Dovrò prepararmi a dirti addio … è stato bello finché è durato, ma adesso non hai più quello che ti tiene legato qui, quindi te ne vai. Giusto. Bravo, vai via. Hai ragione, questa cosa è frustrante, soffocante, asfissiante. Non ce la faccio più nemmeno io …  se solo avessi un posto dove andare … lei si comporta come se non le avessi detto nulla. È venuta di nuovo a raccontarmi che tra voi due il rapporto non va, che tu sei criptico con lei, che sembra di parlare con un pezzo di ghiaccio quando messaggia con te e che tu le vuoi parlare urgentemente. Più voglio evitare di essere in mezzo e più mi ci trovo. Non ne voglio sapere niente. Ho il diritto anch’io di evitarmi un po’ di male, no? No. Evidentemente proprio no. Forse anch’io sono compulsivamente masochista, come te. O forse semplicemente ho la smania di aiutare sempre tutti evitando di pensare a me. Sono così stanca … così dannatamente stanca. Ho paura di non farcela. Ho paura … non so nemmeno io di cosa, avrei semplicemente bisogno che tu fossi qui accanto a me e di un pizzico di coraggio per levarmi di dosso questa stupidissima maschera di ferro. Dovrebbe essere tutto semplice … vorrei che fosse tutto semplice, come “Hey Stephendi Taylor Swift e la volta che eravamo in piscina. Vorrei che fosse sempre così magico … ma lo è sempre meno. È sempre di più qualcosa che fa male. Un male cane. E tu, tutte le volte che lei ti butta giù, finisci per parlare con me, come una specie di amichetta del cuore, in perfetto stile“You belong with me”“tu hai un sorriso che potrebbe illuminare tutta quanta questa città, ma non l’ho visto più qui da quando lei ti ha buttato giù”.

E poi diventa Agosto. E la parte da “Today was a fairytale” è finita veramente. Litigi, pianti, urli, promesse mancate, altre spezzate, amicizie che si distruggono, pezzi di anni passati insieme che vanno in frantumi ... tutto ruota vorticosamente nella mia testa, adesso come allora.

E poi mi vola davanti il giorno che lei ha fatto il primo sgarro e la volta che tu mi hai fatto più male del solito. Poi la volta che ti ho guardato e non ho più trovato quello che credevo di amare. Poi la volta che lei ha sbagliato di nuovo. La volta che l’ho perdonata di nuovo. La volta che ero di nuovo sul letto ad ascoltare Taylor Swift. La volta che Taylor Swift mi ha rimesso in piedi e lei mi ha buttato di nuovo giù. La volta che mi sono aggrappata all’Ipod tutto il giorno ma tu non te ne volevi andare. La volta che ho reagito. La volta che lei ha fatto il terzo sbaglio e tu invece hai fatto il milionesimo. La volta che ho capito la mia illusione. La volta che ho cominciato a riprendermi. La volta che tu mi hai guardato come se fossi tu a stare male. La volta che lei ha fatto il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo, il decimo, il centesimo, il millesimo errore nello stesso identico giorno. E io ho chiuso la porta. Tutto quanto adesso ha preso a ballarmi davanti, confuso e senza senso. Ma poi, invece di sparire, ogni cosa mi si delinea davanti chiara e precisa.

Ora posso contare le volte che mi sono ritrovata a chiedermi che cosa avessi fatto di male per meritarmi un trattamento simile … perché qualcosa doveva pur esserci. Non è possibile che si potesse essere così insensibili per natura. E anche quelle in cui, mentre mi chiedevo quale fosse il mio sbaglio, lei continuava a usarti e tu continuavi a crederle.

E poi posso chiaramente vedere la volta che hai iniziato a darmi contro. Ad accusarmi di tutto. A dire che sono un’amica pessima, una sfruttatrice ingrata, una che non le ha mai voluto bene veramente. E dopo ancora la volta che hai cominciato a giocare con la mia testa consapevolmente e, come un perfetto John, ti sei avvicinato con i tuoi fiammiferi per darmi fuoco, definitivamente fuoco, senza però tenere conto di una cosa: io vivo di Taylor Swift. Di canzoni di Taylor Swift. Di citazioni di Taylor Swift. Dello “Speak Now Prologue” di Taylor Swift. Del “Fearless Prologue” di Taylor Swift.

E adesso, chiara come la luce del sole, mi si spiana davanti la volta che a fine Agosto ho dato un senso a tutto. E ovviamente c’era Taylor di mezzo. Avevo l’Ipod alle orecchie e Taylor Swift che cantava, il booklet del “Fearless Prologue” aperto sulle mie gambe pronto ad essere letto e elaborato. E poi ho trovato la parte perfetta per me, ancora una volta nelle Sue parole in inglese, ma per me più chiare di qualsiasi altra cosa al mondo: “Quando qualcuno ti chiede scusa troppe volte per cose che non smetterà mai di fare, io credo che sia ‘senza paura’ smettere di credergli. È ‘senza paura’ dire “NON ti dispiace”, e andare via. Io credo che permettere a te stessa di piangere sul pavimento del bagno sia ‘senza paura’. Lasciarsi andare è ‘senza paura’. Poi, andare avanti e stare bene … anche questo è ‘senza paura’” ed è così che ho smesso di credere ai suoi balbettii insulsi. E poi la riproduzione casuale ha portato Taylor con la frase perfetta: “Io vivevo nella tua partita a scacchi, ma tu cambiavi le regole ogni giorno”. La canzone è “Dear John (sì bravo, è lo stesso dei fiammiferi) e per la prima volta era veramente per me.  So per certo di aver pensato “Tutta questa storia è una partita a scacchi. Tu regoli la mia vita. Io vivo le tue regole. Tu sei il mio John.” E così ho smesso di essere la tua pedina, la vostra pedina. Ho capito veramente di essere diventata l’ombra di me stessa. Io non ero più me. Non volevo perdere te, e non volevo neanche perdere lei … ma ho realizzato di essere più importante. Non volevo più stare nell’occhio del ciclone. E in quel momento ne stavo uscendo. Dovevo smetterla di difendere parole che mai hai detto e mai dirai. Dovevo ammettere che non sei quello che voglio. Dovevo mettere a frutto ciò che Lei mi aveva insegnato tanto tempo fa: “‘senza paura’ è lasciare andare chi ti ferisce soltanto, anche se non puoi respirare senza di lui” (Fearless Prologue). E così ti ho lasciato andare.

E tu adesso sei tornato. Ma sono passati quattro mesi da allora, quattro lunghi mesi. E tu non c’eri quando mi sono ritrovata da sola, senza qualcuno a cui aggrapparmi, senza niente che potesse risollevarmi, con in mano un booklet per non affogare. È stato allora che ho capito che le cose potevano cambiare. Che sarebbero cambiate. Perché la parte tragica era passata … sì, se n’era andata finalmente. Perché tu eri fuori. Fuori da qui. Mille miglia lontano da me. E che io avevo fatto di tutto, forse anche troppo. E che Taylor aveva ragione, come sempre: “Quello che dici potrebbe essere troppo per alcune persone. Probabilmente uscirà fuori tutto completamente sbagliato e balbetterai e te ne andrai via imbarazzato, esattamente come riproduci tutte le volte nella tua testa. Ma io credo che le parole che ti trattieni dal dire siano quelle che ti ossessioneranno di più. Allora dille a chi devi. O dille a te stessa guardandoti allo specchio. Dille in una lettera che mai spedirai o in un libro che milioni di persone potrebbero leggere un giorno. Io credo che ti meriti di guardare indietro nella tua vita senza un coro di voci echeggianti ‘Avrei potuto, ma è troppo tardi adesso’. C’è un momento per fare silenzio. C’è un momento per aspettare il tuo turno. Ma se sai come ti senti e sai chiaramente cosa hai bisogno di dire, lo saprai. Io non credo che dovresti aspettare, CREDO CHE DOVRESTI ‘ PARLARE ORA ’. ” (Speak Now Prologue). Adesso, magicamente, chissà come mai, sei tu quello che mi vuole parlare. Ti senti illuminato da Taylor all'improvviso? Sparisci. Non te lo lascerò fare. Drew, Stephen, John, in qualunque modo possa chiamarti … vattene via. C’è qualcuno di migliore là fuori per me, me l’ha fatto capire Lei. Non sei più la ragione delle lacrime sulla mia chitarra, non sembri più così simile a un angelo, non ci sono più i tuoi fiammiferi davanti alla mia faccia, te li ho rubati John, “prima che il fuoco mi raggiungesse, così non guardare adesso: brillo come fuochi d’artificio sopra la tua vuota e triste città”. Mi sono rialzata. Ho combattuto per rimettermi in sesto. Ho lottato per non ritornare da te e farmi male ancora. E ho vinto. Abbiamo vinto, io e Taylor. Perché se non fosse stato per Lei io sarei ancora a piangermi addosso. Quindi cosa vuoi da me Sam? Hai sbagliato. Hai scelto lei. Hai deciso di perdermi. Quindi non inginocchiarti a chiedermi scusa, è inutile Sam. È tutto inutile. “Avresti dovuto dire no. Saresti dovuto andare a casa. Avresti dovuto pensarci due volte prima di buttare tutto all’aria”. La canzone è finita e io non ho più bisogno di sentire quella playlist. E ora che ci penso … perché diamine è qui? Clicco su elimina. Ecco fatto. E questa era l’ultima cosa che mi era rimasta di te. Con le mani mi asciugo le lacrime, che nel frattempo hanno portato giù matita e mascara, lasciando delle righe su quel poco fondotinta che metto il sabato sera … e all’improvviso tu non ci sei più. Mi alzo dal letto e mi lavo la faccia per struccarmi, poi dopo torno in camera. L’Ipod giace sulla scrivania, spento, e senza più la playlist 3.  È strano che tu sia volato via così all’improvviso … prima di addormentarmi mi guardo attorno per un attimo, giusto per vedere se, magari, ti sei nascosto in qualche cosa, ma scorgo tante Taylor Swift che mi sorridono dall’armadio … no, te ne sei andato veramente. “Grazie”, Le sussurro, “Grazie per avermi ricordato che di lui non ho bisogno, là fuori c’è di meglio e prima o poi lo troverò”, poi chiudo gli occhi e ho finalmente la consapevolezza che tutto il mio dolore è svanito.

 

  
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