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Autore: vale_diamond    19/01/2008    0 recensioni
"Katie Claire ed Helen non si vedevano da circa cinque anni, da quando era finito il liceo. Per un po’ si erano sentite ma i mille impegni che le assillavano non lasciavano loro molto tempo per frequentarsi come si deve. Ora erano tutte tre tra i ventitre e i ventiquattro anni e frequentavano college diversi e lavoravano. Fu Claire ad avere l’idea di fare una specie di ritrovo, e fu proprio un’idea fantastastica, come avrebbero commentato le altre due il giorno stesso."
ovviamente le ragazze si racconterano cosa è successo nel periodo in cui non si erano più sentite e il tema principale sarà ovviamente: le loro STORIE D'AMORE!!! spero vi piaccia,RECENSITEE!
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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DOPO IL LICEO...IL RITROVO





Katie Claire ed Helen non si vedevano da circa cinque anni, da quando era finito il liceo. Per un po’ si erano sentite ma i mille impegni che le assillavano non lasciavano loro molto tempo per frequentarsi come si deve.
Ora erano tutte tre tra i ventitre e i ventiquattro anni e frequentavano college diversi e lavoravano.
Fu Claire ad avere l’idea di fare una specie di ritrovo, e fu proprio un’idea fantastastica, come avrebbero commentato le altre due il giorno stesso.
Avevano organizzato una pizza assieme e poi avevano deciso di andare in un locale tranquillo per bere qualcosa insieme in nome dei vecchi tempi.
E fu proprio in quel locale che le tre amiche, quelle che ai tempi della scuola erano le tipiche liceali che uscivano assieme in cerca di qualche ragazzo carino da commentare, quelle che ridevano come matte e si divertivano un sacco assieme,  iniziarono a raccontare le loro storie, le loro avventure  e tutto quello che era successo loro una volta che avevano finito il liceo e avevano intrapreso strade diverse.
Katie Claire ed Helen, è in questo ordine che verranno raccontate le loro storie, avevano cose diverse da raccontare, ma lo spirito con cui le avevano vissute e con cui le ricordavano sembrava essere comune a tutte e tre  e sembrava anche non essere affatto diverso da quello di qualche anno prima.
Fu Katie ad iniziare per prima.



"Una volta finito il liceo mi iscrissi a Yale alla facoltà di psicologia ma non lasciai la mia passione per le lingue e così mi iscrissi anche ad alcuni corsi di francese tedesco e spagnolo.
Avevo preso in affitto un appartamento del campus, che divido con altre due ragazze, e avevo iniziato a frequentare le lezioni con entusiasmo e voglia di riuscire. Ovviamente una volta realizzato il vero ritmo del college e dopo essermi resa conto di quanto era impegnativo, tutto quell’intusiasmo calò mano a mano che il tempo passava.
Andavo alle lezioni di psicologia ogni mattina, ogni pomeriggio avevo un’ora del corso di lingue e lavoravo un paio d’ore in un negozio per contribuire alle spese del college. Durante la settimana non uscivo mai la sera perché era l’unico momento libero che avevo della giornata e lo utilizzavo per studiare, quindi non è che fosse poi così libero.
Questo ritmo andò avanti per tutto il mio primo anno a Yale.
Per fortuna il secondo anno ci furono dei cambiamenti. Le ore del corso di psicologia si ridussero così al mattino facevo sia psicologia che lingue e il pomeriggio ce l’avevo libero, salvo le due ore al negozio dove lavoravo.
Riuscivo a tirare avanti bene a mantenere costante il lavoro e lo studio. Ricevetti dei bonus con i quali potevo fare a meno di frequentare un certo numero di lezioni senza che i miei voti ne risentissero.
In questo modo avevo molto più tempo per me, per uscire, pe fare quello che mi piaceva fare, per tornare a casa dalla mia famiglia e per avere una vita sociale più ampia.
In questi spazi di tempo che riuscivo a ritagliarmi durante il secondo anno di college mi piaceva andare a fare lunghe passeggiate in centro, guardare le vetrine, osservare la gente e sbirciare le loro vite apparentemente perfette.
Solo una persona non mi dava l’impressione di avere una vita perfetta. Né bella né brutta, solo…una vita.
Era questo che mi incuriosiva di quella persona, l’essere diverso dalla massa, il fatto di non sorridere sempre solo per far credere agli altri ciò che non si è; quella sua aria misteriosa e quella sua vita apparentemente così mediocre. E le sue abitudini che io spesso osservavo stando seduta sulla mia panchina preferita: faceva un giro guardando le vetrine, poi entrava in una caffetteria di fronte a dove ero seduta io e se ne usciva poco dopo con quell’aria strana ma soddisfatta di chi si è appena rigenerato con un buon caffè illudendosi che la sua vita sia perfetta. Poi entrava in un negozio di cd e altre cose e comprava una rivista musicale o altre volte un disco con su scritto “OFFERTISSIMA A META’ PREZZO” e poi spariva dalla mia vista.
Questo succedeva anche più giorni di una stessa settimana e la cosa che mi colpiva di più, oltre al fatto che faceva sempre le stesse cose, era che quel ragazzo era sempre solo. Non l’avevo mai visto con un amico o con una ragazza…mai.
Ovviamente questo fatto di osservare le persone e  in particolare quel ragazzo, di cercare di dedurre la sua personalità tramite le sue azioni e le sue abitudini era sicuramente una conseguenza del fatto che studiavo psicologia, mi veniva naturale.
Ma avevo come la sensazione che quella strana “attrazione”, se così poteva essere chiamata, non fosse solo dovuta ai miei studi.
Lo osservai mentre viveva la sua routine per circa due mesi e più passava il tempo, infatti, più quel ragazzo mi incuriosiva…quasi mi interessava.
Un giorno, mentre me ne stavo traquilla sulla mia panchina, lo vidi arrivare e sedersi sulla panchina accanto alla mia, seduto sullo schienale e coi piedi sulla seduta.
Un colpo di vento mi fece rabbrividire e stringere più forte il bicchiere che tenevo fra le mani.
Ebbi l’impulso di guardare in direzione della caffetteria dove andava sempre quel ragazzo e notai che quel pomeriggio era chiusa.
Non so esattamente cosa mi spinse a fare quello che feci ma senza quasi rendermene conto mi ritrovai più vicina alla sua panchina e gli domandai porgendo in avanti il mio caffè ancora caldo:
“ne vuoi?”
lui alzò la testa che prima guardava pensierosa per terra.
Mi guardò senza dire niente.
Scorsi in quel momento quei suoi occhi verdissimi che nascondevano una velata malinconia.
Aveva i capelli che gli oscuravano lo sguardo e una leggera barba appena ricresciuta.
Per la prima volta non riuscii a capire cosa voleva trasmettere quello sguardo, un po’ diffidente ma che sembrava bisognoso di qualcuno. Anche solo qualcuno di cui diffidare, ma comunque qualcuno.
Il gesto che fece subito dopo mi mise ancora più confusione: allungò la mano e afferrò il caffè. Mi guardò un’altra volta come per capire se poteva fidarsi e sorseggiò la bevanda calda che chiaramente adorava.
Mi aspettavo una risposta tipo: -ma tu chi sei?Non ti conosco neanche perché dovrei volere il tuo caffè??-
Invece quel misterioso ragazzo non aveva fatto altro che scrutarmi e chissà dopo quale ragionamento aveva deciso di non dubitare di me prendendo il caffè.
Qualche istante dopo tornò a guardarmi…non mi guardava in modo normale, lui mi guardava dritto negli occhi e scavava dentro di me attraverso i miei occhi.
Voleva capire qualcosa di me ma senza usare le parole…per un attimo, mentre pensavo a questa cosa, mi ero come bloccata. Ma una nuova ventata mi fece ancora rabbrividire e mi svegliò.
“Puoi tenerlo se vuoi…” dissi.
Lui non fece niente e non disse niente. Capii che era meglio andarmene: mi voltai e presi a camminare lungo il marciapiedi con ancora l’aroma di quel caffè nell’aria.”

“E poi che è successo??” chiese curiosa Claire con Helen accanto che sgranava gli occhi tutta presa dal racconto dell’amica.

“Poi passarono dei giorni” continuò Katie “fui presa da molti impegni e dovevo anche sostenere un esame in quel periodo, quindi per poco più di una settimana non uscii più.
Mentre studiavo avevo un unico pensiero per la mente: quel ragazzo.
Non avevo mai incontrato qualcuno di così misterioso, strano, diverso e che allo stesso tempo suscitasse tutto quell’interesse in me. Non riuscivo a togliermi dalla testa il suo sguardo, i suoi occhi…mai visti di più verdi.
Lo pensavo in continuazione e non vedevo l’ora di avere un attimo di tempo per ritornare a quella panchina…anche solo per osservarlo entrare in quella caffetteria o mentre si sollevava il bavero della giacca per ripararsi dal freddo.
Passai l’esame e i giorni che lo seguirono furono abbastanza liberi, per questo ne approfittai per uscire.
Tornai alla mia panchina, come al solito e aspettai…
Non lo vidi quel giorno, non c’era. Aspettai circa un’ ora ma non venne.
Andandomene notai che c’era qualcosa sulla panchina…guardai meglio. Era una scritta fatta a pennarello nero di quelli indelebili, di grandezza media e calligrafia semplice: “
BUONO IL TUO CAFFE’ …”
Mi si stampò un sorriso in faccia e quella frase mi fece pensare ancora di più.
Il comportamento di quel ragazzo rompeva tutte i pregiudizi e i luoghi comuni che noi ragazze ci facciamo nei confronti degli uomini.
‘Sono banali’ ‘ci provano senza limiti’ ‘sono bambini’ tutte cose che non si potevano di certo attribuire a lui.
Il giorno seguente andai nella segreteria degli studenti di Yale per controllare se era stato registrato il voto del mio ultimo esame; dopo essermi assicurata che tutto fosse a posto feci per uscire dall’ufficio ma mi accorsi che stava entrando il ragazzo del caffè.
Feci finta di nulla e mi misi a leggere le carte che avevo in mano ascoltando con un’orecchio ciò che lui diceva alla segretaria.
Per la prima volta sentii la sua voce:
“Potrei vedere il registro dei miei voti?”
-anche lui frequenta!- pensai subito.
“sì certo” disse la segretaria “il nome??”
“Johnny Carson…è fra i ritirati”
-si è ritirato- pensai.
La segretaria inserì il nome nel computer e  avviò la ricerca.
Un istante dopo fece:
“Mi dispiace non risulta nella lista”
Il ragazzo sembrava perplesso, non disse niente.
“sicuro di non essere già venuto a ritirarlo??”
“Sì…si..grazie lo stesso” disse uscendo pensieroso dall’ufficio.
Aspettai qualche istante e lo seguii lungo il corridoio fino fuori nel parco del campus.
Pensai che fosse un’ottima occasione per rivolgergli la parola così lo fermai.
“Ehi, aspetta!”
Lui si voltò verso di me. Mi squadrò silenziosamente e poi disse freddamente:
“Ciao”
“ciao” sorrisi timidamente “ho visto la scritta su quella panchina…grazie”
“prego” rispose freddo.
Senza volerlo stavamo camminando insieme lungo la passeggiata del parco di Yale, senza dirci una parola.
Poi lui aprì bocca per primo:
“perché l’hai fatto?”
“Cosa?”
“Darmi il caffè”
“Perché… perché la caffetteria dove vai di solito era chiusa”
Sembrava perplesso.
“Cos’è, mi segui??”
“no! Però ti vedo spesso”
“Bè cerca di non vedermi più” disse duramente acelerando il passo.
Lo raggiunsi.
“Perché???”
“La mia vita non è affar tuo”
“allora perché quella scritta??Perché l’hai fatta se non vuoi che mi intrometta nella tua vita?”
“E’ una scritta..solo una scritta. Mettitelo in testa…quel messaggio non stava a significare ti voglio conoscere o mi puoi conoscere.Voleva dire solo che era un buon caffè. Non fantasticare”  era freddo e severo mentre lo diceva. Un po’ mi intimidirono le sue parole e il modo col quale le pronunciò.
“Scusa volevo solo essere gentile!”
“ok”
“Ma perché sei così??”
“Come?”
“così! Freddo e duro! Che ti ho fatto di male?”
“Hai semplicemente fatto ciò che nessuno fa con me”
“Essere gentile??”
Lo bloccai con quella domanda.Smise di camminare e si fermò di fronte a me.
“Stà a sentire…non c’è nulla di interessante o speciale nella mia vita. Nessuno si interessa mai a quello che faccio quindi non sprecare tempo dietro a me. Non c’è niente da sapere niente da scoprire niente da vedere.”
Non risposi. Lo gurdai colpita dal suo sguardo che voleva minacciare ma in realtà implorava.
Per qualche istante ci guardammo negli occhi senza dire niente, lui per farmi capire quello che aveva detto e io per fargli capire che non avrei lasciato andare.
Se ne andò lasciandomi lì nel parco da sola, senza impulsi di dire o di fare qualcosa.
Decisi di non andare alla panchina per un po’ di giorni…pensai…pensai moltissimo alle sue parole.
Quello che mi aveva detto mi aveva messo tristezza.
Si sentiva dal suo tono, da come si era spiegato che non aveva nessuna stima in se stesso, che semplicemente si era accontentato e non aveva ambizioni.
O forse non aveva avuto scelta, forse gli era stato imposto di essere così…forse nessuno gli aveva mai detto che tutti noi abbiamo qualcosa di speciale …qualcosa che ci distingue da tutti gli altri. E io ero sicura che lui ce l’avesse.
Ero intenzionata al massimo a conoscere quel ragazzo, a conoscerlo a fondo…a renderlo felice.
Non mi era mai capitata una cosa del genere, avevo desideramto ardentemente molti ragazzi prima, avevo provato sentimenti forti per alcuni e altri erano rimasti solo un miraggio. Ma lui…Johnny…non avevo mai provato la necessità (ormai era questo che era)  di conoscere una persona per quello che è veramente.
Di solito  quando mi piaceva un ragazzo che non conoscevo fantasticavo sempre su come IO volevo che fosse…sognavo il carattere perfetto, il ragazzo dolce che rappresentava il mio tipo ideale; poi quando lo conoscevo rimanevo delusa perché scoprivo che non era come io volevo e se anche poi nasceva qualcosa tra noi non era mai come volevo io e la vivevo male.
Con quel ragazzo invece non mi era mai capitato di pensare ‘chissà se è dolce’ ‘chissà se è romantico’…mai.
Di lui l’unica cosa che pensavo era: ‘chissà com’è lui VERAMENTE’
Di tutte queste cose me ne resi conto soltanto dopo aver fatto una cosa che tempo prima non avrei mai fatto con nessuno.
Gli scrissi un biglietto, non era una vera e propria lettera ma più semplicemente erano le mie riflessioni che speravo diventassero anche le sue riflessioni:




“Scusa.È l’unica cosa che posso dirti in questo momento.
Le cose che hai detto sono vere…io non ho il diritto di entrare nella tua vita solo perché mi va.
 Non so niente di te…non so quanti anni hai, non so di dove sei, né dove abiti…so solo che ti chiami Johnny.
Ma ti sembra così impossibile che qualcuno possa interessarsi a te?
Che qualcuno ti veda per strada e pensi: “mi piacerebbe conoscerlo”?
Che qualcuno ti veda entrare in una caffetteria e pensi:“vorrei prendere un caffè con lui”?
A me è semplicemente successo questo…in te vedo qualcosa di diverso…qualcosa che non vedo in nessun’altro…ed è questo che ti rende speciale.
Quindi non è vero quello che dici, che nella tua vita non c’è niente da sapere, niente di interessante, niente da scoprire…c’è tutto da scoprire Johnny…ci sei tu che io voglio scoprire.
Non pensare di essere insignificante perché se solo ti lasciassi conoscere da qualcuno potresti diventare importante. Pensaci
…    
                                Katie

Consegnai il foglietto alla ragazza che lavorava nella caffetteria dove lui andava sempre chiedendole di darglielo quando lui sarebbe venuto.


...CONTINUA....

  
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