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Autore: Chemical Lady    06/07/2013    3 recensioni
[Seguito della one-short 'Contessa', scritta in collaborazione con Lechartvert.]
*
“Sei figlio delle ombre, nelle quali riscopri ogni tua sfaccettatura. Non c’è luce nel tuo mondo e i soli raggi di sole che riescono a filtrarvi non muoiono, ma non scaldano. Non brillano. Sai essere un marito leale e premuroso tanto quando uno spietato assassino. Non sei un uomo. Sei un Chimera.”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Chimera.
Rating: Giallo.
Genere:Drammatico.
Personaggi principali: Giolamo Riario e due Nuovi Personaggi.
Coppie trattate: Het.
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo. Il personaggio di Beatrice de’Medici è frutto della mia fantasia, così come Bianca Ordelaffi appartiene a Lechatvert.
Avvertenza: Possiamo vedere questa piccola ff come il seguito dalla one short ‘Contessa’, postata da me e Lachertvert con l’account di quest’ultima.
Sommario: “Sei figlio delle ombre, nelle quali riscopri ogni tua sfaccettatura. Non c’è luce nel tuo mondo e i soli raggi di sole che riescono a filtrarvi non muoiono, ma non scaldano. Non brillano. Sai essere un marito leale e premuroso tanto quando uno spietato assassino. Non sei un uomo. Sei un Chimera.”
 








Per Maia, 
che scrive della mia Beatrice 
con lo stesso amore
con cui io scrivo della sua Bianca.
(Due dediche in una sera, jackpot!)

 
 
 
 
 
Lo sguardo basso, adagiato su un foglio di carta ripiegato che stringeva tra le mani, stroppicciandolo ancor più di quanto già non fosse.
L’aveva trovata così, Girolamo, una volta entrato nel suo studio.
“Sei tornata da Forlì prima di quanto pattuito, è accaduto qualcosa?”
Nessuna risposta provenne dalla moglie, che ancora restava così, china. Non si era accorto che stava piangendo, fino a che, osservandola con maggior attenzione, aveva notato le spalle tremolanti e il respiro corto.
“Beatrice?”
Leggermente indisposto per quell’ingiustificato mutismo, Riario aveva sbattuto un plico di lettere che gli erano appena state recapitate sulla superficie lignea dello scrittoio e aveva girato attorno allo moglie, per poterne scorgere il viso.
Si era sentito raggelare, quando aveva riconosciuto quel foglietto di carta che così gelosamente ella stringeva.
Non staccò gli occhi dalle belle mani affusolati della de’Medici per un paio di secondi, prima di alzarli e scontrarli con i suoi celesti. Erano ricolmi di lacrime, mentre le gote inumidite risplendevano nonostante la luce fioca che filtrava dalle imposte socchiuse.
Non v’era bisogno di raccontarle nulla, Beatrice era troppo intelligente. L’aveva imbrogliata quelle due o tre volte, pochi mesi dopo il matrimonio, ma dal momento in cui lei aveva preso a comprenderlo, svelando l’arcano che nascondeva dietro a quelle iridi color miele, non c’era più riuscito.
Alla mora era bastato chiedere alle servitù del perché gli alloggi di Madonna Ordelaffi fossero stati riordinati. Aveva ricevuto risposte scarne e contrastate, da Zita e da Baldi. Sembrava esser sparita una mattina, sicuramente per tornare dal marito.
Beatrice era troppo intelligente. Non ci aveva creduto  ed era arrivata in breve all’oscena verità.
Si morse le labbra, distogliendo lo sguardo da quello del marito, che s’era fatto freddo d’improvviso. “Come?” domandò, con la voce spezzata.
Girolamo strinse i denti, contraendo la mascella. Lo infastidiva parecchio, parlarne con Beatrice “S’è lasciata cadere nel Tevere, la stupida. Evidentemente certe persone non sanno esser grate dell’ospitalità.”
La mora si alzò di scatto, fronteggiando il marito e stringendo nel pugno il fogliaccio di carta. “Non credere che io sia una povera stolta, Girolamo.” Borbottò, puntandogli un dito al viso. Si guadagnò una delle rare espressione stupite dello sposo “L’hai imprigionata, quella povera donna. Che fosse una gabbia dalle sbarre dorate è di poco conto, sempre prigioniera era.”
Il Conte l’afferrò per il polso, stringendo la presa “Non ha mai nemmeno tentato di sfuggirmi.” Le parole gli uscirono in un sibilo basso, come il soffio di un serpente.
Beatrice si liberò in un gesto secco, spostando poi i capelli che le erano finiti sul viso “Scappare? Per farsi inseguire sino alla morte?” scosse il capo, senza levargli gli occhi dal viso. Voleva che Girolamo vedesse per bene il disgusto che stava provando “Chi sei tu? Che razza di uomo sai diventare?”
Si squadrarono per diversi istanti, mentre l’uomo cercava un qualche modo per ribattere. Lasciò scivolare gli occhi sul ventre arrotondato della moglie e lei parve notarlo.
Alzò una mano, appoggiandovi la mano “Che razza di padre sarai mai? Ti diverti torturando addirittura una donna indifesa, il suo unico peccato è quello d’averti incontrato in vita.” Non riuscì ad impedire ad una lacrima di rotolare lungo la guancia “Sei figlio delle ombre, nelle quali riscopri ogni tua sfaccettatura. Non c’è luce nel tuo mondo e i soli raggi di sole che riescono a filtrarvi non muoiono, ma non scaldano. Non brillano. Sai essere un marito leale e premuroso tanto quando uno spietato assassino. Non sei un uomo. Sei un Chimera.”
Ancora, Riario non ribatté. Tenne il capo alto, in modo tale che la moglie non potesse nemmeno per errore scorgervi una qualche ombra di rimorso. Non ne provava, dopotutto e, in parte, era questo a schiacciarlo.
La totale assenza di sentimento.
Lo sbattere dell’uscio confermò la sua solitudine nello studio.
In piedi, al lato di una poltrona ormai vuota e fredda, si riscoprì concorde con sua moglie.
Solo un’animale leggendario come la Chimera poteva rappresentarlo a pieno. Prese posto dove prima sedeva Beatrice e lì si interrogò per molto tempo.
Chissà da quali esseri era composta la sua molteplice anima. 
  
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