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Autore: ziarocky    06/07/2013    1 recensioni
Questa one shot parla principalmente del significato della famiglia, la protagonista si trova ad un punto in cui non capisce più di chi fidarsi e una persona a lei molto vicina le farà capire cosa conta davvero in una famiglia.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quella stella....che brilla più delle altre!



Era il 9 maggio 1996 quando Sara nacque; sua madre e suo padre erano molto felici della loro primogenita e quando nel 1998 nasce Matteo la loro vita è completa e felice; peccato che 2 mesi dopo la madre di Sara scopre di avere un tumore al cervello, si gode il suo ultimo anno di vita con i figli prima di morire il 23 settembre 1999.
Sono passati 12 anni…
Sara è in casa che aiuta la madre a preparare la cena prima che il padre arrivi a casa con gli altri, è martedì 9 maggio, il giorno del suo 15esimo compleanno e non vede l’ora di festeggiare con la sua famiglia il tanto atteso giorno in cui come regalo avrebbe ricevuto una chitarra elettrica che desiderava da anni.
Giacomo, Matteo e Andrea rientrarono a casa; entrano in cucina e subito Giacomo da un bacio alla moglie e alla figlia –buon compleanno tesoro– dice sorridendole mentre Sara si abbassò per abbracciarlo –grazie papà dai forza mangiamo che poi apriamo i regali-.
 Dopo la cena, infatti, sono tutti riuniti in salotto a scartare i regali, Andrea e Matteo le aveva regalato una collana con un plettro a forma di cuore con inciso il suo nome mentre i genitori un iPod nuovo modello; nonostante i regali fossero bellissimi lei ci era rimasta male per non aver ricevuto la tanto desiderata chitarra elettrica.
- Sara non ti sono piaciuti i regali?- dice Andrea lanciando una frecciatina a Matteo complici di quel segreto che i genitori avevano tenuto nascosto solo a lei –no erano bellissimi grazie- risponde Sara sorridendo –scusami tesoro non è che mi prenderesti un bicchiere d’acqua in cucina?- Sara si alza sospirando per accontentare il padre di cui si era sempre presa cura con la madre, al suo ritorno in mezzo al salotto una chitarra elettrica rossa e bianca con il manico in legno le stava di fronte nuova di zecca con tanto di amplificatore e custodia; in un secondo aveva le lacrime agli occhi e iniziando a saltare dalla gioia gridò per tutta la casa –è bellissima- mentre i genitori e i fratelli ridevano, dopo averla tenuta in mano e accarezzata la rimise dov’era aspettando il giorno dopo per suonarla a tutto volume.
Dopo questa sorpresa dei genitori, la famiglia rimase a parlare fino a tardi, come tradizione, della vita dei figli mentre loro gli porgevano domande a volte anche troppo nei particolari come succede ai ragazzi della loro età; poi una domanda quella che ha sconvolto quell’armonia familiare –senti mamma ho sempre voluto chiedertelo ma come hai fatto ad avere me e Sara, se non siamo gemelli, nello stesso anno?– Giacomo e Antonella si guardarono negli occhi mai avevano detto la verità su Matteo e Sara e visto che i due non ricordavano niente il discorso era sempre rimasto incompleto, ma secondo Antonella loro avevano il diritto di sapere.
- vedi Andrea in realtà Sara e Matteo sono i tuoi fratellastri- disse Antonella cominciando il discorso –dopo l’incidente di papà lui è diventato sterile e io desideravo tanto altri due figli così abbiamo deciso che era giusto adottarli e all’orfanotrofio Sara e Matteo ci avevano colpito particolarmente e abbiamo capito subito che li avremmo amati come te, perciò Sara è della tua stessa età perché in realtà non sono opera nostra- disse Antonella tutto d’un fiato; Sara si alzò confusa mentre Matteo rimase impassibile, Andrea era sconvolto ma quello che stava per accadere nessuno se lo aspettava.
Sara cominciò a parlare sfregandosi le mani come quando è nervosa –cioè mi state dicendo che io e Matteo non siamo vostri figli?- i due genitori scossero la testa –scusate se ve lo abbiamo tenuto nascosto ma avevamo paura della vostra reazione- infatti Giacomo si era opposto più volte a questa cosa avendo paura di perdere i figli; -dove sono i nostri veri genitori?- disse Matteo guardandoli –non lo sappiamo però abbiamo le carte e se volete fare delle ricerche su di loro ne avete tutto il diritto – Antonella sorrise ai figli ma Sara non era di buon umore e si mise ad urlare –datemi quelle carte subito.- disse ad Antonella che si avvicinò alla figlia preoccupata –tesoro ci dispiace noi volevamo dirtelo ma- Sara si voltò ignorando Antonella che le parlava –basta dirmi bugie datemi quelle carte andrò a cercare i miei genitori quelli veri- Giacomo e Antonella rimasero feriti da quelle parole –adesso è tardi domani andrai a cercarli- disse Antonella prendendo il braccio della figlia –lasciami dammele subito non ho più tempo da perdere- Antonella prese le carte e le porse alla figlia lei guardò Matteo –tu vieni con me?- lui scosse la testa alzandosi –no io resto qui non mi importa dove sono finiti perché se eravamo in orfanotrofio un motivo ci sarà– Sara lo guarda male e dopo aver preso la giacca uscì di casa andando subito a casa della sua amica Giada non poteva dormire in quella casa con quelle persone che non erano la sua famiglia.
Il mattino dopo Sara e Giada saltarono la scuola dopo essere andate in comune a informarsi andarono in orfanotrofio dove sicuramente avevano notizie sui suoi genitori.
-salve senta vorrei che cercasse informazioni si queste persone dovrebbero essere i miei genitori – disse Sara alla direttrice dell’istituto –certo vediamo un po’- prese le carte e guardò qualcosa sul computer – allora tua madre mi dispiace è morta quando avevi tre anni di tumore al cervello e di tuo padre non c’è scritto molto se non l’indirizzo di dove abitava con voi se vuoi averlo e anche le foto dei tuoi genitori- Sara annuì sicura ma triste per la notizia della sua madre naturale; dopo aver avuto l’indirizzo e le foto aspettarono il pullman alla fermata all’angolo, -non sei curiosa di vedere com’erano?- disse Giada aprendo la busta con le foto –certo che lo sono ma ti prego guardali prima tu – Giada sorrise e tirò fuori le foto, fissò a lungo la foto della madre a bocca aperta –allora com’è?- disse Sara strappandogliela dalle mani quando la vide e incrociò gli occhi di sua madre rimase stupita, quella donna le somigliava anzi era la sua fotocopia da grande, capelli biondo miele occhi verde smeraldo e fisico asciutto, Sara non poteva immaginarlo tutto di quella donna era uguale a lei, l’unica parte del corpo diversa erano le labbra le sue erano piene e rosse mentre quelle di Sara erano meno carnose e più chiare; assomigliava molto anche a suo fratello però lui gli occhi li aveva azzurri e non verdi come i suoi. La foto del padre la face sorridere, occhi azzurri pizzetto e capelli castano chiaro come Matteo; Sara rimase felice della foto dei genitori che fissò per tutto il viaggio in pullman.
Arrivate davanti alla porta suonarono il campanello e poco dopo gli aprì un’anziana signora sorridente –sì?- loro sorrisero mostrando l’indirizzo della casa –salve signora non vorremmo disturbarla ma qui abita per caso Davide Minetti?- La donna aggrottò la fronte –no non abita più qui da anni ormai ma voi chi siete?- Sara sorrise –io sono sua figlia- la donna indietreggiò confusa –figlia? Non lo sapevo che avesse una figlia comunque ho un numero di telefono se ti interessa, l’ho chiesto per i dettagli della casa perciò se lo vuoi non sono sicura che sia ancora valido sono passati 11 anni però vado a prenderlo aspettate qui- la donna tornò indietro con un bigliettino e un numero di telefono scritto sopra –eccolo qui e c’è anche un’altra cosa che ho trovato in un mobile credevo se la fosse dimenticata invece quando l’ha vista mi ha detto di bruciarla se vuoi prenderla tu non c’è problema – Sara sorrise e afferrò la busta da lettera ingiallita poi salutarono educatamente la signora e se ne andarono. –dai Sara prova a chiamare magari non ha cambiato numero- lei annuisce e compone il numero – squilla perciò…- Giada rimase in attesa mentre aspettavano su una panchina che qualcuno rispondesse –pronto?- la voce si amplificò con il vivavoce – pronto lei è per caso Davide Minetti?- -sì sono io chi è lei?- Sara prese un sospiro profondo –io sono Sara dovrei farle alcune domande potremmo incontrarci?- dall’altra parte ci fu silenzio –per parlare di cosa scusi?- -di Serena – bastò quel nome per sentire la voce di quell’uomo cambiare –mi scusi chi è lei e come fa a conoscerla? Non ho niente da dirle- - lo so ma io sì potremmo incontrarci è importante davvero.- l’uomo sospirò –ok tra 20 minuti al parco vicino al centro- poi riattaccò Sara rimase confusa lui  non sapeva come riconoscerla e lei dove cercarlo ma non si arrese, raggiunsero il parco in poco tempo e cominciarono a girare in cerca di una faccia familiare ma non trovarono nessuno finché seduto su una panchina c’era un uomo con una felpa grigia e dei jeans era grasso e molto sciupato ma dalla faccia sembrava Davide la persona che stavano cercando, Sara guardò Giada –secondo me è lui- l’amica lo guardò stranita –sei sicura? Vuoi che ti accompagno?- Sara scosse la testa e si incamminò verso l’uomo che fissava un punto lontano, ancora non si era accorto di lei – lei è Davide?- l’uomo si voltò –sì sono- si fermò di colpo quando vide il viso di Sara gli occhi si fecero lucidi e le mani iniziarono a tremare –Sara – lei indietreggiò un attimo quando l’uomo le si avvicinò –sediamoci – disse lui gentilmente –sa chi sono io?- disse lei, Davide annuì colpito –sei Sara…sei identica a lei- Sara sorrise –sì ho visto la foto. sono qui per sapere cosa è successo alla mamma e a te- Davide a quella parola si irrigidì –vedi quando avevi 2 anni Serena si è ammalata aveva un tumore al cervello. Quando è morta io mi sono lasciato andare e ho iniziato a bere, quando mi hanno arrestato siete stati portati in orfanotrofio.- lei annuì –sì ma voglio sapere perché non ci hanno mandato da un parente o qualcosa– disse Sara confusa Davide abbassò la testa – Sara io devi capire che sono scappato di casa quando avevo 16 anni e non mi sono più riavvicinato alla mia famiglia, poi ho conosciuto Serena mentre lavoravo come cameriere nel locale dei suoi genitori, quando ci siamo innamorati e messi insieme i suoi genitori le hanno proibito di stare con me perché ero povero e senza niente da offrirle, così siamo stati cacciati da lì e subito dopo Serena è rimasta incinta e con fatica siamo riusciti a trovarci una casa e un lavoro e quando ha partorito eravamo felici e ne abbiamo cercato subito un altro e quando è rimasta ancora incinta siamo stati una vera famiglia volevamo sposarci e riunirci con le nostre famiglie, ma quando ci hanno sentiti ci hanno negato come se fossimo niente e poco dopo Serena ha scoperto di avere un tumore non potevamo permetterci le cure e così siamo rimasti vicini finché non è morta.- Sara aveva le lacrime agli occhi, abbassò la testa e Davide sospirò –perché sei venuta a cercarmi?- Sara lo guardò stranita –perché solo adesso ho scoperto di essere stata adottata ma se l’avessi saputo prima sarei venuta- Davide la guardò stranito –perché mi hai cercato?- Sara sorrise – ti ho detto che non lo sapevo e - Davide la interruppe –no non hai capito cosa intendo. Cosa vuoi da me?- lei lo guardò stranita –beh essere finalmente una famiglia- Davide scoppiò a ridere Sara scosse la testa sorridendo –stai scherzando vero?- era ovvio che aveva frainteso il significato di quella risata –no potremmo vivere insieme e fare le cose tra padre e figlia- Davide strinse gli occhi finché non diventarono piccoli –tu non sei mia figlia- lei rimase a bocca aperta scostandosi il ciuffo dai capelli –che vuol dire?- iniziò a torturarsi le mani– che tu non sei mia figlia, cioè naturalmente sì. Ma tu non sei niente per me. Io non ti voglio. Serena è morta 12 anni fa e da quel giorno io non sono più vostro padre.- Sara rimase stupita di quelle parole –cioè vuoi dire che io ti ho cercato per sentirmi dire che era meglio stare a casa?- lui annuì –ovvio hai perso tempo e adesso ragazzina vattene mi hai già fatto perdere troppo tempo e devo tornare dalla mia vera famiglia e dalla mia compagna.– Davide si alzò e mentre stava per andarsene Sara lo fermò prendendolo per il polso –e io cosa faccio?- Davide la guardò stranito –non me ne importa niente di te. Pensaci. Se mi fosse importato qualcosa vi sarei venuto a cercare io. Io mi sono rifatto una famiglia tu ritorna dalla tua. Io e te non abbiamo niente in comune.- così se ne andò lasciando Sara con le lacrime agli occhi per la rabbia; Giada la raggiunse subito – Sara andiamo dai torniamo a casa. -.
Ormai erano le 19.00 passate, Sara vagava per le vie del paese in cui era cresciuta, totalmente diverso dalla città in cui era nata e che aveva rivisto per poche ore; niente della sua vita era giusto, suo padre non la voleva, sua madre era morta, i suoi “genitori” adottivi l’avevano presa in giro per tutto questo tempo e l’unica cosa che aveva della sua famiglia era sua fratello Matteo e 2 pezzi di carta. Si ferma a guardare la foto di suo padre totalmente diverso da quello che si è ritrovata davanti e da quello che si aspettava, strappa la foto e la butta nel cestino insieme all’indirizzo e al numero di telefono; guarda la foto di sua madre così simile a lei eppure non l’aveva mai conosciuta, non se la ricordava nemmeno, cosa penserà della sua famiglia da la su? Sara non sapeva rispondere a tutte le domande che aveva in testa, voleva dimenticare. Dimenticare suo padre, la sua vita e anche la sua faccia. Quell’uomo che non era suo padre perché non l’aveva cresciuta, non l’aveva vista cadere dalla bicicletta, non l’aveva vista andare a scuola per la prima volta, non aveva esultato per il primo 10 che aveva ricevuto, non l’aveva messa in punizione perché aveva trascurato lo studio per uscire con le amiche, non aveva nemmeno visto come stava male quando aveva litigato con Giada. Non sapeva niente di lei. Come poteva pretendere di considerarlo un padre se in realtà lui non aveva fatto altro che dimenticarli e andare avanti. Lo odiava. Detestava essere sua parente. Aveva pianto e adesso in questa strada piena di bambini che corrono dai genitori per salire sulle giostre aveva desiderato scomparire per il male che aveva fatto alla sua famiglia quella vera che l’aveva cresciuta e sostenuta nei momenti difficili. Si ricordò improvvisamente della busta che quella signora le aveva dato quel pomeriggio e la prese dalla borsa, sedendosi su una panchina isolata, vide che dentro la busta c’era una lettera così iniziò a leggere:
cara Sara…
lo so che adesso sei troppo piccola per capire che cosa sto per scrivere ma sono sicura che un giorno quando sarai grande ritroverai questa lettera magari sarà un momento difficile per te e visto che io non ci sarò ho voluto farti sapere che da lassù io vi guarderò, vi sosterrò e vi amerò con tutto il mio cuore.
Piccola mia, se hai trovato questa lettera è perché in questo momento l’unica persona che ti possa aiutare sono io anche se non ci sono più fisicamente.
Lo so che Davide non avrà il coraggio di tenervi con lui perché gli ho detto che dovevate essere felici a qualunque costo, avrà pensato che senza una madre non possiate vivere e che lui non era in grado di rendervi felici; Sara dovunque tu sia e con chiunque tu sia è la cosa giusta. se sei felice tutto quello che hai passato non conta, l’importante è che voi siate felici.
Adesso mettiamo che tu sia stata adottata, che solo ora l’hai scoperto. Davide non avrà il coraggio di guardarti perché se ho ragione io e te siamo uguali, vero? Hai i miei occhi e i miei capelli, perciò per lui sarà come riavermi con sé. Davide è un mulo quando si mette in testa una cosa non posso fargli cambiare idea, spero che lui sia felice senza di me, come spero che voi siate felici.
Tu sei una ragazza forte e determinata l’ho visto subito quando imparando a camminare non ti sei riposata finché non sei arrivata fino al divano senza tenerti, io stavo in cucina e ti guardavo cadere mentre dentro di me la paura di perderti mi faceva morire ogni giorno. Ora io sono in cucina e ti sto guardando camminare passo dopo passo mentre cerchi di arrivare al divano, stai cadendo eppure io ti sostengo anche se non mi vedi, ti sorrido quando raggiungi la tua meta, per poi incoraggiarti a raggiungerne un’altra magari più difficile. Credimi Sara per vederti crescere non c’è bisogno degli occhi, per sentirti non c’è bisogno delle orecchie, per accarezzarti i capelli non c’è bisogno delle mani, per sostenerti non c’è bisogno delle parole per darti dei consigli, per viverti c’è bisogno solo dell’amore che io nutro per te e per Matteo. Lo so che non mi vedi ma se guardi il cielo la notte vedrai una stella brillare più delle altre quando ne avrai bisogno, per darti quella forza che con le parole non posso darti.
Insegui i tuoi sogni e fai le tue scelte, ma ricordati che una famiglia è tale quando ti sta accanto ogni secondo e ogni minuto della tua vita, ti sostiene e ti ama anche quando pensi di non meritartelo. Una famiglia c’è sempre quando la cerchi e questo volevo darvi a voi, ma la mia malattia ha reso impossibile questa cosa. Mentre scrivo questa lettera ti vedo dormire e prego che tu stia bene senza di me al tuo fianco perché mi arrabbio se penso che ti voglio bene con tutta l’anima eppure non posso vederti ricambiare questo sentimento, non sentirò mai che mi dici ti voglio bene perché lo pensi, non ti vedrò piangere per il tuo primo amore, non ti vedrò tornare a casa da scuola con un bel voto e premiarti per esso, non potrò castigarti e farti capire che qualcosa è sbagliato, non posso essere tua madre come vorrei. Piango mentre ci penso,darei tutto indietro per un minuto in più con voi, ma rifarei tutto da capo perché sono fiera di te di cosa diventerai e ti sosterrò nelle tue scelte se sarai tu a farle. Ricordatelo quando me ne andrò perché quando hai un problema la mia mano ti accarezza ancora i capelli mentre piangi.
Ringrazia sempre chi ti ha dato tutto, chi ti vuole bene e chi ti ha cresciuto perché è davvero una persona speciale. Ora devo andare. Ricorda. Io non ti lascerò mai. Ti voglio bene piccola mia.
Con amore.
Tua madre.

 
Sara alza lo sguardo, le lacrime le bagnano le guancie e i singhiozzi le si spezzano in gola. Si asciuga una lacrima e guarda il cielo, una stella sta brillando più delle altre e se chiude gli occhi le sembra di sentire una mano che le accarezza i capelli.
-ti voglio bene mamma- le parole vengono fuori strozzate mentre sente veramente un affetto enorme per quella madre che non vedeva ma c’era.
Ai alza pulendosi i jeans e con la foto stretta al cuore ritorna a casa, finalmente consapevole di averli sempre avuti accanto i suoi veri genitori.
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Spero vi sia piaciuta, recensite e insultatemi, quello che volete; fatemi sapere se è una cosa illeggibile oppure è decente insomma non lasciatemi in sospeso ;) Grazie per aver letto!
  
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