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Autore: LiberTea    07/07/2013    2 recensioni
Le quattro Case della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Ognuna ha delle caratteristiche che la contraddistinguono dalle altre, delle peculiarità che il Cappello Parlante saprà riconoscere in ognuno degli studenti che si sottoporrà al suo giudizio.
Ma non tutti i Tassorosso sono pazienti.
Non tutti i Corvonero sono saggi.
E la storica rivalità tra Grifondoro e Serpeverde può essere messa da parte.
Sette anni passati tra le mura di quel castello, sette anni per imparare non solo la magia, ma anche ad accettare e scoprire sè stessi, per conoscere l'amicizia e l'amore.
Ecco la storia di quell'anno ad Hogwarts.

***
[Spamano; Prungary; UsUk]
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 
Il binario 9 e ¾ era gremito di studenti, un mare di mantelli neri che si agitavano tra pile di bauli, avvolti nel fumo scuro della locomotiva che sostava sulle rotaie della stazione di Londra.
Lovino Vargas alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Odiava quel momento. Le gente che lo spingeva e gli pestava i piedi senza alcuno scrupolo, madri che si sbracciavano per salutare i propri pargoli in partenza –no, non importava affatto che questi fossero del settimo anno e non proprio dei novellini del primo-, carrelli di bagagli abbandonati a loro stessi che ingombravano il passaggio; per non parlare poi del baccano che c’era, tra i fischi del treno, le urla, e i dolcissimi suoni prodotti dai poveri gufi lasciati in gabbia.
Ecco, si sentiva proprio così Lovino in quel momento. Osservando i grandi occhi gialli di una civetta a pochi metri da lui, che si guardava attorno come a chiedersi chi diavolo glielo stesse facendo fare di starsene rinchiusa in mezzo a quel branco di decerebrati, avvertì un istinto che raramente provava nei confronti degli esseri umani: quello di avvicinarsi, accarezzarle la testolina e dirle quanto la capiva. Quando si rese però conto di quanto poco normale fosse quel pensiero, scosse il capo e decise che era evidentemente la stanchezza del lungo viaggio a farlo sragionare a quel modo.

«Fratellone, non sei contento? Rivedremo il nonno!»

La voce di Feliciano, suo fratello gemello, era davvero squillante in quel momento. I suoi occhi color nocciola vagavano veloci sulla folla attorno a loro, e il suo sorriso era più vispo che mai. Ecco, pensò lui, quella era la prova che nonostante avessero la stessa faccia lui e il fratello erano completamente agli antipodi.

«Sono sicuro che sarà molto felice di rivederti.», rispose in tono sarcastico.

Lo sguardo di Feliciano si posò allora su di lui, tutto l’entusiasmo di prima completamente svanito. Ora sembrava solo molto triste.
«Non dire così, Lovi. Il nonno vuole bene a tutti e due.»
Oh, certo. Peccato che preferisse suo fratello sin da quando erano venuti al mondo. Quelle rare volte in cui li andava a trovare, in Italia, non faceva altro che ricordare quanto fosse cresciuto Feliciano, quanto fosse diventato carino Feliciano, quale grande mago sarebbe diventato in futuro Feliciano. Poi, quando si ricordava che –oh, giusto!- Feliciano aveva anche un gemello sfigato, gli scompigliava i capelli con un mezzo sorriso e diceva qualcosa del tipo: “Anche Lovino avrà una grande carriera! Dopotutto, è un Vargas!”
Già, dopotutto. Nonostante sia taciturno, scontroso e buono a niente, in fondo nelle sue vene scorre il sangue di una così potente famiglia! Non può essere un perdente totale, no?
E invece sì. Da quella grande stirpe di Grifondoro ne era uscito un inutile Tassorosso. L’unica consolazione era che anche Feliciano era stato sorteggiato nella stessa Casa, e bisognava ammetterlo, la delusione di mamma e papà si era concentrata maggiormente sul figlio prediletto. Nessuno si era stupito più di tanto per lui, in fondo il suo destino era sempre stato chiaro ad amici e parenti.

«L’unico motivo per cui il nonno dovrebbe essere contento di rivedermi è che senza di me la squadra dei Tassorosso rimarrebbe senza un Cercatore. E diciamocelo, fare altre selezioni sarebbe una rottura.»

Quello era anche l’unica ragione per cui Lovino si sentiva fiero di sé stesso, almeno un po’. Era stato preso come Cercatore della squadra di Quidditch al suo secondo anno, e ora che stava per cominciare il quarto poteva ritenersi un giocatore davvero in gamba. Quando volava lassù, sfrecciando dietro al Boccino d’Oro, incitato dalle grida del pubblico, gli sembrava davvero di stare facendo qualcosa di buono nella sua vita.
Feliciano stava per ribattere, ma l’ennesimo fischio del treno lo fermò.

«Siamo in ritardo, dannazione! Diamoci una mossa, o non troveremo un posto a sedere nemmeno vendendoci la scopa!», esclamò Lovino prima di prendere il gemello per mano trascinandolo di peso dentro la locomotiva, come aveva fatto il primo anno quando Feli era scoppiato in lacrime e non voleva lasciare le braccia della mamma.

***

Come volevasi dimostrare, più di un vagone era già interamente occupato. I due fratelli percorsero il treno in tutta la sua lunghezza, evitando di venire colpiti in pieno da qualche petardo magico o di calpestare involontariamente una cioccorana sfuggita dalle mani dello sprovveduto proprietario, fino ad arrivare stanchi e speranzosi all’ultimo scompartimento.
Non appena aprirono la porta a vetri, notarono che era decisamente più tranquillo, se non completamente deserto.

«Vedi fratellone? Te l’avevo detto che i posti sono contati, e ci sono per tutti.», disse Feliciano sorridendo al gemello.

Questi si sistemò una ciocca di capelli castano scuri dietro l’orecchio. «Non dire stupidaggini. Sono storielle che raccontano ai novellini, in realtà c’è sempre qualcuno che passa tutto il tragitto in piedi.»

In effetti la questione rimaneva un mistero un po’ per tutti gli studenti di Hogwarts, ma nessuno ne era mai venuto a capo in quanto c’erano sempre i soliti scalmanati che non stavano seduti un momento per correre da questa a quella carrozza, quindi -anche volendo- fare la conta delle cuccette e degli studenti era una cosa impossibile. E poi, siamo sinceri, chi sarebbe stato tanto disperato da fare una cosa così stupida?
Prima che i due potessero procedere nell’esplorazione di quel vagone in apparenza vuoto, la porta alle loro spalle si aprì, ed entrarono due studenti che, seppur decisamente diversi, indossavano la medesima divisa dalle finiture blu e bronzee.
Il più piccolo aveva tratti orientali, un caschetto di capelli neri come il carbone e lo sguardo distante. L’altro, decisamente più alto e robusto, con i capelli biondi rigorosamente pettinati all’indietro, osservò i due ragazzi davanti a sé con un paio di occhi chiarissimi che si sgranarono appena quando si posarono su Feliciano.
Fu proprio la vista di questi che portò Lovino ad emettere un suono gutturale molto simile a un ringhio animalesco.

«Sei una maledizione, crucco.», sbuffò poi, guardandolo in cagnesco.

Il biondo, tuttavia, non lo sentì nemmeno.
Feliciano, infatti, non appena aveva realizzato chi aveva davanti si era gettato verso di loro con enfasi, trillando: «Lud, Kiku! Quanto mi siete mancati, ragazzi! Avete passato delle buone vacanze?»

Kiku, il ragazzo orientale, gli sorrise gentilmente. «Molto bene, grazie Feliciano-kun. Sentivo molto la mancanza del Giappone, ed è sempre bello tornarci di quando in quando.»

Fu il turno di Ludwig, o ‘Lud’ come ormai lo chiamava sempre Feliciano. Aveva anche altri soprannomi molto meno carini affibbiatigli dall’altro italiano, ma l’elenco era troppo lungo.
«Lo stesso vale per me. Sopportare Gilbert tutti i giorni non è stato proprio edificante, ma in fin dei conti non c’è poi tanta differenza a scuola. E dopotutto, la Germania rimane sempre casa nostra.»

Feliciano annuì, assorto dalle parole dei due amici Corvonero, e stava per intraprendere un lungo discorso riguardante le sue vacanze quando Lovino lo interruppe sul nascere, intuendo il fiume di parole che stava per uscire dalla bocca del gemello.

«Questo ritrovo è adorabile, dico sul serio, ma avrete tempo di scambiarvi queste interessantissime nozioni quando ci saremo seduti.»

Detto questo, l’italiano si voltò e iniziò a percorrere il vagone a passo di carica, deciso come non mai a trovare una dannatissima cuccetta libera.
Prima che potesse anche solo accorgersene, però, la porta di una di queste si aprì di scatto, e in men che non si dica il povero Tassorosso rovinò a terra, dopo essere entrato in collisione con qualcuno o qualcosa che era stato praticamente scaraventato fuori dal piccolo abitacolo.

«Lovi, stai bene?!». L’esclamazione di Feliciano gli fece riaprire lentamente gli occhi, nonostante fosse ancora piuttosto confuso da quello che era successo nel giro di così pochi istanti.

Con la testa che ancora gli girava, mise finalmente a fuoco la causa dell’accaduto. In piedi di fronte a lui, ancora appoggiato contro la parete del vagone, stava un ragazzo alto e ben piazzato, con i capelli color grano al momento piuttosto scompigliati e gli occhi azzurri nascosti dietro le lenti di un paio di occhiali da vista. Sul viso aveva un sorriso beffardo, e Lovino notò che in mano stringeva una bacchetta.
Il tipo gli era ben noto, ma in fondo a chi non lo era: Alfred F. Jones, quinto anno, americano fino al midollo, Battitore per la squadra dei Grifondoro, sbruffone, purosangue e belloccio quanto bastava per essere uno dei ragazzi più popolari di tutta Hogwarts.

«Jones, ma sei idiota?!»

Inutile dire che a Lovino il ragazzo non andava molto a genio.
Questi tuttavia non lo degnò nemmeno di uno sguardo, tutta la sua attenzione era concentrata sulla cuccetta dalla quale, pochi istanti più tardi, uscì un altro individuo tristemente noto a tutti i presenti.

«Queste sono domande retoriche, Vargas.», disse con tono ironico il nuovo arrivato, sistemandosi la divisa verde e argentata dei Serpeverde.

«Chiudi quella bocca, Kirkland.», ribattè Alfred senza però perdere la sua espressione beffarda.

Il Kirkland in questione, Arthur, era il figlio di mezzo di quella più che nota famiglia purosangue. Suo padre, così come suo fratello maggiore, lavoravano al Ministero della Magia e la loro intera stirpe aveva radici così antiche, un lignaggio così altolocato e una così profonda devozione verso la Casa dei Serpeverde che molti non escludevano la possibilità di una qualche discendenza diretta da Salazar in persona.
Fatto sta che i due non erano mai andati d’accordo. Si poteva benissimo dire che si considerassero nemici naturali, a giudicare dalla faida che li divideva sin dal loro primo anno a Hogwarts, e che li aveva spesso fatti finire in punizione quando la portata dei loro reciproci tiri mancini diventava decisamente troppo grave.

Gli occhi verdi di Arthur si strinsero a due fessure alle parole del Grifondoro, mentre sul suo viso si dipingeva un’espressione molto simile a quella dell’altro: «Costringimi, Jones.»

Fu un attimo, e Lovino si ritrovò nel bel mezzo di uno scontro a bacchette incrociate. Indietreggiò prontamente, esattamente nello stesso istante in cui Ludwig si fece invece avanti per fermarli.

«E’ vietato usare la magia all’infuori di Hogwarts! Dovreste saperlo ormai, siete al quinto anno, per la barba di Merlino!»

La voce del Corvonero era decisamente perentoria, e riuscì ad attirare l’attenzione dei due ragazzi.

«Ci si rivede, Beilschmidt.», disse Alfred.

«Rompiscatole come sempre, vedo.», aggiunse Arthur. Il fatto che completassero l’uno le frasi dell’altro non era certo una novità, ma se qualcuno osava farlo notare sottolineando così la loro somiglianza,  rischiava di ritrovarseli entrambi contro.

Il tedesco alzò gli occhi al cielo. «Fatemi il favore di mettere giù le bacchette. Non mi interessa la vostra malsana voglia di mettervi costantemente nei guai, ma ormai siamo coinvolti anche noi e non vorrei finissimo tutti quanti in punizione per colpa del vostro stupido orgoglio.»

I due si lanciarono un ultimo sguardo di sfida; poi, quasi in sincronia, abbassarono le bacchette e le riposero in tasca. L’atmosfera si fece immediatamente meno tesa.

«Una volta tanto ti sei reso utile, crucco.», mormorò Lovino rimettendosi in piedi, aiutato da Feliciano.

Ludwig si voltò per lanciargli un’occhiata in tralice: «Grazie del sostegno.»

Dopodichè la sua attenzione tornò a concentrarsi sui due rivali, che si stavano ancora lanciando occhiate tutt’altro che amichevoli, e li guardò con enorme rimprovero.

«Credo che me ne andrò, prima che Beilschmidt riesca davvero a farmi sentire in colpa.», esclamò Arthur avviandosi seccato verso l’uscita, seguito da Alfred.

«Non pensavo che fossi in grado di provare sentimenti umani come la colpa, Kirkland.»

«Tieni pronta la bacchetta, Jones, perché ti assicuro che non appena scendo da questo treno ti uccido.», ribattè il Serpeverde prima che la porta di vetro si richiudesse alle loro spalle.

Ci fu un attimo di silenzio nel vagone, che venne interrotto da Lovino.

«Quei due sono psicopatici.»

Ludwig sospirò, esasperato: «Già, è davvero strano odiare qualcuno senza una ragione apparente, mh?»

L’italiano colse la sottile ironia nelle parole del Corvonero, ma si astenne dal ribattere perché in fondo gli aveva appena salvato la vita. Quindi si meritava una tregua, almeno per un po’.

«A me fanno solo paura.», piagnucolò Feliciano, ancora atterrito.

Kiku si limitò ad abbassare il capo per mormorare: «Io più che altro non riesco a spiegarmi cosa ci facessero da soli in un vagone completamente vuoto.» Nessuno, comunque, parve fare caso alle sue parole.
Preso finalmente posto nella cuccetta, tutti si gettarono a sedere come reduci da un’impresa epica. Non era davvero possibile rischiare la vita in quel modo per dei sedili.

 
 
 
Angolino dell’Autrice:

Salve a tutti. Come promesso (e la suddetta promessa risale a mesi fa, e probabilmente anche quei pochi che mi avevano presa in parola ormai se ne saranno dimenticati) sono tornata con una nuova long. Sì, un Harry Potter!AU. Proprio io, che mi ero sempre detta che mai e poi mai avrei scritto fantasy e che mai e poi mai avrei scritto un cross-over. E invece, eccomi qui.
A parte queste note autobiografiche di cui giustamente non vi importa nulla, non ho molto altro da aggiungere. Il POV cambierà molto spesso nel corso della storia, ma farò in modo che si capisca di chi si sta effettivamente parlando. Per chi avesse letto l’altra mia long, saprà già che adoro cambiare punto di vista nel corso della narrazione, un po’ perché mi diverto e un po’ perché adoro complicarmi (e forse complicarvi?) la vita al massimo.
Infine, beh, ringrazio chiaramente le brave e care personcine che mi hanno assistito durante la stesura di questa cosa, la mia Cucchiaia, che si è dovuta subire i miei attacchi di dislessia tra manghi vari ed eventuali, e la Sil, la mia beta nuova di pacca nonché esperta di Harry Potter.
Detto questo mi dileguo. Ricordatevi sempre che un commentino non fa mai male a nessuno, e come al solito…
See ya soon, people! (ammetto che mi era mancato dirvelo)
  
   
 
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