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Autore: xCyanide    08/07/2013    5 recensioni
Frank Iero è un giovane di ventidue anni papà di una bambina di tre anni e mezzo. E' rimasto solo con la piccola e quando Pumpkin comincia ad andare all'asilo, Frankie farà amicizia con Mr. Way, il suo maestro.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I

Frank camminava verso quella che doveva essere la scuola della sua bambina. 
Ancora non ci credeva in realtà, di avere una figlia, nonostante Pumpkin avesse ormai tre anni. 
La guardò con un sorriso quasi fiero mentre stringeva forte la sua manina piccola e la indirizzava nella giusta direzione. I capelli lunghi, neri e riccioluti le cadevano sulla schiena come una cascata e ballonzolavano a destra e sinistra a ogni saltello felice che faceva la bambina.
-Ehi, Pum, stai calma – Frankie rise e la piccola lo guardò dal basso con i suoi enormi occhioni nocciola. 
-Gli altri bambini sono simpatici, papà? – gli chiese quasi spaventata e lui si convinse ad abbassarsi sulle ginocchia per poterla guardare in viso e a sorriderle incoraggiante.
-Saranno simpaticissimi e molto carini con te, okay? – le carezzò una guancia piena e pallida e lei annuì appena. –E se non lo sono, lo dici al tuo papà e lui li prende tutti a calci va bene?
Lei rise con la vocina squillante e gli saltò al collo, buttandogli i le braccia strette strette addosso. Frank ricambiò l’abbraccio sorridendo sornione e si decise a portarla sul suo petto per i restanti dieci metri che lo dividevano dall’entrata di quello che era stato per lui un incubo.
L’idea di lasciare Pumpkin in mano di perfetti sconosciuti gli faceva contorcere nel verso senso della parola le budella. 
Da quando era nata, l’aveva sempre tenuta con se. D’altronde Jennifer li aveva abbandonati un mese dopo la sua nascita.
Frank fece appena spallucce mentre Pum giocava con i suoi capelli rossicci che, nonostante fossero abbastanza corti, attiravano sempre la sua attenzione.
Cercava di non pensare spesso a Jennifer. Era stata la sua unica ragazza, era rimasta incinta e gli aveva promesso che sarebbero stati sempre insieme.
Lui aveva solo diciannove anni e quindi aveva creduto a tutto quello che gli era stato detto, ritrovandosi poi solo con una bimba di un mese appena da allattare in un appartamento veramente troppo piccolo per essere vero.
L’aveva vista crescere giorno per giorno, tra bestemmie dirette a Jennifer e parole dolci verso la sua piccola zucca.
L’aveva scelto lui il nome, gli piaceva davvero tantissimo. Erano dovuti crescere insieme, lui e la piccola, perché erano entrambi bimbi.
In realtà ancora non si era abituato al ritmo della sua vita e adesso avrebbe dovuto aggiungere alla lunga lista di cose da farsi andare bene il doversi alzare alle sette per portarla all’asilo.
Lavorava nel bar di suo zio cinque giorni a settimana, dalle dieci e mezzo della mattina fino alle quattro del pomeriggio.
Non era molto, lo sapeva, ma per uno abituato a passare la vita sul letto senza niente da fare, con una canna in mano e una birra nell’altra era davvero un lavoro assurdo.
La piccola gli tirò troppo una ciocca di capelli ma lui stette zitto, gemendo appena per il dolore.
-Ehi,dolcezza, siamo arrivati – sussurrò nell’orecchio di Pumpkin e lei alzò lo sguardo per osservare il grande portone dell’edificio. –Sei pronta ad entrare? – chiese in modo apprensivo, più a se stesso che alla bimba.
Lei annuì titubante e lui schiacciò il campanello che fece risuonare una piccola melodia all’interno. Sentì poi dei ticchettii e il portone che si apriva rivelando una piccola donnetta molto truccata, con una giacchetta di lana blu e una gonna dello stesso colore.
-Lei deve essere il signor Iero – cominciò, con la vocina nasale, tirandosi indietro una ciocca di capelli quasi bianchi per risistemarli in quella che avrebbe dovuto essere una cipolla. –La immaginavo più…
-…grande? – finì lui mordicchiandosi il piercing al labbro, in modo molto nervoso. –Lo so, me lo dicono in tanti – annuì per chiudere il discorso.
Non gli piaceva quando la gente gli faceva pesare i suoi giovani anni sulle spalle. La bambina non l’aveva voluta lui (anche se piano piano si era reso conto che era uno dei doni più grandi che avesse mai ricevuto) ma credeva anche che non ci fosse un’età precisa per diventare padre.
La donnina annuì e gli porse una mano rugosa per presentarsi. –Sono la signora Shepard, piacere.
Lui sistemò Pumpkin su un solo braccio e la tenne saldamente a se mentre porgeva a sua volta una mano tatuata alla donna, che lo guardò quasi schifata prima di girarsi, senza stringergliela.
Lui spalancò un attimo le labbra ma poi scosse la testa come per dirsi che non doveva importarsene.
-Può portare dentro la bambina e poi venga nel mio ufficio per le ultime scartoffie. La sua classe è la prima sul secondo corridoio a sinistra, Mr. Way la sta già aspettando – annunciò facendogli cenno di entrare, prima di scomparire in una delle stanze.
Sempre più sconvolto,Frank si mordicchiò le labbra tirandosi di nuovo il piercing.
-La gente è strana – sentenziò Pumpkin, con la voce quasi mortificata.
Frank fece appena spallucce e sospirò. –Pum, siamo noi quelli strani, non loro – sussurrò nel suo orecchio e lei rise appena. –Ma cos’è che ti dice sempre il papà? Che va bene essere così, no?
-Si – fu l’unico sussurro della piccola all’affermazione di Frank. 
Lui quindi si guardò intorno e visualizzò il secondo corridoio in successione facendosi forza da solo.
-Come credi sia il fantomatico Mr Way? – le chiese e la sentì corrucciare le labbra pensandoci.
-Peloso – disse la piccola. –Peloso e con i denti lunghi e sporchi di cose da mangiare. E magari con le unghie appuntite e… umh, una ciocca arancione di peli proprio sulla fronte.
-Sei fissata con quel colore, eh – sbuffò fintamente Frank e lei rise felice. Raggiunsero quella che doveva essere la porta della classe di Pumpkin, che si trovava nel mezzo di questo corridoio tutto colorato da disegni palesemente fatti da bimbi piccoli (anche se le capacità grafiche di Frank non erano sicuramente migliori) e il ragazzo storse la bocca a sentire tutte le urla degli altri alunni che magari stavano colorando con le dita e avrebbero sporcato la sua bambina.
La strinse istintivamente al petto e sospirò baciandole la guancia. –Devi scendere così posso bussare e vediamo di conoscere questo Mr Way,mh? Magari è davvero come dici tu – rise e la piccola fortificò la stretta attorno al suo collo.
-Non voglio che te ne vai – mormorò mettendo su quel labbruccio a cui Frank non sapeva di certo dire di no.
-Devo – sussurrò sforzandosi. –Ehi, stai crescendo e il tuo papà deve imparare a lasciarti andare e questo posto è l’inizio okay? Magari ti farai degli amici e li inviterai a casa nostra dopo che avremo finalmente traslocato, va bene?
Lei scosse la testa e prese un respiro profondo. –Ma a me piace quando siamo solo io e te – sussurrò.
Il cuore di Frank ebbe un piccolo balzo, perché insomma, sua figlia era la bambina migliore del mondo e sorrise sornione.
-Lo so, Pum, anche a me piace, ma è bello avere degli amici no? – la mise giù e rimase inginocchiato davanti a lei per sistemarle il vestitino arancione che le aveva comprato la settimana prima. –Pensa a zio Ray e zia Christa. O Bob. Loro sono nostri amici, no?
Pumpkin annuì appena e mosse il piedino avanti e indietro in modo imbarazzato.
-E poi sei la donnina più bella del mondo, sono sicuro che farai amicizia con un sacco di bambini – lei arrossì e lo strinse un’ultima volta prima di dargli il taciturno consenso a bussare alla porta.
Lui si rimise in posizione eretta e sbatté appena le nocche sulla porta si legno scuro. Sentì la voce di quello che doveva essere Mr Way che intimava ai piccoli con tono tenero di fare un attimo di silenzio perché la nuova bambina era arrivata.
Pum si attaccò al ginocchio magro di Frank quando avvertì la porta aprirsi lentamente.
Frank quasi non si aspettava davvero una specie di lupo mannaro tinto, ma quello che i ritrovò davanti era ben altro.
Un volto pallido a forma di cuore fece capolino da dietro il legno e si mostrò in tutta la morbidezza. Due smeraldi lo fissarono quasi sorpresi dalla sua giovinezza e poi si spostarono su Pumpkin che si nascondeva sempre di più addosso al povero quasi-morente Frankie.
-E tu devi essere la nuova piccolina che si aggrega alla ciurma – rise arricciando il nasino all’insù. La bambina lo guardò in imbarazzo e Mr Way guardò Frank.
-E’ timida – sussurrò con la voce debole il ragazzo, carezzando i ricci di Pum. –Ehi, dolcetto, perché non ti fai vedere dal tuo nuovo maestro?
-Sono sicuro che tu abbia un faccino bellissimo, sai? – annuì Way. –Perché non ti stacchi da questa gamba e vieni di là con me?
La bambina scosse violentemente la testa e Frank si mordicchiò le labbra tirando il piercing, e si decise ad abbassarsi di nuovo verso di lei per poterla guardare negli occhi.
-Ehi, ascoltami bene – sussurrò prendendole entrambe le mani. –Papà deve andare a lavorare, finisce alle quattro. Appena esco dal bar, prendo la Batmobile e volo qui da te va bene?
Vide gli smeraldi del maestro spalancarsi del tutto e lo guardò. –Pensavo che lei fosse il fratello.
Frank rise da tanta ingenuità e scosse la testa. –Nah, sono il suo papà. Sono abituato a non essere preso sul serio, stia tranquillo.
L’insegnante si rizzò in piedi e si spalmò le mani sui pantaloni per pulirle dalle tempere che stavano usando i bambini. –Mi scusi, non mi sono nemmeno presentato – disse frettolosamente e gli porse una mano dalle dita affusolate e pallide.
Frank scosse la testa e si alzò a sua volta per presentarsi. –Frank Iero, molto piacere – annuì.
Il maestro sorrise. –Gerard Way, piacere tutto mio.
-Nome strano – sentenziò la piccola e Frank rise imbarazzato.
-Detto da una che si chiama “Zucca” – la rimproverò e Gerard scosse la testa, come per dirgli di non preoccuparsi.
-Allora, Pumpkin, che ne dici se ti faccio conoscere gli altri pirati? – le domandò Gerard e poi le porse la mano che la piccola prese con felicità. Com’erano lunatici i bambini!
Frank quasi non gliela strappò via ma sospirò e cercò di calmarsi. –La vengo a prendere alle quattro e mezza – spiegò e Way gli sorrise.
-Quando vuole!
-Ciao, papà – lo salutò lei prima di sparire dietro la porta per andare a mischiarsi nel gruppo di scimmie urlatrici che erano quei bambini.
-Ciao dolcezza, ti amo! – esclamò ma probabilmente sua figlia non l’aveva minimamente sentito.

Si dedicò due minuti per riprendersi dall’aver lasciato la sua zucca dentro quella gabbia di matti e si appoggiò appena alla parete con le scapole, attento a non rovinare i disegni.
Da una parte era contento che Jennifer non fosse più lì, insomma, poteva avere Pumpkin tutta per se e poteva coccolarla quanto voleva ma una persona accanto avrebbe sicuramente aiutato molto in tutto.
Forse era il prezzo per tutti i giorni di nulla facenza che aveva passato o forse era solo sfiga, ma piano piano stava imparando che Pum era davvero speciale. E beh, l’amava da morire.
Aveva i suoi stessi occhioni nocciola, le sue stesse labbra rossicce ma purtroppo la carnagione l’aveva presa dalla mamma. Pallidissima e liscia. Era sicuro sarebbe stata la donna più bella del mondo una volta cresciuta, dato che era già splendida a soli tre anni e mezzo.
La stava facendo crescere con i suoi stessi gusti, la sera invece che raccontargli favole basate su principesse e unicorni, inventava storie diverse per raccontargli di Dracula o di vari altri mostri. Lei era entusiasta, gli piaceva da morire, batteva spesso le manine molto felice per quello che le veniva detto e aveva imparato ad amare quei racconti.
Ovviamente lui non li descriveva così sanguinolenti e schifosi come erano realmente. Li addolciva e ci metteva in mezzo sempre qualcosa di arancione, che era il colore preferito di Pumpkin.
Rise appena, rendendosi conto di quanto in realtà era fortunata ad averla e di quando Jennifer stesse perdendo a non essere rimasta con loro.
Con un piccolo sospiro, affondò le mani nelle tasche dei pantaloni neri attillati e si diresse verso l’ufficio della signora Shepard.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo,ma si tolse il giacchetto. Aveva caldo, non gli importava di far vedere che aveva dei tatuaggi. Pumpkin li aveva accettati, l’avrebbero fatto anche gli altri, senza problemi.
Piegò il cappotto e lo sistemò tra le sue braccia bussando appena alla porta dello studio, quasi con timore.
-Avanti! – esclamò scocciata la donnina e lui fece capolino nella stanza mordicchiandosi il piercing,come sempre quando era nervoso.
La donna lo squadrò per bene stavolta, quasi come a contare i tatuaggi che aveva sulla braccia.
Si sentì troppo preso in considerazione ma lei gli fece cenno di sedersi dalla parte opposta della scrivania, proprio davanti alla sua faccia da culo.
Lui annuì appena e si sistemò sulla poltrona che doveva essere di simil-pelle con uno sguardo quasi disgustato. Finta o no, la pelle era comunque un oltraggio alle forme di vita in generale.
-Vorrei farle qualche domanda per compilare i documenti per l’iscrizione signor Iero – cominciò quella che, si era fatto una piccola idea, doveva essere il preside.
-Dica pure – acconsentì cercando di sentirsi a suo agio.
E una marea di domande travolse Frank. Numero del telefono di casa, numero del suo cellulare, indirizzo, età e data di nascita di Pum, la sua data di nascita, il luogo di nascita, anche l’orario quasi.
Tutte domande a cui sapeva rispondere, sapeva a memoria tutto quello che riguardava Pumpkin perché non avrebbe mai potuto dimenticare quel caldissimo venticinque luglio in cui aveva preso per la prima volta in braccio sua figlia.
Il problema arrivò quando la donna alzò lo sguardo verso di lui e gli disse quello che non avrebbe mai voluto sentire.
-Ci serve la firma di entrambi i genitori per ammettere sua figlia.
Un colpo al cuore. Un fottutissimo colpo al cuore talmente tanto doloroso da fargli credere che avesse fatto anche rumore in qualche modo.
-La mamma di Pumpkin se n’è andata quando la piccola aveva un mese – fece spallucce. –L’ho cresciuta da solo, ma… ma se serve per forza la sua firma, farò in modo di ricontattarla. Deve solo darmi del tempo e…
-Fermo – disse seria la signora Shepard, vedendolo così in difficoltà. –Non importa, non è una cosa obbligatoria. L’importante è che lei sia maggiorenne e può firmare. E da quello che ho capito ha ventidue anni.
Frank annuì e sospirò appena sorridendole per la prima volta da quando l’aveva vista.
-La ringrazio – mormorò portandosi una mano tra quella specie di mohawk rossa che aveva in testa.
La donna fece un gesto con la mano, come per fargli capire che andava bene così e lui serrò le labbra.
-Io… tornerò per darle il nostro nuovo indirizzo. Mia mamma mi ha trovato un appartamento più vicino all’asilo e al posto in cui lavoro e quindi ci stiamo per trasferire.
La Shepard annuì e gli porse la mano per stringerla.
-Sa, quando l’ho vista stamattina ho pensato fosse il solito ragazzino diventato padre per sbaglio. Ora mi sono ricreduta. Lei ama davvero sua figlia, si vede – disse sinceramente. –Vorrei scusarmi per come l’ho trattata e dirle che è davvero una persona coraggiosa ad aver deciso di crescere da solo una bambina.
Per una delle prime volte in vita sua, Frankie si sentì davvero fiero di se stesso.

-Ehi Bob! – esclamò Ray dal bancone, per farsi sentire in cucina. –C’è Frankie, Bob!
Il riccioluto saltellò appena felice e gli andò contro per stringerlo forte al suo petto per salutarlo. Frank gemette appena per il dolore dovuto alla stretta ma cercò di ricambiare l’abbraccio con gioia, nonostante si sentisse veramente giù.
Bob, che era appena entrato nella sala principale dalla cucina del bar, se ne accorse e gli andò incontro per poggiargli una mano sulla spalla.
-Ehi, afro, fermo un attimo – lo ammonì e Ray si stoppò lasciando lentamente il corpo di Frankie, che aveva quasi le lacrime agli occhi.
I due ragazzi lo circondarono e il piccoletto sospirò triste facendo spallucce, come per dire che non voleva parlarne. Fece per dirigersi verso il bancone, per mettersi il grembiule, ma il biondo lo fermò stringendoli un braccio.
-Ora ci dici che hai – disse serio. –Ha a che fare con Pumpkin, vero?
Frank si andò a sedere a uno dei sgabelli davanti al bancone e sospirò di nuovo, annuendo. –E’ che sta crescendo così in fretta. Oggi non ho fatto nemmeno in tempo a salutarla che era entrata dentro quella stanza con quei bambini infettati con dei geni di scimmie urlatrici. Proprio come se non le servissi più. Insomma, il suo maestro l’ha presa per mano e sono entrati e… - prese un respiro profondo. –Non voglio che tenga più a lui che a me capite?
Ray scoppiò a ridere e lo strinse di nuovo a se dalle spalle. –E questi sono i problemi?! - esclamò. –Frankie, Pum sta crescendo con te, sei il suo unico genitore e non credo potrà mai arrivare a voler più bene ad un maestro. 
Bob annuì. –Già, Frank. Ha ragione lui, per una volta. Sei un papà fantastico, non le fai mancare niente a costo di non mangiare per una settimana, la ami da morire e ho visto come si comporta lei con te.
-Come… come si comporta?
-Frank, cazzo, apri gli occhi! – sbottò Ray. –Non ci sarà mai nessuno al mondo che ti vorrà bene come fa Pumpkin! Sta crescendo, si, ma ha ancora tre anni e mezzo, è una bambina e ha bisogno del suo papà. Quando avrà la tua età e probabilmente sarà un disastro umano come te potremmo dire che non le servi più.
Frank rise appena. –Anche io ci scherzo, ma non riesco proprio a capire la gente che si sente fallita quando ha un bambino ed è giovane. Insomma, io ho Pum, ho ventidue anni e lavoro in un cazzo di bar di merda. Eppure mi basta vederla sorridere che mi sento realizzato.
-Sei innamorato, fratello - Ray gli diede una pacca sulla spalla, ridendo.
-Già – sussurrò Frank. –Credo proprio di essere innamorato di mia figlia.
E cazzo se lo era.

Sbatté il piede a terra per parecchie volte, sbuffando mentre finiva la sua sigaretta. Gli altri genitori fuori nel cortile della scuola lo guardavano male.
Forse perché stava fumando o forse per quel tatuaggio che si vedeva sulle dita, quello con scritto “Halloween”.
Fece spallucce e si appoggiò allo sportello della sua macchina controllando continuamente l’ora. Quei quindici minuti sembravano non passare mai e lui non era mai stato così lontano dalla sua bimba.
Era un’agonia, la vita senza di lei era diventata davvero molto noiosa e sentiva come se gli mancasse materialmente qualcosa. Forse era il fatto che lei gli era sempre appiccicata, non lo sapeva davvero.
Si sporse dentro la sua vecchia macchina e prese le cuffie, per attaccarle l suo MP3 e mettere i Misfits a palla. Forse un po’ di musica avrebbe aiutato davvero.
Canticchiava la melodia di una delle sue canzoni preferite, mentre schiacciava ripetutamente il mozzicone della sigaretta sotto la suola delle vecchie vans mal ridotte.
Due genitori, due papà precisamente, stavano parlando di lui. Lo sentiva tra una canzone e l’altra, si chiedevano se fosse il fratello di uno dei bambini dell’asilo, come si domandavano tutti d’altronde. Da una parte gli scocciava come cosa, dall’altra pensava che quando Pumpkin avrebbe avuto vent’anni, lui sarebbe stato ancora un papà giovane.
Alla faccia di tutti i genitori decrepiti.
Approssimativamente alla metà della quarta canzone sentì la campanella suonare e si trattenne dal ballare di felicità, lì davanti a tutti. Si tolse velocemente le cuffie e ributtò l’MP3 in macchina dal finestrino, velocemente.
Avrebbe rivisto la sua piccola zucca e l’avrebbe potuta spupazzare come si deve.
Un marasma di bambini uscirono dal portone accompagnati dai rispettivi insegnanti. Osservava per bene ogni alunno, come per riconoscere la sua piccola. Voleva scorgerla e stringerla forte.
Quando Frank vide una matassa di capelli neri impicciati, riconobbe subito Mr Way. 
Vide subito dopo Pumpkin, per mano con il suo maestro, che lo indicava quasi in modo convulso.
Rise e si sbrigò a raggiungerla per prenderla in braccio di slancio e stringerla fortissimo al petto, sentendosi finalmente di nuovo completo. Lei rideva felice e lui quasi non pianse dalla felicità quando lei gli circondò il collo con le braccia pallide.
-Mi eri mancato – disse lei guardandolo con gli occhioni spalancati.
-Dolcezza, non immagini quanto tu sia mancata a me, okay? – gli altri genitori lo guardavano esterrefatti, come se un ragazzo così giovane non potesse provare tutto quell’affetto per sua figlia. Non era l’aspetto che decideva il comportamento di una persona.
La piccola continuava a ridere e lui le scoccò un bacio sulla guancia sorridendole. Poi si girò verso Mr Way, che li osservava con un piccolo accenno di sorriso sornione sul volto. –Com’è andata? – gli chiese e Way si avvicinò lentamente.
-Vorrei parlarle appena può – sussurrò per non farsi sentire dalla piccola che aveva ripreso a giocare con i capelli di Frankie. –Niente di preoccupante, vorrei solo chiederle alcune cose se non è un problema. Anche ora, lascia la piccola alla signorina Shepard, ci mettiamo pochissimo.
Il ragazzo annuì confuso e si tirò forte il piercing per il nervosismo, mentre Way gli faceva cenno di seguirlo. 
Passarono nell’ufficio del preside e Frank rifilò una scusa a Pumpkin per farla rimanere lì a colorare con la signora Shepard e poi si ritrovò in quella che doveva essere la classe di sua figlia.
Gerard rise appena mentre gli chiedeva di accomodarsi su una delle piccole sedie colorate ma Frank non era davvero in vena di risate così si limitò a sedersi senza dire niente.
-Volevo solo… chiederle delle cose riguardo la vita di Pumpkin – Mr Way congiunse le mani sul suo ventre e il ragazzo gli fece cenno di cominciare a parlare. –Oggi ho chiesto ai bambini di disegnare un personaggio di una favola o di una storia che conoscono e beh, sua figlia non ha avuto la stessa idea degli altri.
Frank aprì appena la bocca per controbattere ma venne interrotto.
-Le altre bambine hanno disegnato qualcosa di scontato, se non palese – spiegò. –Principesse, ranocchi, corone di diamanti. Mentre sua figlia ha disegnato una specie di lupo mannaro donna, con un vestito arancione – si sporse per prendere una pila di disegni e tirò fuori quello della piccola. –Guardi con i suoi occhi.
Frank prese il foglio e osservò il disegno della sua bambina. Non notava niente di strano, niente sangue, niente gente morta. Solo un lupo mannaro vestito.
-Facciamo spesso disegni di questo tipo – fece spallucce e restituì il foglio al maestro che aveva la bocca pressoché spalancata. –E’ la moglie del capo branco dei lupi mannari, la disegna sempre così.
-E’ davvero molto fantasiosa come cosa, signor Iero, ma deve capire che non è normale disegnare una cosa così per una bambina. Non c’è un tocco di femminilità, niente sentimento. 
-La signora lupo nel disegno ha la fede. Se una persona si sposa è innamorata, non è sentimento questo? – inclinò la testa confuso. 
Gerard sembrava davvero non capacitarsi di tanta ingenuità. –Glielo chiederò in modo schietto allora – sentenziò. –Pumpkin ha una figura femminile accanto?
Frank scosse la testa. –Mi chiedo perché tutti vogliano sapere cosa c’è di strano in noi. Sono soltanto un ragazzo padre che ama alla follia sua figlia e che vorrebbe tutto il meglio per lei. Non ho mai voluto raccontarle le favole convenzionali perché le avrebbero fottu… le avrebbero incasinato le idee e le avrebbero fatto credere che va tutto bene – sospirò. –Sua mamma ha abbandonato entrambi quando la piccola aveva un mese appena, ho dovuto fare tutto da solo. Mio nonno mi raccontava storie di guerra, invece che favole, non pensavo di rovinarle la vita facendo tramutare una principessa in un lupo mannaro. E’ pur sempre la regina di un regno, ha pur sempre degli antagonisti e degli aiutanti. Oppure mi sbaglio?
Gerard corrugò la fronte e osservò di nuovo il disegno annuendo appena. –Pensavo che le facesse vedere i film horror, sa, sembra il tipo.
-Sono il tipo da film horror, spesso mi piacerebbe fare una maratona di Saw che dura tutta la notte insieme ai miei amici ma poi mi ricordo che c’è Pum e che preferisco sdraiarmi a letto con lei e raccontarle una favola o cercare una scusa plausibile per spiegarle che sua mamma non è qui. Il fatto è che nemmeno io so perché se n’è andata, non saprei davvero che dirle e… preferisco farla addormentare prima che mi chieda troppe cose, mi capisce?
Mr. Way annuì di nuovo e si stropicciò gli occhi con le mani ancora sporche di tempera. –Posso solo darle un consiglio – sussurrò tanto che Frankie dovette avvicinarsi appena. –Le stia sempre vicino, non le faccia mancare niente. E magari le faccia vedere qualche film della Disney che va sempre bene.
-Perfetto, provvederò – fu l’unica cosa che disse Frank, prima di andare via.

La strinse al suo petto e le baciò la fronte mentre lei poggiava entrambe le manine sulle sue spalle.
-Papà? – lo chiamò, con la voce stanca. Avevano cenato e ora erano infagottati nelle coperte, nel letto a una piazza sola di Frank. Si, anche per quello dovevano traslocare, serviva a entrambi più spazio. 
-Si tesoro? – le chiese sistemandole per la quindicesima volta forse la coda di cavallo che le faceva per dormire.
-Domani posso stare tutto il tempo con te? – lo guardò poggiando per bene la guancia sul cuscino morbido e arancione che aveva scelto personalmente.
Lui semplicemente scosse la testa e le sorrise dispiaciuto. –Stai diventando grande, hai cominciato la scuola e dobbiamo passare un po’ di tempo separati purtroppo. Starai con i tuoi compagni, che dici?
Pum annuì poco convinta e sbadigliò. –Sono simpatici.
-Sono contento che ti piacciano – sussurrò il papà. –E che ne dici del signor Way?
-Non è un lupo mannaro – asserì lei. –E non ha nessuna ciocca arancione, non credo mi piaccia tanto.
-Ma ti ha detto qualcosa che non va?
-Non gli piaceva molto il mio disegno. Era bello. Te lo dico io, era bello papà.
-Ne sono sicuro, ma il signor Way si è solo sbalordito che tu non sia come le altre bambine della tua età, gli piaceva molto il disegno – la rassicurò. –Oggi mi ha chiesto di parlare solo per dirmi che sei l’artista più brava che abbia mai visto – mentì ma lei sorrise. –E sssh, è solo un nostro segreto okay?
-Giurin giurello – lei si fece una croce goffa all’altezza del cuore, solo che dalla parte destra, ma lui non si curò di correggerla. –Me la racconti una favola?
-Di cosa vuoi che ti parli stasera?
-Mostri… quelli che vivono nell’acqua – disse convinta.
-Tipo quelle specie di ranocchie enormi, con le squame viscide? – rise facendo finta di essere un mostro e lei si coprì il volto con le mani prima che lui potesse agguantarla e stringerla forte a se. –Mh, vediamo – ci pensò su mentre lei si sistemava sul suo petto, con il volto nascosto nell’incavo del suo collo. –C’era una volta, un mostriciattolo verde e appiccicoso che viveva in una laguna. Si chiamava…
-Papà, perché era verde? – gli domandò la piccola e Frank ci pensò su.
-Perché la laguna in cui viveva era mooolto sporca e a lui non piaceva lavarsi – annuì e sospirò appena giocherellando con una ciocca di capelli riccioluti della bambina. –Dicevo che questo mostriciattolo si chiamava Fronkie e andava sempre in giro da solo perché non era simpatico a nessuno. Era stato bandito dal suo vecchio regno, dove tutti vivevano felici e contenti, e si ritrovava a vivere in questa specie di laghetto melmoso – rise appena. –Un giorno però, un gruppo di cacciatori lo andarono a cercare per ucciderlo e lui non sapeva davvero dove nascondersi.
-Perché volevano ucciderlo?
-Perché era brutto – inventò. –Davvero tanto brutto e i cacciatori sostenevano che non avrebbe potuto vivere – si mordicchiò il labbro inferiore e prese un respiro per continuare. –Fortunatamente però, nella corsa, incontrò una piccola zucca di nome Pim, che lo invitò nella sua casa. Era la prima creatura che gli rivolgeva la parola in molto tempo e lui si sentì davvero lusingato nel ricevere così tante attenzioni – notò che Pumpkin stava chiudendo gli occhi, segno che la storia stava facendo effetto. –Per ringraziarla quindi, Fronkie decise di prepararle la merenda e la piccola zucca arancione mangiò con piacere. Diventarono molto amici, sai? Diventarono amici e cominciarono a passeggiare nella foresta per mano, nonostante gli altri mostriciattoli e animaletti li guardassero male. Presto, Pim si rese conto che Fronkie non era solo un amico, ma il suo migliore amico e si protessero a vicenda. Il mostriciattolo si prendeva cura di lei e lei ricambiava dandogli tutto il suo affetto. Erano davvero molto carini. E…
-Papà? – lo chiamò con voce assonnata, interrompendo la storia.
-Si amore mio? – sussurrò Frank con dolcezza.
-Il mostro sei tu e la zucca io, vero?
-Proprio così, dolcezza.
-Però tu non sei brutto – Frankie arrossì. Un complimento di Pumpkin per lui valeva più di tutti gli altri. –E non sai nemmeno prepararmi la merenda senza bruciare tutto.

Un mese preciso dopo, Frank stava sistemando i suoi ultimi vestiti nell’armadio con un sorriso soddisfatto. 
La nuova casa era carinissima, finalmente aveva un letto a due piazze, matrimoniale, e Pumpkin aveva una camera tutta per se. La cucina era piccola, ma bastava a entrambi e accanto c’era questo salottino minuscolo con un divano di seta davvero comodissimo.
Chiuse l’anta dell’armadio di legno scuro e si guardò intorno nella camera di un rosso cremisi molto particolare. Avrebbe dovuto ringraziare meglio Linda, era davvero perfetta per lui e Pumpkin.
Si stropicciò appena gli ho occhi per ripensare a tutte le cose che aveva nella credenza sull’angolo cottura. Avrebbe dovuto cucinare, ma non sapeva davvero cosa preparare.
Non sapeva cucinare, in realtà. Da quando la piccola aveva imparato a mangiare roba solida, aveva ringraziato il cielo le piacesse la pizza. Si arrangiava come poteva, a volte sua mamma gli dava una mano e altre volte comprava cibo da asporto.
Avrebbe voluto prepararle una cena degna di tale nome, magari comprare un tacchino e cucinarlo. Anche se era vegetariano, aveva deciso che non avrebbe costretto Pum a non mangiare la carne a meno che non l’avesse scelto lei.
Si appoggiò all’anta dell’armadio e si disse che avrebbe chiamato Linda per farsi portare qualcosa di buono ma il rumore di piccoli saltelli attirò la sua attenzione.
Alzò lo sguardo verso la porta e notò Pumpkin che zampettava fino a lui per stringergli forte un ginocchio con le braccia.
-Ehi – sussurrò con voce dolce mentre lei puntava i suoi occhioni su di lui. –Che c’è tesoro?
-Due domande – annunciò lei mostrandogli due dita e saltellando appena per raggiungere la sua “altezza”. Lui rise e si mordicchiò le labbra.
-Non ce la faccio a prenderti in braccio – disse dispiaciuto. –Ho faticato per portare i scatoloni qui, mi fa male la schiena – la piccola annuì e si girò come se niente fosse successo per saltellare sul letto matrimoniale di Frank e acciambellarsi nel mezzo.
Lui la raggiunse e si sedette vicino a lei con un sorriso sornione.
-Che volevi chiedermi? – le chiese sospirando appena.
-Umh – Pumpkin ci pensò su. –Posso dormire con te, stanotte?
Il ragazzo alzò un sopracciglio e la guardò confuso. –Hai la tua camera ora, se vuoi ti faccio compagnia finché non ti addormenti.
Lei sbruffò e lo guardò quasi male. –Ma io voglio dormire con te, come sempre.
-Ehi Pum, ascoltami – sussurrò serio. –Come ti ho già detto, stai diventando grande e quindi devi abituarti a starmi un po’ lontano, okay? E poi quello di dormire da sola è un passo importante, stai diventando una signorina. Papà non dormirà per sempre con te, capisci?
Lei annuì appena ma non cambiò espressione. –Ma rimani con me finché non dormo, vero?
-Si, promesso – le disse sinceramente e lei si tranquillizzò. –E poi domani è sabato, staremo insieme tutto il giorno perché non devi andare a scuola.
Lei si stiracchiò appena e sorrise sorniona. –E’ vero, ecco che ti dovevo chiedere! – esclamò. –Sono contenta.
-Di cosa? – Frankie era confuso. – Che staremo insieme tutto il giorno?
-Si – mormorò lei. –Ma dobbiamo andare dagli zii vero?
-Papà domani sera deve andare un attimo al bar perché c’è un gruppo che suona e deve controllare la situazione – le spiegò. –Per cui, siccome ci saranno zio Ray e zio Bob starai un attimo con loro nel retro del locale, ti porti i fogli da disegno va bene?
-Mi diverto con loro – Pumpkin gli sorrise dolcemente e Frank si sporse per lasciarle un piccolo bacio a stampo sulle labbra, come facevano spesso. –Papà, ma il gruppo che suona sarà come i Misfits?
Frank rise e si disse che si, Pum stava crescendo davvero benissimo.

xCyanide's Corner
Diciamo che questo è solo un piccolissimo sclero che ho scritto perchè avevo l'idea che mi balenava in testa da un po' di tempo. Frank mi piace come padre e mi ispira tantissima dolcezza, quindi questo è il frutto dei miei pensieri scemissimi.
Allora, saranno solo tre capitoli che pubblicherò una volta al mese. Saranno tutti belli lunghi, e sono felice di questo. Ovviamente fatemi sapere che ne pensate e ditemi se ci sono errori di battitura, l'ho riletto talmente tante volte che ha perso senso per me lol
Spero vi piaccia e vi diverta come mi sono divertita io a scriverlo!
Al prossimo capitolo,
un'affettuosa e volonterosa xCyanide

  
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