Era il 13 aprile, giorno del mio compleanno.
Avevo deciso di non fare una festa stravagante, solo una cena con i miei amici
per poi andare in discoteca.
Ero molto
impaziente per l’arrivo di Justin, anche perché non era potuto essere presente
alla mia festa.
Arrivò di lunedì
mattina e quando parcheggiò davanti casa mia stavo ancora dormendo, ma appena
sentii il motore della macchina mi svegliai e gli corsi incontro, anche se ero
in pigiama e con le pantofole ai piedi.
Mi abbracciò e mi
baciò poi mi disse: “hai fatto tardi ieri sera?”
“sì…si vede?”
“non molto, è
andato tutto bene?”
“sì sì, però se
c’eri tu…”
“lo so! Solo che
non potevo rimandare, mi dispiace tanto. Sarebbe piaciuto anche a me, davvero”
“dai entriamo”
Mi vestii, poi
gli chiesi: “senti…io volevo tatuarmi una frase di As long as you love me
sull’avambraccio e voglio che tu mi
accompagni…”
“adesso?”
“sì. ti può andar
bene?”
“beh, penso di sì.
Però sei sicura al 100 % ??”
“ sì, perché non
dovrei?”
Io feci
colazione, poi andai con Justin a farmi il tatuaggio.
Ero nervosa
perché sapevo che avrebbe fatto male, quindi per tutto il tempo strinsi la sua mano. “come va?” disse lui
“insomma…sono
stata meglio! Comunque posso resistere”
“ne sono sicuro!”
mi diede un bacio sulla guancia.
Noi stavamo
parlando in inglese, così la tatuatrice mi disse: “il tuo fidanzato è inglese?”
“no scherzi! È
canadese”
“capito… l’hai
scelto lontano!”
“eh sì, ma è da
quando ero piccola che volevo avere un fidanzato canadese o americano”
“wow! Da quanto
state insieme?”
“ormai sono un
paio d’anni”
“mamma mia! Ma
come fate? “
“sai, è difficile
perché stiamo lontani molto tempo, però quel poco che riusciamo a stare insieme
cerchiamo di renderlo il più bello possibile”
“ci credo! Ma
perché hai deciso di farti questo tatuaggio?”
“perché lui è un
cantante e questa è una frase di una sua canzone, è molto importante per me”
“siete molto
innamorati voi due, non è vero?”
“sì! Si vede?”
“abbastanza”
Quando ebbi
finito, mi guardai il tatuaggio e dissi: “wow! Ma è stupendo! Guarda Justin! Mi
piace tantissimo!”
“hai ragione è
veramente bello” rispose lui
Tornammo a casa
mia e trovai i miei genitori che stavano portando su il divano, infatti mi ero
trasferita da poco in un piccolo appartamento vicino casa dei miei e dovevo
ancora finire di arredarlo.
“dove siete stati
tutta la mattina?” chiese mia madre
“in giro…”
risposi io
“dai aiutateci
che manca ancora l’armadio”
“va bene”
Stavamo per
andare di sotto, quando mia madre mi disse: “aspetta un po’, vieni qui!”
“perché?”
“che hai fatto al
braccio? Fammi vedere!”
“ma niente…”
Mi prese il
braccio con violenza “e questo lo chiami
‘niente’?!”
“mamma è solo un
tatuaggio!”
“ma perché non mi
hai avvertita?”
“perché sapevo
che avresti detto di no, così ho fatto da sola”
“è lui che ti ha
accompagnato, vero?” indicò Justin.
“sì, ma che
c’entra?”
“beh, c’entra
eccome! Sono sicura che se lui ti avesse detto di no, tu non l’avresti fatto!”
“non è vero”
“andiamo, lo
sappiamo tutti che non muovi un dito senza di Justin! non devi vederlo mai più,
ti porta sulla cattiva strada”
“ non è vero! E poi anche se fosse? Ormai ho
la mia vita, sono maggiorenne! Faccio quello che voglio!”
“non rispondermi
così un’altra volta!”
“allora sai che
faccio? Vado via e non mi vedi più! Hai capito? Un’altra cosa…lui viene con
me!”
Andai via di
corsa, sbattei la porta, scesi le scale e andai in macchina.
Justin mi stava
seguendo e mi bussò sul finestrino. Lo feci salire e gli spiegai la situazione;
gli dissi:
” non ce la
faccio più! Voglio andarmene da qui, voglio venire via con te, voglio…”
Mi interruppe “
tesoro calmati, ragioniamo insieme” mi prese le mani tra le sue.
“NO. È da un po’
che ci penso, voglio farlo.”
“ma è una cosa
lunga, ci vuole del tempo per organizzarla, noi non lo abbiamo, parto tra tre
giorni”
“perfetto! Devo
solo preparare un po’ di cose”
“e i documenti?
Come la mettiamo?”
“ci arrangeremo”
“non si può!”
“allora che
aspetti? Aiutami ca***o!”
“come faccio?”
“non lo so! Devo
avere tutti i documenti in regola e tutte quelle robe lì entro tre giorni, però
mi sa che è impossibile…”
“se ti organizzi
e poi mi raggiungi quando è tutto pronto?”
“ora o mai più.
Finchè mi amerai potremmo morire di fame, potremmo essere senza casa, potremmo
essere senza soldi. L’hai detto tu. Vedrai, tutto andrà bene”
Mi abbracciò e lo
strinsi forte; in quel momento avevo bisogno di conforto, ma soprattutto, avevo
bisogno di lui.
Nei giorni
seguenti preparai tutto il necessario.
“non c’è bisogno
di portare tutta questa roba!” mi disse
“perché?”
“potrai prendere
quello che vuoi a Los Angeles…”
“dannazione
Justin! Ma non capisci? Sto per lasciare la mia famiglia, i miei amici, vengo
da te come una criminale, non ho i documenti in regola, faccio tutto di
nascosto, non è una vacanza! Ti prego lasciami da sola, devo riflettere. Ne
parliamo più tardi”
Justin rimase in
silenzio, mi diede un bacio sulla guancia, freddo, poi andò via.
Mi sedetti per
terra, accanto al letto e iniziai a pensare se davvero tutto questo ne valeva
la pena.
Forse me ne sarei
pentita appena arrivata, o forse no; non l’avrei mai saputo se non l’avessi
provato, quindi mi feci coraggio e decisi di andare fino in fondo.
Eravamo d’accordo
che sarebbe passato a prendermi alle 11 di sera; Il momento arrivò: prima di
dire addio a tutto, passai a casa dei miei genitori e lasciai loro una busta
nella cassetta della lettere. Dentro c’era una vecchia foto che risaliva al natale
passato; eravamo io, Justin e i miei genitori; io e Justin ci stavamo baciando.
La foto era strappata a metà e sulla parte raffigurante i miei genitori avevo
scritto:
‘ ciao mamma.
Quando leggerai
questo biglietto sarò già partita.
Penserai che sono
una stupida, che vi verrò a cercare solo quando le cose andranno male e cose
del genere; puoi odiarmi, sei libera di farlo, ma per favore non chiamarmi e
non cercarmi.
Starò bene, te lo
prometto.
Mi farò viva,
forse.
Ora devo andare
ma prima devo dirti un’ultima cosa: so che sembra strano, ma ti voglio bene.’
“quindi…vuoi
farlo davvero?” disse Justin
“sì. Davvero,
sono pronta. Andiamo”
Partimmo,
arrivammo a Roma alle 3 di notte e prendemmo il jet privato di Justin diretto a
Los Angeles.
Quando
arrivai a casa di Justin, andai subito a sistemare le mie cose, poi andai a
dormire.
Ero
distrutta, mi ci sarebbe voluto un po’ per abituarmi alla mia nuova vita.
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Ormai
era passato circa un mese dal mio trasferimento, era sera e stavo leggendo un
libro sul divano. Justin si sedette accanto a me, mi appoggiò gli occhiali
sulla testa e mi disse:
“hey
che fai, leggi?” mi diede un bacio a stampo
“mi
sembra ovvio. Tu?”
“sto
lavorando ad una nuova canzone”
“wow!
È serio allora”
“già.
Cosa vuoi per cena?”
“serata
cinese?”
“va
bene, chiamo il ristorante per il take-away” mi diede un bacio poi andò di
sopra.
Si
può dire che quel giorno rimasi sempre sul divano: restai lì il pomeriggio, a
cena e anche dopo cena, dovevo assolutamente vedere la mia serie tv preferita.
Quando
il film finì, mi sdraiai sul divano e appoggiai la testa sulle gambe di Justin.
“c’è
qualcosa che non va?” domandò lui
“
no, niente” mentii io
“non
è vero. A me puoi dire tutto, farò il possibile per aiutarti, quindi ti
rifaccio la domanda: cosa c’è che non va?”
Sospirai.
“ok…forse ho sbagliato a venire qui, ho fatto tutto in fretta senza ragionarci
sopra, non so se sia la cosa giusta”
“quindi
vorresti tornare a casa tua?”
“è
questo il punto: non so che cosa fare perché con te mi trovo benissimo, sono
contenta di stare qui, però vorrei anche vedere i miei genitori ogni tanto”
iniziai a piangere “solo che ho paura di telefonargli o…non so come reagiranno.
Che posso fare?”
Justin
mi abbracciò e cercò di consolarmi in tutti i modi “non ti preoccupare; io
penso che domani dovresti chiamarli e digli quello che devi dire, poi vedi come
va, no?”
Tirai
su col naso “va bene”
Decisi
di seguire il consiglio di Justin, così la mattina seguente telefonai ai miei
genitori.
Ero
molto nervosa, il cellulare squillava a vuoto e stavo per riattaccare quando
sentii mia madre rispondere dicendo: “sei tu?”
“ciao,
sono io”
“oh
santo cielo! Dove sei?”
Sospirai
“ a Calabasas “
“va
tutto bene?”
“alla
grande”
“perché
non mi hai più chiamata?”
“avevo
paura…”
“di
cosa?”
“di
come avresti reagito, se mi avresti mai perdonato per quello che ho fatto”
“certo
che ti perdono, sono sempre tua madre! Però dimmi una cosa…hai intenzione di
tornare?”
“non
credo, non per il momento. Sto facendo le pratiche per avere i documenti in
regola e poi andrò al corso per prendere la patente”
“quindi
non ti rivedrò mai più?”
“mi
farebbe piacere se qualche volta mi venissi a trovare, sai?”
“anche
a me”
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Era
mattina. Era passata una settimana da quando avevo telefonato a mia madre.
Ad
un certo punto suonò il campanello; “ma chi è a quest’ora?” dissi io
nascondendomi sotto il cuscino. “non ne ho la minima idea, vado ad aprire”
rispose Justin
Sentivo
che stava parlando con qualcuno ma non capivo chi fosse. all’inizio pensai ad
un suo amico, ma poi venne da me
dicendo: “perché non mi hai detto niente?”
“di
che parli?”
“c’è
tua madre di sotto” si sedette vicino a me
“
Cosa?! te lo giuro, io non sapevo niente” dissi sconvolta.
“però
gliel’hai detto tu dove abitiamo”
“sì
e le ho anche detto che poteva venire a trovarmi qualche volta, ma pensavo che
mi avvisasse”
“dai
va’ di sotto che ti aspetta” mi mise un braccio dietro il collo e mi diede un
bacio sulla guancia.
Prima di scendere le scale mi bloccai per un
attimo, poi feci un respiro profondo e scesi le scale. appena mia madre mi vide, mi corse incontro e
mi abbracciò.
“la
prossima volta chiama prima di venire!” le dissi
“volevo
farti una sorpresa”
“lo
so, ci sei riuscita benissimo”
“non
sai quanto mi sei mancata!”
“anche
tu” ci abbracciamo di nuovo
sopra
l’intimo avevo soltanto una canottiera, così mia madre mi disse: “vai in giro
per casa sempre vestita così o dovrei dire svestita?”
“adesso
è casa mia! Mi vesto come voglio e poi questo è il mio pigiama. E poi Justin
dorme senza maglietta”
“andiamo
bene! non c’è due senza tre, eh?” disse notando il mio nuovo tatuaggio
sull’avambraccio sinistro, era una gabbia da cui uscivano delle rondini
“l’ho
fatto appena arrivata. Per me rappresenta la libertà”
“capisco”
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Io
e Justin eravamo in cucina, quando ad un certo punto sentii la sua mano dietro
la schiena scivolare sempre più in basso; lo fermai bloccandogli il polso e gli
dissi: “Ma che stai facendo? C’è mia madre di là” indicai il divano.
“E
con questo? È casa mia, fino a prova contraria, avrò diritto a un po’ di
privacy!”
“Non
urlare! E comunque se ci vede con questi atteggiamenti inizia con la solita
storia che tu non vai bene per me, che sei cattivo etc…quindi regolati per
favore.”
Mi
gettò le braccia al collo e mi avvicinò a sé;
“ora
va meglio?” mi sussurrò. D’istinto appoggiai le mie mani sui suoi fianchi, così
mi disse: “e poi ero io quello che doveva regolarsi, eh?” rise, io mi sollevai
in punta di piedi e lo baciai.