Lo scoccare delle 17.00 di sabato 25 marzo 2011 è un momento come tanti per gli adolescenti della piccola città di Lima in Ohio. Un tredicenne mulatto si sta chiedendo se sia poi davvero una leggenda metropolitana che Micheal Jackson si sia schiarito la pelle e se sia davvero possibile farlo, un ragazzino di colore approfitta del fatto che è a casa da solo per provarsi di nascosto una gonna, un altro è stato appena sgridato dai genitori per l’ennesima inspiegabile F in matematica, una ragazza dagli occhi azzurri sta ascoltando la radio in cucina mentre la madre piuttosto in carne prepara da mangiare, una biondina ha deciso che da ora in poi sarà lei a fare la parte della stronza, un quattordicenne coi dread è disteso scalzo in cortile mentre legge la Bibbia.  Ma tutto questo, almeno per ora, è un’altra storia.




Quello che ci interessa in questo momento è un ragazzo appena più grande di nome Blaine che sta aspettando ansioso fuori dal Lima Bean. Da quando Kurt, il suo ragazzo (ancora non è abituato a considerarlo tale e il suo cuore prova una piacevole stretta ogni volta che se ne ricorda) ha cambiato di nuovo scuola per tornare dai suoi vecchi compagni è passata solo una settimana ma a lui sembra un’eternità. La Dalton (così si chiama il prestigiosissimo istituto che Blaine frequenta) senza di lui è diventato un posto più grigio e meno allegro. Certo ci sono sempre i Warblers (i componenti del glee club della Dalton, di cui Blaine è l’indiscusso solista da tempo immemorabile) a tirarlo su di morale e a coinvolgerlo nelle loro pazzie quotidiane (anche queste fanno parte di un’altra storia) ma senza quel vortice di orgoglio personale, di culto della moda che è il suo ragazzo qualcosa si è spento.

Forse è il fatto che Blaine si è reso conto che fra gli eleganti corridoi in marmo della Dalton non si può essere completamente se stessi o forse è l’idea che non ha più nessuno con cui esaltarsi per le copertine di Vanity Fair e a cui chiedere consiglio per comprare nuovi bowtie in internet, ma il fatto è che ora si sente solo. Le lunghe telefonate che si scambiano ogni sera ne sono una prova: le sue giornate scorrono normali una uguale all’altra senza niente di particolare da raccontare e per lo più si limita ad ascoltare i lunghissimi resoconti di Kurt che fra flash-mob improvvisati per impedire che la sua migliore amica si sottoponga a un’inutile rinoplastica, pentimenti tanto improvvisi quanto sospetti da parte di ex bulli e complicate coreografie su musiche di lady Gaga per mostrare che è bello essere se stessi non ha certo il tempo di annoiarsi come lui. E forse è questo che davvero lo spaventa. Quando ha conosciuto Kurt è stato come trovare la sua anima gemella (ancora si vergogna di averci messo così tanto a capirlo): entambi gay, entrambi vittime a scuola a causa del loro orientamento sessuale, entrambi appassionati di musica, moda e icone femminili. Non è un caso che fossero diventati inseparabili fin da subito, tanto da scatenare le risatine e i commenti sarcastici di Wes, Jeff e Nick (i suoi migliori amici fra i Warblers) e la reazione imprevista di Mercedes (la migliore amica di Kurt) che si era sentita messa da parte.

Con Kurt aveva riscoperto un lato di sé stesso che si era dimenticato, impegnato come era stato negli ultimi anni a non farsi notare troppo,  ad essere semplicemente uno membro del gruppo senza niente di particolare, e allo stesso tempo aveva trovato una persona che poteva capirlo davvero, con tutte le sue paure (gli incubi del Sadie Hawkins ogni tanto tornano ancora) e con tutte le sue speranze per il futuro. La cosa assurda è che quando se lo era trovato davanti piangente a causa dei bulli la prima volta aveva sentito il bisogno di proteggerlo, di essere per lui quell’amico che probabilmente non aveva mai avuto (Mercedes non gliene voglia); ma adesso che ha trovato il coraggio di tornare nella sua scuola è lui a temere di perderlo lentamente, di non essere più parte del suo mondo.

Per quanto ancora Kurt avrà bisogno di lui? La sua vita è di  nuovo perfetta al McKinley (così si chiama quell’orrido edificio a cui ha fatto ritorno) mentre quella di Blaine alla Dalton non è ormai che l’ombra di quella che vorrebbe avere. Vorrebbe essere come Kurt, senza il bisogno di doversi nascondere sotto una divisa, ma fiero di essere quello che è senza doversi vergognare per questo. Ma è troppo codardo e Kurt è troppo speciale per stare con uno come lui. Ben presto lo lascerà di nuovo solo.




All’improvviso però viene riscosso da una voce delicata che lo chiama, alza gli occhi e rimane incantato. Kurt è bellissimo, come al solito, anche mentre corre verso di lui un po’ spettinato e con la sciarpa che pende asimmetrica dal collo. Lo raggiunge in un minuto e lo avvolge in un abbraccio soffocante e lunghissimo. Mentre rimangono in piedi davanti al locale ancora incapaci di staccarsi godendosi questo momento tutto per loro a Kurt scappano tre parole. Tre semplici, bellissime parole che a Blaine tolgono il fiato per un attimo e gli fanno dimenticare tutte le sue paure. Ci sono momenti in cui un semplice “mi sei mancato” sussurrato all’orecchio dalla persona che ami è la cosa migliore da sentirsi dire. 

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Hi everybody! I'm back. Non ho mai affrontato una klaine week prima ma, come si dice, c'è una prima volta a tutto e ho deciso di buttarmi. Prometto che mi impegnerò seriamente a finirla. Ma se qualcuno volesse lasciare un commentino a questa schifezzuola, diciamo che non mi dispiacerebbe affatto...... Bacioni a tutti e a domani!!!!
Ps. Sono una pippa con l'editing. Abbiate pietà!!!!