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Autore: Rei Hino    08/07/2013    3 recensioni
Bill/Len/De. Non è un threesome (ma ci arriverò, già lo so!), è semplicemente una splendida amicizia durata decenni che ha accompagnato questi tre uomini nell'arco della loro vita. E De è stato testimone di tante cose, fino alla fine.
Piccolo omaggio all'immenso e meraviglioso 'Bones'.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Friends will be Friends
 
Star Trek era iniziato da appena qualche settimana, eppure DeForest si trovava stranamente bene su quel set, così differente da ciò a cui era abituato. Era contento che Gene gli avesse chiesto per l’ennesima volta di far parte di quel mondo, ed era felice di essere stato finalmente libero di accettare quell’offerta.
Più o meno tutti i colleghi già si conoscevano tra loro, avevano avuto modo di incontrarsi in quel piccolo mondo che era la televisione dell’epoca, stesso lui aveva già conosciuto, ed imparato ad apprezzare, Leonard Nimoy, con il quale aveva girato un altro telefilm qualche anno prima.
Il clima sul set di Star Trek variava molto, si passava dalla serenità, alla goliardia più sfrenata, alla serietà più nera quando qualcosa non andava come doveva, ovvero quasi sempre. Le condizioni di quel set erano precarie, la produzione era davvero a basso costo, molto più basso di come fosse abituato lui e il resto del cast, i produttori si lamentavano di continuo per quasi tutto e Gene era spesso nervoso a causa di questo.
DeForest Kelley aveva lavorato nei luoghi più disparati e in moltissime produzioni, ma, su tutti, il set di Star Trek presentava molti più problemi di quanto uno show dovrebbe, probabilmente per la sua natura, unica e particolare, certo girare una serie tv di fantascienza (con un budget risicato) comportava più guai che girare un western, ma alle volte De era quasi convinto che quei capannoni fossero maledetti in qualche modo.
 
Oltre i problemi tecnici ci si metteva anche il cast a complicare le cose, alle volte. Lui si trovava bene con tutti, non che avesse mai avuto problemi a legare con le persone, era di indole tranquilla e cordiale del resto, ma i suoi colleghi lo erano molto meno.
Leonard Nimoy era un grande professionista, lo scopriva ogni giorno un po’ di più, era un attore meraviglioso che quasi lo metteva in soggezione, forse era il suo sguardo, scuro e tagliente, forse il trucco, che di certo non aiutava a renderlo meno inquietante, forse era il fatto che Leonard Nimoy non uscisse quasi mai dal suo personaggio.
Leonard arrivava sul set e già era Spock, lo rimaneva durante tutte le pause, lo rimaneva durante il pranzo, usciva dai capannoni senza orecchie a punta ma rimaneva, irrimediabilmente, Spock.
Era un uomo abbastanza volubile e a prima vista poteva dare l’impressione che non sopportasse nessuno, beh anche alla seconda o terza vista, tanto meno la produzione sopportava lui e le sue continue richieste da diva, e gli scontri si susseguivano, a volte più acuti, a volte meno.
Era difficile rapportarsi a Leonard, almeno agli inizi.
William Shatner era il suo opposto, sempre ad una prima occhiata. Era un ragazzo solare e sorridente, amava gli scherzi, anche di pessimo gusto, amava blaterare in continuazione, indifferente del tutto ai quanti trovavano il suo atteggiamento fastidioso, De si trovava bene a scherzare con lui, era forse uno dei pochi a trovare le sue battute divertenti, ma anche Bill era spesso causa di problemi.
Bill Shatner era professionale, quando doveva, non aveva mai causato ritardi, ma Bill Shatner aveva un carattere particolare, con il quale era difficile, alle volte, chiudere un occhio.
Era lunatico, vanitoso, spesso permaloso, e che lo facesse a posta o meno, le sue manie di protagonismo ad ogni costo spesso lo infastidivano, ma se lui lasciava correre, James Doohan, altro formidabile collega –alquanto irascibile- non poteva di certo, e le liti tra i due non erano rare, e non smisero mai.
 
Ma tralasciando questi aspetti negativi, la vita sul set di quello strano show televisivo gli piaceva, era divertente e si sentiva quasi un pioniere del campo. Non aveva mai nascosto il fatto di trovarsi molto più a suo agio a fare il cowboy piuttosto che il medico dello spazio, ma era conscio di partecipare a qualcosa di nuovo, qualcosa di importante, in qualche modo.
 
Le settimane passarono, in breve tempo l’amicizia con i due colleghi più stretti si strinse, era un rapporto del tutto particolare, qualunque cosa fosse doveva essere qualcosa di estremamente evidente perché se ne accorsero tutti. Le dinamiche e l’affetto tra loro tre viaggiavano così liberamente dalla realtà alla finzione che gli sceneggiatori non esitarono nemmeno un attimo a inserire il dottor McCoy di De tra il duo protagonista ogni qual volta che potevano.
Si formò così, in fretta, spontaneamente e veramente, quella sorta di triumvirato indissolubile che li avrebbe accompagnati per decenni, destinato ad entrare nel mito.
 
A DeForest piaceva provare, uscire, cenare e passare del tempo insieme a quei due ragazzi, quei due assurdamente complicati ragazzi con le loro due problematiche vite, totalmente diversi, eppure incredibilmente simili.
Non si aspettava nemmeno lui quell’amicizia profonda con quei due, tanto meno si aspettava di essere testimone della loro particolare relazione.
 
Bill e Len vivevano un periodo di sbando totale all’epoca, quando li conobbe, entrambi portavano sulle spalle il peso dei propri fallimenti, o di quelli che consideravano tali, in ogni campo. Nel campo lavorativo, nel campo famigliare, fallimento come figli, come mariti e come genitori.
Ognuno dei due combatteva i propri fantasmi e nascondeva ogni delusione e dolore nel profondo, dietro una maschera di facile ironia o di glaciale serietà, chi li affogava in qualche bicchiere di troppo, chi in un qualche caldo letto disponibile.
Ma era tutto lì, davanti ai suoi occhi, davanti agli occhi di chiunque avesse voluto vedere.
 
Tutto era lì, ed era stato fin troppo facile per lui accorgersi di quell’ulteriore connessione tra i due giovani.
Era stato facile vedere come fosse nato quel legame unico, era stato facile accorgersene prima che se ne accorgessero loro due. Era chiaro quanto Bill e Len sentissero, istintivamente, la propria somiglianza all’altro e la propria differenza, la propria completezza, l’uno nell’altro. Perché quei due si completavano, per molti versi.
Bill e Len erano più sereni quando erano vicini, quando passavano del tempo insieme, che se ne accorgessero o meno era palese e divenne palese anche attraverso la telecamera.
 
William Shatner flirtava con tutti, con tutto ciò che respirasse in realtà, si divertivano anche in quel modo, flirtava anche con lui e De rispondeva, o cominciava, preso dal gioco, ma con Leonard, Bill era diverso.
DeForest Kelley aveva lavorato in teatro per anni, era stato nell’esercito, aveva lavorato nel cinema, nonché in molteplici produzioni televisive, perciò la cosa non lo stupì mai veramente, aveva visto davvero di tutto da quando aveva lasciato Atlanta. Forse non lo stupì solamente perché gli parve, semplicemente, naturale.
 
I mesi passarono e il suo sguardo azzurro imparava a catturare sempre nuovi dettagli, uno sfioramento casuale, un sorriso lieve, un leggero rossore delle gote, una sigaretta o un bicchiere scambiato, semplici gesti che divennero col tempo un tocco ricercato, un’occhiata furtiva, una risata complice, un bisogno di vicinanza.
E i due ragazzi litigavano, tra loro, eccome se litigavano, ma non smettevano mai di cercarsi, non potevano fare a meno di cercarsi l’un l’altro, anche inconsciamente.
 
De conosceva quei gesti, conosceva benissimo quegli sguardi, quei comportamenti, quelle espressioni, perché li rivedeva in se stesso quando era con Carolyn. Perciò De capiva, comprendeva perfettamente quel bisogno che i due amici avevano dell’altro, in barba al mondo intero, perché lo provava lui stesso, da tanto tempo, per sua moglie.
De sapeva cosa significasse essere la metà di una cosa sola e De credeva nel destino, o nell’anima gemella, o in qualunque modo la si voglia chiamare, perché lui l’aveva trovata.
Per tutto questo non aveva mai battuto ciglio, per tutto questo aveva sempre, silenziosamente o meno, cercato di stargli vicino, e per tutto questo era sempre stato un po’ triste per loro, per il loro rapporto combattuto, dall’interno e dall’esterno, per molteplici ovvie ragioni, e non ne aveva mai fatto mistero.
Un giorno non era riuscito a trattenere una battuta su di loro, probabilmente anche di cattivo gusto e Bill si era quasi illuminato. De aveva seriamente temuto che Leonard gli potesse spaccare la faccia in quel momento, ma probabilmente ne sarebbe valsa la pena, gli piaceva il sorriso sereno di Bill, specie in quel periodo, quando era sempre più raro vederlo.
E aveva perciò continuato a scherzare, sempre, per decenni e decenni, parlando senza mai dire niente, dichiarando di sapere tutto, senza mai dirlo, godendo della tacita fiducia dei suoi due amici, spartendo con loro quella realtà segreta, l’unico al mondo ad avere tale permesso... beh, tralasciando ogni ipotesi o fantasia di altre persone…
 
Una volta sola li aveva visti, ‘colti sul fatto’ come si suol dire, fuori dal più recondito magazzino degli studios, con mani che cingevano schiene e visi, con i profili sorridenti che si sfioravano, intenti in quelle che erano, chiaramente, le ultime effusioni dopo un incontro romantico.
Erano di solito sempre molto attenti, non che chiudersi a chiave in camerino ad ogni pausa fosse meno esplicito, o che non bastassero già i loro sguardi a far trapelare tutto, ma non erano soliti esporsi più di così e non potevano del resto guardarsi in nessun altro modo.
De aveva sorriso, istintivamente, tra sé, e non se n’era nemmeno accorto.
 
Gli anni passarono veloci, troppo veloci, e li vide superare molte cose, li vide vivere alti e bassi, cercando di far combaciare le loro doppie vite, nonostante tutto, e li vide sempre insieme, in un modo o nell’altro non si separarono mai.
 
Vide crescere quel legame fino alla fine, fino a dove poté vedere, fino a quando il suo tempo gli concesse di vedere.
Probabilmente era qualcosa che all’infuori di loro tre nessuno avrebbe potuto capire, quel legame non era qualcosa che si poteva spiegare a parole, si poteva solo viverlo per sperare di comprenderlo fino in fondo e fu forse anche questo che contribuì a rafforzare la loro amicizia, nel corso degli anni.
 
Fu dopo le riprese del sesto film di Star Trek, alla fine ultima del loro viaggio nello spazio, quando rimasero solo loro tre, a brindare in quella plancia che non gli sarebbe più appartenuta, che De divenne pienamente partecipe di quel loro mondo privato, quando Leonard, con noncuranza, prese la mano di Bill, il suo collega, il suo… compagno, davanti a lui, continuando a parlare, con tranquillità.
Billy sorrise, cercando di non dare importanza a quel piccolo grande gesto, lui stesso sorrise, sentendosi invitato, apertamente, in quel loro mondo e fu un momento che non scordò mai, che nessuno dei tre scordò mai.
Un gesto incredibilmente semplice, per quanto forse difficile, che gli rimase nel cuore.
 
Quella sera finì un grande viaggio, dopo venticinque anni, e ci fu malinconia, ci fu per tutte le riprese, ci fu ancora di più quella sera, era inevitabile ed era giusto così.
Brindarono allo show, brindarono all’Enterprise, salutando una vecchia amica, brindarono a loro stessi, rivangarono tutti i ricordi che gli vennero in mente, parlarono di progetti futuri e brindarono a Gene e alla sua vita, al suo lavoro e al suo sogno.
Sogno che aveva fatto tanto per tante persone, in tutto il mondo, diventando qualcosa di molto più grande e importante di quanto lui stesso avesse mai osato anche solo sperare, e per nessuno di questi aveva fatto tanto come per loro tre.
Star Trek gli aveva dato tutto, oltre la fama, il successo e il denaro, Star Trek gli aveva dato quell’amicizia, quell’unione.
 
Un vincolo che li avrebbe sempre accompagnati, qualsiasi cosa avessero fatto.
Un affetto che seguì DeForest Kelley per sempre, fino alla fine.
 
§§§
 
“Let's make just one more Star Trek movie! I sure miss making those movies!”*
 
§§§
 
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*Ultime parole di De a Bill, al suo capezzale.

E ora vado a piangere nell'angolino...
   
 
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