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Autore: I just wanna_    09/07/2013    1 recensioni
Song-fic ispirata all'omonima canzone dei My Chemical Romance.
Genere: Drammatico, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La prese per mano, correndo e cercando di tenerla vicina a sé.
Attraversarono gli ampi saloni del centro commerciale. Passarono di corsa di fronte a quelle fontane che continuavano a funzionare nonostante tutto, piene di penny e di desideri irrealizzati. Correvano di fronte a vetrine rotte e impolverate che conservavano ancora le scritte un po’ ingiallite dei saldi che stavano per terminare, nonostante tutto.
Salirono le scale mobili, ferme da mesi ormai, e raggiunsero il piano superiore.
Lui, completamente ricoperto di sangue, era armato di fucile mentre lei, che gli stava alle spalle per difenderlo, aveva un’accetta.
Imbracciò il fucile e prese la mira, mentre le braccia della ragazza si alzavano al cielo.
Mentre lui premeva il grilletto, l’ascia calò con un rumore secco.
I cadaveri che si trovavano di fronte alla coppia caddero a terra definitivamente.
Ma ne arrivavano altri e loro dovevano difendersi.
Continuarono a ripetere quelle azioni, che ormai erano diventate meccaniche. Non dovevano lasciarsi prendere di sorpresa, però. Non dovevano lasciarsi bloccare dal fatto che probabilmente quelli che avevano davanti, prima che tutto avesse inizio, potessero avere una famiglia, che fossero delle persone, non mostri, o dal fatto che spesso, le persone che li aggredivano erano loro conoscenti.
La luce del giorno filtrava dalle finestre che erano state sfondate e calava sui corpi sudati dei due ragazzi che stavano lottando contro quella massa putrescente di esseri affamati di sangue e morte.
Qualche minuto dopo si erano liberati del gruppo che li circondava.
Lui la prese di nuovo per mano, ricominciando a correre e cercando un posto in cui nascondersi per sfuggire agli altri che stavano per arrivare.
Corsero fino ad arrivare dall’altra parte del piano. Passarono di fronte alle scale antincendio e si fermarono poco più avanti.
‘Hai sentito anche tu?’ chiese il ragazzo.
‘No…nono ho sentito nulla.’ rispose lei.
Lui annuì, fece qualche passo e poi si fermò di nuovo. Si voltò verso la ragazza.
‘Sei sicura? L’ho sentito di nuovo.’ disse.
‘Andiamo a controllare?’ chiese lei, stringendo il manico dell’ascia tra le mani insanguinate, sporcando ancora di più il vestito ormai logoro.
‘Vado io.’ rispose, categorico.
‘Cosa? No. Andiamo insieme.’ si oppose lei.
Calò il silenzio. Lui la guardò intensamente, pregandola con gli occhi di lasciar perdere, ma lei lo fissava altrettanto intensamente, facendogli capire che non doveva nemmeno avvicinarsi a quella porta se non con lei al suo fianco.
Lui abbassò lo sguardo, fissando gli scarponcini consumati e sporchi. Sempre a testa bassa guardò il fucile che teneva tra le mani e che gli sfiorava la gamba.
Ci fu un rumore più forte, che proveniva dalla porta antincendio, e i lamenti si propagarono nella piccola anticamera  che divideva le scale dal corridoio del centro commerciale.
Lui la scansò con una spinta.
‘Resta qui.’ le intimò, puntandole un dito addosso e imbracciando il fucile.
Lei rimase ferma nel corridoio per qualche secondo che le sembrò un’eternità. Poi lo sentì gridare e corse verso la porta, brandendo l’ascia.
La calò di fronte alla porta, aspettandosi qualcuno di quei mostri saltarle addosso per staccarle la carne a morsi, come era successo ad altre persone.
Colpì il vuoto.
Rialzò le braccia istantaneamente e si piazzò di fronte alla porta, pronta a colpire.
Il ragazzo si voltò di scatto e la vide, gridò di nuovo, rimproverandola e avvicinandosi a lei.
Arretrò di qualche passo, continuando a sparare e ricaricare, mentre lei iniziò ad analizzare il suo corpo in cerca di ferite.
‘Che diavolo ci fai qui? Ti avevo detto di aspettarmi!’ sibilò a denti stretti, guardando prima lei e dopo l’orda di mostri che gli si era parata davanti sfondando la porta.
‘Io non ti lascio.’ rispose lei, calando l’ascia sulla testa di un operaio che aveva cercato di colpirla ‘E poi stavi gridando.’ aggiunse, scansando il cadavere.
‘E allora?’ disse lui, per tutta risposta.
‘Potevano averti ferito!’ esclamò lei, stupita.
‘Era un grido di sorpresa.’ disse, giustificandosi distrattamente, mentre sparava alla testa di altri zombie.
‘Ma che stai-’ iniziò lei, ma lui la interruppe ‘Dobbiamo chiudere questa porta.’ disse, poi aggiunse, dopo qualche secondo ‘Indietreggiamo lentamente… tu esci, mentre io li tengo d’occhio,  e poi chiudiamo la porta  e cerchiamo di bloccarla più in fretta possibile. Ok?’
Lei rimase a fissarlo qualche istante, poi annuì.
Seguì le sue istruzioni passo per passo, senza problemi. Strinse il maniglione antipanico della porta e la spinse, facendola girare sui cardini.
‘Forza. Muoviti!’ esclamò.
Lui indietreggiò in fretta, abbassando il fucile e afferrando la porta che gli si stava chiudendo alle spalle.
Passò attraverso lo stretto spazio rimasto, mentre lei chiudeva l’altra parte della porta.
Lui si tirò indietro, mentre lei cercava il gancio per bloccarla. Le sue mani correvano su e giù contro la porta, mentre cercava di tenerla bloccata resistendo alla spinta di quei mostri, che continuavano a graffiare la porta dall’altro lato.
Lui le si avvicinò subito dopo, aiutandola. Lei gli sorrise e allentò un po’ la spinta.
Approfittò del fatto che lui fosse arrivato per aiutarla e cercò di raggiungere l’accetta che aveva poggiato sul pavimento con il piede, per avvicinarla a sé. Ma fece un grave errore, allentando la forza che esercitava sulla porta.
Bastarono un paio di secondi: delle braccia attraversarono la stretta apertura, facendo cadere ai piedi dei due brandelli di pelle e gocce di sangue e altri liquidi, mentre con le unghie cercavano di colpirli e di afferrarli.
Iniziarono a spingere, per aprire la porta, mentre i due cercavano di richiuderla.
Mentre lei era voltata verso l’arma sul pavimento una di quelle putride mani l’afferrò per il braccio e la trascinò a sé, la parte della porta di fronte alla quale si trovava la ragazza si aprì completamente e altre mani la raggiunsero, cercando di trascinarla dall’altro lato.
Lui fissava la scena immobile. Non sapeva che fare. Se avesse lasciato andare la porta gli zombie avrebbero invaso il corridoio e sarebbe stato impossibile per lui fare qualcosa, ma non poteva fare niente nemmeno da lì.
Cercò di bloccare la porta mentre lei continuava a dimenarsi cercando di sfuggire a quella morsa. I loro sguardi s’incrociarono per un attimo. Quello di lei pieno di panico. Quello di lui completamente confuso.
Lei riprese a scuotersi e a spingere per allontanarsi dalla porta, ormai stava praticamente strisciando sul pavimento, completamente sporca di sangue, con le spalle che sanguinavano a causa dei graffi.
Riuscì a staccare un braccio a quella morsa, facendo perno contro lo stipite per liberare l’altro. Lui intanto era riuscito a bloccare la porta.
Lei iniziò a indietreggiare strisciando sul pavimento cercando di raggiungere l’accetta. Mentre lui prendeva la mira col fucile.
Colpì alcune delle braccia che continuavano a farsi largo in quello stretto spazio e poi con un balzo passò accanto alla ragazza.
Le porse una mano e lei si alzò, sorridendo anche se aveva le lacrime agli occhi a causa dello spavento.
Lui si avvicinò per stringerla e poi si diresse verso l’altro lato della porta per chiuderlo. Lei gli stava vicino.
Appena afferrò la maniglia della parte restante di porta la sentì gridare. Si voltò di scatto e la vide colpire verso il basso con l’ascia. Seguì il movimento dell’arma e si accorse che aveva appena fracassato la testa di uno di quegli zombie.
Tornò a guardarla. Aveva ricominciato a piangere, disperatamente stavolta.
Lui abbassò nuovamente lo sguardo e vide la sua caviglia che sanguinava copiosamente. Erano entrambi sotto shock. Non poteva essere successo. Non poteva essere successo a lei. Non doveva succedere a lei. Non era nei piani. Loro dovevano salvarsi e restare insieme. Per sempre. No?
Rimase a fissare il sangue che continuava a gocciolare sul pavimento, sporcando le calze e le scarpe della ragazza, mentre le mani ripresero a frugare più in fretta bramose di quel sangue e di quella carne.
Fu come se il movimento di quelle mani lo risvegliasse da un sogno. Anzi, da un incubo.
Mentre lei era ancora immobile e in lacrime al centro del corridoio, lui iniziò a sparare a tutto quello che osava attraversare quello stretto varco e, dopo averli allontanati dalla porta, la chiuse assicurandosi che fosse bloccata.
Si fermò di fronte a lei, guardandola negli occhi arrossati e prendendola dalle spalle per stringerla a sé.
‘Stai tranquilla.’ la strinse più forte. Voleva stringerla stretta. Per difenderla da tutto e da tutti… ma sapeva benissimo che non sarebbe servito stringerla per difenderla, perché ormai aveva fallito.
‘Sto per morire.’ disse lei, semplicemente, con un filo di voce.
Lui si staccò da lei, per poterla guardare di nuovo negli occhi umidi.
‘Tu non stai per morire.’ le passò una mano tra i capelli ‘Non ti succ-’ lei abbassò lo sguardo.
‘Non dire stupidaggini. Sappiamo tutt’e due cosa sta per succedere.’ rimase in silenzio ancora qualche attimo ‘L’abbiamo visto accadere un sacco di volte.’
‘Non ti succederà niente. Non succederà niente. Sei al sicuro.’ la strinse di nuovo.
‘Rassegnati.’
‘No…’ disse lui, mentre affondava la testa nelle spalle di lei, stringendola fino a farla soffocare. Stava piangendo.
‘Ei…’ lo richiamò lei ‘Andiamo da qualche parte. Non voglio morire in un corridoio.’ sorrise, mentre continuava a piangere.
Le fasciò la ferita strappando un pezzo del suo vestito e poi la prese in braccio portandola nel loro posto, un piccolo bar del secondo piano che a lei piaceva tanto.
Ci andavano sempre prima che tutto cominciasse e quel posto aveva continuato a piacerle anche dopo. Era il loro nascondiglio da quando avevano deciso di occupare il centro commerciale con  tutte quelle altre persone, che adesso…non c‘erano più.
Avevano sistemato una branda, all’interno dell’ufficio di quello che doveva essere il principale o qualcos’altro che a loro ormai non importava.
La poggiò sul materasso vecchio, e si sdraiò accanto a lei.
Le carezzò di nuovo i capelli.
‘Pensi che farà male?’ chiese lei a un certo punto.
‘Non lo so…’ disse lui, deglutì ‘Non chiedermelo più. Ti prego.’
‘Non preoccuparti. Ce la farai anche senza di me.’
‘Non dirlo più. Ti prego.’
‘Voglio che tu riesca ad uscire di qui. A farti trovare. A farti salvare. Devi farcela.’ il suo respiro iniziava a farsi pesante.
‘Devi farcela anche senza di me. Anzi, sai che ti dico? Devi farcela per me.’ ormai erano rantoli.
‘Non posso…’ sussurrò lui.
‘Puoi farcela.’ stavolta aveva risposto dopo alcuni attimi di silenzio. Non ce la faceva più.
Lui raccolse il coraggio e alzò di nuovo lo sguardo, ma se ne pentì.
Le sue labbra erano screpolate e spaccate, sanguinavano e i suoi occhi erano rossi. Le sanguinava anche il naso.
Iniziò a tossire, macchiando tutto ciò che aveva attorno di piccoli schizzi di sangue.
Lui iniziò a piangere. Si avvicinò lentamente. Le diede un ultimo bacio sulle labbra e ne seguirono altri, sulla fronte.
Lei si rannicchiò sul suo petto. Sentiva il sangue caldo sporcargli la maglietta, ma poco gli importava.
‘Non voglio perderti.’ disse lui, stringendola ancora un po’. Aveva sinceramente paura che si potesse rompere, spezzare, che si sgretolasse tra le sue dita e scomparisse, senza nemmeno poterle dare un addio decente. La voleva con lui per tutto il tempo necessario. L’avrebbe voluta a fianco per sempre…ma non sarebbe andata come secondo i piani.
La sentì tossire ancora.
‘Puoi mettermi seduta?’ gli chiese, sforzandosi assurdamente per far uscire quel sottile sussurro.
Lui la accontentò, facendo attenzione. La sua pelle sembrava di cartapesta. Vecchia, ingiallita e strappata cartapesta. Era trasparente. Avrebbe potuto percorrere con le dita il tragitto che le sue vene facevano partendo dal cuore con assoluta precisione.
Lei abbandonò la testa all’indietro, facendola penzolare qualche attimo, per poi poggiarla al muro.
Per un momento lui ebbe paura che la testa le si potesse staccare dal collo rotolando via, ma scacciò quel pensiero.
‘Voglio che tu vada via.’ disse. Le pause tra una parola e l’altra erano infinite.
‘No.’ disse lui, categorico.
‘Non voglio che tu mi veda così.’ aprì gli occhi, stancamente.
‘Non ti lascio. Io non ti lascio.’ le prese una mano.
‘Fa come vuoi…’ lui rimase a guardarla.
Si sedette anche lui, poggiando la testa al muro.
Lanciò uno sguardo al fucile, che aveva abbandonato su una piccola sedia accanto alla branda.
Avrebbe dovuto usarlo?
Chiuse gli occhi. Non voleva pensarci in quel momento.
La sentiva tossire sempre più forte, sempre più a lungo e sentiva i suoni che emetteva, prima parole sconnesse sussurrate sommessamente, poi gemiti e gorgoglii.
Si sporse per prendere il fucile e lo posò sulle gambe. Aspettando.
Al solo pensiero di ciò che stava per fare provava disgusto per sé stesso. Non voleva ucciderla ma sapeva di doverlo fare.
E se invece si fosse lasciato trasformare anche lui in un mostro affamato di vite umane, che vagava senza meta in cerca di vittime, gettandosi via, incosciente e non curante di ciò che il suo corpo faceva?
Non sapeva nemmeno se ne fosse valsa la pena di fuggire. Non sapeva nemmeno se qualcuno lì fuori era vivo e poteva aiutarlo. Non sapeva niente. E senza di lei era solo.
Era un Inferno.
Ripensò a tutto ciò che aveva passato con lei prima che tutto iniziasse. Prima che tutto quel delirio avesse inizio. Epidemia? Apocalisse? Non sapevano nemmeno cosa fosse.
‘Dio…perché?’ sussurrò abbandonando la testa fra le mani.
A un certo punto i gorgoglii che avevano fatto da sottofondo ai suoi pensieri s’interruppero,facendogli alzare la testa di scatto.
Aprì gli occhi, alzò la testa e la vide. Era come gli altri ormai. Forse c’era ancora una piccola parte di quella bellezza che aveva fatto tanta invidia alle sue amiche, al tempo del liceo, ma ormai era uno zombie.
Una morta. Una morta vivente.
Un involucro vuoto e deambulante di ciò che lui aveva amato.
Prese il fucile, lo caricò e puntò alla testa della ragazza. Stette un bel po’ a prendere la mira, perché le lacrime gli offuscavano la vista.
Mentre stava per premere il grilletto, insicuro e con la mano tremante, altri gorgoglii vennero fuori dalla bocca della ragazza. O meglio, della cosa che ormai era seduta di fronte a lui. Si stava svegliando. Doveva sbrigarsi.
Deglutì, mentre si faceva forza per premere il grilletto.
Serrò gli occhi.
Dei gorgoglii.
Provava a far uscire dei suoni articolati dalla bocca.
Cercò di ignorare quei suoni, convinto che fosse il suo cervello a crearli per distrarlo da ciò che stava per fare.
Sentì il frusciare del vestito della ragazza. Aprì gli occhi e la trovò con la testa di fronte alla canna del fucile.
‘Ti amo.’ disse. Guardandolo con quegli occhi vitrei e senza vita.
Uno sparo.
Non poteva averlo detto. Non era reale. Non poteva esserlo.
Non era più lei ormai. Lei se n’era andata. Non era lei.
Si alzò lentamente, muovendosi a scatti.
Non poteva.
Non doveva.
No.
No…
Si lasciò cadere sul pavimento. Perché l’aveva fatto? Perché l’aveva detto? Non avrebbe dovuto.
Quella scena sarebbe rimasta nei suoi sogni per l’eternità.
Era un Inferno.
Rimase tremante, seduto sul pavimento, ancora per un po’.
A lui sembrò una vita. O forse più di una.
Non faceva altro che pensare a lei.
Mentre continuava a fissare dritto di fronte a sé prese un respiro profondo e iniziò ad urlare.
Sentì dei rumori provenire dal corridoio qualche minuto dopo, o forse era qualche ora…
Erano riusciti a sfondare la porta.
Stavano arrivando.
 
Quella scena sarebbe rimasta nei suoi sogni per l’eternità…
Se avesse vissuto abbastanza per dormire di nuovo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Late dawns and early sunsets, just like my favorite scenes
Then holding hands and life was perfect, just like up on the screen
And the whole time while always giving
Counting your face among the living
Up and down escalators, pennies and colder fountains
Elevators and half price sales, trapped in by all these mountains
Running away and hiding with you
I never thought they'd get me here
Not knowing you changed from just one bite
I fought them all off just to hold you close and tight

But does anyone notice?
But does anyone care?
And if I had the guts to put this to your head...
But would anything matter if you're already dead?
And should I be shocked now by the last thing you said?
Before I pull this trigger,
Your eyes vacant and stained...

But does anyone notice?
But does anyone care?
And if I had the guts to put this to your head...
And would anything matter if you're already dead?
And now should I be shocked by the last thing you said?
Before I pull this trigger,
Your eyes vacant and stained...
And in saying you loved me,
Made things harder at best,
And these words changing nothing
As your body remains,
And there's no room in this hell,
There's no room in the next,
And our memories defeat us,
And I'll end this direst.

But does anyone notice?
But does anyone care?
And if I had the guts to put this to your head...
But does anything matter if you're already dead?
And should I be shocked now by the last thing you said?
Before I pull this trigger,
Your eyes vacant and stained...
And in saying you loved me,
Made things harder at best,
And these words changing nothing
As your body remains,
And there's no room in this hell,
There's no room in the next,
But does anyone notice ….
there's a corpse in this bed?



  
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