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Autore: wonderwall_98    10/07/2013    5 recensioni
- Ma mi spieghi perchè uno stupido tatuaggio è così importante per te?
- Non è uno stupido tatuaggio, Josh.
- E allora mi spieghi che significato ha per te?
- Raccontarti ora tutta la mia storia sarebbe una follia.
- Kayle, io ti amo.
- Anche io, Josh. Ma se questo amore non bastasse?
- Come, non bastasse?
Tiro un lungo sospiro.
- E poi, perchè non lo urli al mondo se mi ami? Io posso farlo, guarda.
- Josh, no.
- Invece sì. - dice, accostando le mani alle labbra.
- Gente, mondo, ascoltate bene: io amo la qui presente Kayle Anderson, ma lei no. Sarò sempre un povero sfigato che continuerà ad amarla, mentre nel suo cuore c'è qualcun altro... - urla a squarciagola con le lacrime agli occhi.
Dio, non avevo mai visto roba del genere. Un ragazzo che piange per me, per una ragazza. Mi scende una lacrima se solo penso in quanto poco tempo siamo cambiati, per poi innamorarci.
Josh tira un calcio al bidone, poi si passa le mani tra i capelli. E' arrabbiato stavolta, non triste. Ma io lo amavo sul serio, e non potevo fargli questo. Non avrei permesso a niente e a nessuno di portarmelo via, non avrei mai voluto che la storia si ripetesse.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter One: "Under the stars"

{Kayle}
 

Eccomi qui, sotto le stelle, sdraiata sull'erba, nel giardino di una casa abbandonata. E' tutto buio, non c'è un'anima, ma che posso farci? Okay, sono una tipa solitaria, non mi piacciono le folle numerose. Preferisco centomila volte starmene qui, sulle mie, a meditare e a pensare a che ne sarà di me. Ancora non riesco a farmi capace per quello che è successo, sono passati due mesi ormai, ma per me sono stati due mesi di inferno. Ho perso le due persone a cui tenevo di più, quelle che ho amato dal primo momento in cui le ho conosciute. Più vorrei cercare di reprimere questi brutti ricordi, più essi tornano nella mia mente a torturarmi. Sì, questa vita è una tortura ormai, preferirei morire. Ormai non c'è niente, o meglio, nessuno, per cui valga la pena di lottare. Nessuno per cui valga la pena di respirare, nessuno per cui mi batterei al punto di morire. Non c'è più niente, la mia vita è vuota. L'unica persona che mi è rimasta è mia madre, ma è come se non ci fosse. Da quando papà non c'è più, è come morta. Beve sempre, per dimenticare, dice. Fuma a palate, senza rendersi conto che si sta piano piano uccidendo. L'altro giorno, poi, l'ho sorpresa mentre voleva drogarsi, solo quello le mancava, solo quello. No, questo non glielo permetterò mai. Se le permetto ancora di fumare e di bere, è una questione temporanea. Poi passerò alle maniere forti. Sì, sembrerà strano, ma è come se i nostri ruoli fossero invertiti. Io sono sua madre, e lei mia figlia. Una figlia temeraria, di cui prendersi cura tutti i giorni e da tenere sempre sotto controllo, per paura che possa fare qualche altra stronzata. Vorrei tanto dimenticare quel giorno, quel maledetto giorno. Avevo un ragazzo, Kyle. "Kyle e Kayle, la coppia perfetta", dicevano. Tutti ci invidiavano. Più che altro le ragazze invidiavano me, che stavo col più figo della scuola, col più popolare... chi non avrebbe voluto essere al mio posto? E poi Kyle non era tutta bellezza e niente cuore. Anzi... era il ragazzo che, in qualche modo, mi faceva sentire la sua principessa, mi portava dappertutto, ogni mese mi scriveva una lettera in cui mi scriveva quanto il nostro amore fosse cambiato dal mese precedente... mi aveva amato come nessun altro ragazzo aveva fatto fino a quel punto, nessuno mai mi aveva fatta sentire così, nessuno, ripeto. Ma lui mi aveva insegnato ad amare, e io l'avevo insegnato a lui. Poi venne quel giorno, Dio, quanto vorrei scordarlo. Eccola, lo sapevo. Una lacrima che mi rigava il viso non poteva mancare. Due mesi fa, il 27 Luglio, ero in vacanza con mio padre. I miei genitori erano separati, perciò, dato che con mia madre ci passavo un anno intero, ogni vacanza la passavo con mio padre. Loro così decisero, non come quei genitori normali che organizzano cose normali. Non esisteva per mia madre che passassi la settimana fino al Venerdì con lei, e poi che al fine settimana andassi da lui. No. Così, quell'estate, la più brutta della mia vita, ho perso le due persone che amavo di più. Ovviamente, non sarei mai andata solo con mio padre in vacanza. Non avrei resistito, e lo stesso non avrebbe fatto lui, a stare lontano da Kyle. Così mio padre mi diede il permesso di portarlo. Sì, il permesso. Perchè di solito non vuole che nessuno rovini la NOSTRA vacanza, e per nostra intendo mia e di mio padre. Tutti gli anni, che poi erano quattro, dovevamo essere solo io e lui. Ma non era mai così, se non il primo, quando ero ancora una sfigata che non era mai uscita con nessuno. Sì, perchè ogni estate mi mettevo con uno diverso, ma erano tutte cotte destinate a finire una volta tornata a casa, alla normalità vale a dire. Perciò quest'estate, per evitare che qualcun altro si impossessasse del mio cuore, ho deciso di portare Kyle.
Quel maledetto giorno mio padre decise di andare a fare una passeggiata tutti e tre al centro commerciale. Eravamo seduti io e mio padre avanti, Kyle dietro. Classica storia da film di quattro soldi. Passa un'auto e ci butta per aria. La nostra auto si ribalta e si fa in mille pezzi. Ricordo di non essere mai stata così sporca di sangue fino a quel giorno. Eravamo praticamente sul tetto dell'auto, dentro ovviamente. Mi giro a sinistra per vedere come stesse mio padre. Aveva la fronte tagliata, era conciato peggio di me. Lo chiamavo, ma non rispondeva. Pregai a Dio che si potesse salvare. Poi mi girai e vidi Kyle, conciato ancora peggio di mio padre. Cercai di muovermi per arrivare al sedile posteriore, poi mi avvicinai a lui. Lo toccai, cercai di rianimarlo. Niente. Non so come, in qualche modo, riuscii ad uscire dall'auto. Chiamai l'ambulanza. Arrivarono subito, dopo cinque minuti neanche. Non voglio neanche ricordare quel momento. Li portarono in ospedale, ma uno di loro disse che mio padre ero morto sul colpo. Non c'era più niente da fare, ma avrebbero comunque tentato. Chissà, non si sa mai, un miracolo... Per quanto riguarda Kyle, dissero che c'era più di una probabilità che si potesse salvare. Arrivati in ospedale, incontrai mia madre e corsi ad abbracciarla, ma sapevo che non sarebbe servito a niente. 
- Andrà tutto bene, tesoro. - mi disse. 
- No, non è vero. Non è vero! - dissi piangendo fra le sue braccia. 
Poi un medico si avvicinò a mia madre e le fece cenno di no. Si riferiva a papà, ovviamente. Altrimenti si sarebbe rivolto a me. Ero appoggiata al muro, scivolai fino ad arrivare per terra, con le ginocchia al petto e le mani tra i capelli.
- Kayle, non fare così, sù. 
- Come dovrei fare, eh? Su, spiegami tu, dai. - dissi urlando. 
- Ssh. - mi disse accarezzandomi il capo. 
Chiesi al dottore il permesso di entrare nella stanza del mio ragazzo, mi rispose di sì. 
Entrai e lo vidi conciato malissimo. Aveva fili dappertutto. Mi sedetti sulla sedia accanto al suo lettino, e cominciai a pregare che almeno lui si potesse salvare, almeno lui. All'improvviso le sue dite si mossero, aprì per un attimo gli occhi.
- Kayle. - disse, con voce rauca. 
- Amore mio, starai bene, ce la farai, ok? - dissi, piangendo.
Scosse la testa tra le lacrime. 
- Ricorda sempre che ti ho amato come non ho mai amato nessuna delle tante ragazze che mi sono state dietro, che ti amo ora, e ti amerò per sempre, anche quando sarò da un'altra parte, lo giuro. 
Scossi la testa anch'io tra le lacrime. Poi mi avvicinai a lui per abbracciarlo. 
- Tu... tu ce la farai, hai capito?
- Kayle, ti amo. 
- Anche io, anche io, Kyle. 
- Sarò sempre con te, nel tuo cuore. Ti guarderò sempre, da lassù, ricordalo.  
Quelle furono le sue ultime parole. Kyle non ce la fece. A volte il destino, la vita, sono così crudeli. Ti portano via le persone più preziose del tuo scrigno, quello che ti sei costruito nel corso della tua vita. Ora basta, devo farmene una ragione, Kyle non c'è più, mio padre neanche. Devo, una volta e per tutte, rassegnarmi. So che non è facile per nessuno accettare queste cose, ma molte persone ce la fanno. Sarà che due mesi sono anche troppo pochi per riassestarmi del tutto. Ma ripeto, ora basta. Penso che mi addormenterò qui... sull'erba, insieme alle coccinelle e le libellule. Sarà il mio posto preferito da ora, sì. 
Qualcosa mi tocca la spalla. Mi giro. 
- Ciao. - sento una voce, ma non vedo nessuno, c'è troppo buio intorno a me. 
- Chi... chi parla?
- Il fantasma di Marylin. 
- Oh, e immagino che io dovrei essere Nicki Minaj, giusto?
- Giusto, io sono la tua tortura. 
Nella canzone "Girl on fire, inferno version", c'è Nicki Minaj che parla dello spirito di Marylin, immagino Monroe, che la tortura. Beh, che dire, se sono Nicki Minaj, per una volta dopo due mesi, mi sento una persona importante. 
- Non vedo niente, andiamo. Chi sei?
- Ma sono di fronte a te, guarda. Sono sdraiato su un lato come te.
- Aspetta, prendo la torcia. 
- All'antica, eh?
- Guarda, all'antichissima. - dico, prendendo l'iPhone e mostrandoglielo. 
- Ah. Non pensavo di riferissi a QUESTA torcia. - dice quella persona ridendo.
- Pensa sempre prima di parlare.
Apro l'app "Torcia" e rivolgo il cellulare verso di lui.
Cavolo, è proprio figo questo tizio. Mi sta sorridendo. 
- Piacere, io sono Josh.
- E io mi chiamo Kayle. - dico, stringendogli la mano.

  
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