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Autore: trajektoria    11/07/2013    0 recensioni
Tre anni dopo la morte di Sherlock, John decide che è tempo di ricominciare a vivere. Va al cimitero per dire addio al suo coinquilino, il suo migliore amico, l'amore della sua vita.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SOMMARIO:
Tre anni dopo la morte di Sherlock, John decide che è tempo di ricominciare a vivere. Va al cimitero per dire addio al suo coinquilino, il suo migliore amico, l'amore della sua vita.
John camminava lentamente lungo il cimitero, pensando a quanto privo di vita il mondo gli apparisse quel giorno. Il cielo era tetro, dipinto di un grigio pallido ed eterogeneo. Non vi era alcun suono, nessun cinguettio d'uccello, nessun clacson che squillava per strada. Niente. Solo i passi di John che risuonavano sul selciato, nell'assoluto silenzio di quella necropoli. L'aria era pensante e sapeva di stantio come se quella fosse stata una stanza rimasta chiusa per troppi anni. Nessuna traccia di vento che smuovesse le foglie incollate al suolo, nessuna leggera brezza che spazzasse via tutti quei dolorosi pensieri. John desiderò che piovesse. O che ci fossero tuoni. E' più semplice quando il cielo almeno finge di piangere insieme a te. Invece pareva che quel luogo fosse avvolto in un sudario, in attesa che si celebrasse il suo funerale. 
John si fermò, cercando di sbarazzarsi di tutte quelle malinconiche osservazioni, sapendo quanto fossero irrazionali. Se Sherlock fosse stato lì lo avrebbe schernito come al suo solito. Se. 
"Sono già passati tre anni," disse John pensieroso, guardando in basso, verso la pietra tombale sulla quale era inciso il nome di SHERLOCK HOLMES in lettere dorate. "Eppure sembra una vita intera. Quando sei morto..." si fermò improvvisamente. Ingoiò il grosso groppo che gli si era formato in gola, raccolse le forze e continuò. "Quando sei morto mi sono sentito vuoto e perso, come se mi avessero portato via il cielo, il sole, tutto. Non potevo andare avanti, non potevo. Continuavo a fissare il muro in stato catatonico, incolpando me stesso per quanto ti era successo. Il momento in cui ho visto il tuo corpo straziato su quel marciapiede nulla ha avuto più senso. Ero il guscio vuoto di una conchiglia. Ho vissuto come si vive in come..." Fece una pausa, perso nei ricordi. Poi prese un profondo respiro e continuò, sapendo che quella sarebbe stata la sua ultima occasione per confessare tutto. "Ma il tempo guarisce, Sherlock. All'inizio neanche io riuscivo a crederci. Poi un giorno è successo. Mi sono svegliato ed ho realizzato che voglio ricominciare a vivere. E' stata dura, lo è ancora. E ora... Non ci saranno lacrime quando mi vedrai dirti addio. Non me ne sono rimaste più dopotutto. Ma è tutto vero Sherlock, questo è il mio addio. Lascio Londra, lascio l'Inghilterra. Per sempre. Non tornerò indietro. Non... Non posso stare qui. Non più. Ho bisogno di ricercare la mia serenità altrove. Ho... Ho fatto i bagagli. Ho tutto ciò di cui ho bisogno." Mostrò la mano in cui manteneva un piccolo zaino. "Non è molto, non ho mai avuto molte cose. Dopotutto la maggior parte degli oggetti nel nostro appartamento appartenevano a te... Comunque ho preso la tua sciarpa, spero non ti dispiaccia. E... E la tua camicia viola. Sai, quella che ha sempre mandato le donne su di giri. L'ho provata una volta ma sta decisamente meglio a te." Cercò di ridere ma il suono che emise assomigliava più ad un rantolo soffocato. Qualcosa stava prendendo fuoco all'interno del suo petto, era come se stesse annegando. I suoi organi, il suo cuore, i suoi polmoni, stavano lentamente andando a fondo, urlando di dolore. 
Sapeva di non poter restare lì ancora per molto, sapeva che ciò lo avrebbe mandato in pezzi. Aveva preso una decisione e se voleva vivere per davvero avrebbe dovuto andarsene.
John lasciò scivolare ancora una volta lo sguardo sulla pietra tombale dandole il saluto militare, onorando e mostrando rispetto al suo defunto amico.
"Ti amo, Sherlock, e sempre lo farò. Spero che un giorno saremo in grado di rivederci. Solo Dio sa quanto meriteresti che ti prendessi a pugni." Sorrise debolmente. Gli occhi lucidi e la voce malferma lo tradirono. "Addio, Sherlock."
Il dottore guardò la tomba del detective un'ultima volta. Non poteva continuare a stare lì, aveva un aereo da prendere.
John si voltò e rimase gelato. Lo zaino gli scivolò dalle dita e atterrò sul suolo con un tonfo sordo, ma non se ne curò. Smise di respirare, gli occhi attoniti. Sentì come se anche il suo cuore si fosse fermato di colpo. Non poteva credere nè ai suoi occhi, nè alle sue orecchie. 
"Sono orgoglioso di te, John".

One shot post-Reichenbach, l'autrice s'è lasciata ispirare da questa canzone x!

Buona lettura!:)

(Storia originale qui.)

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John camminava lentamente lungo il cimitero, pensando a quanto privo di vita il mondo gli apparisse quel giorno. Il cielo era tetro, dipinto di un grigio pallido ed eterogeneo. Non vi era alcun suono, nessun cinguettio d'uccello, nessun clacson che squillava per strada. Niente. Solo i passi di John che risuonavano sul selciato, nell'assoluto silenzio di quella necropoli. L'aria era pensante e sapeva di stantio come se quella fosse stata una stanza rimasta chiusa per troppi anni. Nessuna traccia di vento che smuovesse le foglie incollate al suolo, nessuna leggera brezza che spazzasse via tutti quei dolorosi pensieri. John desiderò che piovesse. O che ci fossero tuoni. E' più semplice quando il cielo almeno finge di piangere insieme a te. Invece pareva che quel luogo fosse avvolto in un sudario, in attesa che si celebrasse il suo funerale.

 
John si fermò, cercando di sbarazzarsi di tutte quelle malinconiche osservazioni, sapendo quanto fossero irrazionali. Se Sherlock fosse stato lì lo avrebbe schernito come al suo solito. Se. 


"Sono già passati tre anni," disse John pensieroso, guardando in basso, verso la pietra tombale sulla quale era inciso il nome di SHERLOCK HOLMES in lettere dorate. "Eppure sembra una vita intera. Quando sei morto..." si fermò improvvisamente. Ingoiò il grosso groppo che gli si era formato in gola, raccolse le forze e continuò. "Quando sei morto mi sono sentito vuoto e perso, come se mi avessero portato via il cielo, il sole, tutto. Non potevo andare avanti, non potevo. Continuavo a fissare il muro in stato catatonico, incolpando me stesso per quanto ti era successo. Il momento in cui ho visto il tuo corpo straziato su quel marciapiede nulla ha avuto più senso. Ero il guscio vuoto di una conchiglia. Ho vissuto come si vive in come..." Fece una pausa, perso nei ricordi. Poi prese un profondo respiro e continuò, sapendo che quella sarebbe stata la sua ultima occasione per confessare tutto. "Ma il tempo guarisce, Sherlock. All'inizio neanche io riuscivo a crederci. Poi un giorno è successo. Mi sono svegliato ed ho realizzato che voglio ricominciare a vivere. E' stata dura, lo è ancora. E ora... Non ci saranno lacrime quando mi vedrai dirti addio. Non me ne sono rimaste più dopotutto. Ma è tutto vero Sherlock, questo è il mio addio. Lascio Londra, lascio l'Inghilterra. Per sempre. Non tornerò indietro. Non... Non posso stare qui. Non più. Ho bisogno di ricercare la mia serenità altrove. Ho... Ho fatto i bagagli. Ho tutto ciò di cui ho bisogno." Mostrò la mano in cui manteneva un piccolo zaino. "Non è molto, non ho mai avuto molte cose. Dopotutto la maggior parte degli oggetti nel nostro appartamento appartenevano a te... Comunque ho preso la tua sciarpa, spero non ti dispiaccia. E... E la tua camicia viola. Sai, quella che ha sempre mandato le donne su di giri. L'ho provata una volta ma sta decisamente meglio a te." Cercò di ridere ma il suono che emise assomigliava più ad un rantolo soffocato. Qualcosa stava prendendo fuoco all'interno del suo petto, era come se stesse annegando. I suoi organi, il suo cuore, i suoi polmoni, stavano lentamente andando a fondo, urlando di dolore. 


Sapeva di non poter restare lì ancora per molto, sapeva che ciò lo avrebbe mandato in pezzi. Aveva preso una decisione e se voleva vivere per davvero avrebbe dovuto andarsene.


John lasciò scivolare ancora una volta lo sguardo sulla pietra tombale dandole il saluto militare, onorando e mostrando rispetto al suo defunto amico.


"Ti amo, Sherlock, e sempre lo farò. Spero che un giorno saremo in grado di rivederci. Solo Dio sa quanto meriteresti che ti prendessi a pugni." Sorrise debolmente. Gli occhi lucidi e la voce malferma lo tradirono. "Addio, Sherlock."


Il dottore guardò la tomba del detective un'ultima volta. Non poteva continuare a stare lì, aveva un aereo da prendere.


John si voltò e rimase gelato. Lo zaino gli scivolò dalle dita e atterrò sul suolo con un tonfo sordo, ma non se ne curò. Smise di respirare, gli occhi attoniti. Sentì come se anche il suo cuore si fosse fermato di colpo. Non poteva credere nè ai suoi occhi, nè alle sue orecchie. 


"Sono orgoglioso di te, John".

   
 
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