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Autore: AlexisLestrange    11/07/2013    5 recensioni
Eppure John, che aveva pronto un “l'avevo detto che non avrebbe funzionato” dal primo momento in cui Mycroft l'aveva informato della cosa, dovette ricredersi ed ammettere che era piuttosto sorprendente l'essersi ritrovati davvero su una spiaggia con Sherlock Holmes, le cui gambe smilze sbucavano da un paio di bermuda fiorite.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Lestrade , Molly Hooper, Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. Three, two, one, ready to go.


John alzò gli occhi all'orologio sulla parete. Segnava le nove meno cinque. Si sistemò appena il
colletto della camicia. Era quasi ora di dare il via alle danze.

Si sistemò più comodo sulla poltrona, cercando di assumere un'aria rilassata, nonostante il tessuto
impermeabile sotto i pantaloni gli desse particolarmente fastidio. Nello stesso momento, una voce
fin troppo familiare lo raggiunse dall'altra stanza.

«John-»

Tono lamentoso, vocali leggermente strascicate, notò John, scuotendo il capo: brutto segno.

«Che cosa c'è?» gridò, sporgendo appena la testa per cercare di intravedere l'ormai ben nota figura
smilza dalla cucina.

Nessuna risposta. Colpo di pistola.

John alzò gli occhi al cielo. «Sherlock, se osi ripetere che ti stai annoiando dopo che abbiamo...»

Il volto del suo irritante coinquilino si affacciò dalla soglia della cucina, con espressione affranta.

«Ma io mi annoio».

«...Giuro che prendo quel violino e gli spezzo le...»

«John!»

Watson s'interruppe di colpo, e notò stupito che l'altro lo stava guardando con espressione sorpresa,
le sopracciglia scure aggrottate.

«Sherlock, guarda che stavo scherzando» si affrettò a spiegare John, lanciando un'occhiata furtiva
all'orologio. Sul volto di Sherlock si aprì un sorriso trionfante.

«John! Tu mi stai nascondendo qualcosa!» esclamò, facendo finalmente la sua teatrale entrata in
soggiorno.

L'espressione sul volto di John fu quella di qualcuno che ha appena ricevuto uno schiaffo in piena
faccia. «C-cosa?»

«Mi stai nascondendo qualcosa!» ripeté Sherlock, avvicinandosi a lui a grandi passi, puntandogli
contro l'indice con fare così deciso, che John si ritrasse automaticamente sulla poltrona. «È così,
vero? La tua espressione stupita, il tremore alla gamba sinistra, lo sguardo sfuggente...»

«Io non...» John deglutì.

«Ah-ha! Salivazione eccessiva!» Sherlock saltò il tavolino che li separava, atterrando davanti a lui
con uno svolazzo. «Ha a che fare con Lestrade? No, aspetta, è mio fratello, non è così? Che cosa ti
ha chiesto Mycroft?»

«Sherlock, io...» John lanciò un'ultima, disperata occhiata all'orologio, che scoccò le nove in punto.

In quello stesso istante, il telefono di Sherlock emise un debole beep, e John tirò un sospiro di
sollievo, mentre l'altro s'infilava distrattamente la mano in tasca e leggeva il messaggio.

«Oh, no». Sherlock alzò gli occhi al cielo.

John cercò di suonare il più naturale possibile. «Cosa c'è, ora?»

Quello si voltò a guardarlo. «Mio fratello sta combinando uno dei suoi giochetti, e tu» di nuovo,
John si ritrovò l'indice di Sherlock puntato tanto vicino da rischiare di diventare strabico «sai di
cosa si tratta, ma non me lo dirai, per cui faremo meglio a prendere il prossimo treno e raggiungere
la spiaggia di Brighton».

«La spiaggia?»

Sherlock alzò gli occhi al cielo, con uno sbuffo annoiato. «Non sforzarti di sembrare sorpreso, John,
scommetto che avevi il costume già pronto sotto i pantaloni».

John arrossì di colpo. «Io n-non...» farfugliò, ma Sherlock roteò di nuovo gli occhi.

«Stavo scherzando, John». Fece una pausa, fermandosi ad osservarlo con gli occhi azzurri appena
accigliati, come sovrappensiero. «Non prendermi sempre sul serio. Mi fai sembrare noioso».

Ah, Sherlock Holmes, fece appena in tempo a pensare John, mentre l'altro si infilava il cappotto
nero, preparandosi ad uscire. Ci prende anche quando sta scherzando.


II. Old coats die harder.


Il taxi lasciò Sherlock e Watson davanti ad una spiaggia talmente affollata di persone, che la
strisciolina grigio-azzurra del mare era a malapena visibile.

John si voltò a guardare Sherlock, che stava osservando la folla di bagnanti con aria truce, le mani
infilate nelle tasche del cappotto.

«Tutto ok?»

«Sto cercando di capire da quale parte della spiaggia sarà più facile individuare Mycroft» rispose
Sherlock con voce monocorde, senza staccare gli occhi dalla spiaggia. «Non di certo vicino al
camioncino dei gelati, per via di quella sua dieta, ed è improbabile che sia entrato nella spiaggia
comune, avrà prenotato il suo posto in quella privata, per separarsi dai comuni mortali...»

«Sorpresa!»

Una voce squillante distolse Sherlock dai suoi brillanti ragionamenti: lui e John si voltarono
simultaneamente verso destra, e si ritrovarono davanti a nient'altro che Mycroft Holmes, che
indossava un accappatoio bianco da spiaggia elegantemente chiuso sui fianchi, e Molly Hooper, con
addosso un costume incolore e gli occhiali da sole calati sul viso, che sorrideva forzatamente in
direzione di Sherlock.

Lui li osservò nello stesso modo in cui avrebbe potuto esaminare due animaletti particolarmente
sgraditi arrampicarsi su di una staccionata.

«Mycroft-» pronunciò, a labbra strette.

Quello allargò le braccia. «Che cosa non bisogna fare per invitare al mare il grande Sherlock
Holmes!» disse, con una punta di sarcasmo.

«Una gita al mare» commentò Sherlock. «Immaginavo non potesse essere nulla di troppo sofisticato
se c'eri di mezzo tu, Mycroft, anche se ovviamente non può essere stata un'idea tua, e nemmeno di
John, visto il fastidio che dimostrava nell'essere coinvolto, ragion per cui...»

Tutti gli sguardi calarono su Molly, il cui sorriso tremulo parve vacillare nervosamente. «Pensavo
sarebbe stato divertente» fece lei, a mo' di giustificazione.

«Non mi piace il mare» troncò di netto Sherlock, distogliendo lo sguardo.

«Andiamo, fratellino, non fare il guastafeste» lo redarguì scherzosamente Mycroft, ma Sherlock lo
gelò con lo sguardo.

«Non capisco l'utilità di andare ad immergersi per pochi minuti nell'acqua gelida e sporca di un
oceano per poi uscire e giacere sotto al sole cocente nelle pose più stravaganti, nel vano tentativo di
scurirsi la pelle di un paio di toni» disse, lapidario.

«Ma lo fanno tutti!» protestò debolmente Molly.

Sherlock aprì la bocca per replicare, e John sentì che era il momento di intervenire.

«Lascio alla vostra immaginazione le sue opinioni sulle cose che fanno tutti, mh?» commentò ad
alta voce, e Sherlock richiuse la bocca, indispettito. «Ed ora, vogliate scusarci...»

Lo trascinò verso la più vicina cabina spogliatoio, e non appena si fermarono, Sherlock prese la
parola ancor prima che John potesse fare qualsiasi cosa.

«Non ho il costume» proferì con decisione, guardandolo dritto negli occhi.

«Ne ho uno io per te» fece John, tirando fuori dalla tasca un involto appallottolato, che Sherlock
guardò con disprezzo misto ad un vago terrore, spalancando gli occhi azzurri.

«Non posso indossarlo» disse, quasi a disagio.

«Perché, non te la senti di togliere il tuo cappotto con tutta la sua aria misteriosa?» commentò John
esasperato, agitandogli i bermuda davanti agli occhi.

Sherlock indietreggiò rapidamente di un passo. «Non mi vedo bene in pantaloncini».

«Però non hai avuto problemi a presentarti nudo a Buckingham Palace» gli ricordò John alzando gli
occhi al cielo.

«Avevo un lenzuolo» protestò Sherlock.

«Potresti smetterla di fare tanto il difficile e metterteli addosso? Un paio di bermuda non ha mai
ucciso nessuno!»

Sherlock gli strappò il costume dalle mani. «Potrei elencarti diciassette modi con i quali è possibile
uccidere un uomo con un costume da bagno, anche se dodici di questi non sono mai stati usati
prima d'ora» commentò con aria tranquilla.

«Per l'amor del cielo, Sherlock, perché devi farla tanto lunga? Va in cabina e cambiati!» sbuffò
John, e dovette spingercelo dentro, per costringerlo ad entrare.

«È una cosa ridicola».

John lo sentì bofonchiare da dentro, mentre lui si sfilava la camicia e i pantaloni, fortunatamente già
pronto dalla partenza. La porta della cabina si aprì di colpo e ne uscì Sherlock, con addosso i tanti
sospirati bermuda, vero, ma con sopra anche l'a-quanto-pare-inseparabile cappotto nero, lasciato
aperto sul petto pallido.

«No, questo è ridicolo» lo corresse John, alzando gli occhi al cielo.

Eppure John, che aveva pronto un “l'avevo detto che non avrebbe funzionato!” dal primo momento
in cui Mycroft l'aveva informato della cosa, dovette ricredersi, ed ammettere che era piuttosto
sorprendente l'essersi ritrovati davvero su una spiaggia con Sherlock Holmes, le cui gambe smilze
sbucavano da un paio di bermuda fiorite.


III. Just keep swimming, swimming, swimming.


«C'è troppa gente».

«Sherlock, è una spiaggia».

«La signora alla mia sinistra si sta sedendo troppo vicina a me».

«Sherlock, è una spiaggia libera».

«Dobbiamo starcene qui ad osservare la gente che mette in mostra le proprie oscene nudità ancora
per molto, John?»

«Credo che la signora ti abbia sentito».

Una lattina di Coca-Cola vuota colpì Sherlock dritto in testa.

«Sì, lo credo anch'io» commentò, senza fare una piega.

«Ma non hai caldo?» intervenne Molly, tanto per fare il suo ingresso nella misera conversazione
dalla quale era stata brutalmente tagliata fori.

«Sì». Sherlock alzò il bavero del cappotto fin sopra agli occhi.

«Perché devi fare così?» fece John, esasperato.

«Il sole è troppo forte, sta scottando i miei zigomi» fu il commento placido di Sherlock, e Molly
rimase talmente interdetta che John, che si stava decisamente chiedendo se l'altro stesse scherzando
o facesse sul serio, pensò fosse comunque il momento di andare a fare un giro.

«Vieni» borbottò, afferrando Sherlock per il polso, e con sua estrema sorpresa, sentì che l'altro non
si oppose, anzi, si alzò in piedi e lo seguì lungo la spiaggia, il cappotto nero che volteggiava dietro
di lui, mosso dal vento.

«Forse sarebbe ora di toglierlo» ritentò John, stancamente.

«Per fare cosa?» replicò Sherlock, senza battere ciglio.

«Il bagno, per esempio» fece John, guardando con invidia la gente che sguazzava nell'acqua.

Sherlock alzò le spalle con noncuranza. «Non so nuotare».

John si fermò talmente di botto a guardarlo che rischiò seriamente di finirgli addosso.

«Non... sai nuotare?» ripeté, stupefatto. «Non sai nuotare?»

«Potresti abbassare la voce?» fece Sherlock, appena infastidito, gettando un'occhiata attorno.

«Accidenti, passi il non sapere se sapere se siano il sole o la Terra a girarsi attorno, ma nuotare

«È inutile». Sherlock alzò un sopracciglio, nella più totale e profonda indifferenza.

«Inutile?»

«Devi proprio ripetere ogni parola che dico, John?»

«Io-»

«Ci sono più o meno un centinaio di diversi tipi di imbarcazioni che possono stare stare a galla
senza problemi, e la maggior parte di esse è facilmente reperibile ed utilizzabile come mezzo di
trasporto, e considerando, inoltre, la percentuale di probabilità che io mi trovi in acqua da solo e/o
senza alcun supporto galleggiante nei paraggi, paragonata al numero di volte in cui vado al mare
-numero decisamente esiguo, potrai notare- trovò che sì, imparare a nuotare sia decisamente
inutile».

Aveva concluso il discorso quasi esasperato, a braccia allargate, davanti alla spiaggia, e dal modo in
cui il vento gli gonfiava il cappotto, doveva decisamente coprire la visuale, perché una signora di
mezz'età gli urlò, inviperita: «Levati da lì, screanzato!»

Sherlock si voltò a guardarla con un sorriso glaciale, rispondendole a voce decisamente più alta del
necessario: «Mi scusi, signora, ma non mi lascio redarguire da qualcuno che indossa un costume di
due taglie più piccole per nascondere le proprie forme -è una 56, non è vero? Dovrebbe decisamente
dimagrire, anche se la dimensione della borsa frigorifera alle sue spalle indica che non ne ha per
nulla l'intenzione».

Quella rimase per un attimo interdetta, poi strinse le mani intorno al manico della borsetta e
sembrava talmente intenzionata a suonarla in testa al consulente investigatore che John si ritrovò di
nuovo a spingere Sherlock fuori dalla sua portata, mentre quella urlava in sottofondo, dandogli del
cafone.

«Dovevi proprio dirle quelle cose?» borbottò John, piccato.

«Ma John, mi annoio, devo dedurre qualcosa-» fece Sherlock, alzando appena le spalle.

«Perché devi far vedere a tutti quanto sei intelligente?» ribatté l'altro, con uno sbuffo.

«Credo lo sappiano già».

«Parole audaci, per qualcuno che annegherebbe in un bicchier d'acqua».

«Beh, non letteralmente, un bicchiere sarebbe troppo piccolo per...»

«Lascia stare».

«Ho fame».

«Andiamo a mangiare, allora».

«No, dev'essere incredibilmente fastidioso mangiare con questa cosa che vola da tutte le parti».

«Si chiama sabbia, Sherlock».

«Lo sapevo».

«Non ne dubito». John sospirò. «Che ne dici di quel bagno, allora?»

«Ti ho già detto che non so nuotare».

«Andiamo, sulla riva l'acqua ti arriverà al massimo sulle caviglie».

«Allora non è nulla che non possa fare comodamente nella vasca da bagno di casa».

Quando Molly Hooper, stanca di aspettare il romantico invito di Sherlock ad una passeggiata sulla
spiaggia il cui arrivo era ora più che mai improbabile, si voltò a proporre ad un ispettore Lestrade,
come magicamente apparso nell'ombrellone accanto al suo, di andare a prendere un gelato, la rara
ed eccezionale scena alla quale poté assistere sullo sfondo, fu quella di John che inseguiva Sherlock
dribblare tra gli ombrelloni, agitando un telo da spiaggia e gridando:

«E adesso spogliati, Sherlock Holmes!»
   
 
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