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Autore: puntoeacapo    11/07/2013    1 recensioni
Le nuvole sembravano zucchero filato. O panna.
Ah, quella era un coniglio.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Kryptonite.

- If I go crazy,
Will you still call me Superman?-

 

Conteggio parole:  2.216

Personaggi:  Crazy!Cas, Dean Winchester (nominato)

Paring: Destiel, ad … interpretazione? 

Note: Spoiler Season 7!; One Shot, song-fic, angst.

                                                  
Trama
: Le nuvole sembravano zucchero filato. O panna.
Ah, quella era un coniglio
.

 

Note d’autrice:  Ho ascoltato per puro caso questa canzone dei 3 Doors Down e questo è il risultato. Non so esattamente come la mia interpretazione di Crazy!Cas sia venuta fuori, ma mi sono rigirata questa fic per così tanto tempo che non volevo davvero lasciarla a prender polvere nel pc.

 

Niente di  speciale, ma hope you enjoy it!

 

 

 

© Ovviamente nessuno di questi bambocci mi appartiene, siano lodati i giovedì e le torte, eccetera, eccetera. Ci siamo capiti no? Beh, Amen.

 

 

Ho fatto una passeggiata per il mondo
per lenire la mia mente incasinata
ho lasciato il mio corpo steso da qualche parte
nelle sabbie del tempo
ho visto il mondo fluttuare
nel lato oscuro della luna
sento che non c
è niente che io possa fare

Era un luogo davvero, davvero, luminoso quello in cui si trovava. C’era vita, spensierata e spontanea vita in quella natura che ora osservava con incredibile interesse.

La natura era così scontata per tutti gli esseri umani che Castiel non riusciva a capacitarsene; lui non poteva fare a meno di sgranare  gli occhi ad ogni piccolo cambiamento, ad ogni minuscola nuova consapevolezza, mentre osservava. E osservava e ancora e ancora, non comprendeva e allora inclinava la testa e osservava, ancora senza stancarsi mai.

Nella mente non aveva nient’altro, finalmente. Tutti i pensieri erano semplicemente fluttuati via mentre si accingeva a studiare la complicata opera di Dio, quello che una volta era stato suo Padre.

Un’ape era appena saltellata su una margherita, si era accucciata sul suo bottone d’oro e prelevava e viveva e volava ancora.
Fiori e api.
Castiel trovò una bizzarra somiglianza con lo Yin e Yang di una delle tante culture della Terra e cominciò a riflettere, mentre si stendeva in quel prato verde e luminoso – circondato dalla vita rigogliosa.

Le nuvole sembravano zucchero filato. O panna.
Ah, quella era un coniglio.

Quando, nei strani disegni del Cielo al quale molto tempo prima era appartenuto, Castiel scorse un cuore, si chiese se Dio fosse riuscito a scoprire tutti i segreti nascosti della sua opera prediletta.
Se sapesse già tutto o se si era lasciato nel mistero per il piacere della scoperta.
Se avesse creato tutto di proposito o se avesse donato il libero arbitrio già da quell’istante, lasciando l’evolversi di ogni cosa incamminarsi di per sé.
 Se fosse riuscito a capire come mai le api riuscissero a volare, nonostante avessero ali  troppo piccole e leggere rispetto il peso del loro corpicino troppo greve; o il motivo preciso per cui i fiori nascessero in punti precisi – quasi travolti dal destino di abbandonarsi alle cure di insetti misteriosi che, anche se toglievano loro qualcosa di vitale, poi volavano in luoghi predestinati spargendo involontariamente il seme di quella vita stessa.

Castiel si chiese se anche Dio – il padre assente che non aveva mai avuto- avesse anche lui osservato quei meravigliosi arcani prima di lasciare finalmente il peso delle guerre e dei conflitti.

Ormai non c’era nulla che lui potesse o volesse fare e una farfalla si stava poggiando, leggiadra, sul suo petto nudo quasi ad offrirsi come nuova protagonista di pensieri liberi e pacifici.

E Castiel osservava.


ho visto il mondo fluttuare
nel lato oscuro della luna
dopo tutto sapevo che doveva
aver qualcosa a che fare con te

Il cielo si era oscurato.
Castiel osservava il tramonto con gli occhi enormi di un bambino. Che magnifica visione!

Il rosso di quel cielo era intenso, le nuvole di panna di quel pomeriggio erano divenute nere, in contrasto affascinante con il declino del sole.

Non c’erano più api. Solo una leggera brezza creava minimi movimenti tra i ciuffi d’erba oscurati, tutto più tranquillo, e suoni diversi da scoprire.
Come quello dei grilli, chiassoso e unificatore del tempo e dello spazio. Era diverso dai cori angelici, non meno bello, solo diverso.

Ma ora tutto era diventato sottofondo di quel tramonto ipnotizzante.

Quel rosso era come il fuoco e lui era calmo mentre osservava e inclinava il capo. E ripensava, Castiel, ad alcune immagini che erano riapparse con tranquillità nella sua mente vuota e piena - a tratti incostanti.

Aveva analizzato quasi tutto quello che aveva visto durante quella giornata. Ma niente emozioni diverse da curiosità, stupore o confusione lo avevano raggiunto – e, queste sensazioni, erano nate solo in lui, erano interne, come private.

Le api provavano sentimenti? E i fiori?
Quanti fili d’erba erano in grado di sentire, quando qualche formica camminava velocemente accanto?

Si accorse di essere diverso dalle altre creature.
Era sollevato nella certezza di non essere un figlio del Diavolo ma non era più neanche un Angelo, però. Sarebbe stato meglio? Peggio?

Quindi si era chiesto, dato che in quella vita precedente si era ribellato proprio per uno di loro, se fosse divenuto un terrestre.

Ma no, Cas, non è neanche questo il tuo posto; sei diverso anche dagli esseri della Terra, lo sai.

Eppure lui aveva provato i maledetti sentimenti; non lo avrebbe più fatto, certo, ma ciò non cambiava quello che era stato il passato. Non sarebbe mai potuto essere come un’ape, pensò sconsolato, mentre cercava di cancellare dalla mente il volto dell’uomo che gli aveva insegnato a sentire il cuore del proprio corpo battere.

Aveva smesso di ascoltare, ora.

Il fuoco dell’Inferno, il rancore, l’odio, il dolore.. già soprattutto il dolore, erano stati talmente intensi da sconvolgerlo.
Ricordava Castiel, ogni cosa.
Ricordava di aver visto un film, e in questo film c’era lui e c’erano due ragazzi, poi c’era il Paradiso in guerra con gli inferi e c’era un obbiettivo da raggiungere – e caos, tanto, tantissimo caotico caos.
Poi l’effetto domino.
Il sonoro tac-tac di ogni pedina, inevitabile e quasi naturale - come per un fiore sarebbe stato chiudersi su se stesso al freddo o al buio.
Ma era stata una caduta frenetica quella loro,  dettata da un’azione convulsa che ne aveva scatenate mille altre.
Disastri su disastri, e non si poteva fermare. Nessuno di quei personaggi si era mai fermato. Come una corsa, veloce, veloce, non ti puoi fermare Castiel. Vai avanti, corri, stai soffocando, corri, stai proteggendo, corri, stai sbagliando,non ti fermare neanche adesso, stai facendo la cosa giusta, sei un folle, corri, si sistemerà tutto, stai squarciando l’oblio.

E poi la domanda più strana: Perché, stupido moccioso? Perché?

E diventava difficile rispondere.
 La lingua umana era così odiosa, restrittiva, soffocante. Se Dean Winchester, sei lui, l’uomo dall’anima splendente, fosse stato un angelo del Signore come Castiel, probabilmente avrebbe capito subito – una scorsa velocissima negli occhi benedetti e avrebbe compreso. Di questo l’osservatore del mondo ne era sicuro.

L’ho fatto per te. A causa tua.

Dean Winchester era umano. Dean Winchester non aveva capito. Non erano bastate le parole, e la caduta nell’oblio era solo all’inizio.

Per chi altri avrebbe mai potuto, Castiel, fare una cosa del genere? Solo lui, solo lui, ma Dean non aveva capito, non si era fidato e Castiel ,con la velocità di quella corsa, di riflesso si era rifiutato di ascoltare.

E ancora disastri e ancora oblio e ancora dolore – e no, non ti fermare Castiel.

CAOS!

E le tessere di quel domino non avevano ancora terminato di cadere, inesorabilmente, una dietro l’altra.

E Castiel, quando quelle tessere sarebbero finite di numero, avrebbe osservato ancora proprio come stava facendo in quel momento.

Pensieri semplici, nonostante la loro portata, perché lui non era più un guerriero, di nessuna delle parti; era diverso e non voleva conflitti – non più, no, no, no -  e non desiderava certo entrarne in uno con sé stesso.

Osservare e scoprire, ecco quello che voleva fare, pensando senza pensarci veramente a quando aveva visto l’oscurità e vi si era buttato di testa solo per amore di qualcuno che non era riuscito a capire e a fargli capire .

davvero non minteressa cosa succederà prima e dopo
basta che tu sarai mio amico alla fine
se diventerò pazzo allora mi
chiamerai ancora Superman?
se sarò vivo e vegeto, sarai
comunque lì a tenermi la mano?

Castiel fece una strana smorfia nell’osservare quello spicchio di luna bianca che si scagliava  tra le stelle del firmamento.

Non provava molta simpatia per la luna. Forse perché non era che un satellite.

Aveva speso molto tempo ad osservare le stelle. Era volato in uno spiazzo meraviglioso dove al centro si stanziava un’immensa quercia.
Sola, come lui, maestosa e dimenticata, inutile.
Ci si era arrampicato sopra in modo molto umano, graffiandosi i palmi delle mani, i piedi e le ginocchia che non aveva voluto guarire - che non si ricordava come-  per poi stendersi su un ramo spazioso che si trovava in alto, senza alcuna fronda impicciona ad oscurare la vista così per poter osservare al meglio il cielo di quella notte.

Aveva iniziato a contare le stelle. Le guardava, le ammirava, le sognava, le contava e ci si perdeva dentro ancora e ancora. Era meraviglioso.
Ma qualcosa continuava a disturbarlo; era proprio quella luna a cui mancava quasi una settimana di tempo prima di completarsi e mostrarsi realmente nella sua tondeggiante forma.

Si era infastidito.

I grilli stavano ancora cantando, sebbene più flebilmente, ma il rosso del crepuscolo era scomparso ed era stata l’alba della luna a rubarlo.

Castiel era curioso. Voleva toccare la luna, prenderne un pezzetto e studiarlo, scoprirlo e magari anche comprendere come mai sembrasse tanto rotta e patetica ai suoi occhi di bambino.

La luna non avrebbe mai potuto eguagliare il sole. Rifletteva semplicemente la sua luce quando lui non era in grado di farlo, perché tramontato. Si mostrava ad intermittenza, come fosse timida; solo una volta ogni trenta giorni, in tutta la sua forma, si fingeva superba e illuminava il resto del cielo cercando attenzione.

La luce della luna era pallida e sfocata nella sua luminosità, soprattutto se paragonata a quella del sole; pareva che lei lo rincorresse, lo volesse eguagliare, anche sapendo che era impossibile – esattamente come il fatto che mai avrebbero potuto illuminare il cielo assieme, come due amanti senza possibilità di lieto fine.

Il sole piaceva a Castiel – gli ricordava la luce di un’anima molto particolare, anche se quella di Dean Winchester era una luce molto più intensa e calda e avvolgente; la luna invece era semplice – illuminava di poco l’oscurità della notte ma non riscaldava, come la grazia di un Angelo Caduto, bianca ma ristretta nella mentalità di un guerriero.

Improvvisamente Castiel provò compassione e pietà per quella luna , provò pena per sé stesso capendo di aver provato ad illuminare e vincere ed invece aveva semplicemente mostrato arroganza sfacciata – come una luna piena e, esattamente come un’eclissi totale, le conseguenze delle sue azioni lo avevano travolto.

Gli era stata data fiducia e lui l’aveva spezzata.
Aveva mentito ed era stato scoperto - e alla fine Superman era davvero passato al lato malvagio, consciamente o meno.

Castiel si chiese se avrebbe mai avuto occasione d’ incontrarlo questo Superman; non aveva idea di chi fosse ma la curiosità non era qualcosa che controllava in quel momento.

Mentre ora Castiel imbronciava le labbra e corrugava ancora la fronte, perplesso della corrente dei suoi pensieri e ancora infastidito, cercava di chiedere consiglio a quella luna.
 Lo fece anche se non avrebbe ricevuto risposta, come non l’aveva ricevuta quando si era appellato disperatamente al Padre,  quindi Castiel avrebbe continuato a non sapere se era giusto voler la pace- se ne aveva ancora diritto o se era semplicemente il giusto obbiettivo di una nuova missione silenziosa.

Non si sorprese quando si ritrovò a sospirare – così umano; proprio non riusciva a disperarsi.

Sapeva di voler anche altro, che non era stato creato per limitarsi nell’osservazione, ma nella sua mente incasinata continuava a sfuggire l’immagine giusta; quella non si faceva acchiappare e lui era semplicemente troppo stanco per impegnarsi un po’ di più, non ne aveva voglia.

E poi doveva ancora finire di contare le stelle.

Distese la fronte e cercò di ricordare a quale stella fosse arrivato nell’esplorazione – non ci riuscì allora ricominciò daccapo.

L’immagine di due occhi verdi, di lentiggini e luce – luce nel sorriso, nel cuore, nell’anima, luce da rincorrere e ammirare e meravigliarsi e amare, quell’immagine fu veloce e Castiel prestò poca attenzione a quella parte di mente che – sicuramente pazza- lo spingeva ancora nel lato scuro pieno di odio e rancore.

Sentimenti.

Ignorò le domande che celavano desiderio. C’erano, esistevano, ma non servivano.

se diventerò pazzo allora mi chiamerai ancora Superman? Un Superman redento, senza parti malvagie o buone, solo un supereroe per te ...?
Cos’è un supereroe? … mi insegneresti?
se sarò vivo e vegeto, sarai comunque lì a tenermi la mano? Non voglio cadere ancora, puoi prendermi?

Era una parte di lui matta, incosciente, che lo avrebbe riportato in una guerra di cui non voleva far parte, che lui avrebbe solo rovinato con le sue azioni e pensieri e maledizioni. Decise di chiudere quella parte in una stanza asettica della mente, non era di alcuna importanza;  le stelle sembravano infinite e sperava di riuscir a scoprirle tutte prima della luce abbagliante del sole.

L’espressione corrucciata era ormai svanita con l’immagine inconscia di un Impala e due ragazzi.

Era tranquillo Castiel e aveva cambiato opinione sulla luna, non era poi così male in fondo, perché non era sola. Il sole aveva le nuvole ma queste volavano via, le stelle invece non si spostavano mai. Castiel si disse un po’ invidioso della compagnia costante che quel satellite aveva, ma  si era ritrovato ad essere anche felice (ma non conosceva davvero quell’emozione umana, quindi non poteva essere davvero sicuro fosse la denominazione esatta. Tuttavia avrebbe avuto modo di approfondire ricerche una volta terminata la notte.)

L’Angelo Rinnegato non sorrise ma, al cuore di un Dio assente, quella speranza amara negli occhi di Grazia non poteva passare inosservata.

Nonostante la luna riflettesse la luce del maestoso sole non poteva davvero essere senza speranze  – e Castiel si rallegrò per lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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