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Autore: nevertrustaduck    11/07/2013    4 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati tre giorni, e io non l’avevo abbandonata.
Avevano spostato Tess in un altro reparto, e dato che le sue condizioni erano migliorate potevamo farle visita. Ma io non l’avevo ancora vista sveglia.
Arrivai ormai con sicurezza al corridoio del suo reparto, ma mi bloccai con la mano sulla maniglia della sua stanza. Faceva sempre male vederla così. Lei, la mia forza, il mio punto di riferimento, ridotto a un mucchietto d’ossa tenuto in vita fino a poco tempo prima da dei macchinari.
Presi un respiro profondo ed entrai.
L’odore di disinfettante che già aleggiava per il corridoio si fece più intenso, pizzicandomi le narici. Mossi cautamente qualche passo per non disturbarla, nel caso dormisse.
«Chi è?» mi sorprese.
La sua voce non era stanca o malata. Era più che altro addormentata.
«Sono io» risposi contenta di sentirla così.
Mugolò, accettando la mia presenza. Mi avvicinai al letto e mi andai a sedere dal lato della finestra, proiettando un’ombra grigia sulla sua coperta bianca. Era avvolta da quel colore, lo aveva tutto intorno a sé, fluttuando in una nuvola di candore che si estendeva alle braccia esili, lasciate scoperte dalla camicia che indossava, e al viso, che stava perdendo il pallore del disagio e della malattia. I capelli biondi sembravano sottili raggi di sole, così disposti ordinatamente sul cuscino, e le ciglia chiuse a solleticare le guance mandavano lievi bagliori dorati quando incontravano la luce che veniva dalle mie spalle. Sembrava così dolce e vulnerabile mentre riposava, quando in realtà sapevo che da sveglia poteva essere dolce e vulnerabile quanto poteva esserlo un caterpillar.  
Se gli angeli riposavano di tanto in tanto, secondo me non dovevano essere tanto diversi da Tess in quel momento. Sempre che fossero senza ali. E magari un po’ sottotono.
Lei, ignara dei miei ragionamenti, continuava a tenere gli occhi chiusi, ma il suo respiro non era abbastanza lento e regolare per essere quello di qualcuno che dorme.
«Come ti senti?» le chiesi piano, per paura di disturbarla.
«Per favore almeno tu risparmiami questo teatrino» biascicò continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Immagino che questo stia per “bene”» dedussi.
«Immagini bene» confermò lei. «Però per favore non chiedermi altro che ho la bocca tutta impastata, non riesco a parlare decentemente» disse in effetti in modo strano. Se avesse potuto avrebbe sbuffato, lo so. Un angelo un po’ impaziente, il mio.
Sorrisi. «Va bene, allora ti racconto io qualcosa» dissi aiutandola a sollevarsi un po’.
«Nessuno in tua assenza è venuto a minacciarci, picchiarci o ucciderci; non sono andata a scuola; Kevin e Danielle hanno posticipato la festa di fidanzamento di una settimana in modo che tu possa venire; e ho imparato che pranzare con i tramezzini del bar qui sotto è un’idea pessima, perché sono terribili» dissi elencando le varie novità sulla punta delle dita.
«Davvero?» mi chiese sorpresa.
«Sì, fanno una maionese troppo pesante» dissi disgustata.
«Intendevo la festa di fidanzamento. Davvero l’hanno posticipata per me?» mi domandò strascicando un po’ le parole.
«Oh, sì. Ci tenevano che fossimo tutti presenti» le risposi sorridendo.
«Sarà bello, vedrai» continuai accarezzandole un braccio con delicatezza.
Lei accennò ad annuire, senza scuotere eccessivamente la testa.
«Sono delle persone fantastiche, ti accoglieranno come hanno fatto con me» le dissi non tanto per rassicurarla, ma perché ero certa che sarebbe stato così.
In quel momento bussarono alla porta.
«Si può?» chiese Joe.
Tess si risvegliò improvvisamente e scosse la testa. «Non voglio che mi veda così» mi bisbigliò, affrettandosi ad allisciare i capelli sulla testa.
«Guarda che ti ha visto in condizioni peggiori. Non ti ha lasciata un momento da quando ti ha trovata» le dissi con un sorriso, lasciandola interdetta.
«Dai!» la incitai sistemandole un ricciolo biondo dietro l’orecchio. Per tutta risposta ridusse le labbra a una fessura, e cominciò a giocherellare con le dita, come faceva sempre quando era nervosa.
«Okay» si arrese infine.
Joe entrò richiudendosi la porta alle spalle, facendola cigolare sui cardini. Aveva una giacca rosso scuro, che posò sulla spalliera della sedia dove, fino a pochi istanti prima, ero seduta io.
«Va meglio?» le chiese con dolcezza.
Tess annuì lievemente, come prima, e lo ringraziò cercando di far assumere alla sua voce un tono normale.
Improvvisamente mi sentii di troppo, lì ai piedi del letto mentre loro si interrogavano sulle rispettive saluti e si sorridevano.
Rimasi ancora qualche secondo a godermi quella ritrovata luce negli occhi della mia migliore amica, con il cuore che mi esplodeva di gioia, prima di esordire con un: «si è fatto tardi, sarà meglio che vada».
Aveva parlato qualcuno? Sembrava di no.
Mi schiarii la voce e riprovai. «È tardi, dovrei…» indicai la porta, ma mi interruppi, accorgendomi di parlare di nuovo con il vuoto.
No, dai. Forse i fiori sulla cassettiera mi stavano seguendo.
«Okay» sussurrai sorridendo, avviandomi verso l’uscita.
Mi fermai sullo stipite della porta, riservando loro un’altra occhiata.
Joe le aveva preso una mano e gliela stava accarezzando dolcemente con il pollice, evitando accuratamente di sfiorare il punto in cui l’ago della flebo era inserito nella pelle. Mi voltai e uscii, chiudendomi la porta alle spalle, lasciandoli soli.

***
TELLER’S POV

Il Blue Horizons si trovava nella periferia della città, vicino a un vecchio deposito di auto usate. Era quella la veduta della maggior parte delle camere dell’istituto.
Il palazzo non era dei più nuovi, ed era stato ristrutturato da poco impiegando una manodopera piuttosto scadente, così il giallo che ne rivestiva la facciata stava già cominciando a creparsi. Tutte le finestre erano ornate da tendine a manovella di un bianco ormai sporco, con qualche evidente macchia di ruggine sui bordi superiori. Le inferriate erano scure, tutte uguali dal primo all’ultimo piano, e sembravano non avere serratura, come fossero sbarre. L’insegna blu a lettere corsive troneggiava sull’ingresso, segnalato da una tenda più grande e dalle porte di vetro che si aprivano a spinta.
Una signora era appollaiata dietro il bancone della hall, aspettando inutilmente qualcuno che venisse a fare visita ai pazienti. “Perché qualcuno dovrebbe voler avere ancora a che fare con questa marmaglia?” pensava rigirando le perline verdi della catenella degli occhiali tra le dita nodose. Passava così le sue giornate, nell’eterna attesa di qualcosa che non sarebbe accaduto.
Ma quel giorno il fato, chiamiamolo pure così, decise di dare una scossa alla sua routine.
Il campanello attaccato poco sopra la porta d’ingresso tintinnò poco dopo mezzogiorno, avvisando l’anziana donna dell’arrivo di qualcuno.
Un uomo sulla quarantina, con i capelli biondi e un improponibile golf a rombi verdi, entrò nella hall e si diresse al bancone.
«Salve, come posso esserle utile?» gli chiese la signora, sorpresa dall’arrivo di qualcuno.
«Salve, sono venuto per un vostro paziente» rispose cortesemente l’uomo.
La signora scosse il mouse e lo schermo nero del computer riprese vita.
«Mi dica» disse accomodante.
«Cerco David Switcherson, è stato un vostro paziente, e  per quanto mi risulta dovrebbe essere ancora in cura da voi… » disse l’uomo cercando di sbirciare sul monitor.
La donna si voltò e lo guardò da sopra gli occhiali.
«Mi scusi, non mi è permesso rilasciare informazioni private riguardo…»
«Oh, giusto. Sono suo cognato. Non mi meraviglio se non vi ha mai parlato di me, penso abbia voluto non scavare troppo a fondo sulla parte riguardante sua moglie» la interruppe l’uomo mostrandole un documento.
«Scusi, sa era solo la prassi» si giustificò la donna, dando una rapida occhiata al documento, che l’uomo si affrettò a far sparire nella tasca interna della giacca.
«Si figuri» rispose lui con un’alzata di spalle.
La donna picchiettò sulla tastiera, mentre il ronzio basso del computer riempiva l’aria della hall.
«David Switcherson è uscito una settimana fa, aveva finito la cura» disse lasciando perdere l’apparecchio e rivolgendosi nuovamente all’uomo.
Questi sbiancò appena.
«COSA?» disse a voce un po’ troppo alta. «Voglio dire… non ha nessun altro a parte me, mi dispiace che sia uscito da solo» continuò riprendendosi.
«Oh, non si preoccupi, in molti lo fanno. Dopo tutti questi anni pensano che nessuno si ricordi più di loro, così se ne vanno» disse placidamente la donna.
«E non ha lasciato detto dove sarebbe andato?» chiese l’uomo preoccupato.
La signora scosse la testa. «Non ha indicato nessuno nella categoria riservata ai parenti, così non abbiamo preso ulteriori informazioni. Però in molti si sistemano in un piccolo ostello in fondo alla strada. Quelli che hanno ancora qualche soldo da parte» disse con un’alzata di spalle.
«La ringrazio, è stata molto gentile» disse l’uomo con un sorriso cortese prima di uscire.
Non appena ebbe portato il suo maglione a quadri fuori dall’edificio, pescò il cellulare dalla tasca interna della giacca. Compose un numero e si limitò ad aspettare qualche squillo prima che rispondessero dall’altro capo.
«Sono io» dichiarò.
«Switcherson è uscito, e non si sa dove sia andato» disse amaramente.
«Mi hanno indicato un posto, sto andando a controllare» continuò dopo che il suo interlocutore ebbe detto qualcosa.
«Le assicuro che a breve non sarà più un problema» disse piegando un angolo della bocca, con un certo luccichio malvagio negli occhi.
«E poi le porterò la ragazza» promise in risposta ad alcune parole dette dall’altro capo del filo.
Concluse la telefonata con un “d’accordo” e ripose nuovamente il cellulare nella giacca. Si avviò con passo cadenzato verso una macchina parcheggiata nello spiazzo davanti all’istituto, e sì buttò sul sedile del passeggero. Fece segno all’uomo che stava alla guida di partire, e tirò fuori il documento dalla tasca della giacca.
«Andiamo» disse facendo scattare il cappuccio del suo accendino siglato. Girò la rotellina e una piccola fiammella prese vita nell’abitacolo. La portò alla’altezza del viso, piegando le braccia in maniera innaturale. «È giunta l’ora di mettere la parola “fine” a questa storia» disse poi in modo sinistro, avvicinando l’accendino al documento. Non appena questo prese fuoco lo lasciò cadere dal finestrino.
A quel punto si allontanò in macchina, lasciando la carta a contorcersi straziata sul ciglio del marciapiede, tra erbacce e tombini in rilievo, condannata a quel piccolo rogo che la consumò fino all’ultima fibra.


ANGOLO AUTRICE:
Salve, è qualcosa come più di una settimana che è pronto il capitolo, ma litigavo con l'editor e alla fine ho dovuto scaricare NVU. Se ho fatto casotti mi dispiace, ma ci devo prendere la mano u.u
Allora AVETE SENTITO LA NOTIZIAA?!? *-* UN PICCOLO (O UNA PICCOLA) JONAS E' IN ARRIVO! ** akbciqoqenoeunheqo appena leggo qualcosa a riguardo continuo a commuovermi, ormai giro per casa con una scatola di Kleenex attaccata al collo per ogni evenienza, modello San Bernardo c':
E la nuove canzoni!
Non vogliono farci uscire vive da questa settimana, credo sia ufficiale.
Gioite, ho pronti i prossimi tre capitoli! Incredibile ma vero, lo so, ultimamente non sono stata quella che si dice un'autrice modello lasciandovi appese per così tanto tempo e mi dispiace non immaginate quanto.
Cercherò di farmi perdonare con i prossimi capitoli (entro la fine dell'anno, sì) e chissà, MAGARI con qualche colpo di scena.
A VOI che avete aspettato e siete ancora con me, GRAZIE.
Un bacione <3
Miki

   
 
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