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Autore: _hayato    12/07/2013    2 recensioni
Elliot non c’era più.
Dopo la cerimonia di Oz alla villa di Yura, era come svanito del nulla.
Lo aveva lasciato, quel bastardo di un biondo, e glie l’avrebbe pagata, non appena sarebbe riuscito a trovarlo, ovunque fosse.
Attorno a lui tutti non facevano altro che fargli domande sconnesse e senza senso, su cose mai successe.
Elliot non c’era.
Elliot non c’era e non gli aveva detto niente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nick su forum: _Doll
Nick su EFP: _Doll
Titolo della storia: Runaway
Fandom: Pandora Hearts
Genere: Angst 
Rating: Arancione
Eventuali note: il finale può essere aperto o no, dipende dai punti di vista. Potrebbero esserci accenni di gore o lievissimissimissimissimissimo shonen-ai.
 
 

Elliot non c’era più.  
Dopo la cerimonia di Oz alla villa di Yura, era come svanito del nulla.

Lo aveva lasciato, quel bastardo di un biondo, e glie l’avrebbe pagata, non appena sarebbe riuscito a trovarlo, ovunque fosse.
La situazione, effettivamente, non aveva granché senso: andarsene senza avvisarlo, senza motivo e senza dire la destinazione non era certo da Elliot. Di solito non osava mai allontanarsi senza di lui, figurarsi senza nemmeno dirlo. Anzi, era lui quello che spariva all’improvviso senza dire niente, eppure i ruoli si erano invertiti .
Attorno a lui tutti non facevano altro che fargli domande sconnesse e senza senso, su cose mai successe.

Stranamente, persino Vanessa e gli odiosi genitori di Elliot erano spariti. Ormai era solo nella magione dei Nightray, la sola inquietante presenza di quel maniaco di Vincent a fargli compagnia. Che poi, quand’è che era diventato così accondiscendente, Vincent? Lo trattava quasi come se leccargli le suole delle scarpe fosse il suo passatempo preferito.
Gli dava seriamente sui nervi, ma, di sicuro, una volta tornato, Elliot lo avrebbe rimproverato sul comportamento poco consono ad un Nightray, per cui avrebbe potuto sopportare per un po’ quella faccia da schiaffi, almeno in favore delle impagabili risate che si sarebbe lasciato scappare vedendo il volto rosso di rabbia del suo padrone. Accennò un sorrisetto involontario al pensiero, domandandosi per l’ennesima volta quanto avrebbe dovuto aspettare per rivederlo. A dirla tutta, iniziava a preoccuparsi.

Eppure quel sadico idiota continuava a dirgli che non sarebbe più riuscito a “vederlo” nello stesso modo. Voleva dire che Elliot era cambiato? Che tutto quello che era successo da quel pazzoide lo avesse inorridito a tal punto? Improbabile, se non impossibile. Elliot non sarebbe mai potuto cambiare. Era destinato a restare per sempre lo stesso imbecille, insomma, i testoni come lui non cambiavano mai. Per cui dedusse che Vincent stava solo facendo il cretino, come suo solito. Oppure il suo padrone era gravemente ferito al punto di essere irriconoscibile. Ebbe un tuffo al cuore al solo pensiero: per lui non sarebbe cambiato niente, ma Elliot avrebbe potuto risentirne anche troppo.

Per cui, quando quella mattina si svegliò, si stiracchiò con calma e guardò Vincent – sempre appollaiato al suo fianco manco fosse un cagnolino – sicuro di quello che stava per dire.
“Tu sai dove si trova Elliot, vero?” chiese titubante. Alla fine, tutti sembravano saperlo al di fuori di lui.
Assurdo, quel nobile da strapazzo le avrebbe prese di santa ragione, una volta trovato.
“Vuoi che ti ci porti?” gli chiese a sua volta, con quella sua innata gentilezza.
Guardò le coperte ed annuì. Qualsiasi cosa fosse successo ad Elliot, doveva vederlo. Era suo dovere di servo, amico, ma soprattutto quello che desiderava più di ogni altra cosa. Sarebbe impazzito anche solo un altro giorno senza sue notizie.
“Sì. Voglio che mi ci porti adesso.” Rispose in un tono che doveva apparire tanto quanto quello di un bambino capriccioso, ma, sinceramente, non poteva fregargliene di meno. Aveva bisogno di Elliot e ne aveva bisogno adesso, come non importava.

Si vestì e lavò in fretta, seguito costantemente da Vincent ed uscì di casa, per poi entrare immediatamente in carrozza. Per tutto il viaggio, mentre guardava innervosito fuori dal finestrino, continuò a mordicchiarsi un unghia nel tentativo di non urlare per il nervoso, nonostante non servì a molto dato che esplose come una primadonna isterica quando Vincent gli disse di rilassarsi.

Quando la carrozza si fermò di fronte la Pandora e Vincent si allontanò, Leo si sentì morire. Era quello che intendeva prima? Non sarebbe mai più riuscire a vedere Elliot allo stesso modo perché ormai era stato etichettato come un criminale e condannato a chissà cosa?
È tutta colpa tua, sempre e solo colpa tua.
Sentì le voci esplodergli nella testa e si piegò su sé stesso con le lacrime agli occhi, piangendo con una disperazione che era sicuro di aver represso mentre faceva di tutto pur di allontanarle. No, per loro non era ancora finita. Vincent avrebbe allontanato tutti con il suo chain, avrebbero liberato Elliot e sarebbero scappati. Sarebbero tornati alla magione insieme e sarebbero stati felici ed al sicuro.
Staremo bene. Staremo tutti bene.Cantilenò, mentre dondolava ritmicamente nel tentativo di calmarsi.

Credeva che sarebbe impazzito in quella carrozza, ma quando tornò Vincent e, con uno dei suoi sorrisi agghiaccianti, gli disse che era tutto pronto per l’incontro, il desiderio di rivedere Elliot fu più forte di qualsiasi cosa.

Saltò giù in un attimo e seguì Vincent fino ad una stanza gelida, in un angolo dell’edificio – stranamente vuoto – che non aveva mai visto. Trattenne il fiato quando il biondo gli indicò un angolo in fondo alla stanza, ma quando vi rivolse lo sguardo notò solo un tavolo ricoperto da un lenzuolo.
«Vincent, lui non c’è.» disse gelido. L’uomo contrasse il viso in quello che era un sorriso stranamente meno inquietante dei soliti.
«Le assicuro che è qui, sotto il lenzuolo.» rispose calmo.
Leo si avvicinò svogliato al tavolo e tirò via il lenzuolo quasi con violenza, osservando con attenzione il corpo adagiato sul piano. Era un ragazzo della sua età, spalle larghe e capelli biondo grano. Gli occhi erano serrati, ma quando scostò una palpebra per controllare constatò fossero azzurri. Adagiata accanto a lui, un’elegante spada nera, ancora nella custodia.
La prese inorridito.
Quella era la spada di Elliot, perché avrebbe dovuto stare accanto ad un cadavere?
Lo guardò disgustato, prima di correre da Vincent e tirargli uno schiaffo talmente forte che fece male più a lui che al biondo.
«Mi hai mentito» sibilò rabbioso, stringendo convulsamente la spada tra le mani «quella cosa non è Elliot.»
«Non potrei mai mentirle.»
«E invece lo hai fatto!» sbraitò, rosso in viso per la rabbia.
Tornò accanto al cadavere e lo guardò di nuovo nei minimi dettagli, passando le dita sulle labbra sottili, rinsecchite per la disidratazione, studiandone l’espressione rilassata ma grave, accentuata dalla mascella serrata. Gli tolse i vestiti – i vestiti di Elliot, intrisi del suo profumo, che non meritavano di stare ancora a contatto con quella carcassa disgustosa – quasi rompendogli le ossa pur di non rovinarli, senza provare la minima pietà.
Si sedette a cavalcioni sul tavolo e gli stese le mani sul petto, toccando la pelle ormai di un malato colore pallido, sentendo il contatto con la carne fredda.
Quello non era Elliot.
Elliot era bello, invincibile, vivo e caldo. Elliot aveva sempre la fronte corrugata e gli occhi vividi, le labbra erano morbide, distorte nella più buffa delle espressioni. Elliot non era quella cosa.
Leo scese dal tavolo disgustato, afferrò le cose del suo padrone ed uscì, lasciando il cadavere nudo e scomposto nella sala senza nemmeno coprirlo col lenzuolo.
Aveva le lacrime agli occhi quando salì in carrozza, così come le aveva quando ne scese e quando si rintanò nella loro camera da solo.

Elliot non c’era.
Elliot non c’era e non gli aveva detto niente.
Elliot non c’era e ormai non sapeva più dove cercare.
Se ne era andato via, lasciandolo solo e spaventato con quello stupido cadavere che era riuscito a spacciare per il suo corpo.
Nemmeno un biglietto, un indizio, qualcosa.
Rifletti, Leo, Elliot non potrebbe mai abbandonarti.
Guardò i vestiti dell’amico piegati ordinatamente sul letto, accanto alla spada, e capì.

Era abbastanza ovvio, a dirla tutta. Rise di sé stesso nel chiedersi come aveva fatto a non arrivarci prima. Scese dal letto e si spogliò quasi con foga per poi infilarsi i larghi vestiti di Elliot, gli stessi che indossava prima di sparire. Sfoderò la spada e la esaminò con attenzione, fino a notare del sangue incrostato sulla punta. Elliot non avrebbe mai ferito nessuno, quindi era di sicuro il suo.
Sorrise.
Aveva capito tutto.
Elliot era stato risucchiato da quei vestiti, da quella spada.
Ora stava a lui raggiungerlo.
Se la puntò al centro del petto e spinse, sentendo il petto stringersi al solo pensiero dell’incontro che lo aspettava.
Estrasse la spada ed aspettò, con le lacrime agli occhi per l’emozione, che il cuore si fermasse.
Chiuse gli occhi.
Sorrise.
Finalmente lo avrebbe incontrato di nuovo.


Note random. L'ho finita tipo otto minuti prima della scadenza del concorso per cui l'ho scritta, quindi mi aspettavo peggio. Meglio così. Stranamente, non ho niente da dire kay. Ah, per la cronaca, Leo non è morto, è un Bascavilla. Ma io me n'ero dimenticata e visto che era tardi per inventarmi un finale la Alicchi ha detto che potevo pubblicarla anche così. Prendetelo come un finale aperto. O come un finale triste pensando che Leuccio troverà comunque un modo per ammazzarsi. Spero vi piaccia btw.
A presto,
_Doll
   
 
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