Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |      
Autore: Andrina    25/01/2008    3 recensioni
Sospirando mi tolsi il foulard che mi avvolgeva il collo. Scoprii la parte sinistra della mia mandibola sfregiata. Lo sfregio si estendeva per tutto il lato sinistro del collo , fino ad arrivare all’omero. Avevo paura della sua espressione. Con la coda dell’occhio , però , vidi che continuava a sorridermi. “Di cosa avevi paura?”mi chiese accarezzandomi la guancia destra. Deglutii a vuoto “ della tua reazione” risposi , e una lacrima mi rigò il viso.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di quel giorno ricordo solo dolore.
Tante immagini confuse si accavallavano , una sopra l’altra , e i suoni delle sirene e dei freni delle auto si mescolavano nella mia testa.
Con la coda dell’occhio vidi mia cugina , Alessia , distesa come me sull’asfalto in condizioni più gravi delle mie.
I suoi occhi erano socchiusi e il suo viso era tutto tagliato come lo erano anche le braccia e le gambe.. Dal gomito e dallo zigomo sinistro colava tanto sangue.
Poco distante da noi la nostra auto. O almeno ciò che ne rimaneva della nostra auto. Sembrava una pallina d’alluminio accartocciata da un bambino di cinque anni.
Accanto all’”auto” il camion ribaltato.
Poi degli uomini in divisa arancione si avvicinarono a me e a mia cugina.
Parlavano , parlavano e parlavano. Ma non riuscivo a capire.
Era frustante.
“Morti sul colpo” disse un uomo mentre altri tre caricavano Alessia sulla barella.
Poi mi sentii sollevare e posare su un qualcosa di orizzontale e di morbido, come un lettino.
Provavo dolore a respirare. A mala pena riuscivo a mettere a fuoco gli oggetti. Sentivo qualcosa di caldo bagnarmi i capelli . Il ginocchio sinistro non lo sentivo più. La mia guancia destra bruciava tutta , ardeva.
Poi…tutto iniziò a farsi buio. Stavo morendo? O ero già morta? Era l’inferno?
Le ultime parole che sentii prima di sprofondare nel vuoto furono
“ Le bambine devono essere operate d’urgenza”
Non mi ero resa conto che eravamo arrivati all’ospedale e che ero su un lettino spinto velocemente verso la sala operatoria.
Il buio durò tantissime ore. Forse giorni , settimane o mesi.
Nell’oscurità che mi avvolgeva , sentivo solo un leggero bep e un respiro profondo.
Mano a mano che acquistavo i sensi e che uscivo da buio , mi resi conto che tanti tubi mi collegavano al respiratore automatico,all’elettrocardiogramma e alla flebo.
Il mio ginocchio era ingessato così come anche il mio busto. Le mani e la testa erano fasciate e un tubo di plastica era conficcato nella mia gola.
“Lucy?” mi chiamò una voce che non riconobbi subito “ Lucy mi senti?”
“p…papà”risposi con voce roca.
“Lucy ,tesoro, come ti senti?”
Annuì lievemente. Non ero in grado di parlare. Non ci riuscivo. Per ogni mio respiro , un dolore lancinante mi prendeva il petto e si diramava verso la schiena prendendo i fianchi e i reni.
Cercai di spostare la testa e gemetti.
Brutta idea.
“Cerca di rimanere ferma,hai sei costole rotte, un trauma cranico , una frattura al ginocchio sinistro e una lussazione al gomito”
Non badai molto alle sue parole. Cercavo di ricordare qualcosa che mi ero dimenticata. Qualcosa di molto importante.
Poi il suo nome mi fece sussultare.
“Alessia” sussurrai con gli occhi rivolti verso mio padre
“Cosa?”
“Alessia” dissi con tono più alto “dov’è?”
“Alessia è nelle tue stesse condizioni,solo che…”sospirò “ è rimasta cieca”
Rimasta cieca….quella frase mi torturò.
Posai la mano sulla mia guancia. Era tutta fasciata.
“Tesoro…” sospirò nuovamente “ la tua guancia sinistra…è sfregiata”
Con la loro freddezza, quelle parole mi uccisero.
Io sfregiata e mia cugina rimasta cieca…le nostre vite erano cambiate.


Passarono dieci anni da quel brutto giorno.
Dieci anni infernali.
Dieci anni passati a cercare di accettare lo sfregio che mi prendeva la guancia e che si ramificava fino al collo arrivando all’omero.
Ma il mio sfregio era nulla in confronto a ciò che aveva passato , e che passava ancora oggi , mia cugina.
Condannata per un intera vita a dipendere da qualcuno.
Qualcuno che vedesse per lei.
E quel qualcuno ero io.
Non mi pesava certo. Ma pesava a lei. Si sentiva un peso,un intralcio.
Io ero i suoi occhi e senza di me non avrebbe visto più nulla.


Posai il mascara sul comò e mi aggiustai i capelli con le mani . Erano ricci quindi non dovevo pettinarli. Dovevo solo scuoterli un po’.
La matita nera faceva risaltare i miei occhi verde smeraldo che creavano un leggero contrasto con i miei capelli castano chiaro.
Presi il foulard bianco , che si abbinava alla mia camicetta celeste , e lo avvolsi intorno al mio collo prestando attenzione a coprire la mia guancia sfregiata.
Messe le scarpe, andai da mia cugina e l’aiutai a pettinarla.
Al contrario mio , lei aveva lunghi capelli biondo ramato sempre stirati. Grandi occhi grigi che fissavano sempre il vuoto. Erano freddi,duri e inespressivi. Alcune volte sembravano veri e propri pezzi di ghiaccio incastonati sul suo volto.
Entrambe eravamo magre e alte.
“Allora…che si fa oggi?” chiesi iniziando a spazzolarla.
“Mmh…pensavo di rimanere nell’hotel”
Mio padre era il proprietario di uno dei più lussuosi alberghi di Berlino. Visto che rimaneva in hotel quasi tutto il giorno, io e mia cugina avevamo preferito trasferirci in una delle più grandi suite.
“Quindi rimaniamo in hotel?
“Si…hai sentito tuo padre ieri?”
“Mmmh”
Sospirò “Oggi devono venire i Tokio Hotel…o qualcosa del genere. Sono curiosa di vederli”
La sentii ridere.
Era in quei momenti che mi vergognavo di me stessa.
Io che mi disperavo per un piccolo sfregio e mia cugina che rideva della sua condanna.
Finì di spazzolarle i capelli e posai la spazzola sul comò.
“Vuoi che ti aiuto a truccarti? “
Si alzò dalla sedia “No grazie…”
Quando anche lei fu pronta , scendemmo giù nella hall. Io la tenevo per mano. Come ho già detto, ero i suoi occhi e dovevo guidarla.
“Giorno Lucy , Alessia” ci salutò cordialmente un dipendente.
Ricambiai con un cenno del capo il saluto.
“Andiamo a fare colazione ti va? “ chiesi ad Alessia.
Annuì.
Mentre ci dirigevamo verso il bar dell’hotel , varie urla catturarono l’attenzione di mia cugina.
“Cosa sono queste urla?Cosa succede?”
Guardai fuori dalla porta di vetro d’ingresso dell’hotel: uno stormo di fans era appostato all’entrata dell’albergo e urlavano con tutto il fiato che avevano in corpo agitando cartelloni e cd.
“Credo siano le fans dei…”
“Tokio Hotel “
“Ecco,esatto”
Ci dirigemmo al bar e ci sedemmo al bancone.
Come al solito ordinammo del latte al cioccolato e qualche brioche.
“Metto io lo zucchero” dissi vedendo Alessia intenta a cercare le bustine di zucchero
“No no…faccio da sola” insistette lei.
Era inutile continuare.
Non voleva sentirsi un peso anche con le cose più futili, tipo mettere lo zucchero nella tazza del latte.
Distolsi lo sguardo e lo feci scivolare sul giovane cameriere castano che mi salutò con un sorriso.
“Ciao Lucy” disse avvicinandosi
“Ciao Oscar…”
“Giorno Alessia”.
Sorrisi vedendo che Oscar ,con un rapido gesto della mano, avvicinò la bustina di zucchero verso la mano di mia cugina che continuava a vagare a vuoto sul bancone.
“Grazie..”sussurrai
Ricambiò con un sorriso.
“Sono già arrivati i Tokio Hotel? Fuori all’hotel c’è un caos bestiale!”chiesi prendendo il cornetto e spezzandolo in due.
Oscar sorrise e puntò il dito verso un tavolo.
Mi voltai leggermente e vidi quattro ragazzi seduti a un tavolo che scherzavano e ridevano.
Uno aveva i capelli neri ,con qualche ciocca argentata, “sparati” in aria .I lineamenti del viso erano molto gentili, quasi femminili. Aveva le unghie laccate di nero con la punta bianca e gli occhi pesantemente truccati di nero. Accanto a lui un ragazzo con i rasta raccolti in un codino trattenuto da un capello blu. Anch’esso aveva dei lineamenti molto gentili e , al contrario di quello che sembrava il fratello , non era truccato. Gli altri due ragazzi che scherzavano erano un po’ robusti. Uno aveva i capelli lunghi fino alle spalle , castani e piastrati . L’altro aveva i capelli corti nascosti da un capello nero con scritte rosse.
Mi rigirai e misi in bocca metà del cornetto spezzato.
“Come ti sembrano?” chiese Oscar.
Mi strinsi nelle spalle.
Come mi sembravano? Non ne avevo idea.
Una come me non poteva giudicare. Una sfregiata come me non poteva dare giudizi. Non ne avevo il diritto.
“Normali”dissi infine.
“Lucy…puoi descrivermeli?”chiese gentilmente Alessia.
“Certo…”
Le dissi per filo e per segno com’erano fatti in modo tale che la sua fantasia potesse elaborare delle immagini che somigliassero a quelli reali.
Sorrise “Il moro mi sembra un po’ buffo…ma carino”
Non risposi e bevvi il latte.
“Mi scusi , posso avere una tazza di caffè? “ chiese una voce vellutata alla mie spalle.
Mi voltai leggermente e con la coda dell’occhio vidi che dietro di me c’era quel ragazzo moro con i capelli sparati in aria.
“Subito” rispose Oscar e andò a preparare il caffè.
Sobbalzai non appena il moro si avvicino al bancone e mi cadde a terra il cucchiaino.
Mi chinai per raccoglierlo ma lui lo prese prima di me.
“Grazie..”risposi timidamente
“Di nulla “ mi sorrise.
Sentì le guancie avvampare. O meglio…sentì la guancia destra avvampare, quella sinistra era morta.
Mi girai di scatto concentrando il mio sguardo sul cornetto spezzato.
Quando Alessia cercò la mia mano.
“Lucy…cambio di programma….che ne dici di andare in giro per i negozi?”chiese
“Okay” risposi.
Scesi dalla sedia e aspettai che mia cugina finisse di bere il latte.
“Come ti chiami?”mi chiese il moro che mi stava mangiando con gli occhi.
“Lucy”risposi distendendo le labbra in un sorriso.
“Bill “ disse e mi porse la mano.
La stavo per stringere ma quando mi accorsi dello sfregio ben visibile sul dorso della mia mano ci ripensai e la nascosi dentro la tasca dei jeans.
Poco dopo notai Alessia scendere dalla sedia. Subito la presi per mano e l’aiutai ad allontanarsi dal bancone.
“è stato un piacere conoscerti..”dissi allontanandomi.
“Il piacere è tutto mio” mi rispose Bill sorridendo.
Continuando a tenere per mano mia cugina uscii dal bar sentendo gli occhi del moro puntanti addosso.
Nel pomeriggio io e mia cugina ci ritrovammo nella grande biblioteca dell’hotel.
Io ero seduta su una poltroncina posta in un piccolo salottino situato tra la biblioteca e la hall e mia cugina continuava a camminare tra gli scaffali passando delicatamente il dito indice sul dorso di ogni libro.
Sospirai e ripresi la lettura facendo scivolare lo sguardo sul guanto di pelle che mi ero messa alla mano sinistra.
Alcune volte mi dimenticavo di avere uno sfregio anche sul dorso della mano. Era uno sfregio profondo e spigoloso, come una stella spezzata. Per fortuna i miei sfregi potevano mascherarsi bene. Alessia , per esempio , ne aveva alcuni sulla fronte nascosti da una frangetta biondiccia.
Eravamo molto brave a nascondere le nostre condanne. Avevamo paura che la gente ci evitasse.
Eppure Oscar , che era l’unico a sapere cosa nascondesse il mio foulard , non mi evitava. Anzi, mi era sempre vicino, senza pesarmi, ovviamente. Aveva paura di farmi soffrire. Che caro ragazzo.
“Ciao”disse una voce vellutata alle mie spalle. Mi girai e arrossii.
“Ciao”risposi cordialmente al moro che , sorridendo, si era seduto accanto a me.
“Lucy vero?” chiese gentilmente
“Si…Bill vero?” risposi sorridendo
“Esatto”ricambiò il sorriso “ quanti anni hai?”
“Ne devo compiere diciassette tra due giorni”
“Auguri. .anche se in anticipo”
“Grazie. Tu invece hai… mh …diciotto anni. Giusto?”
“Si giusto. Mia fan?”
“No. Senza offesa…non conosco nemmeno una vostra canzone”
“Non mi offendo.”
Poi concentrò il suo sguardo sul mio guanto.”Perché lo porti solo a una mano?”
Sembrava solo curioso,non invadente “preferirei non parlarne”risposi cupa.
“Oh.. scusa se sono stato invadente”
“No tranquillo. Umh..posso darti del tu vero?”chiesi preoccupata
Rise “Certo che puoi”.
Tirai un sospiro di sollievo. Mancare di rispetto a una star di fama mondiale non era certo nei miei piani.
“Tua cugina?”chiese guardando Alessia.
“Si…Alessia. Ha la mia stessa età.” Sfogliai il mio libro “E quel ragazzo con i rasta…è tuo fratello?”
“Si…siamo gemelli”
Sorrisi “ Beh…si vede”
“Davvero?”
“Certo…insomma…siete identici!”
“Beh il nostro look è diverso”
“Ma io non sto parlando del look. Parlo del viso. Avete gli stessi lineamenti”
Vidi Alessia avvicinarsi. Mi alzai e l’aiutai a sedersi.
“Alessia…c’è Bill seduto accanto a me “
Mosse gli occhi di ghiaccio nel vuoto “Salve”disse.
“Ciao” rispose Bill “Alessia.. giusto?”
“Esatto”
“Hey Bill!”esclamò una seconda voce maschile, un po’ roca.
Si avvicinò al divano un ragazzo dai capelli rasta , vestito con maglietta e jeans tre volte lui.
“Ti ho cercato per tutto l’hotel e dove ti trovo? “ scoccò un occhiata a me e ad Alessia “ a fare il cascamorto con due belle ragazze”
A quella frase arrossii e mi venne quasi da ridere.
Si sarebbe rimangiato tutto se per sbaglio il mio foulard fosse caduto per terra.
Con la coda dell’occhio vidi anche mia cugina avvampare.
“Lucy”disse Bill guardandomi “ e Alessia” fece scivolare lo sguardo su mia cugina.
“ Tom ”disse il rasta porgendomi la mano. La strinsi e poi la porse a mia cugina che m’imitò.
“Quanti anni avete?”
“Diciassette.”
“Avete da fare questa sera?Che ne dite di andare in discoteca?”
Okay.Questi erano i tipi che non mi piacevano.
Mi rabbuiai “Noi non possiamo uscire”
“Perché no?”chiese Tom
“Perché io sono cieca”rispose calma e cortese Alessia , abbozzando un sorriso che voleva mascherare un velo di tristezza.
“Ah…”
“E io devo rimanere con lei. Non posso lasciarla sola.” aggiunsi.
Ci scusammo con i gemelli e iniziammo a conoscerci meglio.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Andrina