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Autore: annabll    13/07/2013    2 recensioni
L’ultima cosa che ricordava la disorientava: era uscita dal bar, dopo aver preso un caffè, e si stava dirigendo verso casa di Emily, per incontrare le ragazze. Aveva qualcosa di importante da dir loro. Doveva aver fatto una scoperta sconvolgente, ma che al momento non le ritornava in mente. - Spence, apri gli occhi – ripeteva a se stessa. Ma ancora non aveva trovato il coraggio di farlo. Non ne conosceva il motivo, ma aveva un orribile presentimento.
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Spencer Hastings, Toby Cavanaugh, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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                                                             EYES BEHIND MY HEAD

Capitolo primo

 

 

 

Spencer era in procinto di aprire gli occhi. Aveva un terribile mal di testa, come se qualcuno le avesse appena infilato un pugnale nel cervello. Udiva un forte brusio, voci confuse, urla, rumori assordanti, ma non riusciva a distinguerne nemmeno uno. Non sapeva cosa le stesse accadendo, né dove fosse. L’ultima cosa che ricordava la disorientava: era uscita dal bar, dopo aver preso un caffè, e si stava dirigendo verso casa di Emily, per incontrare le ragazze. Aveva qualcosa di importante da dir loro. Doveva aver fatto una scoperta sconvolgente, ma che al momento non le ritornava in mente. - Spence, apri gli occhi – ripeteva a se stessa. Ma ancora non aveva trovato il coraggio di farlo. Non ne conosceva il motivo, ma aveva un orribile presentimento.
BOOM BOOM BOOM! Un altro rumore assordante le stava trapanando i timpani, e sentiva le sue tempie fondersi. Provò allora ad avvicinare le mani alla testa per fare un po’ di pressione, ma non riusciva a muoverle, anzi, avvertiva la più forte insensibilità in tutte le parti del suo corpo. – Le mie mani sono sparite, cazzo! – iniziò a dare di matto – Spence, apri quei fottutissimi occhi, e vedi dove sono finite le tue mani! - .
In un baleno spalancò le palpebre. Non riusciva a vedere quasi nulla. Forme indefinite e sfocate le attraversavano le retine, colori scuri e confusi associava alle immagini. Riuscì a malapena a capire di essere stesa su un pavimento, forse più per il freddo che avvertiva che per l’uso della ragione. Aveva perso tutta la sua lucidità. Provò di nuovo a portare le mani alle tempie, ma stavolta si rese conto di una cosa che prima non aveva notato: ok, qualcuno mi ha legato le mani dietro la schiena . . . ma calma, Spence, almeno sono ancora attaccate al resto del tuo corpo, iniziò così a ragionare. Qualcuno l’aveva rapita, a questo ci era arrivata, ma non aveva ancora capito né chi né per quale motivo.
Provò ad alzare la testa, per provare a sedersi, ma nel momento esatto in cui ci provò, tutta la stanza in cui era reclusa cominciò a girare ad una velocità supersonica, tanto da costringerla a stendersi di nuovo. – Forse mi conviene star stesa qui, almeno posso provare a ragionare un po’ e a non dare di matto - . Voleva urlare, ma aveva paura di farlo. Anzi, aveva paura di non avere più nemmeno la voce. L’unica cosa che poteva fare era calmarsi, e cercare di ricordare più che poteva, prima di arrendersi al panico che le stava invadendo tutte le membra del corpo.



TRE ORE PRIMA . . . .


“ Lo bevi tutto quello? Ti hanno mai detto che alla tua età troppa caffeina fa male? “ esordì qualcuno alle spalle di Spencer. La ragazza, presa alla sprovvista, si girò repentinamente per trovarsi di fronte un uomo che non aveva mai visto prima. Lo scrutò da capo a piedi: sembrava avere all’incirca una trentina d’anni, era alto, molto magro, con capelli castani ricci e lunghi fin sopra le spalle. Sembrava un po’ impacciato, ma portava un cinturone, con una pistola in bella vista.
“tranquillo, chiunque tu sia, è decaffeinato” continuò la ragazza con circospetto.
“ Scusami, che maleducato, non mi sono ancora presentato. Sono il dr. Spencer Reid, lavoro per l’Unità Analisi Comportamentale dell’FBI” affermò con fierezza lo sconosciuto. Spencer si ritrovò un po’ sconcertata dall’ultima affermazione dell’uomo. Che ci faceva un agente dell’FBI a Roswood? E soprattutto: perché stava parlando con lei? “ Vedo che anche tu non gradisci granché i convenevoli!” disse il dr Reid con tono sarcastico.
“ Spencer . . . Mi chiamo Spencer Hastings, piacere” replicò con tono incerto stavolta la ragazza
“ Lo sapevo già, ma volevo sentirtelo dire” l’agente indossò un sorriso, sembrando quasi divertito dal timore che riusciva ad incutere.
Continuando: “ Non volevo indispettirti, anzi. Sono qui per aiutarti, o meglio, per aiutare tutte voi” abbassò la voce.
Sempre più sconvolta Spencer cominciò anche a balbettare: “ Tutte voi? “
“ Si. Conoscevo Alison DiLaurentis, anche se con il nome di Vivian Darkbloom. Non so come fosse riuscita a trovarmi. La prima volta che l’ho incontrata mi era sembrata spaventata da qualcosa . . . o meglio, da qualcuno. Era minacciata da uno stalker, che le lasciava messaggi e regali firmati –A, ma questo probabilmente già lo sai” iniziò anch’egli a sorseggiare un caffè “ allora ho deciso di cominciare ad aiutarla, ma dopo un po’ non l’ho vista più in giro, e, terrorizzato dal fatto che le fosse potuto succedere qualcosa, ho cominciato ad indagare su di lei, fino a scoprire che mi aveva fornito un falso nome e che . . . era stata assassinata” posò la tazza sul tavolino, e avvicinò la sedia sulla quale era seduto a quella della ragazza, come se le stesse per dire una cosa che non desiderava che orecchie indiscrete percepissero “ da un po’ di tempo sto osservando te e le tue amiche, dato che Viv . . volevo dire Alison mi aveva parlato molto di voi. Pensavo voi foste colpevoli sia dello stalking che dell’omicidio. Ma ben presto mi sono reso conto che anche voi, come Ali, state ricevendo messaggi anonimi firmati – A, e stavolta non permetterò che altre persone possano rischiare la vita, se io ho la possibilità di aiutarle”.
Spencer era quasi del tutto incredula. Le sembrava di sognare. Non sapeva se fidarsi o no di quell’uomo che all’improvviso era arrivato al suo cospetto, ma, in un modo o nell’altro le ispirava un forte senso di fiducia, e, dato che anche Ali aveva chiesto aiuto a lui, beh, forse era una persona con la quale sentirsi sicura. – Beh, magari prima di affidargli la mia vita, dovrei fare qualche ricerca. Ora come ora non possiamo permetterci di rischiare di prendere un abbaglio- aveva pensato la Hastings. Presa più coscienza in quel momento di quanto stava accadendo, concluse quell’interessante discorso con lo sconosciuto in questo modo: “ Se ciò che dice è vero, non può aspettarsi che le dia la mia fiducia per nulla. Poi forse sarebbe meglio se ne discutessi prima con le mie amiche”.
“ Questo è ovvio, prendetevi tutto il tempo che vi occorre. Io continuerò le mie ricerche, e, quando sarete pronte, chiamami. Ecco, questo è il mio biglietto da visita. Arrivederci, Spencer! “ replicò lui.
Afferrato il biglietto da visita stretto tra le dita, gli diede un’occhiata, per poi riporlo in una tasca della borsa. Uscì di corsa dal bar per chiamare le amiche.



ORA . . .


Per il momento non riusciva a ricordare altro. Forse era quello l’ultimo ricordo che aveva prima di risvegliarsi in quel posto. Il mal di testa le stava finalmente passando e la vista le sembrava meno sfocata di prima. Tuttavia stava cominciando a sentire uno strano odore. Non riusciva a catalogarlo, né a riconoscerlo, ma le sembrava familiare. In pochi secondi sentì le forze venirle meno, chiuse gli occhi, e cadde in un sonno profondo.

  
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