Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: Ita rb    13/07/2013    3 recensioni
Flashfic sulla prima stagione di "Elisa di Rivombrosa", dedicata alla morte di Isabella e al suo amore impossibile.
Dal testo: Nell’avanzata risuonava lo scroscio sottile della prua che si addentrava nella laguna.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Note: Salve a tutti, è la prima volta che scrivo in questo fandom, ma avendo visto per tante volte i cofanetti di questa magnifica serie tv, alla fine ho ceduto alla tentazione di scrivere una breve flashfic. Non mi dilungherò molto, spero soltanto che possa piacervi e intanto, come mia abitudine, lascio un link a youtube con la canzone che mi ha ispirato:
Xoxo
 


 
«La rosa non era avvelenata. Vi ho disobbedito, marchesa.»

Il silenzio era tanto vivido da risultare quasi assordante, simile a un fischio lontano che, severo, ridondava nelle orecchie fino a ferirle. L’illusione che aveva visto la luce nel corso degli anni si era dissipata all’improvviso, dinanzi al suono di quelle parole secche e velenose che le erano state rivolte con rabbia; allorché aveva compreso, mentre rammentava appena le minacce fatte di reminescenze vaghe, il senso di quella domanda che le era rimasta impressa, la stessa che Martino aveva pronunciato ingenuamente: «Ma se è così cattiva, perché rimani con lei?» Da quando l’aveva udita per la prima volta, non aveva mai smesso di cercare una risposta plausibile che potesse placarle l’animo – eppure non c’era riuscita.
Nell’avanzata risuonava lo scroscio sottile della prua che si addentrava nella laguna. Sentiva l’acqua tra le dita e quella sensazione era così debole da farle salire le lacrime agli occhi, ma non poteva piangere, altrimenti Gasparo si sarebbe accorto che il colpo della Marchesa non era andato a segno come auspicava – e che razza di morte avrebbe avuto, dunque?
Ogni senso, mentre serrava le sue dita lasciando che le gocce pallide si spargessero sul palmo, parve smarrirsi nel nulla; gli anni trascorsi in sua compagnia, gli attimi in cui, con complicità, era riuscita addirittura a malignare alle spalle di qualcuno solo per compiacerla: tutto aveva perso di significato, mentre la corda si serrava attorno alla sua caviglia e le palpebre battevano piano, scorgendo i confini di un mondo imperfetto oltre la coltre di nubi che ricopriva il cielo tra i rami contorti della laguna.
Era così, in fondo, e non sarebbe potuta andare diversamente; perché ogni frammento di tempo perduto si ritrovava pressante contro gli stinchi e sapeva assumere le sembianze di un masso qualunque, uno tra tanti, che segnava la sua condanna a morte.
Chiuse gli occhi, mentre la mano del servo si posava sul suo volto, scostandolo per osservarlo meglio – e mai ci furono parole più vere di quelle che udì in quell’attimo: «Non lo sapevi che l’amore è proibito per quelli come noi?»
Aveva perso tutto, se mai avesse creduto di possedere qualcosa, ma il suo cuore dolente non aveva intenzione di chinarsi dinanzi la cattiveria dell’unica persona che avesse mai amato.
Uno scroscio più intenso la riscosse, lasciando che la morte le si avvicinasse senza che questa tentasse la fuga; allora l’aria cominciò a mancare nei suoi polmoni e dagli stessi, scivolando lungo la gola, l’aria prese a uscire in un singhiozzo soffocato.

Per sempre dimenticata, oltre i confini di una valle silenziosa.

   
 
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