Prologo
Nel
castello di Camelot si respirava da giorni un’aria di
trepidante attesa. Non
c’era castellano o membro del popolo che non fosse curioso di
scoprire se
l’accordo matrimoniale tra la casata dei Pendragon e quella
dei Fraumros si
sarebbe concluso o sarebbe finito con un nulla di fatto; del resto, che
Artù ed
Eris non potessero sopportarsi era ben noto a tutti. La figlia di
Morzan lo
giudicava un ragazzino viziato, arrogante
e spocchioso, incapace di mostrare la minima forma di
rispetto e ringraziamento
verso chi non apparteneva alla nobiltà; d’altro
canto l’erede di Camelot poteva
tranquillamente affermare di non aver mai avuto l’occasione
di conoscere una
ragazza più insopportabile, dispotica e indisponente di lei.
I genitori di
entrambi, nel corso di quegli anni, avevano cercato in tutti i modi di
suscitare un sentimento se non proprio di amore almeno di simpatia
reciproca,
ma avevano fallito miseramente e, mentre Uther non si faceva scrupoli
nell’imporre il matrimonio al figlio, facendosi forte del
fatto che avrebbe
incredibilmente giovato al regno e che rientrava tra i suoi doveri,
Morzan
sembrava avere ancora qualche incertezza. Eris era la sua
secondogenita,
affrettare il suo matrimonio non era strettamente necessario, ed
inoltre non
credeva nei matrimoni combinati. Aveva accettato la proposta di Uther
solo
perché da sempre il loro sogno era quello di unire i due
regni, ma avrebbe
rinunciato se la figlia non fosse stata proprio convinta della cosa.
Era per
quel motivo che, malgrado i problemi che si registravano al confine del
suo
regno, era partito verso Camelot: Eris aveva opposto il suo ennesimo
rifiuto a
quell’unione. Voleva parlarne con Uther, magari insieme
avrebbero trovato una
soluzione, e poi c’era ancora la ratifica del rinnovo della
loro alleanza da
sistemare. Giunse al castello a metà mattinata, scortato da
un piccolo
drappello del suo corpo di guardia, e venne accolto con educato
rispetto dai
cavalieri che si allenavano nel cortile. Venne condotto dal re,
congedando le
sue guardie.
- Morzan,
amico mio. –
Si scambiarono
un virile abbraccio, assestandosi un paio di pacche sulla schiena.
- Purtroppo
non porto delle buone notizie, Uther. –
L’uomo
aggrottò la fronte, osservandolo con i glaciali occhi
azzurri: - Vuoi forse
dirmi che tua figlia si rifiuta di sposare Artù? –
Morzan
assentì con aria grave, accettando il calice che uno dei
valletti gli offriva.
Lo sorseggiò lentamente, studiando l’espressione
sul volto del vecchio amico.
Era evidente che non ne era sorpreso, né tantomeno contento.
- Questo
è
un bel problema. Sono ancora giovani, certo, ma la decisione dovrebbe
essere
presa il prima possibile. Non ci sono speranze che Eris cambi idea,
voglio
dire, dopotutto ha solo undici anni? –
Il sovrano
scosse la testa; conosceva bene sua figlia, malgrado fosse appena
entrata
nell’età adolescenziale e quindi poco
più che una bambina: quando si metteva in
testa una cosa era quella e basta.
- Lo
escludo, ha lo stesso carattere di sua madre: è di una
testardaggine
incredibile. –
-
Artù non
è da meno, anche se in questo caso suppongo dipenda dai miei
geni. –
Si
guardarono per un paio di secondi, poi scoppiarono a ridere nello
stesso
istante.
-
Sì, non
sei esattamente ciò che si dice un uomo flessibile.
– confermò, ridendo,
Morzan.
- Suppongo
sia il caso di limitarci a rinnovare il nostro trattato
d’allenza, almeno per
il momento. –
Uther
annuì, facendo un cenno al valletto affinchè
portasse loro il calamaio e
riempisse nuovamente i loro calici. Siglarono i documenti, mandandoli a
Geoffrey affinchè provvedesse ad archiviarli, poi tornarono
al loro consueto
brindisi.
- Camelot e
Fraumros sono amiche da anni, e così continuerà
ad essere. Prendi, amico mio,
brindiamo alla nostra eterna amicizia. –
Fecero
cozzare i calici, incrociando le braccia prima di vuotarli tutti
d’un sorso.
- Sei
proprio sicuro di non voler rimanere almeno per stasera? –
Morzan si
passò una mano tra i capelli leggermente brizzolati,
sospirando: era evidente
che fosse stanco e provato dagli eventi che si stavano succedendo.
- Mi farebbe
davvero piacere, Uther, ma la situazione non è delle
migliori. –
Il re di
Camelot annuì, comprendeva pienamente le ragioni
dell’amico.
-
D’accordo, ma spero comunque che tornerai presto a farmi
visita, e questa volta
con tutta la tua famiglia. –
- Certamente.
–
Si
scambiarono l’ennesimo abbraccio e poi si separarono.
La mattina
dopo arrivò la notizia: Morzan Fraumros non aveva mai fatto
ritorno a casa. Il
re e la sua scorta erano stati aggrediti appena fuori dai confini di
Camelot;
l’unico superstite era una delle guardie, giunto a Fireland
in fin di vita.
- Il re
è
morto… Sabin. –
Questo era
tutto ciò che aveva avuto il tempo di riferire prima di
spirare. La questione
del matrimonio era stata messa da parte e, malgrado
l’alleanza tra i due regni
fosse sopravvissuta, le casate di Pendragon e Fraumros non si erano
più
incontrate… questo almeno fino ad otto anni dopo.
********
- Mio
signore, ci sono problemi al cancello Est della Cittadella. –
Artù
si era
appena ritirato nelle sue stanze quando Leon entrò come una
furia, abbandonando
il consueto decoro che imponeva la cortesia di bussare e attendere che
il
principe desse il proprio permesso ad entrare.
- Che
succede? –
- Un
cavaliere in nero, si è rifiutato di dire anche una sola
parola, ora sta
combattendo con le guardie. –
Con uno
scatto, si alzò dal letto a baldacchino, rimise gli stivali
e agguantò la spada
che Merlino si era affrettato a porgergli.
Percorse in
fretta la strada che lo separava dal piazzale, seguito a ruota da Leon
e
Merlino, anche se non gli era chiaro perché il suo servo si
ostinasse a
mettersi in gioco in questioni che non era chiaramente in grado di
affrontare.
Vide subito
il cavaliere, intento a menare fendenti con una rapidità ed
una precisione
impressionanti; sembrava che l’armatura lo rendesse
innaturalmente imponente, e
da ciò dedusse che doveva trattarsi di qualcuno di statura e
corporatura esile:
questo spiegava anche come facesse a muoversi con quella
rapidità.
Oltrepassò
i cavalieri caduti, sfoderando la spada e frapponendosi tra il
misterioso
sconosciuto ed Elayn. Scambiarono un paio di colpi lenti e presero a
girarsi
intorno, cercando di valutare l’avversario che avevano
davanti. Era veloce, ma
i suoi colpi erano meno potenti di quelli che era solito menare lui. Un
affondo, una parata, e poi un taglio obliquo, sferrato con la mano di
sinistra,
che lo colse di sorpresa, ferendolo al polso e facendogli sfuggire la
spada di
mano.
La lama
dell’avversario puntò velocemente verso la sua
gola, arrestandosi nel momento
stesso in cui la punta sfiorò la morbida pelle al di sotto
della mandibola.
-
Artù
Pendragon? –
La voce
suonava troppo delicata per essere quella di un uomo.
- Sono io,
vuoi rivelarmi la tua identità? –
Il
cavaliere nero si tolse l’elmo, scuotendo la testa e
lasciando che una lucida
cascata di onde corvine ricadesse sull’armatura; gli occhi
azzurri, talmente
chiari da sembrare fatti di ghiaccio, lo fissavano in un misto di
divertimento
e compiacimento. Aveva già visto quella ragazza da qualche
parte, ma dove?
Stava giusto sforzandosi di ricordare, quando lei prese la parola.
- Eris
Elena Fraumros, figlia di Morzan. –
Ma certo, ecco perché era così familiare. Quell’abile spadaccina altro non era che la ragazzina con cui aveva condiviso ogni vacanza fino al suo dodicesimo compleanno: la sua promessa sposa.
Spazio autrice:
Questa è la mia prima fic su Merlin, quindi ogni commento sia positivo che negativo sarà ben accetto, in quanto ogni vostro suggerimento mi aiuterà ad acquisire maggior dimestichezza con un fandom che sperimento per la prima volta. Come detto nella presentazione della storia, questa è ambientata nella seconda stagione, ma alcuni avvenimenti (mano a mano che la storia procede) potranno essere ripresi anche dalla terza stagione.
Bè, lascio a voi l'ardua sentenza.
Al prossimo capitolo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt