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Autore: chocobanana_    14/07/2013    3 recensioni
[FrUk][Malinconico/Romantico/Introspettivo][Arancione][Yaoi]
Perché non sono riuscita a scrivere niente per il 14 Luglio e, ovviamente, ho pensato di postare una fic sulla mia otp.
Ci becchiamo dentro c:
camy
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[I buchi del cuore non si possono nascondere, bisogna riempirli con più amore, anche se tradiranno macchie e irregolarità.]
Sembrava tutto così strano, nuovo. Il sole illuminava i muri bianco panna di quella casa non esageratamente grande, perfetta per due persone.
Le lenzuola erano disfatte, nella stanza regnava ancora un leggero odore di chiuso. Camminò lentamente verso il letto, osservando quel braccio che stringeva possessivo il cuscino.
Sorrise.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Francia/Inghilterra (FrUk)
Rating: Arancione
Genere: Malinconico/Romantico/Introspettivo
Avvertenze:Yaoi/OOC
Note: Buonasera :3
Eccomi tornata con una nuova FrUk. L’ho scritta un po’ di tempo fa, e sono abbastanza fiera di come è uscita c:
Diciamo che mi piace abbastanza –molto strano-.
La frase iniziale è presa dal libro “meglio non sapere”. Che è davvero bellissimo, ve lo consiglio.
Vi lascio alla fic, ci vediamo giù c:
camy
 

Per Sempre
 
[ I buchi del cuore non si possono nascondere, bisogna riempirli con più amore, anche se tradiranno macchie e irregolarità. ]

 
 
Sembrava tutto così strano, nuovo. Il sole illuminava i muri bianco panna di quella casa non esageratamente grande, perfetta per due persone.
Le lenzuola erano disfatte, nella stanza regnava ancora un leggero odore di chiuso. Camminò lentamente verso il letto, osservando quel braccio che stringeva possessivo il cuscino.
Sorrise. Visto così, Arthur, sembrava davvero un bambino, lo stesso che aveva visto crescere, di cui si era preso cura per tanto tempo.
Françis allungò la mano verso quella pelle scoperta, era tanto vicino da poterla sfiorare, ma non osò toccarla.
Dalle coperte s’intravedevano anche dei ciuffi biondi, arruffati.
Il francese lo guardò con tenerezza,  indeciso se svegliarlo o lasciarlo dormire ancora un po’.
Sembrava così fragile, debole, protetto solo da quel tessuto bianco, stretto ad un guanciale da quale, forse, cercava calore e morbidezza.
Era quasi assurdo.
Françis non avrebbe mai immaginato che, un giorno, si sarebbero ritrovati così vicini. Una convivenza non era facile, e ancor meno era amarsi mettendo da parte il loro essere “nazioni”.
Perché qui non si trattava di Francia e Inghilterra, ma semplicemente di Françis e Arthur.
E loro si consideravano umani quanto gli altri, non avevano nulla di meno, forse solo qualcosa in più.
Un “per sempre” che faceva paura a tutti, che si sarebbe sviluppato tra guerre, trattati, pace, discussioni.
Un leggero mugugno attirò l’attenzione di Françis, che guardava rapito le palpebre dell’altro aprirsi leggermente, infastidite da quella luce così forte.
Le sue iridi blu s’incrociarono con quelle smeraldine dell’inglese, che sbadigliò, ancora assonnato.
Arthur spostò leggermente il lenzuolo e si mise a sedere.
“Che vuoi?” chiese brusco, sul suo viso  si fece spazio un’espressione che univa  fastidio e imbarazzo.
“Volevo vedere se dormivi ancora.” Rispose l’altro, sorridendogli.
L’inglese sentì il rossore tingergli le guance, borbottò qualcosa e si spostò sul ciglio del letto.
Il francese continuava a squadrarlo, come fosse la prima volta che lo vedeva alzarsi, stanco e impacciato, dopo aver fatto l’amore.
Arthur poggiò i piedi sul pavimento freddo e sentì un brivido lungo la schiena; si accorse, successivamente, di essere nudo.
Il suo viso si fece color peperone e tra un insulto e l’altro si fiondò di nuovo a letto.
Françis ridacchiò. “Che c’è? Ti metti vergogna di essere visto da me?” lo punzecchiò. “Guarda che io ti vedo sempre nudo.” Ammiccò.
Arthur gli lanciò il cuscino. “Shut up, frog!” esclamò, ancora rosso in volto. “È… d-diverso!” farfugliò.
Il ragazzo con i capelli biondi, lunghi fino alle spalle, si chinò sul materasso, facendolo lievemente inclinare.
Cinse le spalle scoperte dell’inglese e avvicinò le labbra al suo collo sfiorandolo.
Arthur sentì un improvviso calore invadergli il corpo e quella bocca rovente  che cercava un contatto.
Non si mosse, rimase immobile. Fissava di fronte a sé.
Quelle attenzioni le aveva respinte per troppo tempo ed ora non avrebbe potuto farne ancora a meno.
“Dormito bene?” Gli chiese Françis, malizioso.
“C-col cavolo. Sai che non ho dormito, idiot.” Replicò l’altro, mentre la sua voce s’incrinava in prossimità di quel “non ho dormito”, un punta di vergogna si mischiò a quel tono di voce già poco determinato.
 
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Arthur si trascinò in cucina, ostacolato da dolori alla schiena, e anche più in basso. Borbottò qualcosa tra i denti, poi si sedette.
Osservò tutto quello che c’era lì dentro.
Ancora gli sembrava impossibile, eppure davvero viveva lì con Françis, realmente aveva avuto il coraggio di convivere e ammettere i suoi sentimenti.
Il suo sguardo andò al francese, quando entrò anche lui in cucina.
“Ho fame.” Affermò  Arthur, secco.
“Alzati e prenditi da mangiare.” Rispose l’altro, facendo spallucce.
Dopo aver trovato quel posto a sedere che affievoliva i suoi dolori non l’avrebbe abbandonato.
Lanciò un’occhiata truce al francese, che gli sorrise innocentemente.
Lui sapeva benissimo che Arthur aveva certi dolori,  ma sicuramente non avrebbe mai eseguito ordini, nemmeno se ad imporglieli era il suo fidanzato.
Da quando Arthur aveva realizzato che, probabilmente, quella con lui era una relazione seria non era cambiato granché. Anzi, a volte sembrava perfino peggio del solito.
Più restio a contatti, a parole dolci. Ma a Françis andava benissimo anche quel suo lato così… timido. Era perfetto così.
Sennò non si sarebbe innamorato di lui, e non gli avrebbe permesso di curare quelle cicatrici che, però, non sarebbero mai scomparse.
Quella decisione l’avevano presa insieme, consapevoli che sarebbe stato difficile, coscienti di tutti gli ostacoli che avrebbero dovuto affrontare.
Insieme.
Arthur si alzò lentamente e a fatica, appoggiandosi al tavolo di legno scuro.
Françis si lasciò scappare una risata, ricambiata da uno sguardo di fuoco da parte dell’inglese.
Il biondo lo prese per il braccio e lo trascinò verso di sé, baciandolo sulle labbra.
E da una parte, Françis voleva credere che anche quei momenti di serenità sarebbero potuti durare per sempre.
 
---------
 
Arthur se ne stava a braccia conserte, seduto sul divano. Gli faceva male la testa, una miriade di pensieri gli invadeva la mente, lo faceva riflettere, tornare indietro di anni, troppi.
Dolorosi. Lontani. Purtroppo, indimenticabili. Secoli in cui si erano aperte ferite profonde.
Sentiva le lacrime pungergli, inumidirgli gli occhi.
Capitava, ogni tanto, di pensare al passato. E allora si sentiva in colpa, sentiva un assurdo peso sul cuore che non sapeva mandar via.
Françis era sull’uscio della porta, anche lui le braccia al petto. Conscio di quello su cui stava rimuginando l’inglese.
Le labbra erano chiuse, incurvate, in un’espressione amara.
Ed era proprio sul loro passato che non potevano consolarsi. Da quello che era stato non poteva salvarli nemmeno l’amore reciproco.
Arthur alzò lo sguardo, dischiuse le labbra. “Mi ami?”  la voce che tremava, quelle maledette lacrime che lottavano per uscire. Un tono disperato, bisognoso di avere risposta, in cerca di un conforto.
Françis aveva sentito troppe volte quella domanda. Non aveva mai dubitato dei suoi sentimenti nei confronti di Arthur. Perché Jeanne non l’aveva portata via lui.
L’aveva portata via la guerra. Francia, Inghilterra. Che importava. Era successo. E la colpa era stata di entrambi.
Il biondo accennò un sorriso. “Sì, ti amo.”
Ad Arthur bastò un’occhiata. Accennò un sorriso.
Stavolta fu lui a cercare un abbraccio, un contatto. Si alzò dai morbidi cuscini e si fece accogliere tra le braccia dell’altro.
Con il viso nascosto, poteva piangere in pace, poteva sentirsi debole e amato come un essere umano.
E avrebbe colmato quel vuoto che era stato lasciato dal primo amore di Françis. Non lo avrebbe cancellato, era impossibile.
Avrebbe riempito i buchi lasciati da quella sofferenza, da quella delusione.
Per quante volte una cicatrice può riaprirsi, tante sono le volte che può essere sanata.
E così Françis avrebbe fatto con il vuoto che c’era nel petto di Arthur. Quello lasciato dallo sguardo sconfitto e ostile di Ian.
Quel taglio aperto per ingenuità, per fretta, per bisogno di rivedere il sorriso sul volto del proprio fratello maggiore.
Arthur aveva amato Ian, e lo aveva odiato.
Si erano perdonati. Avevano riconosciuti i loro errori. Ma quello sguardo di fuoco, Arthur, non l’avrebbe mai dimenticato.
Un’altra cicatrice che non poteva sanarsi.
Un’altra angoscia che Françis avrebbe affievolito, superato.
Con le mani cercò il viso del più piccolo, gli prese il mento tra le dita.
Le loro labbra si desiderarono in cerca di salvezza. In cerca di perdono. In cerca di amore.
“Ti amo anche io.”  Un sussurro. Delle parole che sarebbero rimaste chiuse in quella stanza, e sarebbero rimaste, anche loro, per sempre.
Françis lo prese in braccio e lo trascinò sul letto, baciandogli collo, con foga.
E intanto i loro corpi si sfioravano, si toccavano, si volevano, il sudore li bagnava. I gemiti e i sospiri invadevano la camera da letto.
Una vampa di fuoco si impadroniva dei loro corpi, che non si desideravano semplicemente, ma si amavano.
Avevano, ormai, bisogno l’uno dell’altro.
Françis accarezzò la guancia di Arthur, colpito dal suo sguardo languido e voglioso, da quelle iridi verdi che si vergognavano a guardarlo negli occhi.
Sfiorò i fianchi nudi dell’inglese, che mugolò, cercando più contatto.
E per l’ennesima volta, fu consapevole che quel corpo sotto il proprio era suo. Arthur Kirkland era semplicemente la persona che amava, era suo e di nessun altro. E così, Françis Bonnefoy apparteneva a quegli occhi smeraldini, che mostravano timidezza solo tra le lenzuola.
Il francese era sollevato che quel lato di Arthur l’avesse visto solo lui, o quasi, che quel modo di fare insicuro e impacciato nasceva dai propri sorrisi, dai propri gesti.
E non poteva non amare il rossore sul volto di Arthur, e quelle labbra, che di solito urlavano insulti e strepitavano, socchiuse, in attesa di un bacio che sarebbe arrivato presto, senza farsi attendere troppo.
 
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Françis aprì piano la porta della veranda, notò subito Arthur che se ne stava seduto sul pavimento del balcone, con gli occhi insù, a guardare le stelle che illuminavano il firmamento scuro come il carbone.
Si sentiva solo il respiro dei due ragazzi, e lo scricchiolio del legno.
Passo dopo passo si avvicinò all’inglese, si sedette al suo fianco.
“A cosa pensi?”
Arthur scosse leggermente la testa. “Nulla di importante.” Rispose, non distogliendo gli occhi dal cielo.
“Voglio saperla lo stesso.”
“Sei un rompiscatole.”
“E tu un teppista.”
“Rana.”
“Bruco.”
“Vinofilo.”
“Sai che le rane potrebbero mangiare i bruchi?”
“What---?” Arthur si fece rosso, mentre Françis si leccava le labbra, malizioso. “PERVETITO!” Urlò l’altro, allontanandosi di scatto.
Françis si mise a ridere, le reazione di Arthur erano davvero divertenti.
Il francese gli regalò un abbraccio, teneva stretto a sé l’inglese e ridacchiava ancora.
Silenzio.
“Sto aspettando.” Mormorò il francese, impaziente.
“…. Mi permetterai di guarire le tue ferite?” Di nuovo la voce bassa, imbarazzata, fragile.
Anche questo lato di Arthur gli piaceva, ed era quello che doveva proteggere.
Come quando erano bambini, anche se allora era tutto più facile.
Gli baciò il capo. “Tu permettimi di guarire le tue.” Posò la mano sul petto di Arthur, che sussultò.
Annuì piano, abbandonandosi a quel senso di tranquillità che raramente lo invadeva.
“Per sempre.” Mormorò piano.
“Non ti annoia la prospettiva di un per sempre con me?”
“Certo che sei proprio una stupida rana.” Lo rimbeccò l’inglese, scuotendo la testa. “Mai.” Disse infine.
 
Un amore che potrebbe durare per sempre non fa paura. L’eternità, quando non si è soli, non è poi così male.
 
Fine
 
Arthur aprì la porta di scatto, preoccupato.
Françis lo accolse con un luminoso sorriso, mentre sorreggeva una piccola bambina dai capelli biondi. “Tutto bene, mon cher?” chiese, notando il sudore che imperlava la fronte dell’inglese.
L’inglese sgranò gli occhi e sospirò, si abbandonò sul divano, stanco.
Françis prese in braccio la bimba e si sedette al suo fianco.
“Allora?” inarcò il sopracciglio.
“Non mi fido di lasciare Jeanne da sola con te, potrebbe crescere deviata.” Replicò, facendo una smorfia.
Françis sbuffò e gli baciò una guancia. “Almeno non cresce isterica come te.” Lo canzonò, poi si alzò e andò in cucina.
Arthur incrociò i grandi occhioni della bambina, che allungò una manina rosea verso di lui. L’inglese la salutò con un gesto del braccio e le sorrise.
Prese un bel respiro, e seguì il suo amato francese in cucina.
 

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.:Angolo di una chocobanana_.:
Buonasera :3
Visto che non sono riuscita a scrivere niente per il 14 luglio ho pensato di postare qualcos’altro (?). anche perché sì.
Comunque gli auguri a Francia si devono fare (?), perché lui è stupendo dfghjkl.
Ovviamente una FrUk perché sì (?).
La bambina alla fine è nata grazie a delle discussioni con la mia ohana, e poi dovevano avere una figlia su—sono bellissimi dfghjkl. ovviamente è adottata ceh. anche perché l'MPREG non piace a nessuna delle due (?). L'abbiamo chiamata Jeanne perché...be' è una lunga storia piena di scleri, feels e headcanon, magari un giorno la conoscerete :'DD
Poi ringrazio la mia nocciola (Bloody Alice) che mi ha fatto da beta c:
Devo dire che scrivere sulla FrUk mi rende davvero felice--- sarà che è la mia amata otp--.
Ora vi lascio, devo festeggiare il mio onomastico :3 –sì, qua si festeggiano (?) e sono anche importanti lol.
A presto
camy

   
 
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