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Autore: Laylath    15/07/2013    3 recensioni
Roy scosse il capo, posandosi di nuovo contro il muro… che destino aspettava quelle due creature inermi?
Si sedette sconsolato... quando lei iniziò a cantare… e Roy riconobbe quella melodia, quelle parole.
Chiuse gli occhi e si illuse che quella voce così soave cantasse anche per lui
Ok, un mio particolare tentativo di song fic.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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La canzone di riferimento è "Come little children", colonna sonora del film Hocus Pocus (anche se poi ne hanno fatto cover davvero belle), a sua volta ripresa da una poesia 
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Ishval, 1908.

C’era qualcosa di incredibilmente bello nelle notti di quella terra così arida.
Le stelle, nel cielo blu scuro, sembravano brillare più che in qualsiasi altra parte di Amestris, tanto da sembrare frammenti di ghiaccio appesi ad un invisibile soffitto. Alcune sembravano tremolare, quasi gocce che si stanno sciogliendo nonostante il freddo della notte, lacrime di una divinità che soffriva nel vedere quanto stava succedendo nel mondo. In ogni caso era qualcosa di magico e stupendo, come se il cielo volesse in qualche modo compensare l’orrore della guerra di sterminio che ormai stava consumando un intero popolo. Alzare gli occhi a quel firmamento voleva dire staccarsi per un attimo dal dolore terreno e tornare a credere che in fondo, se esisteva una cosa così bella, forse valeva la pena di lottare per vivere.
Almeno questo fu il pensiero di Roy Mustang, poco prima di avviarsi verso quella parte della città abbandonata, dove ormai restavano solo macerie e pochi scheletri di edifici.
La notte gli piaceva, gli regalava i momenti di maggior quiete in quell’inferno. Il freddo, dovuto all’escursione termica di quel clima desertico, lo faceva sentire in qualche modo purificato dal caldo insopportabile delle fiamme della sua alchimia. Perché da quando era stato chiamato al fronte aveva scoperto che il suo talento era molto più forte del previsto: mortale e distruttivo. Del resto il fuoco brucia e distrugge… cosa aveva mai sperato di poter costruire con un elemento così devastante?
Scosse il capo, le ciocche nere gli fecero solleticare la fronte con il loro movimento, rimproverandosi per quei pensieri così improduttivi. Anche se era difficile, non doveva scoraggiarsi…
Avanzando per le strade, illuminate da quel cielo così sereno, vide numerosi cadaveri di persone cadute durante l’ultima sortita: giovani, vecchi, donne… pochissimi di loro erano davvero in grado di combattere. Era questo il suo nemico?
Dio mio, ma perché mi trovo in questo posto di morte? Non è per questo che sono diventato un soldato!
La sua coscienza lo attanagliò violentemente, come succedeva troppo spesso, ormai. Da quando, una settimana dopo l’arrivo al fronte, aveva usato la sua alchimia per distruggere un intero quartiere, con persone vive al suo interno, qualcosa si era incrinato dentro di lui.
Di giorno era un soldato efficiente che eseguiva gli ordini, trattenendo il disgusto, perché non aveva senso opporsi platealmente all’esercito: non si potevano cambiare le cose in quel modo. Invece di notte i momenti di quiete erano sempre seguiti da quell’opprimente senso d’angoscia che prendeva tutta l’anima. Perché c’era ben poco da fare: lui era un assassino, una belva.
A volte era difficile trovare il coraggio di addormentarsi, ma non per gli incubi. Ma per il senso profondo d’ingiustizia che c’era nel riposare quando aveva appena distribuito tanta morte.
Ecco perché spesso preferiva andare in solitaria ricognizione: vedere da vicino quello che aveva fatto, nella fredda luce della notte, era in qualche modo surreale e gli dava la fugace sensazione che non poteva essere vero e che, presto, si sarebbe svegliato nel letto di casa sua, per scoprire che era stato solo un sogno.
 
Un lieve rumore ed un lamento lo riscossero dai suoi pensieri.
Intuendo che proveniva dalla sua destra si accucciò contro il resto di un muro, mentre tutti i suoi sensi si allertavano. Le sue mani, perennemente guantate, si mossero veloci, pronte a schioccare e a scatenare l’alchimia. Tuttavia non voleva causare qualcosa di troppo eclatante, non nella calma della notte…  purtroppo l’alchimia del fuoco tendeva ad essere vistosa.
Forse non ci sarebbe stato bisogno di uccidere: poteva trattarsi di qualche animale, magari un cane randagio che vagava tra le macerie in cerca di cibo. Così, restando nascosto dietro quel muro, si arrischiò a sbirciare dall’altra parte.
Non era un animale, ma un bambinetto di pochi anni che si lamentava debolmente, in braccio ad una giovanissima donna. Lei era seduta contro un mucchio di macerie ed era miracolosamente illesa e dignitosa in quella tunica tutto sommato pulita e nei capelli bianchi sciolti sulle spalle. Il volto dagli occhi rossi, incredibilmente splendenti alla luce della luna, era sereno mentre sorrideva al bambino avvolto in una copertina. Il piccolo si lamentava nel sonno: probabilmente l’orrore della guerra era penetrato anche nella sua debole fantasia, privandolo della dolcezza dei sogni.
Roy scosse il capo, posandosi di nuovo contro il muro… che destino aspettava quelle due creature inermi?
Si sedette sconsolato, non avendo nessuna forza e intenzione di far loro del male, quando lei iniziò a cantare… e Roy riconobbe quella melodia, quelle parole.
Chiuse gli occhi e si illuse che quella voce così soave cantasse anche per lui
 
Come little children
I'll take thee away,
into a land
of Enchantment

Come little children
the time's come to play
here in my garden
of Shadows

 
Sì, portami via, creatura dalla meravigliosa voce, - pensò Roy - guidami lontano da questo posto. Voglio davvero andare in un mondo d’incanto, dove la mia alchimia è solo un piccolo incantesimo che porta pace e non guerra. Portami davvero in un giardino d’ombra, dove sarò nascosto per sempre da tutto questo orrore… dove potrò giocare ed essere felice, come quando ero piccolo…

Follow sweet children
I'll show thee the way
through all the pain and
the Sorrows

Weep not poor children
for life is this way
murdering, beauty and
Passions

 
Davvero mi potresti condurre attraverso la pena e la sofferenza? Ti prego, prendi le sembianze di mia madre e tendimi la mano… accompagnami attraverso questa città devastata, mostrandomi la via per uscirne. Rimani con me, a consolarmi, a raccontarmi che la vita è fatta anche di bellezza e passione oltre che di morte, aiutami a ricordare che oltre questa guerra c’è qualcosa di meraviglioso che sono ancora degno di vivere.

Hush now dear children
it must be this way
to weary of life and
Deceptions

Rest now my children
for soon we'll away
into the calm and
the Quiet

 
Si, sono tanto stanco… stanco della vita e degli inganni. Ho creduto di essere qualcuno, ma questa guerra mi sta convincendo del contrario… Portami via da qui, in un posto calmo e tranquillo, dove posso di nuovo credere di essere quella persona. Voglio andare in un luogo di quiete dove la mia anima non debba più nascondersi e possa guardarmi allo specchio senza aver paura di quello che vedrò.

Come little children
I'll take thee away,
into a land
of Enchantment

Come little children
the time's come to play
here in my garden
of Shadows

 
Il ritornello concluse la canzone e quelle dolci note si persero nel cielo di Ishval.
Il bambino aveva smesso di lamentarsi e tutto era silenzio.
Quiete, calma: come se quella voce avesse creato un’invisibile barriera contro l’orrore, almeno per quella notte in cui il cielo era così bello… in cui il cuore devastato di un soldato cercava conforto.
Guardando le stelle delle lacrime scesero nelle guance dell’alchimista di fuoco.
Mostrami la via attraverso la pena e il dolore…
Doveva trovarla in quel posto maledetto, doveva trovarla dentro la sua anima straziata.
Perché doveva cambiare le cose…
Anche per quella madre e per quella ninna nanna che, in quella notte silenziosa, aveva avuto la forza di consolare un bambino sperduto.
  
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