"Sam?"
Dean
entrò nella stanza sfregandosi gli occhi, i capelli
scompigliati - per quanto
potessero esserlo nei loro due centimetri di lunghezza. "Andiamo,
spegni
quel coso. Hai bisogno di riposare un poco"
"C'ho
provato. Non
riesco a dormire. Tu invece?"
"Appena
svegliato.
Un cavolo di incubo"
Sam
comprensivo annuì
appena, ma non disse nulla e continuò a scrivere col suo
portatile: sapeva
meglio di chiunque altro che c'erano alcune cose di cui non si parla,
perché se
le facessi uscire ti mangerebbero vivo. Puoi solo reprimerle e provare
ad
ignorarle. Beh, forse Dean reprimeva un po' troppe cose, ma era
abbastanza
sveglio da parlare quando era veramente necessario. Sam aveva smesso di
provare
a fare il sentimentalone. Alla fine aveva imparato con le cattive
quello che
Dean aveva provato a spiegargli per anni, pensò rivolgendo
un sorrisetto amaro
allo schermo di fronte a lui.
Nel
frattempo Dean aveva
preso una bottiglia d'acqua dal frigo all'angolo, e ora stava guardando
fuori
dalla finestra di quella squallida stanza di motel. Avevano dovuto
lasciare la
loro cas- no, il loro rifugio, per
andare ad investigare ad
Amarillo. Qualche psicopatico aveva avuto la fantastica idea di
cominciare ad
uccidere gente al comic-con del luogo.
Non
sapeva nemmeno cosa
fosse un comic-con prima che Sam glielo spiegasse. Da quello che aveva
capito,
era un posto dove la gente si incontrava per parlare di libri, anime,
manga,
film, e spesso si vestiva come i loro personaggi preferiti. Dean non
riuscì a non
sorridere pensando a quante gnocche con le minigonne cortissime aveva
visto
quel pomeriggio. Molte avevano fatto cospay- cospeit- erano vestite da
qualche scolaretta asiatica, o Sailor Moon, o qualsiasi cosa andasse di
moda
ora. Lui avrebbe potuto portarle
sulla luna se volevano. Ok,
battuta pessima, anche per lui.
"Novità?"
chiese a Sam.
"No.
Niente di più
di quello che ci hanno detto lì."
Sì,
e quello significava
che non avevano indizi. I testimoni avevano riferito che un tizio con
una tuta
nera ed arancione era spuntato fuori dal nulla e aveva ucciso un paio
di
persone. Chiodo in testa a giudicare dall'autopsia, ma l'uomo non aveva
nessuna
sparachiodi con sé. Poi era semplicemente sparito nella
folla. Nessun sacchetto
per il malocchio, nessun odore di zolfo, e con così tante
persone ammassate
tutte insieme non erano rimasti indizi concreti. Dannazione. Aveva
bisogno di
una birra.
"Sammy,
vado al
negozio a due isolati da qui, quello che abbiamo visto oggi. Hai
bisogno di
niente?"
"No…
no,
grazie." Rispose Sam senza staccare gli occhi dallo schermo.
Il
maggiore prese le
chiavi della sua adorata Impala e si chiuse la porta alle spalle. Il
negozio non
era distante, era vero, ma aveva davvero bisogno di guidare un poco per
calmare
i nervi e niente lo rilassava quanto stare dietro il volante della sua
adorata
Impala.
Riusciva
già a vederla dalle
scale. La sua piccola. Le passò una mano su una fiancata
mentre si dirigeva
verso il sedile del guidatore, ma aggrottò immediatamente le
sopracciglia
quando sentì sotto le dita la macchia verde che ci aveva
trovato sopra
quand'era tornato al parcheggio del comic-con quel pomeriggio. Aveva
provato a
strofinarla via con un panno umido era stato tutto inutile: si era
già
asciugata e sembrava resina o qualcosa del genere, quindi era possibile
che
l’unica soluzione fosse raschiarla via, e ciò
significava rovinare così anche la
vernice sottostante. Avrebbe preso a calci in culo l'idiota che le
aveva fatto
questo. Se mai l'avesse trovato. Con l'umore ancora
peggiore di prima, lasciò
che il rumore del motore lo cullasse e durante il breve tragitto verso
il
negozio e cercò di pensare positivo. Birra.
Gli ci voleva della
birra, e anche un po' di crostata. E qualche
prodotto per la sua Chevy;
forse con il prodotto
giusto la macchia se ne sarebbe andata.
Una
volta arrivato al negozio,
prese meccanicamente tutta la roba in un lampo, e lasciò
cadere il suo bottino
alla cassa. Il cassiere, il cui viso che era l'emblema della noia,
controllò
tutto con gli occhi vitrei e gli diede lo scontrino senza dire una
parola.
Aveva
appena rimesso
l'ultimo dollaro nel portafoglio quando una ragazza entrò
come una furia nel
negozio. Aveva lunghi capelli rossi, una giacca di pelle nera e dei
jeans
aderenti grigi. Molto carina, doveva dire. E si dirigeva verso di lui
con lo
sguardo più furioso che lui avesse mai visto.
"TU!"
sbraitò,
tirandogli un pugno alla mascella. "GIGANTESCO-" gli tirò un
pugno
alla mascella. "COGLIONE!" gli diede un calcio allo
stomaco,
facendogli perdere l'equilibrio e cadere per terra.
Lui
la guardò, gli occhi
spalancati, e non provò nemmeno a rialzarsi. Non era per il
dolore (cavoli,
aveva subito di molto peggio, un paio di pugni era routine per
lui… anche se la
ragazza sapeva quello che faceva). Era solo immensamente sbalordito.
"Che
diavolo,
ragaz-"
"Non
chiamarmi
ragazza!" Urlò lei.
"Ok, calmati. Che
diavolo ti passa per la testa?"
"Cosa
mi passa per
la testa? Cosa mi passa per la gola intendi!"
"COSA?!"
Dopo
un paio di secondi
di passaggio dalla sua completa apatia al sentore di pericolo il
proprietario
del negozio reagì, dimostrando di non apprezzare per niente
le sorprese.
"Che cosa credete di fare? Non voglio drammi qui dentro. Andate a
discutere dei vostri dannatissimi problemi fuori di qui!"
Dean
diede un'occhiata
al fucile mezzo nascosto sotto il bancone e provò a fare la
persona ragionevole
per una volta. "L'hai sentito. Andiamo fuori dai piedi."
'Questa
è la situazione più assurda che mi sia mai
capitata, lo giuro' pensò
Dean mentre sia il proprietario che la
ragazza fuori di testa gli lanciavano un'occhiataccia. Ringraziando
Dio, alla
fine decise di fare come lui aveva suggerito, uscendo dalla porta senza
dire
una parola con Dean poco dietro.
E
poi la vide, e lasciò
cadere la borsa della spesa diventando bianco come un lenzuolo.
Beh, non la
vide, era quello il problema. La sua Impala. La sua amata
Impala non era
dove l'aveva lasciata.
"Oh,
andiamo. Non
puoi farti venire un infarto, devo prenderti a calci nel culo prima."
"Scusa?
Non mi interessa
che cavolo pensi ti abbia fatto, qualcuno ha appena rubato la mia cazzo
di macchina!"
"No"
"Cosa
vuol dire ‘no’?
Dove diavolo è? E perché tu- hmpfff" La ragazza
doveva essere
completamente suonata, perché lo stava baciando. E non era
un semplice bacetto
a stampo: era un grande, lungo, profondo bacio in bocca. Ancora una
volta non
aveva idea di che cosa diavolo stesse succedendo. Non poteva nemmeno
essere una
ragazza con la quale era stato a letto perché 1) non era mai
stato lì prima e
2) si sarebbe sicuramente ricordato una ragazza con una carrozzeria
come
quella. Ancora senza fiato, si limitò a fissarla ancora una
volta ad occhi
spalancati.
"Quello
era per
avermi ricostruita, comunque." disse lei mentre si asciugava la bocca
col
dorso di una mano. "Ma dovevi proprio rimettere quei dannatissimi Lego
giù
per la mia bocchetta dell'aria? Stavo per
soffocare! Nel bel mezzo di
un parcheggio, alle 3 di notte! Sarei potuta morire!" urlò
lei,
improvvisamente di nuovo arrabbiata. Tirò fuori da una tasca
una manciata di
mattoncini Lego e glieli tirò addosso. L’uomo si
riparò il viso con un braccio
giusto in tempo per evitare di essere colpito.
La
pazienza non era mai
stata una delle virtù più randi di Dean, ma era
appena arrivato al punto di
rottura. "LEGO GIU' PER LA TUA BOCCHETTA DELL'ARIA? SEI COMPLETAMENTE
FUORI DI TESTA?"
"Dio,
non capisco
come fai ad essere ancora vivo… Sono io la
tua cazzo di Impala!"
Lui
la guardò e basta
per tre secondi buoni. Poi rispose: "La mia Impala."
Ridacchiò
"E' uno scherzo, o cosa?"
Lei
si coprì la faccia
con entrambe le mani, come se stesse cercando di non perdere
completamente la
pazienza, e passò le dita tra i capelli. "Cavoli, sei
fortunato ad essere
così carino, non so come saresti sopravvissuto altrimenti"
disse sorridendo.
Spostò tutto il peso sulla gamba destra e aprì la
cerniera dello stivale
sinistro, tirandone fuori un soldatino di plastica. ‘Aveva un cavolo di soldatino di plastica nello
stivale di pelle a tacco
alto. Perché qualcuno dovrebbe
mettersi un soldatino di plastica
nelle scarpe?’ Per Dean quella era
l'ultima goccia. Si mise una mano
in tasca per prendere il cellulare e chiamare un buon manicomio per
quella
psicopatica, ma… si rese conto che l’unica cosa
che c’era lì dentro erano le
sue chiavi.
Erano
nell'Impala. Ognuno
dei loro telefoni cellulari era nell'Impala. Merda.
Così come tutto il
loro arsenale, e tutte le sue cassette. Non era uno che si faceva
prendere dal
panico facilmente, ma stava davvero cominciando ad agitarsi.
"Ehi
ragazzo, avevo
detto niente infarti! Tieni." Gli tirò qualcosa. Nella luce
fioca che
proveniva dai lampioni in strada era difficile capire cosa fosse, ma
Dean
d'istinto la prese al volo.
Era
il suo telefono. Gli
aveva lanciato il suo telefono. Era
semplicemente sbalordito; se non avesse smesso di fare così
probabilmente gli
sarebbero caduti gli occhi fuori dalle orbite entro la fine della
serata. Per
un breve momento lei lo fissò a sua volta, poi si
mosse in fretta verso un
cespuglio lì vicino. Prima che lui potesse dire o fare
qualsiasi cosa tornò
indietro con la sacca da ginnastica che tenevano nel bagagliaio su una
spalla,
e la scatola con tutte le sue cassette sotto l'altro braccio. La borsa
sembrava
sul punto di scoppiare. Gli porse i suoi averi con nonchalance e lui
glieli
strappò di mano per controllare che ci fosse tutto.
‘Rossa’
non sembrò
infastidita dalle sue maniere brusche. Semplicemente tornò
verso i cespugli e ne
tirò fuori cinque o sei targhe di automobile. Lo
guardò mentre finiva di
esaminare armi e cassette e poi gliele porse. "Sono tue anche queste.
Grazie al cielo avete buttato quella originale secoli fa, o
probabilmente mi
ritroverei un tatuaggio enorme in fronte. Sarebbe un po' difficile da
nascondere."
Dean
le scoccò
un'occhiataccia.
"Oh, andiamo.
Uno penserebbe che tu sia in grado di riconoscere la tua baby."
Dean non riuscì nemmeno a cominciare a formulare la domanda
che gli era saltata
in mente (Come diavolo faceva a sapere che chiama la sua baby
Baby?) che
lei si era già tolta chiodo e maglietta.
La
sua mente divagò e
gli si stampò un sorrisone in faccia: gli piaceva la piega
che stavano
prendendo le cose. La ragazza vide la sua espressione improvvisamente
entusiasta e roteò gli occhi. "Dean, no. Guarda
e basta."
"Sì,
sto guardando.
E' la prima volta che una ragazza è così origin-"
"No,
intendo guarda." Disse mentre spostava appena il
reggiseno per mostrargli delle
grandi cicatrici. Cicatrici a forma di lettere che conosceva molto
bene. ‘S.W.’
e ‘D.W.’
"Che
diavolo-"
"Per
l'amor di Dio,
Dean!" sbuffò, esasperata. Gli diede la schiena e si
tirò giù un poco i
jeans per mostrargli dei segni rossi che aveva sulla parte bassa della
schiena.
Dean si inginocchiò per esaminarli per bene, e questa volta
lo sconcerto era
talmente grande che non gli passò nemmeno per la testa di
dare un'occhiata al
suo fondoschiena, che era a pochi centimetri dalla sua faccia.
Era
una trappola
per demoni. Una trappola per
demoni identica in ogni singolo
particolare a quella che Sam aveva disegnato nel bagagliaio
dell'Impala. Non
c'erano dubbi, c'era persino la minuscola macchia di vernice
che per
sbaglio aveva fatto all'angolo in basso a destra del simbolo.
Una delle
varie volte in cui aveva dovuto ricostruire l’Impala e
ridisegnare la trappola
aveva controllato se la vernice si era seccata, ma aveva scoperto
troppo tardi
di avere le mani sporche. Quando aveva visto l’impronta del
suo pollice sul portellone
del bagagliaio le bestemmie che aveva tirato erano state
così creative che
Sammy era andato a controllare se c’era qualche problema.
L’impronta non era
parte del simbolo naturalmente, e nessuno a parte lui, Sam e Bobby
erano mai
stati autorizzati ad aprire il loro bagagliaio e vederla. Non era
qualcosa di
cui qualche vecchia fiamma, qualche demone, o angelo potesse essere a
conoscenza. Neppure Castiel.
La
ragazza nel frattempo
si era rivestita e ora lo guardava con un sopracciglio sollevato ed un
sorrisetto.
"A giudicare dalla tua faccia stai cominciando a crederci, eh? Finalmente.
Ora dammi quelle cassette, ti aiuto a riportarle all'hotel."
Le
porse la scatola come
gli era stato detto, ma era ancora fortemente sospettoso. Lei
piazzò le targhe
in cima alla scatola e cominciò a fischiettare mentre si
dirigeva il motel.
Aveva preso la direzione giusta, notò Dean.
Guardò i Lego e il soldatino vicino
ai suoi piedi e li raccolse. Si mise il borsone su una spalla e
raccolse da per
terra dove l’aveva mollata la borsa della spesa. Era stato
fortunato ad aver
scelto lattine invece delle bottiglie, perché in quel
momento aveva davvero bisogno
di una birra. Aprì una lattina e raggiunse la ragazza, che
nel frattempo aveva
continuato a camminare.
"Ehi,
ora non mi
offre nemmeno da bere?" Dean le lanciò un'occhiataccia ma le
passò una
lattina. Lei riuscì ad aprirla con la mano libera e prese un
gran sorso."Aaaah.
Ora capisco perché bevete sempre questa roba. Non ne
prendevo una da quella
volta in cui un vecchietto era passato col rosso e vi si è
rovesciato il
takeaway per tutti i sedili. Tecnicamente non l'ho assaggiata, mi si
è solo
rovesciata addosso. Era solo parecchio appiccicosa l’altra
volta ma beh, sai,
ora ho le papille gustative."
"Quindi
continui a insistere
di essere la mia macchina."
"Certo
che
continuo, è perché lo sono.
O devo dire a Sam di quella volta in
cui hai preso uno dei tuoi Busty Asian e-"
Dean
si affrettò ad
interromperla sputando fuori un "Okay, okay. Ho capito. Sei la mia
baby."
"Puoi
dirlo forte
che lo sono."
"Non
dovresti
essere un po' più vecchia? Tipo, sulla quarantina?
Sai, Chevrolet Impala
del '67."
"Probabilmente.
Ma
sono stata distrutta e ricostruita talmente tante volte...suppongo che
conti
come chirurgia plastica."
"Sì,
ha senso. Più
o meno."
"Senti,
sono
confusa quanto lo sei tu. Tutto ciò che so è che
mi sono svegliata in quel
cavolo di parcheggio con una manciata di lego incastrati in gola, un
cazzo di
soldatino di plastica nelle scarpe e queste"
si afferrò le
tette "che non la smettono di traballare. Io dovrei essere fatta
di ferro.
Nessuna parte traballante. Non mi piace avere parti che traballano."
"Io
non sono
d'accordo" disse Dean con il migliore dei suoi sorrisetti da
abbordaggio.
"Sta
zitto, idiota.
Ho 46 anni, e i tuoi genitori hanno concepito sia te che Sam sui miei
sedili
posteriori."
"Disgustoso!"
"Sì,
esattamente.
Ora lasciami finire e poi puoi dire tutte le stupidaggini che ti pare.
Stavo
soffocando ma sono
riuscita a mettermi un dito in gola e vomitare, e fortunatamente sono
usciti
tutti i mattoncini. Tu invece
sei fortunato che io sia affezionata alle tue cassette, o le avrei
già buttate
per vendetta. Aspetta solo che le appoggi-"
"Ehi,
mi dispiace,
ok? Non è che uno si aspetta che la sua macchina prenda
vita, sai? Non l'ho
fatto apposta." Ammise impacciato.
"Hmm...Mi
sembra
giusto." Decise, prendendo un altro sorso di birra.
Dean
invece non riusciva
a torglierle gli occhi di dosso. "La mia piccola." sorrise
"Sapevo che saresti stata uno schianto, ma sei anche meglio di come ti
avevo immaginata."
Lei
sbuffò e lo guardò
male.
"Non
è così
strano!"
"Immaginare
come
sarebbe la tua macchina se fosse umana? Sì, lo è.
Ma sei tu, quindi non mi
sorprende."
"Ehi!"
"E
comunque"
aggiunse con un sorriso affettuoso sulle labbra "vi ho praticamente
cresciuti. Ti conosco. Te la prendi sempre con Sam per il gusto di
farlo, ma
sei un po’ strano anche tu. Non è la cosa
più assurda che tu abbia fatto"
Dean
fissò un punto che
era improvvisamente diventato interessantissimo di fronte a lui,
cercando di fingersi
disinvolto mentre entravano nel parcheggio del motel. Quella ragazza
sapeva fin
troppo per i suoi gusti. Era uscito un'ora prima dicendo che
andava a
comprare della birra, e stava tornando senza macchina e con una
sconosciuta al
seguito… Come l'avrebbe spiegato a Sam?