Flashfiction partorita a mezzanotte a mezza  e messa nero su bianco solo alle 21:00 del giorno dopo, oggi.
Una sorta di HavocAi, che spero nella sua semplicità apprezzerete.
Ispiratami da un episodio del manga di Naruto che ha come protagonista Shikamaru ( Non dico altro per non dare spoiler).
Un grazie speciale alla mia nee-san Nemesi per il finale ^_-



 

Esser rifiutati è doloroso.
Riza Hawkeye ora sapeva quanto.

Decisa, forse sicura di una risposta affermativa, aveva messo a nudo il suo cuore al Colonnello Mustang, colui che guardava da sempre con occhi innamorati, l' ave rifiutata.
Ed ora, in assoluto silenzio, era seduta al suo posto di lavoro a guardare la parete bianca, in quella stanza vuota, come la sua mente.
Le emozioni erano rimaste congelate in lei.
Nè rabbia, nè dolore.
Nessuna reazione.

Nella stanza fece poi ingresso Havoc con l'immancabile sigaretta tra le labbra.

La osservò curioso per quell' atteggiamento insolito.
Era successo qualcosa di brutto.
Si sedette di fronte a lei, senza chiederle nulla, senza proferir parola, continuò a fumare aspettando una qualsiasi reazione.
Prima o poi sarebbe arrivata.
Conosceva Hawkeye, aveva imparato a conoscerla col tempo, nei suoi silenzi, nei suoi gesti, semplicemente osservandola.

La sigaretta bruciava.
Odore di nicotina.
Fumo che ondeggiava tra i due tenenti.

Una piccola scintilla di fuoco può scalfire il ghiaccio.

« Perché piangi? »

Domandò Havoc dopo una discreta manciata di secondi.
 
« Non sto piangendo... »

Capo chino lei e gocce che le cadevano lungo gli zigomi.
Non avrebbe permesso di insinuare nulla a Jean, lei non stava piangendo.

« ...è il fumo che mi va negli occhi... »

Distolse lo sguardo da lei, contemplò al di fuori della finestra.

« Ti dispiace se continuo a fumarla, almeno finché non l'avrò finita? »
« Affatto »

Alzò lo sguardo Riza, incontrando gli occhi di lui.
Incatenate iridi castane ad altre azzurre limpide.
Si contemplavano a vicenda, persi -oltre quella linea di fumo- l'uno nell'altra.
Un solo attimo tutto questo; uno di quegli attimi significativi, che valgono più di mille parole. 
Scostò velocemente lo sguardo lei, verso la supericie della scrivania, imbarrazzata.
Eppure, ora che quegli occhi erano puntati su di lei, si sentiva bene.
Era come esser compresa.
Era come esser protetta.
Era come esser importante per qualcuno.