Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Jane Ale    16/07/2013    1 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Capitolo 11
Perfezione




Image and video hosting by TinyPic





Scema. Se pensavo a quello che avevo appena accettato di fare non potevo che darmi della scema. Odiavo uscire, odiavo le discoteche, odiavo le persone e, dopo i recenti avvenimenti, non potevo che odiare anche i compleanni. Eppure non avevo potuto dire di no ad Emanuele, era stato così gentile ad invitarmi per festeggiare i suoi 18 anni in una famosa discoteca poco distante dalla nostra città. Ero proprio una rottura di palle, non c'è che dire.
Smisi di farmi inutili pensieri e iniziai a vestirmi: indossai un semplice vestitino rosa scuro aderente e un paio di scarpe con il tacco nere; poi ci abbinai una pochette nera ed una giacca dello stesso colore. Non mi sentivo per niente a mio agio quella sera, non volevo uscire e, nonostante mi fossi preparata con estrema cura, mi sentivo distante anni luce. Sentii il telefono vibrare e vidi che era uno messaggio di Giovanni.
Ci sono.
Era stato così gentile ad offrirsi di guidare quella sera, aveva persino insistito per venirmi a prendere a casa. Quel ragazzo era così dolce e comprensivo che non potevo fare a meno di provare un certo affetto nei suoi confronti, non sapevo perché ma credevo di volergli bene. Scesi le scale stando attenta a non cadere dai trampoli che avevo ingenuamente indossato e mi diressi verso l'auto di Giovanni.
Aprii lo sportello e feci per salutare, ma le parole mi morirono in gola: Alessandro se ne stava comodamente disteso sui sedili posteriori con il suo solito sorrisetto stampato sul viso. Sorrisetto che scomparve non appena mi vide.
-Ciao Cate!- mi salutò gentilmente Giovanni mentre salivo sull'auto.
-Ciao a tutti! E tanti auguri Ema!- dissi sporgendomi verso il festeggiato seduto accanto a Giovanni e stampandogli un bacio sulla guancia.
-Guarda che ti si vede tutto!-
Mi voltai verso Alessandro che mi stava palesemente fissando il sedere.
-Eh?- chiesi incapace di formulare una frase completa.
-Ho detto che ti si vede tutto, quel vestito non copre niente e tu sei così scema da tirarlo ancora più su.- disse tra l'annoiato e il disgustato.
-Non sono scema!- risposi adirata. Ma come si permetteva di giudicarmi?
-Sì che lo sei e sei anche un'esibizionista di m...-
-Sei uno stronzo! Smettila! Le tue sono offese gratuite e non le merito. Cosa vuoi dalla mia vita, Alessandro? Se ti faccio tanto schifo puoi sempre andartene, come fanno tutti in un modo o nell'altro!-
-Infatti, è la soluzione migliore!-
Sentii le lacrime affiorare, ma le ricacciai indietro. Stavo per rispondergli, quando Emanuele parlò con tono arrabbiato:
-Adesso basta! Smettetela subito! Non rovinerete la serata con i vostri stupidi litigi! Avete rotto, siete sempre a discutere e nessuno di noi è disposto a sopportarvi ancora. Trovate una soluzione, uccidetevi, allontanatevi, scopate..non mi interessa, ma smettete di litigare!-
Non avevo mai sentito Emanuele rivolgersi a qualcuno in questi termini e mai avrei pensato di essere io la destinataria di un tale discorso, ma non potevo dargli torto: i nostri litigi erano così esasperanti e, evidentemente, non era facile neppure per i nostri amici. Non sapevo come rispondere, avrei preferito rimanere in silenzio per il resto del viaggio, ma Alessandro non perse l'occasione per dire una cazzata delle sue.
-Io non me la porterei mai a letto, è una pazza isterica, l'hai vista?-
Avrei potuto tacere, lasciar cadere il discorso, avrei potuto fare la persona matura, ma non lo feci. Perché? Perché avrebbe potuto dirmi di tutto, ma non che non sarebbe mai potuto venire a letto con me.
-Io sarei una pazza isterica? Sei tutto scemo! E comunque sarei io a non voler venire a letto con te, non mi piacciono le cose usate!-
Alessandro stava per rispondere, ma Emanule fu più veloce: -Giovanni, fermati!-
-Ma Ema, siamo quasi arrivati, che vuoi fare?- chiese Giovanni preoccupato.
-Falli scendere, loro ci raggiungono a piedi. Avanti, scendete, vi farà bene un po' d'aria!-
Il tono di Emanuele non ammetteva repliche, così fummo costretti ad obbedire.
Scendemmo dall'auto e la guardammo ripartire in silenzio, poi Alessandro si voltò e cominciò a camminare nella direzione della discoteca senza neppure guardarmi.
-Ehi, dove vai? Abbi almeno la compiacenza di aspettarmi!- gli urlai mentre tentavo di raggiungerlo, per quanto quei trampoli infernali me lo permettessero.
-Io vado a festeggiare il compleanno del mio migliore amico, tu fai ciò che vuoi, ma non pensare che ti aspetti.- mi rispose con disprezzo.
-Sei un bastardo!- gridai con rabbia. In realtà non avevo motivo di urlare poiché Alessandro era solo qualche metro avanti a me, ma le sue parole mi agitavano troppo. Che novità..quando qualcosa che lo riguardasse non mi aveva agitata?
-Caterina, ti dico una cosa: mi hai rotto il cazzo! Non ne posso più di te, dei tuoi lamenti, dei litigi, basta!-
Quante volte dovrai cadere prima di imparare a rialzarti? Quante volte lascerai che gli altri ti calpestino?
Erano tutte belle domande quelle che la mia mente aveva deciso di pormi in quel momento, solo che io non avevo le risposte. E probabilmente non le avrei mai avute, non se si trattava di lui.
Presi a camminare in silenzio, lo sorpassai guardando dal lato opposto e pregai le mie facili lacrime di non scendere proprio in quel momento. Non guardai indietro, non volevo vederlo; avevo fatto giusto qualche metro quando il mio piede destro scivolò su qualcosa di viscido e io caddi a terra. Se fino a quel momento ero stata delusa e arrabbiata, iniziavo a sentirmi anche umiliata e stanca della piega che la mia vita aveva preso.
Sbuffai e feci per realzarmi, ma due braccia estranee mi afferrarono e mi rimisero in piedi. Avevo visto soltanto le mani, ma mi erano bastate: Ale. Non ebbi il tempo di voltarmi per guardarlo, perché mi strinse a sé.
Mi aggrappai alle sue braccia mentre sentivo il suo petto aderire perfettamente alla mia schiena: era una sensazione indescrivibile, di completezza, di finitudine.
-Ale..- mugolai.
-Cate, così non ce la faccio.- mi disse con tono implorante. Non capii cosa volesse dire, non riuscivo a collegare le sue parole, a dargli un significato. Mi girai per guardarlo in faccia.
Mi fissava, serio, con lo sguardo fisso e lucido. Era strano, concentrato...combattuto.
Il mio istinto mi diceva che avrei dovuto starmene in silenzio, ma la mia boccaccia non era d'accordo, doveva per forza esprimere tutti quegli interrogativi che vorticavano freneticamente nella mia testa.
-Che vuol dire che non ce la fai? A fare cosa?-
Avvicinò il suo viso al mio, lo avvicinò pericolosamente al mio, fino a quando i nostri nasi si sfiorarono.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra serrate e non ci voleva un genio per capire quello che sarebbe successo di lì a poco. Dovevo fare qualcosa,  qualsiasi cosa, ma i muscoli non rispondevano ai miei comandi. E mentre i miei meuroni lavoravano senza sosta, sentii le sue labbra sfiorare le mie e fu la fine.
Era tutto così caotico: io lo volevo, lui mi stava baciando, ma c'era qualcosa di remoto che non riuscivo a ricordare che mi diceva che dovevo oppormi. Era una sensazione forte, quasi più del desiderio che provavo nei suoi confronti.
E, forse, fu proprio quella sensazione a darmi la forza di allontarmi da lui quando sentii le sue labbra schiudersi a contatto con le mie. Indietreggiai senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
-Che diavolo è successo?- mi chiese più sorpreso che arrabbiato.
-Non è successo niente.- dissi più a me che a lui.
-Caterina, guardami!-
Scossi la testa.
-Cate..-
Feci un respiro profondo e alzai la testa. Mi fissava con una strana espressione sul volto, sembrava delusione.
-Perché ti sei allontanata?- mi chiese diretto.
-Perché è giusto che sia così, non sono io quella che vuoi. E tu mi piaci, penso che sia chiaro, ma non potevo lasciare che tu mi baciassi solo per un capriccio.- gli dissi con sincerità.
-Sì, l'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
-Andiamo, gli altri ci stanno aspettando.-

Quando arrivammo davanti alla discoteca, trovammo Emanuele e Giovanni ad aspettarci insieme a Roberta, Isa e Vittoria. Durante il tragitto a piedi non ci eravamo parlati, mi aveva fatta appoggiare al suo braccio a causa dei tacchi, ma il tutto in silenzio. Non appena vidi i nostri amici tirai fuori l'ennesimo sorriso falso. Non ci fu bisogno di spiegare alle ragazze il perché fossimo arrivati a piedi, evidentemente Emanuele aveva provveduto a farlo.
-Finalmente! Entriamo che è già tardi.- ci disse. Perlomeno, notai, aveva recuperato il sorriso.
Ci mettemmo in fila per entrare nel locale; ero accanto a Roberta quando sentii Alessandro sussurrarmi all'orecchio: -Cate, il discorso di prima non è finito.-
Annuii, deglutendo con fatica.
-Tutto bene?- mi domandò Roby guardandomi strana.
-Si, certo.- le risposi tentando l'ennesimo sorriso.
-Okay, spara.- mi disse lei afferrandomi per un polso e trattenendomi in fondo alla fila.
-Roby, dobbiamo entrare.-
-Riassumi.- mi ordinò.
Sbuffai prima di cedere. -Ho litigato con Ale, Emanuele ha voluto che venissimo a piedi, mi ha quasi baciata, mi sono tirata indietro.-
-Ti ha quasi cosa?- mi chiese sgranando gli occhi.
-Mi ha quasi baciata.- le confermai. -Ah, è anche attratto da me, ma non prova niente.-
-Io..tu..cioè..-
-Roby, non preoccuparti, recupera l'uso della parola, ne discutiamo poi.-
La discoteca era veramente grande, se fossi stata da sola mi sarei sicuramente persa alla ricerca della sala giusta. Fortunatamente il tavolo che Emanuele aveva prenotato si trovava nella prima sala. Ci sedemmo e ordinammo da bere al cameriere. Non volevo esagerare quella sera, non avevo dimenticato il compleanno di Marica, ma soprattutto non avevo dimenticato l'effetto che l'alcol aveva su di me.
Quando le bevute arrivarono brindammo tutti insieme, poi consegnammo ad Ema il nostro regalo di compleanno: si trattava di un biglietto per l'Islanda; sua sorella abiatava lì da qualche anno, ma lui non era ancora andato a trovarla, così avevamo pensato che con l'arrivo dell'estate gli avrebbe fatto piacere rivederla. Fu molto contento della nostra idea e per festeggiare ordinò un altro giro di bevute. Non rifiutai, ma subito dopo aver bevuto trascinai Roberta a ballare.
Non ero certamente ubriaca, ma mi sentivo leggera, avevo voglia di ballare e di non pensare.
Roberta era della mia stessa idea, lo vedevo dalle sue mosse di ballo inventate sul momento che scatenavano le risa di entrambe.
Non sapevo da quanto tempo ballavamo quando gli altri si unirono a noi; dall'allegria di Emanuele e dal braccio che andò a posarsi intorno al collo di Roberta, dedussi che nel frattempo avessero bevuto un bel po'. Mi guardai intorno per cercare Alessandro, chiedendomi il perché non fosse con gli altri; stavo per domandarlo a Giovanni, ma due braccia mi avvolsero da dietro.
-Chi cerchi, bella bionda?-
Come tutte le volte in cui sentivo la sua voce, sobbalzai.
-Nessuno.- risposi poco convinta.
-Io dico che mi stavi cercando.- mi sussurrò malizioso all'orecchio.
-E io dico che sei presuntuoso.-
Non dovevo stare al suo gioco, sarei finita sicuramente male. Non ero in condizioni di giocare, ma la coerenza era sempre stata una caratteristica mancante nella mia persona.
Mi sentii voltare, le sue mani andarono a posarsi sui miei fianchi mentre i suoi occhi cercavano i miei.
-Cate, non scherzare con me, non ora.- mi disse serio.
-Perché?- gli domandai sorridendo allusivamente. Masochista, ecco la parola che rimbombava nella mia mente.
-Perché non sono nelle condizioni di controllarmi.- rispose Ale.
Dovevo andarmene, dovevo allontanarmi, dovevo tornare a casa. O meglio, avrei dovuto. In effetti quella sera avrei dovuto fare tante cose, ma quello che realmente feci fu l'esatto contrario di ciò che era giusto.
-Allora non farlo.- fu la mia risposta.
Le sue mani si spostarono più in basso sul mio fondoschiena e mi avvicinarono a lui. Per la seconda volta in una sera il mio naso si trovò a contatto con il suo, le mie labbra sfiorarono le sue.
-Non incasinarmi.- mugolai.
Poi la sua lingua toccò delicatamente il mio labbro inferiore e non capii più niente.
Qualche secondo dopo le nostre lingue si rincorrevano freneticamente, danzando alla perfezione.
Mi sentivo completa mentre esploravo la sua bocca, mi sentivo completa mentre le mie mani si insinuavano dolcemente tra i suoi capelli, mi sentivo completa mentre mordicchiava le mie labbra ridendo. Tutti i pezzi che mi trascinavo dietro da mesi, improvvisamente, si erano ricomposti.
Era la perfezione.




Note dell'autrice:

Salve! :)
Mi scuso per l'enorme ritardo (in effetti "enorme" è un eufemismo), ma ho avuto parecchi problemi: tra l'esame di maturità e le difficoltà a parlare ancora di Ale e Cate, la stesura del capitolo è stata veramente difficile. Lo so che non è un granché come capitolo, ma il vero Alessandro mi ha dato così tanto filo da torcere e anche quello di carta ha deciso di seguire le sue orme. D:
Scusate davvero.

Comunque sia, ringrazio tutte coloro che seguono/preferiscono/ricordano la storia perché mi danno tanta forza. Un immenso grazie va anche a coloro che mi hanno spronata a continuare "Frammenti". Siete fantastiche! :)

Se vi va, sarei felice di sapere cosa ne pensate.
Baci,
Jane




  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Jane Ale