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Autore: tabula rasa elettrificata    16/07/2013    1 recensioni
- Charlotte è un viso né bello né brutto.
Di quelli che difficilmente ricordi anche dopo averli incontrati una seconda volta.
Vincenzo è un solitario ed eterno innamorato.
E sempre della persona sbagliata.
Agata ha i capelli biondi di Charlotte ed un viso di bellezza difficilmente descrivibile.
Clod è un musicista con un soprannome da ragazza ed un amore ossessivo verso gli occhi di Agata.
Charlotte ha le braccia stremate dalle parole che non riesce a dire.
-
Ho raccolto pezzi di vita dai miei diari passati e li ho appiccicati a qualcuno che non fossi io.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quattro ciocche biondastre e sformate sopra la testa.

Due occhi dal colore ignoto nascosti sotto le palpebre perennemente abbassate.

Il labbro inferiore talmente sottile che sembra scomparire sotto la carne e miriadi di lentiggini irregolari stesi sugli zigomi e sulla punta del naso aquilino.

Un viso né bello né brutto.

Di quelli che scompaiono dietro i banchi di scuola addossati all'angolo dell'aula.

Di quelli che si nascondono dietro le folate di fumo delle sigarette.

 

Se Clod non avesse scoperto il suo cognome dalla targhetta della sua cartella probabilmente si sarebbe già scordato della sua esistenza. Se lei fosse una Charlotte chiunque probabilmente l'avrebbe sorpassata e tutto sarebbe finito lì. Si sarebbe dimenticato delle sue gambe magre e pallide e della sua camminata sgraziata. Forse non si ritroverebbe a camminare dietro di lei con la schiena curva, tentennando in punta di piedi e trattenendo il respiro. E con le orecchie paonazze per la vergogna.

Se lei non fosse Charlotte Di Gregori la sua memoria avrebbe cancellato l'immagine dei suoi capelli biondo cenere malamente raccolti in un battibaleno.

 

Fin da quando ero piccola l’odore del sangue non mi era mai piaciuto.
Il puzzo rancido e salato inglobato in quel liquido tetro e denso mi aveva sempre fatto accapponare la pelle. Sia che fossero ferite gravi o leggere il solo vedere il minimo rivolo di sangue mi aveva sempre fatto scoppiare in lacrime, nonostante non provassi più di tanto dolore.

Era il suo continuo flusso a farmi inorridire e quel buio e spesso rosso.

 

Un lavandino esangue e le maniche rimboccate di un maglioncino blu.

Il soffocante odore di disinfettante che alleggia nell’aria.

Piccole tracce circolari a segnare il passaggio della lama tagliente; linee sconnesse l’una all’altra scavate nella tenera e pallida carne, il polso che sanguina ininterrottamente.

Premo con delicatezza la prima volta, con leggera eccitazione la seconda, con folle ardore la terza, il bruciante dolore intrappolato in una lametta da barba.


 

Charlotte Di Gregori è la secondogenita del celeberrimo imprenditore Fabiano Di Gregori, sposato con la signora Althea De Leo, in arte Altheà, famosa stilista di haute couture.

Agata Di Gregori, più grande di pochi mesi, è una di quelle bellezze difficili da descrivere. Porta occhi color ciliegie e labbra polpose celate dal biancore della pelle. Il suo viso è macchiato dalle stesse lentiggini di Charlotte, che si stendono placidamente sulla tenera carne in modo tenue e poco pronunciato. Il nasino alla francese si ripiega leggermente su se stesso ad ogni risata ed i lisci e lunghi capelli biondi le scivolano delicatamente sugli gli occhi.

Una bellezza vergognosa, sfolgorata dallo sguardo fintamente malinconico mascherato dalle lunghe ciglia castane.

Una bellezza che commuove e che non fa rumore. Ed è questo che succede con Agata: non appena si prendono carta e penna per elencarne le fascinosità si rimane spiazzati e con le lacrime agli occhi. E con un un soffocante nodo alla gola.

 

Charlotte compare nelle foto di famiglia assieme alla sorella Agata nelle riviste di gossip.

Quando erano più piccole si sedevano sempre l'una accanto all'altra tenendosi per mano ridacchiando stupidamente ai complimenti dei fotografi. Charlotte si atteggiava sempre più di Agata che era invece più quieta ed introversa. Charlotte rideva tenendosi le mani paffute sulla pancia e sbattendo i piedi a terra. Quando sorrideva i denti le allargavano talmente la bocca che sembrava quasi le estremità di essa volessero abbracciare gli zigomi, che si restringevano e si schiacciavano oppressi dallo sforzo dei muscoli facciali, spiccando fuori di modo grossolano. Gli occhi le si restringevano formando delle grinze fastidiose sulla fronte ed uno strato di carne molle in eccesso sotto il mento.
Uno spettacolo
indicibilmente pacchiano.

 

Basta fare due ritocchi qua e là.. Non avete quella cosa che si chiama.. Photoshop?”

Potrei modificarla quanto vuole, signora Althea, potrei anche farle spuntare magicamente delle ali dorate e tingerli i capelli color arcobaleno.. ma si noterebbe troppo!”

Senta, io la pago anche per questo!”

Signora Althea.. Sua figlia.. Charlotte non è come lei. Alla signora basta la luce giusta o al massimo due ritocchini al viso. Ed Agata.. nulla da dire è.. perfetta..Lei è perfetta.

Charlotte.. però..”

 

 

Charlotte si ritrova incastrata nei però altrui da circa una vita.

Il però della madre che la incita a mangiar di meno.

Il però del padre, perché Charlotte potrebbe perdere ancora di più.

Il però della sorella, che si scusa di non farla uscire con il suo giro di amici.

Il però del fotografo di famiglia che le dice “sei molto carina Charlotte, però un ritocchino non guasta mai” ad ogni ricorrenza familiare.

I però di tutte le sue cotte fulminee che però non possono ricambiarla o, peggio ancora, preferiscono un altro tipo di stampo Di Gregori.

Preferiscono l'altra.

Charlotte legge negli occhi degli altri un fastidioso senso di pudore ed imbarazzo ogniqualvolta il suo nome e quello della sorella vengono messi nella stessa frase. Un'esasperata esitazione ed un'insicurezza repentina nell'interlocutore che vorrebbe quasi scusarsi di aver commesso un affronto tale, di aver messo sullo stesso piano fisico, estetico, morale, di funzionalitàesistenziale le due sorelle, anche solo per un istante.

 

Clod osservava l'esile corpo di Charlotte e le scapole appuntite che si muovevano avanti e indietro, fuoriuscendo dalla camicetta di feltro grigia. Mostrava una magrezza innaturale, sfatta, quasi malata. Persino i capelli biondi sembravano affetti dallo stesso scarno morbo. Le sue gambe scheletriche si muovevano con passo lento e strascicato, non come quelle di Agata, che si trasportavano con fare seducente e pudico assieme.

Agata. Agata. Agata. Agata.

Se non fosse stato per quel Di Gregori sulla targhetta della cartella, per quell'unico particolare, quell'unico seccante, irrevocabile, quasi oltreggioso dettaglio, Clod non si ritroverebbe appiattito contro la muretta di una villetta residenziale sconosciuta. Non scavalcherebbe i cespugli con fare furtivo. E le punte delle sue orecchie non pulserebbero di rosso ad ogni occhiataccia scettica dei passanti.

Le mani gli si agitavano nervosamente nelle tasche del giubbotto, si strappava le morbide pellicine con le unghie, scarneficando i pollici. E l'improvvisa corrente aria  gli pizzicava le dita già stremate per l'estenuante performance con la chitarra del giorno prima e gli metteva un po' di malinconia in corpo.

Ma finché fosse stato per Agata..

Per Agata. Agata. Agata.

Oh, Agata.

I capelli biondi di Charlotte gli ricordavano quelli fluenti e corposi di Agata ed un fiotto di calore gli pervase il petto. Clod non avrebbe di certo detto che si somigliavano, Charlotte era un viso comune.

Mentre Agata, beh.. Agata.

Agata è bella quando respira.

 

 

 

La mia prepotente indole da riottosa intrappolata in un corpo smorto e ricoperto di cicatrici.

Era un soleggiato giorno d’estate dei miei undici anni, il giorno in cui decisi di crescere. Il giorno in cui gettai dietro alle mie spalle il sorriso che mi si era cucito addosso in quelle patetiche sessioni fotografiche. Il giorno in cui mi vestii di silenzio ed accondiscendenza.

Il giorno in cui quel flusso continuo di liquido rosso divenne il mio fedele compagno di vita.

  
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