Farfalla

Gohan si raddrizzò il cappello sul capo e dimenò la coda. Ticchettò con la matita sul quaderno, sbadigliò socchiudendo gli occhi e una lacrima gli rigò la guancia. Si mise la matita sotto il naso e la tenne ferma sporgendo il labbro. Il sole si rifletteva sulla sfera dalle quattro stelle e il ventilatore di legno sul ramo sopra di lui cigolava girando, un leggero venticello scompigliò i capelli neri del bambino.

“Gohan, finisci i compiti!” gridò Chichi dall’abitazione. Il figlio si tolse la matita, la appoggiò sulla base dell’albero tagliato accanto al quaderno e incrociò le braccia sul petto. Una farfalla planò e gli si appoggiò sul naso, gli occhi neri del bambino si dilatarono. Il piccolo salutò la creatura muovendo la mano sinistra a destra e a sinistra con le dita aperte. L’insetto fece tremare le ali bianche e allungò la proboscide.

“Bella” mormorò il Son. La farfalla sbatté le ali e spiccò il volo, il bambino allungò le mani. Sentì una mano sulla spalla e si voltò. Goku si piegò e tolse una ciocca da davanti al viso del figlio.

“Lasciala libera, il bello delle farfalle è proprio questo. Hanno una vita breve, ma senza obblighi” spiegò. Gohan strinse a sé il braccio del genitore.

“Sì, otoosan” mormorò.