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Autore: Vals Fanwriter    16/07/2013    2 recensioni
‹‹E se poi papà non ce la fa a riportarti indietro e affondiamo?›› Domandò Sebastian, ma sapeva benissimo di esserne in grado; quello era solo un modo un po’ diverso dal solito per vedere la fronte di Seth aggrottarsi e farsi saputa come quella di un adulto. Come quella di Thad.
‹‹Se affondiamo›› prese un bel respiro, mentre colmava la distanza che lo separava dal padre e si aggrappava alle sue mani per scivolare più vicino a lui senza far fare ulteriore sforzo alle braccia e alle gambe. ‹‹Se affondiamo, ci salva papà.››

Daddies!Thadastian | Verde | One Shot | Fluff, Commedia | Future!fic
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: La fine del mare.

Rating: Verde.

Conteggio parole: 2205 (secondo word).

Pairing: Thadastian.

Genere: Fluff, Commedia.

Avvertimenti: Future!fic, Daddies!Thadastian, One Shot.

Note: Quando ho scritto questa cosa, ero tipo esasperata perché non riuscivo a mettermi col pensiero e a scrivere l’epilogo della mia long (che tuttora non ho concluso). Così ho pensato: “Okay, andrò al mare e mi lascerò ispirare dal rumore delle onde e dal venticello tiepido”. E sì, il mare mi ha ispirato, alla fine, ma non per quello che dovevo scrivere. Ed è venuta fuori questa daddies, dopo che Robs mi ha gentilmente prestato i suoi piccoli marmocchi affidandoli all’altra metà del suo cervello. E la sto postando adesso, sì, anche se l’ho finita da un po’. Perché insomma, sono appena tornata dall’università e me lo merito. u_u

Quindi vi auguro buona lettura e… abbiate fede, arriverà anche quell’altra cosa. :P

Vals

 

 

La fine del mare

 

 

 

‹‹Papi. Papi, mi porti dove non tocco?››

La vocina sottile e dolce del suo piccolo gli arrivò all’orecchio, proprio mentre si era perso – un secondo, solo un secondo – a guardare l’orizzonte, quel punto in lontananza in cui la linea che separava il mare dal cielo diventava piatta e veniva cosparsa da piccoli frammenti di sole riflessi sull’acqua. Era stato un attimo, aveva tenuto d’occhio Seth tutto il tempo con estrema attenzione perché, tralasciando la ovvia responsabilità di genitore che gravava sulle sue spalle, sapeva benissimo cosa poteva rappresentare per suo figlio quell’enorme distesa d’acqua salata.

Seth era un bambino tranquillo, certo, ma era curioso, tanto curioso, soprattutto quando si trattava del mare. Gli piaceva tanto giocare in acqua – anche se ancora non aveva imparato benissimo a nuotare, galleggiava appena e scalciava come un piccolo cucciolo – e ogni volta serviva il doppio della concentrazione per tenerlo buono e, in particolar modo, per resistere ai suoi occhioni dolci.

‹‹Papi, dai. Voglio andare dove non tocco›› lo pregò con lo sguardo, mentre Sebastian si voltava e riprendeva ad essere vigile e attento. Stava battendo i piedi e muovendo le mani un po’ affaticato, ma si spostava abbastanza velocemente per un bambino della sua età.

Sebastian si chinò sulle ginocchia – dato che erano pressappoco a riva e l’acqua gli arrivava a mala pena a metà coscia – e allargò le braccia, incoraggiandolo a raggiungerlo con uno dei suoi sorrisi orgogliosi.

‹‹E se poi papà non ce la fa a riportarti indietro e affondiamo?›› Domandò Sebastian, ma sapeva benissimo di esserne in grado; quello era solo un modo un po’ diverso dal solito per vedere la fronte di Seth aggrottarsi e farsi saputa come quella di un adulto. Come quella di Thad.

‹‹Se affondiamo›› prese un bel respiro, mentre colmava la distanza che lo separava dal padre e si aggrappava alle sue mani per scivolare più vicino a lui senza far fare ulteriore sforzo alle braccia e alle gambe. ‹‹Se affondiamo, ci salva papà.››

Ovviamente. Non avrebbe neanche dovuto chiederglielo, sapeva la risposta prima ancora che Seth la pronunciasse – e probabilmente era a causa del legame che avevano, del fatto che lui era il suo piccolo tesoro e che conosceva la sua testolina come le sue tasche.

Rise, quando Seth si fece più vicino e posò le manine sulle sue spalle, arrampicandosi come una scimmietta addosso a lui per tenersi a galla alla meglio.

‹‹Hai ragione. Papà verrebbe a salvarci›› rispose con dolcezza, dopodiché gli avvolse un braccio intorno alla vita per aiutarlo nella sua scalata e con l’altra mano gli bagnò la fronte con premura, onde evitare eventuali colpi di sole.

‹‹Quindi mi porti?››

E di nuovo, Sebastian si ritrovò davanti quello sguardo pieno d’aspettativa e speranza, e non ce la fece in alcun modo a dirgli di no. Succedeva fin troppo spesso che Seth conquistasse il volere del suo papà a quel modo e Sebastian iniziava a sospettare che lo facesse apposta di tanto in tanto.

Degno figlio di suo padre.

‹‹D’accordo, ti porto›› concesse, ‹‹ma devi rimanere vicino a me, non mi devi lasciare mai.››

‹‹Non ti lascio, papi›› rispose il piccolo con convinzione, accostandosi più vicino a Sebastian come a voler rimarcare quel concetto semplicissimo. ‹‹Se no poi vado giù.››

Si fermò un attimo ad osservare lo sguardo da cucciolo che gli stava rivolgendo, continuando a passagli le dita bagnate sulla fronte e tra i ricci scuri, e come ogni volta che lo faceva, ebbe l’impulso di stringerlo forte tra le braccia e non lasciarlo andare più.

‹‹Non ti faccio andare giù, amore. Stai tranquillo›› lo rassicurò, dopodiché lo indusse a salirgli sulla schiena e a tenere le piccole braccia avvolte attorno al suo collo, in modo da poter nuotare liberamente e senza eccessiva fatica.

‹‹Non lasciare mai la presa. Hai capito, campione?›› Gli ripeté per assicurarsi che Seth avesse capito bene, ma sapeva che non l’avrebbe mai lasciato. Seth lo ascoltava sempre e si affidava sempre a lui per qualsiasi cosa. Infatti lo sentì stringere la presa attorno a lui e annuire, strofinando casualmente la guancia contro la sua nuca, però non disse altro.

Probabilmente si stava guardando intorno affascinato e rapito dalla riva che si allontanava man mano, mentre suo padre avanzava verso una boa rossa lontana. Doveva star trattenendo il respiro per l’emozione, come un esploratore che ha appena scoperto un tesoro inestimabile.

‹‹Papi?›› Lo chiamò ad un certo punto – Sebastian iniziava a toccare il fondo soltanto in punta di piedi.

‹‹Mmh?››

‹‹Ma non finisce mai il mare?››

Sorrise a quella domanda così ingenua e avvertì Seth sporgersi sulla sua spalla, come a voler sentire meglio la sua risposta e guardarlo negli occhi per avere la certezza che non gli stesse dicendo una bugia. E Sebastian lo accontentò, voltò appena il capo per rivolgergli un’occhiata sicura e gli rispose con dolcezza.

‹‹No, tesoro, il mare non finisce mai.››

Lo vide schiudere la bocca ed assumere un’espressione stupita e pensierosa, prima di girarsi nuovamente verso l’orizzonte.

‹‹Ma quindi›› iniziò, con quel cruccio adorabile in viso, ‹‹non possiamo arrivare alla fine del mare, vero, papi?››

‹‹Non possiamo, lo sai che non possiamo.››

Non sapeva cos’altro dirgli per giustificarsi, ma immaginò che quella risposta per Seth fosse già abbastanza. Era piccolo, ma era anche intelligente, e si fidava ciecamente di suo padre, perciò annuì e posò la guancia alla spalla di Sebastian, osservando il pelo dell’acqua che si increspava leggermente al loro passaggio.

‹‹Se no papà poi non ci può salvare›› pigolò in risposta, stringendo le piccole gambe attorno alla vita del padre e lasciandosi cullare dal movimento leggero delle onde.

Quando Sebastian si fermò, distendendo i muscoli affaticati delle braccia per un attimo, gli ombrelloni sulla riva erano ormai diventati dei piccoli puntini bianchi e blu. Non smise neanche un momento di agitare le gambe sott’acqua per tenere a galla entrambi e, allo stesso tempo, fece per voltarsi per ammirare a sua volta il panorama in lontananza. Seth stava facendo lo stesso, aguzzava la vista cercando di scorgere qualcosa, o meglio qualcuno.

‹‹Non vedo papà›› lo sentì dire, ma senza alcuna nota di preoccupazione nella voce.

‹‹Non lo vedi perché siamo troppo lontani, cucciolo.››

Seth rimase in silenzio a lungo, in seguito, e si mise ad osservare attentamente il pelo dell’acqua, forse alla ricerca di qualche altra domanda importante da porre a suo padre. Sebastian poteva sentire gli ingranaggi del suo piccolo cervello elaborare milioni di quesiti sul perché e il come tutta quell’acqua non potesse contemplare una fine, ma probabilmente ne aveva talmente tanti in testa, da non sapere quale scegliere. Alla fine, se ne dimenticò – immaginò Sebastian – nel momento in cui lo sentì scattare impercettibilmente sulle sue spalle. Doveva aver avvistato qualcosa.

‹‹Amore, non ti muovere troppo.››

‹‹Ma papi, ho visto un pesce.›› Sollevò un braccio ed indicò un punto indefinito alla loro sinistra. ‹‹È andato di là, però è sparito.››

‹‹Perché ti sei mosso e gli hai messo paura›› gli spiegò Sebastian e lo fece in quella maniera così semplice col solo scopo di assistere alla reazione del suo piccolo ometto, che come previsto esaminò attentamente la risposta del suo papà per poi replicare a tono.

‹‹Eh, ma questi pesci sono troppo paurosi.››

Rimise il braccio attorno al collo di Sebastian, mentre quest’ultimo tratteneva una risata alla meglio, divertito dalla convinzione che suo figlio aveva messo in quella frase.

‹‹Sei tu che sei un gigante, per questo hanno paura.››

‹‹Non è vero, papi, io sono piccolo›› protestò Seth e suo padre avrebbe tanto voluto continuare a stuzzicarlo e a dargli del gigante, ma la vocina del bambino era diventata così tenue da impedirgli di proseguire oltre e di fargli inevitabilmente comparire sul viso uno di quei bronci ai quali non si poteva in alcun modo essere indifferenti.

«Ma loro sono ancora più piccoli di te» disse quindi, alla fine, e Seth parve convincersi e tranquillizzarsi a quell'ennesimo mistero risolto.

«Allora non mi muovo, così non scappano.»

Stettero ancora qualche minuto al largo. Sebastian aveva ricominciato a nuotare e a spostarsi in quei dintorni, senza tuttavia proseguire verso l’orizzonte. Era un adulto, certo, ma già il rimanere così tanto tempo in quel punto in cui neanche lui toccava il fondo costituiva un notevole pericolo, più che per lui, per il suo piccolo. Ma gli concesse ugualmente di rimanere ancora un po’ laggiù, a fingersi un marinaio o un nuotatore esperto. Nonostante i muscoli iniziassero a dolergli, la felicità del suo bambino continuava a venire prima di tutto il resto.

Fu solo quando avvertì le braccine di Seth tremare leggermente che decise che era il caso di tornare sulla terra ferma. L’acqua era comunque un po’ fredda e, a lungo andare, a Seth stava iniziando a farsi la pelle d’oca.

Il bambino non obbiettò, quando Sebastian fece dietro front e incominciò a tornare verso la riva. Seth aveva così tante cose da fare anche fuori dall’acqua: gallerie e castelli di sabbia da costruire, le lotte tra il suo piccolo Spiderman e Sandman, i racconti infiniti per il suo papà – quelli soprattutto.

Così uscirono e, quando giunsero di nuovo dove Seth poteva nuotare da sé, quest’ultimo saltò giù dalle spalle del padre come un’anguilla pestifera e tornò a sgambettare in acqua con le sue sole forze, diretto verso la spiaggia. Sebastian lo precedette a piedi, sentendolo ridere dietro di sé.

‹‹Palla di sabbia!›› Urlò solennemente ad un certo punto e, sì, in seguito, Sebastian si ritrovò una chiazza di sabbia fangosa spalmata lungo tutta la schiena.

Si voltò per osservare prima il misfatto e poi suo figlio, che gli sorrideva birichino e angelico allo stesso tempo.

‹‹Ti ho colpito, papi. Sei morto.››

‹‹Ah, sì? Sono morto?›› Ridacchiò Sebastian, tornando sui suoi passi per avvicinarsi a Seth che continuava a sguazzare a pancia in su, le manine leggermente sporche di sabbia a fungere da prova inconfutabile della sua colpevolezza. ‹‹Adesso ti annego, mostriciattolo.››

Disse così e poi lo prese in braccio, sollevandolo sopra il pelo dell’acqua. E Seth rideva e scalciava, intanto, e si aggrappava al suo petto, temendo che Sebastian gli facesse davvero fare un volo in acqua da quell’altezza.

‹‹No, no, no. Papi, ti prego, no.››

Ma Sebastian non aveva alcuna intenzione di lasciarlo e, in cuor suo, anche Seth lo sapeva. Tuttavia si tranquillizzò soltanto quando il padre si chinò sulle ginocchia, lasciando che il livello del mare gli arrivasse alla vita, e se lo strinse con affetto e premura contro il petto, intenerito dalle sue risa che scemavano man mano in maniera dolcissima.

‹‹Allora niente più palle di sabbia›› gli bisbigliò, prima di baciargli la fronte e lasciare libero il suo prigioniero.

‹‹Va bene, te lo prometto.››

Sgusciò via dal suo abbraccio e, in un batter d’occhio, entrambi furono fuori dall’acqua. Seth corse verso l’unico ombrellone sotto il quale c’erano sparpagliati milioni di giochi, secchielli e palette. Lo riconosceva per quel motivo, sapeva che era il suo perché c’erano tutti i suoi tesori sotto e perché vedeva da lontano la sua bellissima asciugamano celeste con i delfini disegnati sopra.

‹‹Papà, hai visto quanto lontani siamo arrivati?›› domandò a Thad col fiatone, quando lo raggiunse – Sebastian lo stava seguendo a passo più lento e stanco.

‹‹Ho visto, campione.›› Thad gli rivolse uno sguardo adorante, mentre cercava di tenere a bada il piccolo Demian, che gli stava sulle gambe e cercava di acchiappare quante più formine riuscisse, di quelle che erano sparse sulla sdraio. ‹‹Papà ti ha portato veramente tanto lontano, è stato bravo.››

Alzò lo sguardo pieno d’amore su Sebastian, che li aveva appena raggiunti, per vederselo ricambiare all’istante, allo stesso modo, come succedeva da sempre.

‹‹Sì, sì›› replicò Seth, senza fare particolare attenzione alle parole del papà, dato che ora era tutto impegnato a contemplare i suoi giochi per scegliere quello che gli piaceva di più e che avrebbe usato nei suoi piccoli “monumenti di sabbia”.

Alla fine, però, lasciò perdere e scrollò le spalle. Si avvicinò a suo padre e gli picchiettò leggermente sul braccio per attirare la sua attenzione – era ancora perso a comunicare mentalmente con suo marito, lui.

‹‹Papi, posso andare da Colin?›› Gli chiese con voce implorante e, come se quello non fosse abbastanza, dopo un attimo aggiunse: ‹‹Io non ce l’ho il camion per la sabbia. Lui sì.››

Thad allungò un braccio verso di lui e gli scostò con attenzione i capelli dalla fronte, un po’ scarmigliati e totalmente inzuppati.

‹‹Non vuoi asciugarti un po’ prima, amore?››

‹‹Mi posso asciugare lì›› insistette il piccolo. ‹‹Ti prego.››

‹‹E va bene›› acconsentì Thad, ‹‹ma quando ti sei asciugato torni qui, intesi?››

Seth aggrottò la fronte, ma annuì comunque, obbediente; poi gettò uno sguardo al suo fratellino e sorrise più bendisposto.

‹‹Allora vado da Colin.›› Si chinò e scoccò un bacio rumoroso sulla guancia rosea del fratello, come a volergli dire che sarebbe tornato presto. ‹‹Ciao, piccolino.››

‹‹Sefh, Sefh›› parlottò Demian in risposta, tenendo il ciucciotto tra le labbra un po’ a fatica e costringendo Thad a rimetterglielo a posto.

‹‹Non correre!››

Ma neanche a dirlo, Seth era già fuggito via alzando una marea di sabbia dietro di sé, diretto verso l’ombrellone del suo amichetto del cuore. Zigzagò tra un’ombra e l’altra, per evitare di scottarsi i piedini e, in men che non si dica, scomparve dalla vista dei suoi papà.

 

 

Fine.

 

 

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