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Autore: Palmeras Celestiales    16/07/2013    2 recensioni
Una sera Stiles passeggiava per le strade notturne della città. Derek, in un distributore di benzina, parlava con un tizio. Stiles, in preda alla gelosia e al desiderio, gli si avventava contro, mentre il tizio andava via.
«Sono furibondo con te, lo sai, vero?»
«Sì!» Derek in un sussurro.
«E sono anche terribilmente geloso, lo sai, vero?»
«Sì!» Il cuore in gola batteva violentemente, mentre la mano del ragazzo toccava il suo petto.
«Liberati di tutti gli stronzetti, perché, da questo momento in poi, sei proprietà privata!» E con forza e coraggio mai dimostrati in quel modo, spingeva Derek sulla Camaro e lo baciava con foga.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stand  by  me

 

 

“Luce in fondo al tunnel, boccata d’aria, limpida, parole, musica, casa dolce casa”.
[Max Pezzali – Sei Fantastica]

 

Eh sì, casa dolce casa, finalmente. Stiles la sua casa, ed ora, lì, in aeroporto, quest’ultimo lo osservava con aria interrogativa, i suoi occhi nocciola vuoti, appannati da un velo di tristezza.

«Che ci fai qui?» Stiles sorpreso ed arrabbiato per la presenza di Derek.
«Non avevo nulla da fare e ho deciso di farmi un giretto in aeroporto».  Il sarcasmo onnipresente.
«Sei strano eh!» Aggiungeva Stiles con aria di sufficienza.
«Strano? Torni qua, all’improvviso, dopo essertene andato alla stessa maniera e neanche mi saluti. Davvero credi che mi sia fatto un giro qui a caso? Forza sali in macchina, tuo padre ti attende in ufficio!» Derek si era ripromesso di mantenere la calma, ma quella visione lo aveva sconvolto a tal punto che rabbia e dolore lo soppraffacevano.

In macchina, Derek aveva comprato una nuova Camaro, Stiles osservava le strade della cittadina. Gli sembravano così sconosciute, come se le stesse percorrendo per la prima volta nella sua vita.

Il silenzio tombale nell’abitacolo, Derek non poteva far a meno di osservare quel corpicino più magro di quanto lo ricordasse, quel visino abbronzato, ma allo stesso tempo cupo e si chiedeva continuamente se, quella figura esile, seduta al suo fianco, lo incolpasse dell’accaduto.

Mesi e mesi trascorsi, ogni giorno si faceva la stessa domanda, ogni volta cercava una risposta. Chiamava Stiles sul cellulare, ma puntualmente rispondeva la segreteria. Provava a mettersi in contatto con lui tramite webcam, ma la finestra veniva continuamente chiusa. Chiedeva informazioni a Lydia, ma quest’ultima gli ripeteva di lasciarlo stare e che sapeva poco anche lei. Rimaneva una sola persona con cui Stiles poteva confidarsi, lì in America, ma era anche l’unica persona dalla quale non poteva andare, troppe colpe le addossava, anche in quell’occasione.
E poi quella serie di omicidi e l’idea infusa nel padre di richiamarlo in patria, come esperto di omicidi di tal calibro.

Mille e mille pensieri affollavano le menti dei due giovani, in un lampo si ritrovavano nel parcheggio dell’ufficio dello sceriffo.

Sull’uscio dell’ingresso lo sceriffo Stilinski, immensamente grato a Derek per avergli riportato suo figlio.
«Come stai?»
«Onestamente? Mi dispiace aver abbandonato Taormina!
Un paese bellissimo, tanto quanto gli italiani. Dovresti andarci un giorno. Gentilissima la popolazione, difficile rimanere a stomaco vuoto, impressionante il calore di quella gente nei confronti di uno straniero qualsiasi. Mozzafiato i paesaggi siciliani, come le ragazze e i ragazzi… si potevano ammirare panorami estasianti e, spesso, si poteva usufruire di questi, per far qualche foto. Le serate passate nelle piazze ad assistere ad ogni sorta di spettacolo e la musica che accompagna ogni attività degli italiani». Raccontando alcune delle sue avventure, si dirigeva in ufficio col padre, osservando di soppiatto la faccia Derek, sempre più rigida e contratta.

Terminato il lungo racconto, il giovane veniva messo al corrente circa la situazione gravosa per il quale era stato richiamato. Una serie di omicidi dall’impronta lupesca danneggiava la città ma, dal momento che l’esperto in materia era Derek, si chiedeva il perché della sua necessaria presenza. Che il motivo, in realtà, risiedesse nella nuova ed innata complicità tra suo padre e Derek?

A casa, sotto la doccia tentava di rilassarsi, di non pensare al luogo in cui si trovava.

Un rumore di finestra alzata… Scott!

E chi altri se no.

Vestitosi, apriva la porta della sua stanza, il sorriso smagliante veniva meno alla vista di Derek sdraiato sul suo letto.
«Esiste la porta, non te l’hanno insegnato?»
«E tu hai dimenticato che noi lupi amiamo complicarci la vita?» Calmo il tono di Derek, lentamente si alzava per avvicinarsi a Stiles a passi lenti, lo sguardo fisso nei suoi occhi. Una mano, calda, scivolava sul braccio penzolante e arrossato del giovane umano scosso da un leggero brivido. Gli occhi, sempre velati da quella tristezza che, ormai, sembrava far parte del suo essere.
Risaliva verso il collo, la dolce mano olivastra… lo accarezzava con massima cura, nell’invano tentativo di indovinare i suoi pensieri.
Il palmo della mano, inizialmente dischiuso, man mano che si faceva strada, toccava con foga il viso, padrone di quel corpo troppo rigido per appartenere al suo amato.
Incredulità e felicità… sette mesi in Italia e tutto ciò che amava di Stiles era sfuggito via, come se costui avesse lasciato a Taormina la sua essenza.

«Volevi tentare di farmi ingelosire in ufficio?» Un labile sussurro, la testa piegata verso sinistra, le labbra dischiuse leggermente. «Ci sei riuscito!»
Si apprestava a baciarlo, delicatamente, velocemente, come solevano fare sempre.
«Torno qua e la prima cosa che pensi di fare è baciarmi?» Repentino lo scatto di Stiles, lo sdegno nelle sue parole, il volto voltato verso destra, tutto pur di evitare il bacio di quell’assassino.
«No, cercavo di solo di creare un’atmosfera confortevole. Sei entrato in stanza sorridendo, quel bellissimo sorriso che mi ha fatto perdere la testa, sostituito da un’espressione cupa. Avrei voluto che quel sorriso ricomparisse!»
«CREDEVO FOSSI SCOTT!»

Ecco qua, tutto ciò che gli brulicava nella testa dal suo arrivo in città, urlato a squarciagola. Tutto lì il suo dolore, in quella semplicissima frase che Derek sembrava non comprendere.
Mesi interminabili di dolore represso, passati alla ricerca della felicità, lunghe notti di interminabili telefonate con Allison, improvvisamente rivelatisi inutili.
Lei la persona che meglio poteva comprendere il suo dolore, pur possedendo tanta colpa quanto quella di Derek.
Il suo dolore sbattuto violentemente in faccia a Derek. Come poteva anche solo pensare che tutto fosse come prima? Sette mesi in Italia e la deprecabile presunzione, di quest’ultimo, di annullarli.

«Sì, lo immaginavo. Nonostante tutto, speravo di sbagliarmi». Veniva meno la forza di Derek. Esasperazione e sconforto lo guidavano e in tono grave aggiungeva: «Sono passati sette mesi, Stiles».
«Dopo tre anni tu ancora soffri per Laura, avrò anche io il diritto di soffrire per mio fratello, o è concesso solo ai licantropi?» Sarcasmo pungente e lo sapeva, ma al momento poco gli importava.
«Ho fatto il possibile». Seduto sul letto, le lenzuola strette tra le sue mani, la voce tremante, gli occhi lucidi. Capiva il dolore di Stiles ma, allo stesso tempo, non voleva che egli ne venisse sopraffatto, come lui.
«No, non è vero. Hai preteso fino allo sfinimento che entrasse a far parte del tuo branco, un tuo fedele servitore volevi che diventasse, empio ai tuoi comandi. Il tuo ego proprio non ne poteva far a meno. O dentro o fuori allo stato brado. È colpa tua se si è trovato in questa situazione, è colpa tua se Deucalione lo ha ucciso, avresti dovuto proteggerlo! LUI SAREBBE MORTO PER TE!
Mi sfiori il braccio, prendi la mia guancia, tenti di baciarmi, mi dici di amarmi, ma non hai pensato due volte a farlo morire, pur sapendo la sua importanza per me. Perciò non raccontarmi frottole, evita, perché non ti credo».
Amare lacrime scorrevano sul volto rossiccio di Stiles, i segni dell’abbronzatura evidente, nascosti da gocce di memoria che si riversavano come fiumi di parole.
«Sei stravolto e stanco, ci vediamo domani in ufficio. Ti chiamo se succede qualcosa stanotte».  Colpito nello stomaco da quelle ardenti parole, Derek non sapeva cosa fare. Sapeva benissimo che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata oggetto di inquisizione e giudizio. E in questi casi, meglio lasciare che la rabbia si scarichi da sola.

 

“Il mio orgoglio che può aspettare,
e anche quando c'è più dolore,
non trovo un rimpianto,
non riesco ad arrendermi,
a tutti i miei sbagli,
sei tutti i miei sbagli.”
[Subsonica – Tutti I Miei Sbagli]

 

Stizzito da quell’atteggiamento insolente, tipico di Derek, indossava il giubbotto e con lo zaino sulla spalla giungeva a casa di Allison; mentre camminava una debole foschia scendeva sulle strade della città, rendo la notte sorprendentemente cupa. Una debole luna scrutava, all’orizzonte, i mortali passanti di quella vita imprevedibile e fugace. Non si aspettava così il suo ritorno a Beacon Hills.

Sulle scale, sedute davanti alla porta di casa Argent, Allison e Lydia.
Un lampo negli occhi di quest’ultima che in un secondo gli cingeva le braccia al collo, con una stretta molto più forte di quanto ricordasse. Capelli biondi scendevano lungo il viso di Lydia, l’aria leggermente trascurata, sconvolgente il suo cambiamento.
Niente in confronto allo sguardo afflitto e scosso dalle lacrime di Allison.
Costei, alzatasi lentamente, si preparava ad abbracciare Stiles, con le mani cercava di asciugare le lacrime, senza successo. Una stretta serrata, possente, esprimeva i sentimenti contrastati di sette mesi, tutto ciò che emergeva, solitamente, dalle loro chiamate intercontinentali, veniva racchiuso nella potenza di un solo abbraccio.
L’idea della felicità spazzata via dalla leggera pioggia che a catinelle imperversava sulla città.

 

“Non m'importa molto se
niente è uguale a prima,
le parole su di noi,
si dissolvono così.”
[Subsonica – Tutti I Miei Sbagli
]

 

Questa canzone, ascoltata durante una festa in Italia, per caso, ronzava prepotentemente nella mente del giovane uomo, imparata a memoria in una serata col karaoke. Perfetta per quel momento lugubre.
«Non mi aspettavo così il mio ritorno in città! È peggio di quanto pensassi».
Allison lo fissava con sguardo interrogativo, Lydia con aria curiosa.
«La città è strana senza di te» confessava Lydia.
«La città non è più la stessa senza Scott!» Lo schiaffo morale che Stiles non avrebbe voluto ricevere. Proprio quello il suo pensiero, ma detto ad alta voce suonava strano.
Silenzio opprimente calava tra di loro.
«Sarai stanco, forza, entriamo in casa, mangiamo qualcosa e guardiamo un bel film».
Lydia, soddisfatta dall’affermazione dell’amica, entrava in casa seguita dai due.

Un’insignificante serata passata a mangiare pop corn e far finta di guardare un film dal nome dimenticato.
I pensieri correvano veloci, indistinti, Scott, Derek, le giornate passate insieme, le lunghe camminate, le interminabili litigate, le riconciliazioni, i primi amori, i primi baci, le volte in cui si erano salvati la vita a vicenda. Prima di addormentarsi, lo sguardo preoccupato di Derek che, nella sua stanza, lo fissava.

 

“When the night has come, and the land is dark
and the moon is the only light we will see.
No, I won't be afraid, oh, I won't be afraid,
just as long as you stand, stand by me.
So darlin', darlin' stand by me.
Oh stand by me.
Oh stand, stand by me, stand by me”.
[Ben E. King – Stand By Me]

 

Il cellulare di Stiles squillava… Derek.

Un giorno, nella stanza di Derek, sdraiati sul letto, ascoltavano quella canzone, e preso da una smania irrefrenabile, Stiles aveva pregato Derek di ballarla. Parecchio impacciati i loro corpi, ma non importava, ora sapevano con certezza che come ballerini non avevano speranze.

«Pronto?»
«Ciao. Abbiamo un nuovo omicidio, ti aspettiamo vicino alla mia vecchia casa, c’è anche tuo padre. Datti una mossa!»
Il solito strafottente!!!

Guardandosi intorno notava Lydia sdraiata sul letto, riscaldata dalle calde coperte di lana; Allison, seduta vicino alla finestra, fissava, apparentemente, il vuoto. Tra le mani una tazza di caffè fumante, avvolta da una morbida coperta. Lui, disteso accanto a Lydia, osservava attentamente ogni cosa e domande esistenziali solcavano la sua mente.
Il pensiero di Derek lo ricondusse alla realtà.

Alzatosi lentamente, si dirigeva quatto quatto verso la porta, dopo aver dato un bacio sulla guancia di una Lydia immersa nel mondo dei sogni ed aver accarezzato la fronte pensierosa di Allison.
Prese le chiavi della macchina che, gentilmente, Allison gli aveva concesso, e si dirigeva a gran velocità nel bosco.

La jeep conservata accuratamente nel garage di casa, coperta da un enorme lenzuolo impolverato. Non l’aveva più guidata da quando Scott era morto. Troppi ricordi. E a quel punto si domandava come mai Derek avesse comprato una nuova Camaro, dove fosse finita la Volvo della quale tanto si vantava. Per un attimo pensò che l’avesse fatto per lui… pensieri assurdi, scacciati via con un movimento di mano.

«Papà? Derek?» Nessuna risposta.
Lentamente una figura magrolina spuntava da dietro la casa, giubbotto di pelle, scarpe da ginnastica comode, una maglietta presa a caso dall’armadio.
Il sole brillava all’orizzonte e Stiles faceva fatica a tenere gli occhi aperti, non amava gli occhiali da sole, considerati inutili. La giornata fresca aiutava a mantener salde le membra.
Derek fermo davanti ad una piantina, con sguardi alterni osservava lui ed essa, facendogli cenno di avvicinarsi.
Dietro di lui seguivano Isaac, Melissa e il dottor Deaton. Tutti e tre fermi davanti a quella piantina.
Avvicinatosi, si rese conto che quella piantina era strozzalupo.
Gelide lacrime scendevano sul volto di Stiles, sapeva esattamente cosa giaceva sotto quell’ammasso di terra avvolto da strozzalupo, ma risultava difficile ammetterlo a se stesso.

Iroso, aggiungeva: «È questo l’omicidio per il quale mi hai svegliato? E mio padre?»
«Lui si trova in ufficio. Non sei mai venuto qui, da quando…» la voce pacata e rotta di Melissa. Che bella voce aveva, per lui rappresentava una seconda madre.
«Perché oggi?» Quella domanda bruciava nel suo stomaco. Conosceva benissimo la risposta, solo, non l’accettava.
Di nuovo il silenzio e non potendo resistere oltremodo all’impeto ruggente dentro di sé, a gran passi si avviava verso la macchina, per ripartire a tutta velocità, lasciando dietro di sé sguardi sorpresi ed inquieti.

 

“Cause heaven ain't close in a place like this,
I said heaven ain't close in a place like this.
Bring it back down, bring it back down tonight.
Never thought I'd let a rumour ruin my moonlight”.
[The Killers – Somebody Told Me]

 

Le ruote dell’auto rombante sulla strada lo guidavano il più lontano possibile da quel luogo, voleva andare via, lontano, lontano… ma non poteva, perché ormai era tornato.

Una Camaro nuova di zecca lo seguiva, si fermava nei pressi di casa sua, e mentre Stiles si dirigeva velocemente verso la doccia -una doccia fredda- il conducente dell’auto rimaneva nell’abitacolo ad osservare ed attendere.

 

I giorni si susseguivano a rilento, tutti uguali, sempre più difficile trovare la causa della scia di sangue che infestava la città. Omicidi privi di schema fisso, gente qualunque, modi differenti, non avevano nulla in comune, eccetto il fatto stesso di essere omicidi.

Furibonde le litigate con Derek, certi giorni non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia, gli faceva solo schifo.
Infiniti i tentativi di lui per farsi perdonare, per ristabilire la loro normalità in un mondo tutt’altro che normale.

La vicinanza con Allison gli giovava, anche se, ad un certo punto, si era insidiato in Stiles il sospetto che fosse lei l’artefice degli omicidi, il suo modo per scaricare la rabbia per la morte di Scott.
Ma conosceva Allison da anni, ormai, e il sospetto si rivelava infondato.

La morte di Scott aveva avuto strani effetti su tutti, lui in primis, non poteva negarlo, ma da lì all’uccidere gente a caso ce ne voleva.

Di fango ed acqua sotto i ponti ne era passata in quei quattro mesi a Beacon Hills, e la rabbia nei confronti di Derek iniziava a scemare; in cuor suo, sapeva sin dal primo giorno che lui aveva fatto il possibile per salvare Scott, ma non ce la faceva a far finta di niente, a cancellare l’accaduto.

I tentativi di riconciliazione servivano, e questo iniziava a capirlo solo ora, anche ad accettare la morte di Scott, ad arrivare da solo alla verità, ad affrontare e cercare di superare la drammatica tragedia.

Una sera Stiles passeggiava per le strade notturne della città. Derek, in un distributore di benzina, parlava con un tizio. Stiles, in preda alla gelosia e al desiderio, gli si avventava contro, mentre il tizio andava via.
«Sono furibondo con te, lo sai, vero?»
«Sì!» Derek in un sussurro.
«E sono anche terribilmente geloso, lo sai, vero?»
«Sì!» Il cuore in gola batteva violentemente, mentre la mano del ragazzo toccava il suo petto.
«Liberati di tutti gli stronzetti, perché, da questo momento in poi, sei proprietà privata!» E con forza e coraggio mai dimostrati in quel modo, spingeva Derek sulla Camaro e lo baciava con foga.
Un bacio intenso, bellissimo, come da mesi desideravano, quel bacio dal retrogusto amaro li conduceva a casa del giovane lupo, per dare inizio alla loro nuova vita insieme, incoronata in quella notte d’amore puro e genuino, violento e necessario. I loro corpi in preda agli spasmi, il battito veloce e rumoroso dei loro cuori, lacrime di gioia irrigavano il viso di Stiles che, con estrema delicatezza, si appoggiava al petto caldo e sudato di Derek, per poi addormentarsi.

Il mattino seguente il sole abbagliava ogni cosa, leggera nebbia si dissolveva. Una lettera stretta nella mano destra, bagnata da lacrime e sudore. Un mazzo di gigli stretto nella mano sinistra. La terra bagnata dalla pioggia della sera prima.
Il tumulo sotto al quale giaceva Scott intatto.
Dopo averlo salutato con la grinta con cui solevano salutarsi, quietamente appoggiava la lettera e il mazzo di fiori sul tumulo. Sedutosi lì accanto, Stiles iniziava a raccontargli delle sue avventure in Italia e della notte trascorsa con Derek.

Un nuovo inizio.

 

“If I just breathe, 
let it fill the space between, 
I'll know everything is alright. 
Breathe, 
every little piece of me, 

you'll see, 
everything is alright, 
if I just breathe”.
[Michelle Branch – Breathe] 




  
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