Non sapeva esattamente dove si trovasse: vedeva muri bianchi ed austeri e una grande finestra a sinistra. Era sdraiato e davanti a lui c'era una porta, anch'essa bianca. Cercò di ricordare per quale motivo si trovasse lì, su quel letto. Vuoto totale. Non ricordava nulla. Il suo ricordo più lontano risaliva a lui che accendeva la tivù, con Linda seduta accanto. Poi, il bianco più assoluto. Ad un tratto sentì delle voci, provenienti da un'altra stanza. La porta si aprì dolcemente.

"... e stavo dicendo, non si tratta di nulla di..."

"Paul! È sveglio! Paul!" strillò Linda. "Ti sei svegliato! Oh, cavolo, quanto m'hai fatto spaventare!"

Sul suo viso comparve un espressione non esattamente intelligente, del tipo 'ma cos'è successo?'.

"Ma che è successo...?" biascicò. "Dove sono? Non capisco..."

"Oh, Paul... devi sapere che qualche giorno fa, più precisamente l'otto dicembre millenovecentottanta..." Linda scandiva perfettamente le parole, con precisione quasi metodica. "...stavamo guardando la tivù in salotto, e..." esitò un attimo. "... sei svenuto."

"Per quale motivo? La gente non sviene semplicemente guardando Countdown alla televisione!" sbottò.

"Hai ragione... Ecco... Te lo dico e basta perché non ti ricordi e non ci sono modi dolci per dare queste notizie... Beh... John è stato ucciso."

Paul sbarrò gli occhi. 

John. John. Quel John. John Winston - Ono, perché si era fatto aggiungere il cognome di Yoko - Lennon. Il SUO John. La persona che aveva amato più di ogni altro al mondo. 

"L'hanno detto quella sera, a mezzanotte... Hai sentito la notizia e mi sei letteralmente crollato addosso... Mi dispiace."

'Mi dispiace. Guarda, anche a me dispiace, cazzo, era il mio migliore amico, l'amore della mia vita!' pensò Paul, ma non lo disse. Si limitò a fare un cenno con la testa.

"Non so quando faranno i funerali... Ma suppongo che saranno a New York. Mi dispiace, Paul, ma dobbiamo andare avanti. Stiamo producendo un disco e un volo in America per un funerale non farebbe bene alla tua salute."

"Va bene. Ora sono molto stanco." la liquidò in fretta.

"Andiamo, signora McCartney" disse il medico che l'aveva accompagnata.

Quando Paul fu sicuro che se n'erano andati, scoppiò in un pianto disperato. Le lacrime gli rigavano il viso e bagnavano le lenzuola.

Aveva perso John.

Sebbene non lo vedesse da almeno tre anni, lo amava ancora.

I suoi ricordi dei Quarrymen, di Amburgo e della Beatlemania ruotavano attorno a John. Quei tempi, dove gli sembrava che averlo vicino non fosse abbastanza...

Quei tempi, quando lo voleva tutto per sé, sembravano lontanissimi. Ora era rimasto solo, John non esisteva più.

Esisteva solo l'oblio di una vita senza più un senso.

Avrebbe voluto ingozzarsi di pastiglie e morire.

Ma non poteva. Anche se amava John, non gli andava di lasciare Linda da sola, e di farle capire a che livelli era capace di fingere un amore. 

"Se tu fossi qui... Qui, oggi, John... Potrei dirti quanto ti ho amato e quanto ti amo ancora... Quant'era bello il mondo di prima... Se fossi qui, oggi ti dedicherei una canzone..." sussurrò Paul nelle lacrime. 

Evidentemente John era proprio accanto a lui, quel giorno, mentre piangeva, perché qualche anno dopo scrisse e pubblicò la canzone d'amore più triste mai scritta.

Per John.