IL GIOCO CHE FU
Mi sveglio al mattino
e voglio scherzare
e dopo un pochino
incomincio a giocare.
Io sono un birbante
e forse il più bello,
di gioia raggiante
son detto monello.
Perché a sfacchinare,
ancor giovanotto,
io già devo andare
come un signorotto?
Ballando e saltando
il tempo è passato;
cantando e giocando
il giovane è andato.
Così brutto e frusto,
ormai a lavorare,
il nostro vetusto,
lui sì, deve andare.
Galoppa galoppa,
andando sul sasso,
d’un cavallo in groppa,
così vecchio e grasso.
Ripenso al passato,
allegro e giocondo,
però ormai cessato,
ma non fino in fondo.
Nell’animo ilare,
qualcuno c’ ha letto
che deve afferrare
il momento ristretto;
così può giocare
e darsi al diletto,
per poi lavorare
e stimarsi perfetto.