Call
me Maybe
Green
osservava il suo pokégear.
Il
pokégear osservava Green.
Quanto
tempo, un ragazzo ed un
oggetto, potevano resistere in una gara a chi fissava più a
lungo?
Il
capopalestra guardò l’orologio:
un’ora.
Beh, avrebbe
potuto anche
decidersi ad aprirlo e comporre quel maledetto numero, non sarebbe
stato poi
così difficile.
Il problema
non stava tanto nel
fatto che non fosse in grado di utilizzare quell’aggeggio
malefico, ai suoi
tempi –si sentiva terribilmente vecchio anche solo a pensare
una cosa del genere-
non esisteva nulla del genere; la vera incognita risiedeva nella
persona dall’altra
parte della cornetta.
Avrebbe
risposto?
Lo avrebbe
sentito suonare,
disperso com’era sulla vetta di Monte Argento?
E se avesse
risposto…di che cosa,
esattamente, intendeva parlargli?
Il ragazzo
scosse la testa: il
progresso, la più ingegnosa e crudele tortura
dell’umanità.
Aveva la
possibilità di
contattare Red, di sentire la sua voce dopo tanto –troppo-
tempo. Gli sarebbe
bastato schiacciare un misero pulsante, eppure…
Eppure,
perché non lo faceva?
Sospirò.
Sapeva
esattamente cosa lo
fermava: la paura. Il timore della lontananza, il terribile
presentimento che
tutto fosse cambiato in quel periodo in cui, per un capriccio dettato
dalla
voglia di essere il numero uno, si erano persi di vista, uno per
inseguire il
sogno di una vita, l’altro per occuparsi di una palestra che
nemmeno aveva
desiderato.
Un secondo
sospirò rassegnato gli
sfuggì dalle labbra, mentre il pokégear ancora lo
studiava.
Il richiamo
dolce di Umbreon lo
riportò alla realtà, mentre il pokémon
dal manto nero gli si avvicinava,
andando a sfregare piano la testa contro la sua gamba, come a
infondergli il
coraggio che non aveva più avuto in quegli anni.
-D’accordo
Umbreon, facciamolo!-
Incoraggiato dal verso
carico d’approvazione
del suo compagno, il ragazzo afferrò il piccolo strumento e
corse
freneticamente a cercare tra la sua affollatissima rubrica
–in cui spiccavano,
ben quattro numeri diversi-, il numero dell’antico rivale.
Poi premette
il tasto verde, e
attese.
Passarono
dieci secondi, prima
che l’altro si decidesse a rispondere, e furono i dieci
secondi più lunghi
della sua vita: le mani gli sudavano copiosamente, mentre le gambe,
incapaci di
star ferme, lo avevano portato a percorrere, su e giù, la
lunghezza della sua
stanza per un numero infinito di volte. E intanto la sua mente non
poteva fare
altro che pensare “rispondi, razza
di
ridicolo giovane idiota!”.
Ma poi Red
aveva risposta, e lui
era entrato nel panico.
-Red? Sono
Green…no aspetta, non
dire niente!- Nella frenesia del momento, interruppe il tentativo
dell’altro di
rispondere qualsiasi cosa: sapeva che se si fosse fermato in quel
momento, non
sarebbe più stato in grado di dire alcunché;
avrebbe perso il coraggio improvvisamente
ritrovato e avrebbe sprecato l’unica possibilità
che si era dato di porre
rimedio a tutta quella faccenda.
Così,
ignorando l’altro, andò
avanti per la sua strada.
-So che ti
sembrerà assurdo che
io ti chiami proprio ora, è passato così tanto
tempo…ma avevo bisogno di
sentirti. Ho bisogno di sentirti. E
di
vederti. Quindi dovresti davvero smetterla di fare l’eremita
su quel dannato
Monte e tornare da me, a sfidarmi, a parlarmi, a passare del tempo con
me, maledizione!-
si fermò per prendere fiato per qualche istante, non era
abituato a fare
discorsi così lunghi, e probabilmente Red,
dall’altro capo del Kanto si stava
chiedendo cosa diavolo stesse pensando, per dire delle cose
così assurde. Ma questo
non lo fece demordere, e decise che, se doveva buttare alle ortiche
anni di
orgoglio lo avrebbe fatto bene.
-Maledizione
Red!- ripeté –Mi manchi.
Mi manchi così tanto che mi metto a fare queste telefonate
assurde, anche col
rischio che tu cominciassi a pensare che io sia andato totalmente fuori
di
testa. Il che potrebbe essere vero, ma sarebbe comunque colpa tua, e
della tua
lontananza! Quindi…quindi, dovresti davvero tornare. A casa.
Da me.-
Si
fermò, riprendendo fiato e
cercando di convincere il suo cuore a fermare quella corsa sfrenata che
sembrava aver deciso di intraprendere senza il suo permesso.
Glielo aveva
detto.
Ce
l’aveva fatta.
Era
terribilmente liberatorio –e mortalmente
imbarazzante, ma per uccidersi avrebbe avuto tempo, dopo-, era come
essersi tolti
un peso dal cuore che premeva fastidioso e non lo lasciava dormire, la
notte.
Un sorriso
leggero andò a incurvare
le labbra del capo palestra.
Poi
arrivò la doccia fredda.
-Green?
Ecco…come dire…io non
sono Red…-
Un voce
titubante lo raggiunse.
Una voce che
non era,
assolutamente, la voce di Red.
-C-cosa?-
L’incredulità
prese il
sopravvento, mentre cercava in tutti i modi di non pensare al fatto che
aveva
appena dichiarato i suoi sentimenti ad un altro.
-Sono
Gold…credo, credo tu abbia
sbagliato numero.-
L’imbarazzo
del giovane campione
di Jotho, non era per nulla paragonabile a quello che stava
attanagliando al
momento il capo palestra, che, in un attimo di puro e semplice panico,
riattaccò il pokègear, senza dare alcuna
spiegazione.
*****
Nella
regione di Jotho, intanto,
un incredulo Gold fissava sconvolto il suo pokégear,
scambiandosi, di tanto in
tanto, uno sguardo perplesso con il piccolo Ambipom aggrappato alla sua
spalla.
Facendo
spallucce, poi, si rimise
l’oggetto in tasca.
-Andiamo,
Ataro. Dobbiamo
recapitare il messaggio di Green al senpai!-
Il
pokémon emise un verso
entusiasta, mentre si prestava a seguire il suo allenatore, che, con un
sorriso
sghembo, modificò il suo piano d’azione,
dirigendosi verso la vetta innevato di
Monte Argento.
Dopotutto,
pensò, Red sarebbe
stato entusiasta di vederlo, questa
volta.
°Note°
Ataro è il soprannome dell’Ambipom
di Gold, nella versione Giapponese.
So che in Italia Green è il nome
dato alla ragazza, mentre Blue è il nome del rivale storico
della prima
generazione di pokémon, ma io ho tenuto i nomi originale
giapponesi, perché mi
gustava di più (?)
Questa
cosa orribile
partecipa alla
challenge multifandom indotta su
faccialibro dal gruppo “Fanfiction Challenge”, ma
probabilmente, per il vostro
dispiacere, l’avrei scritta lo stesso prima o poi: girava
nella mia testa da
quando, giocando a Heart
Gold,
ho ricevuto una chiamata da Green in cui parlava solo di Red, per poi
riagganciare
subito.
Che persona
disagiata che sono.
Baci,
Seki