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Autore: Laylath    17/07/2013    5 recensioni
“Olivier…”
“Sì?”
“Come si fa ad essere forti?”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Olivier Milla Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In genere le piaceva molto suonare il pianoforte: le sue dita delicate non avevano nessuna difficoltà a muoversi in quei tasti bianchi e neri, riempiendo quella grande stanza con delicate melodie per ore ed ore.
Catherine Elle Armstrong adorava la Stanza della Musica, così come l’aveva ribattezzata sin da quando era piccolissima, e la considerava un rifugio personale. Nessuna delle sue sorelle ci passava molto tempo, del resto sia Amue che Strongine non erano molto portate per la musica; solo sua madre e Olivier si erano dedicate al pianoforte, ma non con la sua stessa passione.
Con un sospiro sfiorò un tasto e la nota si disperse nella stanza, andando a sfiorare le tende rosse ai lati della grande vetrata, le librerie di mogano, i quadri dai bei colori sgargianti: ogni mobile sembrava contribuire a rendere l’acustica perfetta per la musica del pianoforte.
Le gambe della più giovane degli Armstrong dondolavano distrattamente dallo sgabello ricoperto di velluto nero, mentre gli occhi azzurri fissavano l’immenso cortile oltre le maestose vetrate.
Era una bellissima giornata invernale, con il sole che riscaldava tiepidamente le siepi e le piante del giardino. La grande fontana centrale finalmente zampillava, dopo che per diverse settimane era rimasta soffocata dal ghiaccio. Una scena di prima, timida, delicata rinascita, come accadeva ogni anno.
Questa visione suscitava in lei una grandissima gioia ogni volta, ma in quei primi mesi del 1909, proprio non riusciva a trovare la sua solità serenità e felicità nel godere delle bellezze della sua grande casa. Eppure avrebbe tanto voluto tornare a sorridere, allietando le giornate degli amati genitori con la sua musica e la sua risata felice… ma il suo cuore di tredicenne era pesantemente oppresso.
E tutto da quando Alex era tornato a casa, dopo essere stato in guerra ad Ishval.
 
La sua famiglia era molto fiera delle proprie origini e del fatto che, generazione dopo generazione, almeno un suo membro avesse fatto parte dell’esercito. Catherine sapeva che suo padre era molto orgoglioso del fatto che, su cinque figli, ben due fossero entrati a servire nelle forze armate: la tradizione di famiglia era stata rispettata.
Però, a quanto sembrava, le cose non erano andate molto bene per il suo fratellone.
Il delicato labbro inferiore tremò lievemente mentre la ragazzina ripensava alle tristi scene a cui assisteva ormai quotidianamente da alcune settimane.
Adorava Alex, con lui aveva uno splendido rapporto: era il suo fratellone, così buono e protettivo, dolce e candido. Catherine si rispecchiava ampiamente nella sua bontà così… scintillante. Lui aveva una sensibilità maggiore rispetto alle sue sorelle: intuiva quando qualcosa la turbava ed allora era sempre pronto ad accorrere da lei, ad avvolgerla tra le sue forti braccia, a consolarla con le sue parole.
E poi era così forte: era a lui che era stata tramandata l’alchimia di famiglia. Portava con grande fierezza quei particolari tirapugni col cerchio alchemico… ed era così bravo e artistico nelle sue trasmutazioni. A volte, persino suo padre lo fissava commosso per quella bravura.
Alex era il suo eroe: aveva deciso fin da piccola che si sarebbe innamorata solo di un uomo che gli assomigliasse.
Era dunque normale che, vedendo il suo punto di riferimento così sconvolto, si sentisse così turbata.
Sapeva che la guerra era una cosa molto brutta e, forse, Alex era rimasto traumatizzato da quello che aveva visto… ma c’era qualcosa che non tornava. Ci doveva essere qualcosa di profondamente sbagliato in quello che era successo: gli occhi del suo fratellone avevano perso quella sicurezza, quella forza che li faceva splendere in maniera così speciale.
Cosa ti è successo, fratellone?
Avrebbe tanto voluto chiederglielo! Avrebbe tanto voluto, per una volta, essere lei la forte dei due e consolarlo. Ma come poteva fare? Lei era così delicata e tutta la famiglia la teneva nella bambagia… come poteva una creatura fragile come lei dare forza al suo fratellone?
 
“Come mai sei seduta al piano senza suonare, Catherine?” chiese una voce severa, accanto a lei
La piccola Armstrong sollevò colpevolmente lo sguardo sulla sorella maggiore: non l’aveva nemmeno sentita entrare.
Olivier indossava un pesante cappotto nero sopra la divisa militare, segno che stava per partire alla volta di Briggs, dove era stata assegnata come generale. Catherine non poté fare a meno di fissare, affascinata, la spada che portava alla cintura e che pendeva elegantemente dal fianco sinistro.
Sua sorella maggiore era forte, tantissimo… ma una forza diversa rispetto a quella di Alex. Lei era molto severa con gli altri e anche con se stessa: riteneva che la disciplina fosse alla base di tutto. E poi era così orgogliosa, in una maniera più feroce rispetto agli altri della famiglia.
Lei non sorride quasi mai…
Forse era per questo che, nonostante si assomigliassero molto fisicamente, Catherine non riusciva ad avere con Olivier lo stesso rapporto che aveva con Alex.
In quelle ultime settimane, poi, era stata particolarmente dura con lui. Diverse volte l’aveva chiamato “disonore della famiglia”, “debole” “vigliacco”, ma Alex non aveva risposto a queste provocazioni, chiuso com’era nel suo turbamento.
Perché Olivier era così cattiva con il suo amato fratello?
“Oggi non ho molta voglia di suonare” rispose con un filo di voce, tornando a fissare i tasti bianchi e neri.
“Io sto partendo, Catherine” dichiarò
“Oh… - mormorò la piccola, senza guardarla – e starai via per molto tempo, Olivier?”
“Sì: il confine di Briggs ha bisogno di una guida forte. Non so quando potrò tornare a farvi visita”
“Mi dispiace” sospirò con sincerità Catherine
“Manca ancora un quarto d’ora prima che io vada. Suoneresti qualcosa per me?”
Era una richiesta, formulata con voce particolarmente cortese, ma Catherine non poté fare a meno di riconoscervi quel crepitio di comando che Olivier non riusciva mai ad abbandonare del tutto. E così, obbedendo a quell’implicito ordine, le sue dita delicate si mossero sulla tastiera e la Stanza della Musica si riempì di note.
Non fu un brano conosciuto quello che uscì dai tasti sfiorati dalla piccola Armstrong, ma un’improvvisazione che permetteva ai sentimenti del suo tenero cuore di vagare liberi in quella melodia così triste e malinconica… così non da lei.
Mentre le note risuonavano, Catherine sbirciò di nuovo nel cortile, fissando la propria attenzione sui piccoli cumuli di neve ai lati dei sentieri. A Briggs la neve era tanta e il disgelo era sempre breve… si chiese se in un posto simile sua sorella sarebbe diventata ancora più fredda e distante.
“Olivier…” mormorò, quando le ultime note si spensero e la Stanza della Musica tornò silenziosa
“Sì?”
“Come si fa ad essere forti?” quella domanda le era uscita involontariamente, dettata dalla sua ingenuità.
Arrossì, sperando che la sorella maggiore non se la prendesse troppo; tuttavia dopo qualche secondo senza che giungesse alcuna risposta, si volse a guardare quell’imponente figura vestita di nero e blu.
“Perché me lo chiedi?” la voce questa volta era gentile, senza alcuna sfumatura marziale e anche gli occhi azzurri, di solito freddi come il ghiaccio, lasciavano trasparire un tiepido calore che, a Catherine, ricordò quello di un caminetto dove la fiamma arde dolce, dopo aver bruciato intensamente per i primi tempi.
“Perché vorrei esserlo pure io.Per i nostri genitori, per le nostre sorelle…”
... e soprattutto per Alex.
Non disse a voce alta quell’ultima parte della frase, timorosa di scatenare le ire della sorella maggiore. In quelle ultime settimane nominare il fratello voleva dire far piombare il gelo nella stanza.
“Non smettere di suonare”
“Come?” si sorprese Catherine, credendo di essersi persa la maggior parte di una frase
“Non smettere di suonare il pianoforte, Catherine. – ripetè Olivier, allungando una mano per metterla sull’esile spalla della ragazzina – Tu sei già forte, ed è quando suoni che lo dimostri”
“Dici? Ma come potrei aiutare Alex a… oh!” si morse la lingua, rendendosi conto di aver appena pronunciato il nome proibito.
Sì aspettò di vedere il viso di Olivier indurirsi e di sentire i suoi pesanti stivali camminare verso la porta, ma non accadde nulla di simile.
“Suona per lui, Catherine: – le disse la donna con un sospiro – fai in modo che le note della tua musica arrivino dentro la sua anima spezzata. Sei l’unica che può farlo… e ti affido questo compito, ora che io non ci sarò”
Non aspettò risposta: con una breve carezza alla spalla della sorellina, il nuovo generale di Briggs si girò e si avviò verso la porta. Solo quando l’uscio si fu richiuso alle sue spalle, la giovane si riscosse dallo stato di sorpresa che le ultime parole di Olivier avevano suscitato in lei.
Si voltò a fissare la tastiera del pianoforte, dove ancora stavano posate le sue dita.
Come poteva la sua musica essere forte come la spada di Olivier, o come l’alchima di Alex?
Si domandò, inoltre, perché sua sorella fosse venuta da lei, chiedendole di suonare proprio prima della partenza.
Sentendo rumori dal cortile corse alla grande vetrata per poter sbirciare e vide la maggiore degli Armstrong avanzare verso una macchina nera con un soldato al posto di guida. Aveva già aperto la portiera quando si girò un’ultima volta a fissare la grande casa: il suo volto era deciso e fiero…
Catherine sgranò gli occhi nel vedervi quell’istante di intensa malinconia
Suoneresti qualcosa per me?
La piccola Armstrong tornò decisa al pianoforte e riprese a suonare, mettendoci tutto l’impegno possibile per trasmettere in quelle note l’amore e la speranza del suo giovane e forte cuore.
Perché Olivier era venuta da lei e le aveva chiesto di suonare, per portare un pezzo di casa a Briggs… e le aveva affidato il compito di guarire l’anima turbata di suo fratello.
Ogni Armstrong era forte e Catherine non sarebbe stata da meno.
 
 
  
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