Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: A li    29/01/2008    2 recensioni
Corro veloce dietro una figura longilinea e tozza allo stesso tempo, resa così contraddittoria dagli abiti larghissimi.
- Tom, Tom, aspetta! -
Lui non mi ascolta e continua a correre verso il bosco.
- Ti prego, Tom! Lo sai che mi fa paura! -
Una shot drammatica sui due gemelli, quando erano ancora bambini.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
‘Un fiore senza luce’

‘Un fiore senza luce’

 

 

 

Alzo lo sguardo e socchiudo gli occhi alla luce calda del sole.

Non sorrido, non piango. Niente ha più senso.

 

Corro veloce dietro una figura longilinea e tozza allo stesso tempo, resa così contraddittoria dagli abiti larghissimi.

- Tom, Tom, aspetta! -

Lui non mi ascolta e continua a correre verso il bosco.

- Ti prego, Tom! Lo sai che mi fa paura! -

Duro ammetterlo, ma l’ho fatto. E’ notte e non me la sento di infiltrarmi tra gli alberi senza nemmeno una torcia. Ma Tom sembra non far caso a me e, cosa ancor più sorprendente, pare conoscere perfettamente la strada.

Un attimo ed è sparito, inghiottito dal fogliame fitto.

Mi guardo intorno, sono al limitare del bosco e sono solo. Che fare?

Sarebbe bello lasciare Tom nei pasticci e tornarsene a casa, così impara a portarmi dove non voglio, ma qualcosa mi trattiene. E’ il mio fratellino.

Armandomi di tutto il coraggio che possiedo, avanzo.

Il buio mi avvolge tiepido e minaccioso allo stesso tempo.

- Tom? – comincio a chiamare.

Nessuna risposta. Perché si ostina a nascondersi?

Con l’udito affinato a captare qualsiasi suono sinistro o confortante voce, allungo un piede sul fogliame autunnale e chiamo ancora a voce alta il mio gemello.

Faccio qualche metro rischiando di sbattere contro qualche tronco, la vista non ancora abituata alle tenebre.

Poi un grido risuona improvviso da un punto impreciso alla mia destra.

Tom.

Incurante del pericolo di cadere e farmi del male, corro a perdifiato verso il punto da cui ho sentito provenire la voce. Quello non era un urlo di gioia, o di finzione per fare paura, era di puro terrore.

Con le lacrime agli occhi per il freddo e la tensione, inciampo ad un tratto in qualcosa di molle, cadendo a terra e sporcandomi da capo a piedi con il fango e le foglie sudice.

- Bill! -

- Tom! -

Sorrido all’oscurità senza preoccuparmi del dolore perché accanto a me c’è il mio fratellino.

Ma un gemito doloroso mi riporta alla realtà della situazione.

- Tom… Che c’è? -

Un altro gemito mi provoca brividi in tutto il corpo, scuotendomi violentemente.

- La… La gamba… Credo di essere finito in una trappola per animali. -

Le lacrime salgono agli occhi questa volta solo per paura.

- Tom… -

Mi avvicino a mio fratello con il terrore di trovarlo ferito a morte. Allungo una mano e incontro il suo viso. Lui freme a quel contatto così diretto. La mia mano scorre sul suo corpo fino alla gamba destra e un violento sussulto mi scuote. Tom ha la gamba chiusa in una tagliola ed un lungo taglio gli trafigge la caviglia, mentre un liquido viscoso scende lento e omicida dalla carne visibile.

- Bill… Mi dispiace… -

Spalanco gli occhi nel buio, sapendo che lui non può vedermi, ma forse immaginarmi.

- E’ tutta colpa mia. -

Ride: una risatina flebile e sconnessa da piccoli singhiozzi. Sento il suo respiro farsi affannoso e le mie poche lacrime si trasformano in un pianto a dirotto.

- Tom, che ti succede? Tom! -

Il mio gemello sorride e si abbandona debole nel mio abbraccio.

- Non preoccuparti, Bill. -

Mentre lo tengo stretto a me percepisco che non resisterà molto, perde tanto sangue. Troppo.

- Vado a chiamare qualcuno, Tom, ti prego resisti… - la mia è una supplica.

- No! – mi ferma, stringendo con la mano abbandonata la mia maglia – Aspetta, o non avrà avuto senso. -

Non capisco le sue parole, ma contro ogni logica, mi immobilizzo.

Tom prende un grosso respiro per riuscire a parlare.

- Guarda. – dice solamente.

Mi accorgo delle sue mani che armeggiano faticosamente nei pantaloni e attendo incapace di far qualunque cosa.

Ad un tratto una luce si accende, illuminando gli alberi che ci circondano e accecandomi un istante. Poi il fascio viene proiettato alle mie spalle ed io mi volto.

La bocca mi si spalanca automaticamente.

Un fiore azzurro, alto quanto metà di un tronco d’albero e con i petali gonfi, pronto a sbocciare.

Che meraviglia.

- Io… -

Sento Tom sorridere, benché io abbia lo sguardo rivolto da un’altra parte.

- L’ho scelto per te, sai? Penso che ti assomigli. – prende fiato, sempre più debole – Sta per sbocciare e quando lo farà sarà il fiore più bello di tutti, anche più bello di quello che è già adesso. -

I miei occhi si appannano ed un calore famigliare m’invade il viso, quando le lacrime cominciano a sgorgare.

- …Tom… - sussurro, incapace di dire altro.

- Ti voglio bene, Bill. -

La luce della torcia si spegne ed il fiore sparisce.

Tom… Io sono il fiore, ma tu sei la mia luce… Senza di te non esisto.

Appoggio il corpo inerte a terra e mi volto.

Chiudo gli occhi, stringendoli.

Resisti, ti prego.

 

Che stupido, che stupido sei stato Tom a credere che io fossi quel fiore così bello. Non me ne sono mai accorto, troppo egoista e concentrato su me stesso per notarlo, ma eri tu quella meraviglia.

Da piccolo mi difendevi dai bulli anche più grandi di te, nonostante volesse dire tornare a casa pieno di lividi.

Alle medie mi difendevi da quegli stronzi che ce l’avevano tanto sul modo in cui mi vestivo e mi truccavo, a volte perdendo anche i tuoi amici.

Nella band restavi con me quando mi sentivo solo e rimanevi in disparte se ero felice, godendo solo del fatto che io stessi bene, senza preoccuparti di te stesso.

Ma ora cosa mi resta? Dimmelo, Tom, adesso che te ne sei andato, adesso che ho solo più quella parte di me egoista e vanitosa, allora, dimmi, che mi resta?

Sì, Tom, tu eri la parte migliore di me e non me ne sono mai accorto. Forse se non avessi avuto tutto quel gratuito amore per me, se non mi avessi voluto bene e perdonato incondizionatamente ogni volta, se non avessi ignorato la parte di me che non ti piaceva, beh, forse ora tu saresti qui.

Eppure mi hai sempre amato, sempre curato, sempre accudito, sempre sorretto e sempre incoraggiato, con quello sguardo che non avevi per nessun altro.

Perché, perché l’hai fatto?

Forse volevi donarmi l’affetto negato di nostro padre. Senza accorgerti che mancava anche a te.

Ed era così.

Dovevo amarti e non ne sono stato capace.

 

- Tu non capisci, Bill… -

Una lacrima mi scorre sulla guancia destra, rompendo l’equilibrio della stanza.

- Io… -

- ‘Io’ niente, Bill. Ora basta. Ho passato anni interi, tutta la mia adolescenza ad amarti, perché avevo capito che avevi più bisogno di me di amore. Ho rinunciato ad avere una vera storia d’amore, fingendo di amare i flirt passeggeri, solo per non abbandonarti e restarti sempre accanto. Ho trascurato il dolore di Gustav e quello di George, molte volte, per pensare solo al tuo. Ma tu eri troppo occupato a pensare a te stesso e alla tua carriera per accorgertene. George e Gustav sono diventati man mano più freddi con te, tentando di coinvolgermi, ma no, io ho continuato a volerti bene come quando eravamo bambini. Ma nonostante tutti i miei sforzi, malgrado il mio amore, tu non hai capito niente, Bill, niente. Ed io mi chiedo perché. -

Le lacrime scorrono senza ritegno gettandosi sul pavimento di legno.

- Beh, vedo che non capisci nemmeno ora e non m’impedirai neanche di andarmene, immagino. Mi dispiace, perché ho davvero creduto in te, fratellino, sempre. -

La parola fratellino mi fa sussultare, per l’odio che vi è impresso.

Alzo lo sguardo incollato a terra al tuo viso, contratto per la rabbia.

Voltandosi ti dirigi alla porta e ti giri un ultima volta.

- Io credevo davvero che fossi quel magnifico fiore, Bill. -

Apri la porta per qualche centimetro e senza voltarti pronunci le ultime parole della mia vita.

- Ma probabilmente mi sbagliavo. Addio, Bill. -

La porta che sbatte con violenza, i tuoi passi sulle scale, poi più nulla.

Ti ho perso per sempre, Tom.

 

E fu l’ultima volta che ti vidi.

Non sono mai stato quel fiore che immaginavi, Tom. Lo ero solo nella tua speranza, lo ero solo guardato attraverso i tuoi occhi.

Sono stanco, Tom, stanco di questa vita stupida, che ci fa sbagliare senza averci spiegato le regole del gioco. Se mi avessero detto che ero egoista, che avevo gli occhi chiusi, allora li avrei aperti. Ma era una cosa che dovevo fare da solo, vero Tom? Lo capisco solo ora.

E ormai sono troppo stanco per rimediare, troppo consumato da quest’esistenza infame a cui mi hai condannato quando te ne sei andato attraverso la porta della camera 483. Sono vecchio dentro di me.

La band è finita da quando ci hai lasciati. Giustamente, George e Gustav hanno dato la colpa a me per questo e così ho perso anche loro. Andreas è andato a vivere con nostra madre per confortarla, distrutta dalla nostra separazione.

Ricordi cosa ci aveva detto? L’unica cosa importante è che stiate sempre insieme. Ma non l’abbiamo fatto e la colpa è solo mia.

Sospiro. La luce che filtra attraverso le fronde mi acceca. L’ultima volta che ci siamo stati era notte. Guardo la terra e sorrido. La tagliola sta facendo effetto, quello che volevo. Il sangue scorre dalle mie gambe quasi tumultuoso e ansioso di andarsene come lo sono io.

Forse ora stai leggendo la mia lettera d’addio e te ne stai rallegrando. Del resto, finalmente perderai quello stupido ragazzo che ti ha rovinato la giovinezza.

Sono stanco, Tom, stufo di questa vita senza di te. Ma forse, finalmente, troverò un po’ di pace.

Sposto la testa dolorante e confusa alla mia sinistra, fissando quel fiore azzurro. E’ sbocciato… strano, perché fino a pochi minuti fa sembrava ancora chiuso. Che bello.

La vista mi si appanna, vedo tutto rosso. Sento solo vagamente la percezione dei sensi. Ora, finalmente, perderò me stesso, l’unica cosa nella mia vita che ho odiato. Mi libererò di questo corpo che ti ha dato tanto dolore, Tom.

Le palpebre sono pesanti, gli occhi mi si chiudono.

Eppure, mentre fisso il fiore, mi sembra di scorgere la tua immagine venirmi incontro spaventata.

Sei tu, Tom?

Che bello, forse è il paradiso.

 

Sono morto?

Apro gli occhi ed un viso che amo mi si para davanti.

Sì, sono morto.

Eppure mi sorridi e sento tanto dolore mentre cerco di ricambiarti. In paradiso non c’è dolore.

- Bill… - il tuo è un sussurro, ma è tanto carico d’amore che mi spaventa.

- Tom… - il mio è solo un flebile suono, ma ti illumina il volto.

Tra le lacrime che già rigano le tue guance, se ne aggiungono altre.

- Bill… - riprendi, sempre sussurrando – Che pazzia… -

Non capisco, non mi odi, Tom?

- Io non ti odio, Bill… - replichi alla mia domanda inespressa. – Io ti amo… Sei mio fratello… -

Mi sembra un sogno. Chiudo gli occhi e sospiro. E’ tutto e più di quello che speravo.

Se questo è il paradiso, che ben venga.

Mentre l’incoscienza mi avvolge tra le calde braccia, sento ancora la tua voce.

- Hai visto, Bill? Il fiore è sbocciato… Non mi sbagliavo, eri tu… Ma dovevi ancora trovare te stesso… -

Sì, può darsi, Tom.

Ma quello che m’interessa, adesso, è aver ritrovato te.

 

Aki

 

 

Ciao a tutte, finalmente sono riuscita a tornare con un’altra storia. Immagino di essere ripetitiva, ormai, ma spero che vi piaccia lo stesso… Non ho molta fantasia…

Spero di postare presto un’altra storia che sto completando… avrà 4 capitoli questa volta.

Commentate, mi raccomando!

Baci8i a tutte!

 

 

 

 

   

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: A li