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Autore: Sad Angel    30/01/2008    5 recensioni
Ho pensato di scrivere delle fanfiction autoconclusive basandomi sul testo delle canzoni dei Tokio. Ovviamente, le meravigliose parole dei testi sono opera di Bill, Tom, Gustav e Georg, e di nessun'altro. Spero di non offendere nessuno..
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Salve a tutti

Salve a tutti! Volevo solo sottolineare che le altre parti in rosso, che non fanno parte dei miei commenti, sono frasi di canzoni dei Tokio Hotel, mentre la storia, costruita attorno, è stata immaginata dalla mia mente, immedesimandomi. Perciò, in conclusione… non è oro tutto ciò che luccica! Vorrei ringraziare coloro che leggeranno e, se vorranno, commenteranno. Ci tengo inoltre a dire che spero vivamente di non offendere nessuno e, se ciò dovesse accadere, mi scuso anticipatamente. Viel Danke.

 

 

Sono sempre stato un ragazzo molto timido… Ho sempre impiegato un po’ di tempo prima di lasciarmi andare con le persone, a meno che non avessi percepito da subito una strana sintonia “a pelle”. Non che non mi piaccia condividere i miei pensieri con gli altri. Avevo capito ben presto che la mia difficoltà stava altrove… Trovare le parole adatte per esprimere i miei sentimenti di fronte a persone che reputo importanti. Poi, a dieci anni, ho scoperto che se avevo davanti un foglio di carta bianca, diventava tutto più facile. Potevo esprimere felicità, rabbia, allegria, gioia di vivere… Le parole apparivano come se avessero vita propria, come se anche loro desiderassero parlare… Senza accorgermene, ben presto ogni canzone ha iniziato a rappresentare una parte di me…

 

Sex…

 

Il suo corpo steso nel letto. Accanto a me. Guardai l’orologio sul comodino. Era passata circa un ora da quando avevamo parlato l’ultima volta. Da quando si era addormentata serena. Da quando la stavo osservando, senza riuscire a spostare lo sguardo da lei per più di dieci secondi. Sorrisi. Era accanto a me. Non mi sembrava vero.

Un anno. Era rientrata nella mia vita. Non pensavo di poter essere così fortunato, che davvero ciò potesse accadere. Avevo sempre pensato che si potesse incontrare un angelo solo una volta. Ma lei, invece era tornata… Per me.

 

Una giornata come tante. Il ricordo di lei presente, come se lei se ne fosse andata solo da un giorno. Un campanello che suona.

Era finito un mondo. Un altro era iniziato.

Avevo ascoltato la sua voce. Avevo sorriso del suo imbarazzo. Avevo riconosciuto in lei la medesima speranza intrisa di paura che aveva avvinghiato il mio cuore e la mia mente, così a lungo.

Bill, ich vermißte dich sehr…” Bill, mi sei mancato tanto… aveva detto. Il mio cervello aveva smesso immediatamente di funzionare, il mio cuore, di battere. L’avevo stretta a me. “Du bleibst mit mir... Resta con me… Erano le uniche parole che erano uscite dalla mie labbra. L’avevo sentita singhiozzare. Le mie braccia si erano chiuse ancora più fermamente intorno al suo corpo.

 

Si mosse lentamente nel letto, si avvicinò a me. Allungai le braccia e la tirai dolcemente più vicina. Si accoccolò contro il mio petto, continuando a riposare. Le mie mani si persero fra i suoi capelli morbidi, più lunghi di quanto ricordassi.

Bill…” la sentii mormorare.

Il mio cuore sussultò. Una sensazione che non sarei mai stato in grado di spiegarle mi invase. E’ la prima persona con cui mi capita in questo modo. Come se il cuore prima si fermasse e poi improvvisamente ricominciasse a battere. Rallentato, come se desiderasse fermarsi. Rendere questo l’ultimo istante…

 

Dopo essere rimasti abbracciati sulla soglia per mezz’ora, troppo felici per parlare, eravamo rientrati in casa, mano nella mano. Mi aveva raccontato tutto ciò che le era accaduto ed io avevo fatto altrettanto. Tom ci aveva trovato così, quando era tornato. Prima aveva sbarrato gli occhi poi un sorriso entusiasta era apparso sul suo volto.

Willkommen!” aveva esclamato pieno di gioia. Lei si era alzata dalle mie ginocchia, lui l’aveva abbracciata, un paio di secondi. Poi mi si era avvicinato e aveva stretto un secondo anche me “Sono felice per te, Fratello!” aveva esclamato.

Anche la reazione dei miei amici era stata memorabile. Georg era entrato in cucina, seguito da Gustav. Esterrefatto, era rimasto a bocca aperta, spostando lo sguardo da lei, a me, a Tom. Si era fregato gli occhi, probabilmente pensava di stare sognando.

Es ist nicht möglich…” aveva balbettato.

Io, Tom e lei avevamo riso. “L’unica cosa impossibile qui, sono i tuoi boxer, Georg!” avevo risposto, prendendolo in giro.

“Per curiosità…” iniziò lei, sorridendo “Anche oggi cagnolini…?!?” domandò.

Tom rise. “Nein! Oggi paperelle!” svelò con il suo solito sorriso malizioso.

Georg, ancora incredulo, non sembrava aver minimamente prestato attenzione a ciò che avevamo detto. Si era invece voltato verso Gustav “La vedi anche tu, vero?” aveva chiesto.

A quanto pare, finalmente non ho sbagliato le proporzioni per la cena” aveva risposto Gustav, mentre si faceva strada verso il tavolo, appoggiando due enormi borse di plastica. “Ti ho comprato la marmellata…” aveva aggiunto poi rivolgendosi a lei, come se gliel’avesse promesso quella stessa mattina.

Georg lo aveva guardato, sempre più allibito. Io e Tom avevamo riso ancora, guardando la sua faccia.

Danke, Gus” aveva detto lei, sorridendogli.

Poi si era alzata di nuovo e aveva dato una pacca sulla spalla di Georg. Lui era rimasto pietrificato un secondo, poi l’aveva abbracciata, senza parole.

 

Sdraiato nel letto accanto a lei, ripercorrevo la giornata appena trascorsa nella mia mente. Oramai non mi stupiva più quanto importante fosse diventata, nonostante il pochissimo tempo trascorso insieme. Quel qualcosa di diverso che ci aveva avvicinati all’inizio, non era sbiadito a causa della lontananza. Era rimasto immutato. Quando la mia mente si soffermò su ciò che è accaduto dopo cena, il mio viso arrossì…

 

Era accaduto tutto molto naturalmente. L’avevo accompagnata tenendola per mano fino alla mia stanza. Il cuore correva di nuovo. Vederla all’interno di quelle mura, sdraiata fra le mie braccia mi aveva sempre fatto un certo effetto.

Lei si era seduta sul letto. Avevamo scherzato come al solito. Riso. Da un momento all’altro mi aspettavo che Tom facesse la sua comparsa, per ricordarmi quello che mi aveva detto l’anno prima

I minuti passarono. Nulla.

Lei mi sorrise imbarazzata. Io arrossii ma non seppi resistere. Avevo un anno di sogni irrealizzati alle spalle. Mi avvicinai. Baciandola, prima dolcemente poi con più passione, come non avevo mai fatto. Lei sorrise, contro le mie labbra. Ci sdraiammo abbracciati…

 

Bill?!?” chiamò lei con voce assonnata.

Ja, liebe?” risposi, accarezzandole i capelli.

Lei alzò il viso. Mi guardò, gli occhi assonnati. Allungò una mano, mi accarezzò la guancia. “Sage mich, daß es kein Traum ist...” Dimmi che non è un sogno… mormorò.

Io sorrisi. Il mio cuore rallentò di nuovo. “Die Träume sind nicht so schön....

Non appena comprese che a mio parere i sogni non fossero così belli, lei sorrise. Si tirò un po’ su, baciandomi con dolcezza. Io la strinsi ancora tra le mie braccia. Poco dopo dormiva ancora.

 

Avevamo fatto l’amore quella sera. La nostra prima volta insieme. Lei non era stata la prima ma, in un certo senso, era come se lo fosse. Ogni mio gesto era stato diverso. Me ne ero accorto subito. Ogni carezza era come una sintesi di noi. La dolcezza, l’amore, si erano fuse assieme al bisogno. Non solo bisogno fisico, ma mentale e sentimentale. Il corpo, il cuore, la mente. Un'unica necessità. Lei.

 

Senza rendermene conto, mi ritrovai a dire “Für dich geh ich durch die Wand, Du behandelst mich perfekt, und es geht im Endeffekt nicht einfach nur um Sex

 

Il giorno dopo, “Sex” vide la luce.

 

 

 

 

 

 

 

  
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