Salve a
tutti! Volevo solo sottolineare che le altre parti in
rosso, che non fanno parte dei miei commenti, sono frasi di canzoni dei Tokio
Hotel, mentre la storia, costruita attorno, è stata immaginata dalla mia mente,
immedesimandomi. Perciò, in conclusione… non è oro
tutto ciò che luccica! Vorrei ringraziare coloro che
leggeranno e, se vorranno, commenteranno. Ci tengo inoltre a dire che
spero vivamente di non offendere nessuno e, se ciò dovesse accadere, mi scuso
anticipatamente. Viel Danke.
Sono sempre stato un
ragazzo molto timido… Ho sempre impiegato un po’ di tempo prima di lasciarmi
andare con le persone, a meno che non avessi percepito
da subito una strana sintonia “a pelle”. Non che non mi piaccia
condividere i miei pensieri con gli altri. Avevo capito ben presto che
la mia difficoltà stava altrove… Trovare le parole adatte per esprimere i miei
sentimenti di fronte a persone che reputo importanti. Poi, a dieci anni, ho
scoperto che se avevo davanti un foglio di carta bianca, diventava
tutto più facile. Potevo esprimere felicità, rabbia, allegria, gioia di vivere…
Le parole apparivano come se avessero vita propria, come se anche loro
desiderassero parlare… Senza accorgermene, ben presto ogni canzone ha iniziato
a rappresentare una parte di me…
Sex…
Il suo corpo steso nel
letto. Accanto a me. Guardai l’orologio sul comodino. Era passata circa un ora da quando avevamo parlato l’ultima volta. Da quando si era addormentata serena. Da quando la stavo osservando, senza riuscire a spostare lo sguardo da lei per
più di dieci secondi. Sorrisi. Era accanto a me. Non mi
sembrava vero.
Un anno. Era rientrata
nella mia vita. Non pensavo di poter essere così fortunato, che davvero ciò
potesse accadere. Avevo sempre pensato che si potesse incontrare un angelo solo
una volta. Ma lei, invece era tornata… Per me.
Una giornata come
tante. Il ricordo di lei presente, come se lei se ne
fosse andata solo da un giorno. Un campanello che suona.
Era finito un mondo. Un
altro era iniziato.
Avevo ascoltato la sua
voce. Avevo sorriso del suo imbarazzo. Avevo riconosciuto in lei la medesima
speranza intrisa di paura che aveva avvinghiato il mio cuore e la mia mente,
così a lungo.
“Bill,
ich vermißte dich sehr…” Bill, mi sei mancato tanto… aveva detto. Il mio cervello aveva smesso
immediatamente di funzionare, il mio cuore, di battere. L’avevo stretta a me. “Du bleibst mit
mir...” Resta con me… Erano
le uniche parole che erano uscite dalla mie labbra.
L’avevo sentita singhiozzare. Le mie braccia si erano chiuse ancora più fermamente
intorno al suo corpo.
Si mosse lentamente nel
letto, si avvicinò a me. Allungai le braccia e la tirai dolcemente più vicina.
Si accoccolò contro il mio petto, continuando a riposare. Le mie mani si
persero fra i suoi capelli morbidi, più lunghi di quanto ricordassi.
“Bill…”
la sentii mormorare.
Il mio cuore sussultò.
Una sensazione che non sarei mai stato in grado di
spiegarle mi invase. E’ la prima persona con cui mi capita in questo modo. Come se il cuore prima si fermasse e poi improvvisamente
ricominciasse a battere. Rallentato, come se
desiderasse fermarsi. Rendere questo l’ultimo istante…
Dopo essere rimasti
abbracciati sulla soglia per mezz’ora, troppo felici per
parlare, eravamo rientrati in casa, mano nella mano. Mi aveva raccontato
tutto ciò che le era accaduto ed io avevo fatto altrettanto. Tom ci aveva trovato così, quando era tornato. Prima aveva sbarrato gli occhi poi un sorriso entusiasta era
apparso sul suo volto.
“Willkommen!”
aveva esclamato pieno di gioia. Lei si era alzata dalle mie
ginocchia, lui l’aveva abbracciata, un paio di secondi. Poi mi si era
avvicinato e aveva stretto un secondo anche me “Sono felice per te, Fratello!”
aveva esclamato.
Anche la reazione dei miei
amici era stata memorabile. Georg era entrato in
cucina, seguito da Gustav. Esterrefatto, era rimasto a bocca aperta, spostando lo sguardo da lei, a me, a Tom. Si era fregato gli occhi, probabilmente pensava
di stare sognando.
“Es
ist nicht möglich…” aveva balbettato.
Io, Tom
e lei avevamo riso. “L’unica cosa impossibile qui,
sono i tuoi boxer, Georg!” avevo risposto,
prendendolo in giro.
“Per curiosità…” iniziò
lei, sorridendo “Anche oggi cagnolini…?!?” domandò.
Tom rise. “Nein! Oggi paperelle!” svelò con
il suo solito sorriso malizioso.
Georg, ancora incredulo, non
sembrava aver minimamente prestato attenzione a ciò che avevamo detto. Si era
invece voltato verso Gustav “La vedi anche tu, vero?”
aveva chiesto.
“A
quanto pare, finalmente non ho sbagliato le proporzioni per la cena”
aveva risposto Gustav, mentre si faceva strada verso
il tavolo, appoggiando due enormi borse di plastica. “Ti ho comprato la
marmellata…” aveva aggiunto poi rivolgendosi a lei, come se gliel’avesse
promesso quella stessa mattina.
Georg lo aveva guardato,
sempre più allibito. Io e Tom avevamo
riso ancora, guardando la sua faccia.
“Danke,
Gus” aveva detto lei, sorridendogli.
Poi si era alzata di
nuovo e aveva dato una pacca sulla spalla di Georg.
Lui era rimasto pietrificato un secondo, poi l’aveva
abbracciata, senza parole.
Sdraiato nel letto
accanto a lei, ripercorrevo la giornata appena trascorsa nella mia mente.
Oramai non mi stupiva più quanto importante fosse diventata,
nonostante il pochissimo tempo trascorso insieme. Quel qualcosa di diverso che
ci aveva avvicinati all’inizio, non era sbiadito a causa
della lontananza. Era rimasto immutato. Quando la mia
mente si soffermò su ciò che è accaduto dopo cena, il mio viso arrossì…
Era accaduto tutto
molto naturalmente. L’avevo accompagnata tenendola per mano fino alla mia
stanza. Il cuore correva di nuovo. Vederla all’interno di quelle mura, sdraiata
fra le mie braccia mi aveva sempre fatto un certo effetto.
Lei si era seduta sul
letto. Avevamo scherzato come al solito. Riso. Da un
momento all’altro mi aspettavo che Tom facesse la sua
comparsa, per ricordarmi quello che mi aveva detto l’anno
prima…
I minuti passarono.
Nulla.
Lei mi sorrise
imbarazzata. Io arrossii ma non seppi resistere. Avevo
un anno di sogni irrealizzati alle spalle. Mi
avvicinai. Baciandola, prima dolcemente poi con più passione,
come non avevo mai fatto. Lei sorrise, contro le mie labbra. Ci
sdraiammo abbracciati…
“Bill?!?” chiamò lei con voce assonnata.
“Ja,
liebe?” risposi, accarezzandole i capelli.
Lei alzò il viso. Mi
guardò, gli occhi assonnati. Allungò una mano, mi accarezzò
la guancia. “Sage mich, daß
es kein Traum
ist...” Dimmi che non è un sogno… mormorò.
Io sorrisi. Il mio
cuore rallentò di nuovo. “Die Träume
sind nicht so schön....”
Non
appena comprese che a mio parere i sogni non fossero così belli, lei sorrise. Si tirò un po’ su,
baciandomi con dolcezza. Io la strinsi ancora tra le mie braccia. Poco dopo
dormiva ancora.
Avevamo fatto l’amore
quella sera. La nostra prima volta insieme. Lei non era stata la prima ma, in
un certo senso, era come se lo fosse. Ogni mio gesto era stato diverso. Me ne ero accorto subito. Ogni carezza era come una sintesi di
noi. La dolcezza, l’amore, si erano fuse assieme al bisogno. Non solo bisogno
fisico, ma mentale e sentimentale. Il corpo, il cuore, la mente. Un'unica necessità.
Lei.
Senza rendermene conto,
mi ritrovai a dire “Für dich geh ich
durch die Wand, Du behandelst
mich perfekt, und es geht im
Endeffekt nicht einfach nur um
Sex”
Il giorno dopo, “Sex” vide la luce.