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Autore: flawselesbian    20/07/2013    1 recensioni
Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare, ma non importava, la strada era la nostra vita.
I veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perchè, i loro desideri hanno le forme delle nuvole.
Tra vent’anni sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per quelle che avete fatto, quindi mollate le cime allontanatevi dal porto sicuro, prendete con le vostre vele i venti. Esplorate. Sognate. Scoprite.
E noi l'abbiamo fatto. Io, Justin, e la nostra voglia di esistere.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte ragazze! Sono qui di nuovo, con una nuova storia.

Cercherò di essere breve, lo giuro.

Dovete sapere innanzitutto che è nata da un cellulare ed è stata sviluppata lì dentro, tempo fa ho smesso di usare quel telefono e credevo di averla persa e invece..

Eccoci qui! Questa storia mi appartiene molto di più delle altre e mi piace, spero che sia lo stesso per voi.

Nel pomeriggio di domani pubblicherò il continuo delle altre storie, intanto, godetevi questo.

confido in voi per delle recensioni

 

 

 

 

 

Capitolo 1

 

Il mio oroscopo dell'anno proclamava a gran voce il seguente obbiettivo: "Occupy Treno". 

 

Che voleva dire? Non chiedetelo certamente a me.

 

L'avevo letto sul mio sgualcito diario della Smemo, piena di leggerezza, durante l'ora super noiosa di storia. Con la stessa leggerezza, poi, avevo deciso di farlo davvero. Avevo deciso di dar voce a quelle righe ammutolite e spiaccicate fra una foto, una scritta ed un altro centinaio di foto ritagliate da squallidi giornalini per pre-adolescenti, troppo inutile per rubare un posto a casa o minuti di lettura.

Avevo aspettato che la mia assenza fosse stata dichiarata in edificio scolastico e poi bum.

 

Primo treno per il nord.

Primo treno verso la sfida.

Primo treno dei troppi.

Primo treno.

 

Firenze fu la prima.

 

Prima città del nord.

Prima città verso la sfida.

Prima città delle tante.

Prima città.

 

Ero ancora troppo stupida allora e non mi rendevo conto di nulla, come di quanto sarebbe stata compromettente quella scelta.

Avrei potuto essere stata costretta a tornare a casa dopo, e a quel punto avrei dovuto subire le conseguenze di quella follia, oppure avrei potuto crearmi una nuova vita, nel senso di nuova identità, nuovo modo di porsi, nuovo aspetto, nuovo tutto.

Ma no, io non l'avevo fatto.

 

Io scesi a Firenze, mi avvicinai ad un telefono pubblico e chiamai Roma.

 

«Pronto mamma, sono scappata di casa».

 

Ah, già, mi rispose la segreteria, quella voce fastidiosa.

Mia mamma non lo usava mai il cellulare.

 

Scappare non era il verbo giusto, andare via sì.

Avevo diciotto anni, da due mesi ormai ed ero maggiorenne.

 

Rimasi a Firenze tre giorni, poi, ripresi il treno.

 

Genova fu la seconda.

Seconda città del nord.

Seconda città verso la sfida.

Seconda città delle tante.

Seconda città.

 

Stetti per una settimana, lì.

In realtà la mia psiche si era rifiutata più volte e farà piacere sapere che il mio pregiudizio era stato abbattuto come castelli di sabbia in aria.

Non avevo molto con me, dormivo in stazione e sembravo una senzatetto.

Ogni tanto controllavo le nuove partenze o facevo un giro per il centro, solo per essere masochista.

I soldi li avevo, in abbondanza, vestiti no, quelli erano ridotti ad un misero spazio nello zaino giallo.

Zaino giallo era bello e piuttosto spazioso, l'ho tenuto per tutti i viaggi.

 

Mi piaceva Genova e il suo odore di mare, mi piaceva pure io suo essere ultraggiosamente sporca.

 

La terza fu Torino.

Torino non mi piacque.

Torino mi ricorda i tori e i tori io li odio.

A Torino rimasi quattro ore.

A Torino trovai 25 euro in un vagone e li rubai.

Mi comprai un panino, dell'acqua e un caffè dopo due giorni di digiuno, ma non fa niente, una volta ho letto in un libro della dieta 5:2 che digiunare fa bene al cervello.

 

Puzzavo, anche.

La gente mi stava lontana oppure andavo via io.

Lì decisi di tingermi i capelli, i miei adorati capelli castani.

Lo feci in un bagno della stazione e la gente credette fossi pazza.

Mi tinsi di nero, come Joshua, nero scuro, spaventosamente nero scuro.

Riuscii anche a lavarmi i denti e a cambiarmi un paio di volte la biancheria.

 

A Torino già mi mancava Genova.

A Genova ero allegra.

A Roma, invece, ero solo indifferente.

Roma era troppo stretta e non mi manca.

Avevo scoperto di essere claustrofobica.

A volte, in treno, mi sentivo male, guardavo fuori ma mi sentivo troppo stretta.

 

 

---

 

 

Dopo Torino ci fu Bologna. Quello fu uno dei viaggi più lunghi.

Bologna non mi influenzò, ci ero già stata con Elia per il festival del freestyle.

Lì lo avevo visto per la prima volta.

Poi, sono stata a Venezia.

 

Venezia fu la quinta.

Venezia era noiosa.

Venezia era fredda e umida.

Era cattiva e me non piacciono i cattivi. Così, andai via dopo solo un giorno.

 

Alcuni giorni capitava che i vagoni fossero pieni zeppi e c'era una confusione assurda. Io non parlavo. Me ne stavo ferma ad aspettare con la testa sul vetro e quando quello non era il mio posto fissavo.

E non fissavo il vuoto perchè il mio vuoto era pieno. E il mio pieno era il mio vuoto.

Aspettavo, anzi no, trascorrevo.

Non c'era niente che aspettassi. Forse c'era solo tutto ciò che speravo. E io non speravo niente, perchè sognavo e basta.

 

Con il passare del tempo la mia mandibola aveva scoperto la pace. Nessun sorriso, nessun singhiozzo, nessun movimento, niente.

La mia mandibola non si muoveva. La mia mandibola non faceva niente.

Ecco, per lei il niente era pace e a volte pensava, pensava di poter aver pace per sempre.

Io, continuavo l'Occupy Treno. Se questo la rendeva felice, allora, Perchè Andare Contro Essa.

 

La sesta fu diversa.

La sesta fu migliore.

La sesta fu stata luce. Luce gialla nell'incolore. Gialla come zaino giallo. Gialla come i capelli ricci di Elia.

Milano fu la sesta, sei come il compleanno di Joshua.

Sei dicembre, il giorno in cui ci arrivai.

 

T-shirt bianca con una macchia di caffè vicino alla scritta 'DRUGS MAKE THIS WORLD IN', jeans skinny dalle ginocchia in giù, felpa grigia della Carlsberg e Nike ai piedi con la linguetta in vista perchè fa più lupo solitario figo.

 

A Milano mi lavai in una palestra vicino alla stazione, i soldi li avevo ancora e ho fatto pesi, per mezz'ora.

Milano mi piacque e non tornai subito in stazione, no. Presi la metro e andai in centro.

Milano era bella, c'era il sole e ci rimasi tanto.

A Milano persi il treno per Parigi, volevo andare all'estero e fu in quel momento che lo rividi. Non lo riconobbi subito.

 

«Il treno per Parigi è già partito?» disse rivolgendosi probabilmente a me che stavo guardando insistentemente il binario vuoto di fronte a me.

Non risposi e lui mi guardò.

 

«Si» dissi poi.

 

«Cazzo» mormorò.

 

«E non ce ne sono altri fino alla settimana prossima» continuai prevenendo la sua domanda mentale, inevitabile.

 

Alzò lo sguardo su di me e mi guardò per alcuni secondi.

Scosse la testa continuando a guardarmi. 

Si morse il labbro sbuffando leggermente e rialzando gli occhi.

Improvvisamente li sbarrò.

 

«Che c'è?» chiesi nervosamente ottenendo solo un misero balbettio e un movimento con la testa che aveva tutta l'aria di essere qualcosa pieno di stupore.

 

«C'è qualche problema?» ripetei ansiosa torturandomi le mani.

 

Lui non parlò continuando ad osservarmi incutendomi soggezione.

Il suo sguardo era indecifrabile e io non ero mai stata neppure brava a capirli.

Cercai qualcosa nei suoi occhi ma ogni qual volta ci provavo mi perdevo nella trappola di quelle pozze meravigliose.

 

Tesi le orecchie aspettando che la sua bocca emettesse qualche suono.

 

«Non ci credo» borbottò finalmente.

«Elizabeth?»


 

♡Per sapere quando aggiorno seguitemi su twitter @drewakaorgasm

   
 
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