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Autore: Patta97    20/07/2013    4 recensioni
Dopo nemmeno venti minuti, Sherlock è già perplesso e infastidito dalle immagini che si susseguono sullo schermo.
- Una conferenza mentre dormono? Candele soporifere? E quel coso cosa dovrebbe essere, una patata? Oh, John, mi dispiace per il tuo povero cervello.
- Shhh, Sherlock, non fare così – tenta di calmarlo l’altro, accarezzandogli i capelli e ignorando la velata offesa alla propria intelligenza. – Stai male, non puoi seguire nessun caso e sei confinato in casa con me: perfetto. Ma se solo tentassi di seguire, ti sarebbe tutto più chiaro e non disturberesti me.

Sherlock è malato ed è costretto a stare in casa a guardare "The name of the Doctor" con John...
Note: Johnlock, riferimenti a Doctor Who, sequel di "What to do with scarves and bowties"
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock Who?'
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Ciao!
Rieccomi in questo fandom dopo un po' (dato l'ultima storia che non ha avuto molto successo) con il sequel della mia vecchia What to do with scarves and bowties, perché dopo tutti gli spoiler del Comic-Con (dei quali non faccio nessun riferimento nella storia, eh) mi andava di scrivere qualcosa. Consiglio quindi di leggere la mia precedente one shot ma, a chi non va, faccio il favore (?) di riassumerla qui: John, dopo i tre anni di separazione, si è dichiarato a Sherlock, il quale non sembra interessato ma solo imbarazzato dalla situazione; guardando The wedding of River Song, però, il medico scopre che il suo coinquilino aspettava solo il momento propizio per dichiararsi, con l'aiuto e il sottofondo di quella puntata di Doctor Who, una delle preferite di John. 
Bene, quindi durante questa storia loro stanno già insieme e da un po'. Ripeto quindi che Sherlock è raffreddato, che c'è tanta slash e tanto fluff (come sempre nelle mie storie... sigh). Ah! La storia è più o meno ambientata a maggio, quando mandavano su BBC one le puntate della settima stagione di DW in prima visione.
Vi lascio e spero siate ancora interessati a leggere dopo queste note chilometriche... Lasciatemi un parere!
Chiara






Never say goodbye (sweetie).



- Jawn.
 
- Che c’è? Vuoi altra acqua? Zuppa? Una coperta?
 
- John, è maggio e fa piuttosto caldo. Non voglio una terza coperta addosso e nemmeno della zuppa bollente.
 
- Allora prendo dell’acqua?
 
Sherlock scalcia via i plaid che ricoprivano il suo lungo corpo dalla testa ai piedi e incrocia le braccia al petto, indispettito che il suo compagno non capisse.
- Volevo semplicemente che tu spegnessi la televisione.
 
John spegne il computer e guarda Sherlock dalla propria poltrona.
- Non se ne parla. Tra dieci minuti inizia l’ultima puntata della settima stagione di Doctor Who e non ho intenzione di perdermela a causa dei tuoi capricci da bimbo malato.
 
- Ma Jawn. Quel telefilm è stupido.
 
- Non è ‘stupido’, sei tu che ti distrai e non riesci a seguire la trama a dovere. E poi mi sembra che ti sia stato utile, in passato.(1)
 
Il consulente investigativo mugugna qualcosa e mette su il broncio.
- Forse dell’acqua non sarebbe male.
 
Il dottore sorride e, alzatosi dalla poltrona, va in cucina a riempire un bicchiere con dell’acqua fresca, portandolo poi a Sherlock.
- Ti senti ancora la febbre? – domanda, scostando dolcemente i riccioli dalla fronte dell’altro per sentire la temperatura.
 
- No – risponde il detective, tra un sorso e l’altro.
 
- Bene, ma prima di andare a letto dovrai prendere dell’altro antibiotico, la tua voce è ancora troppo rauca, la gola arrossata e…
John si interrompe nel sentire le voci famigliari borbottare dalla tv e recupera il telecomando dal tavolino di fronte al divano, alzando il volume.
- Dai, fammi spazio – incinta poi Sherlock, intenerito dal broncio che quello si ostina ancora a portare. Il consulente recupera con uno sbuffo le coperte ai propri piedi e se le avvolge addosso raggomitolandosi sulle gambe del dottore, il quale si era appena accomodato accanto a lui.
 
Dopo nemmeno venti minuti, Sherlock è già perplesso e infastidito dalle immagini che si susseguono sullo schermo.
- Una conferenza mentre dormono? Candele soporifere? E quel coso cosa dovrebbe essere, una patata? Oh, John, mi dispiace per il tuo povero cervello.
 
- Shhh, Sherlock, non fare così – tenta di calmarlo l’altro, accarezzandogli i capelli e ignorando la velata offesa alla propria intelligenza. – Stai male, non puoi seguire nessun caso e sei confinato in casa con me: perfetto. Ma se solo tentassi di seguire, ti sarebbe tutto più chiaro e non disturberesti me.
 
- Adesso sarei io a disturbare te. È questo programma che sta insultando il buonsenso e la coerenza.
 
E cinque minuti dopo ancora…
- Ma certo. “C’è un posto dove non devo mai andare” e subito ci va, ovvio. Tutto per salvare una cameriera morta, la lucertola troppo cresciuta con cui questa intrattiene un discutibile rapporto e una patata con manie distruttive.
 
- Sherlock…
 
Un quarto d’ora più tardi, il consulente investigativo tuttavia si zittisce quando John gli tappa la bocca con una mano per riuscire ad ascoltare gli ultimi minuti, intristito: Clara Oswald si è appena decisa ad entrare nella linea temporale del Dottore, nonostante questo significherà la propria morte.
 
“Run. Run, you clever boy, and remember.”(2)
 
- E questo che vorrebbe dire? – Sherlock si liberò dalla mano che impediva le sue petulanti parole. - Dovrebbe essere una frase ad effetto? Non ha alcun effett…
 
- L’ha già detto quando è morta le altre volte! Zitto!
 
- ‘Morta le altre volte’…? – ma John non gli presta più attenzione, ormai, tutto rapito dal discorso che il Dottore sta intrattenendo con quella che Sherlock ricorda essere sua moglie. E poi dal loro successivo bacio. Il detective starnutisce e guarda la scena con un sopracciglio alzato, annoiato come non mai nonostante le mani calde del suo dottore lo stiano coccolando per tenerlo calmo.
 
“Ci si vede in giro, professoressa Song.”
 
“Fino alla prossima volta.”
 
Sherlock avverte che il massaggio delle dita di John sulla sua cute si è interrotto e le mani irrigidite. Gira appena la testa sul grembo del dottore e osserva di nascosto la sua espressione, restandone stupito e sconcertato. Il suo compagno ha la mascella irrigidita e le labbra serrate in una smorfia. La meraviglia di Sherlock si trasforma in preoccupazione quando, udendo le parole “addio, dolcezza”, dagli occhi di John cola silenziosa una lacrima che cade bagnata e bollente sulla fronte corrugata del consulente. Si scosta dalla presa dell’altro e si tira a seder sul divano, allarmato.
- John. John, che succede?!
 
Il dottore lo guarda di rimando con aria malinconica e quello che vorrebbe essere un sorriso, ma appare più come una distorta e triste metamorfosi della smorfia di poco prima.
 
- John… - prova ancora Sherlock, poggiandogli una mano sulla spalla e stringendo piano, non sapendo proprio cosa fare.
 
- Promettilo – dice alla fine l’altro con voce autoritaria e debole allo stesso tempo. – Prometti che tra di noi non ci sarà mai, mai un addio.
 
Il consulente investigativo capisce che il dottore deve avere pensato a quando erano stati separati per quei tre lunghi anni, ma continua a non sapere che dire o come comportarsi. Non se la sente di approfondire il discorso: per John era stata dura almeno quanto lo era stata per lui. Tutto quel tempo separati, il brusco riavvicinamento e poi la pace raggiunta con le rispettive dichiarazioni. Sorride al ricordo della propria e sposta lentamente la mano dalla spalla di John per posarla sulla sua guancia, spazzando via col pollice la striscia umida lasciata dalla lacrima. – Te lo prometto – sussurra, cercando anche lui di mantenere un tono di voce fermo. Sherlock
 
Il corpo del medico finalmente si scioglie e John si volta verso Sherlock, stringendolo in un abbraccio soffocante e depositando baci fin dove riesce ad arrivare. Lascia per ultima la bocca a cuore, dove si sofferma più a lungo e con più passione.
 
Il consulente si scosta. – Sarai felice. Adesso verranno febbre e raffreddore pure a te e ti dovrai curare da solo.
 
John scioglie l’abbraccio e poggia la schiena al divano, tornando a guardare la televisione. La sua espressione divertita e rassicurata però si spegne quando vede solamente i titoli di coda della puntata con la caratteristica sigla.
- Sarei felice – scimmiotta. – Adesso non saprò mai come va a finire.
 
- Non essere sciocco, Jawn. Potrai sempre cercare la puntata in streaming, godendoti un video scadente e un audio mediocre.
 
Il dottore sospira e si alza dal divano, spegnendo la tv.
 
- Comunque stai tranquillo, la BBC ci tiene a non fare finire mai serie come questa per tenere sulle spine quei poveretti con la fissa e dal cervello spappolato o inutilizzato, i quali continueranno a guardare e riguardare le stesse insulse puntate fino a che…
 
Per l’ennesima volta quella sera, però, l’incessante fiume di acide parole di Sherlock fu interrotto dal suo compagno, anche se molto più piacevolmente stavolta, sotto forma di bacio.
Così, non importandosene di batteri, febbre e raffreddore, John si godette quel meritato amore, ringraziando il cielo della propria fortuna.
 
 
 
(1) Riferimento al “prequel” di questa storia, quella di cui faccio riferimento nelle note iniziali.
(2) Mi sono rifiutata di tradurre anche io “clever boy” in “sapientone”, così come hanno fatto i doppiatori italiani, quindi ho lasciato questa frase in inglese.
  
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