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Autore: oswin_    20/07/2013    1 recensioni
Carcere di Phoenix, 10 anni prima dell'arrivo di Emma a Storybrooke.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi rigiro tra le lenzuola, facilmente comparabili a luridi stracci. Unico strumento di riscaldamento in questa fredda cella di prigione. Socchiudo i miei occhi arrossati per la stanchezza, lasciandomi dolcemente cullare dalle braccia di Morfeo che mi accoglie senza alcun indugio. Il dolce sogno prende possesso della mia immaginazione, mentre il delicato volto di quella donna che all'orfanotrofio mi cantava sempre la ninna nanna mi compare davanti. La sua voce inizia a risuonare leggiadra nel sogno, e le parole di quella ninna nanna mi avvolgono, facendomi tornare bambina, per immensi secondi.

"Close your eyes
Get some sleep
It's too late now
To change anything
But it's alright
Get some sleep
It's so dark outside
So close your eyes
And feel the world turn round
If you're not lost 
I guess that makes you found."

La mia mente si rilassa, in questo sogno, al solo udire quella voce di velluto che da sempre riesce a farmi stare bene.
Tutto è sereno. Tutto calmo. Troppo calmo.
Un urlo straziante spezza la dolce canzone. Il mio urlo straziante, un dolore insopportabile, come una pugnalata mi assale.
Spalanco velocemente gli occhi, rendendomi conto del sogno appena fatto. Quella ninna nanna, e poi quel dolore.
Quel dolore così reale, così reale che quasi posso sentirlo tutt'ora.. o forse lo sento davvero.
Scosto velocemente le lenzuola da sopra al mio corpo, lasciando scorrere le mie mani fino in prossimità della coscia.
Sento il fiato mancarmi, nel ritrovarmi bagnata, mentre i miei occhi si spalancano.
Si spalancano in un'espressione spaventata, sconvolta. È ora. È il momento.
Un dolore lancinante prende possesso del mio corpo, mentre un urlo violento riecheggia in tutto il carcere, facendo svegliare praticamente tutti. È il momento.
Sta nascendo e, questi, sono gli ultimi attimi che passerò con lui. Per quanto sia giusto metterlo in adozione, so già che sarà tremendamente difficile staccarmi da lui.
Ma non posso garantirgli una vita felice per stare con me, non so neanche se riuscirò a cavarmela io. Altri urli susseguono il primo, finché non vengo portata nella discreta infermeria del carcere. Qui sono sistemata su un letto, che si può definire tale, molto più comodo di quello in cui sono obbligata a dormire da mesi, dietro a delle sbarre.
Non ho idea di cosa stia facendo il medico chiamato d'urgenza, credo mi stia iniettando qualcosa in grado di attutire, anche se leggermente, il dolore. Altre contrazioni iniziano a portarmi allo stremo.
Respiro con affanno, con gli occhi colmi di lacrime per il dolore, fissando il medico in cerca di un appiglio. In cerca di aiuto.
Nulla, neanche il medico sembra essere in grado di infondermi fiducia. Le contrazioni si fanno sempre più intense, i suoni esterni giungono alle mie orecchie come ovattati, sono impossibilitata di intendere e volere, in questo momento non posso fare altro che spingere.
Spingere e respirare. Ogni spinta è susseguita da un urlo rappresentante ogni singola fibra di quel dolore, alla milionesima spinta il dolore è ad un livello talmente altro, che quasi vorrei morire.
Con tutta la forza che ho in me spingo, e spingo, finché qualcosa, quel qualcosa, mi riporta alla realtà estasiandomi per qualche istante.
Un pianto, il suo pianto.
Osservo il medico tagliare il cordone ombelicale. C'è l'ho fatta, è nato!
Lascio cadere la mia testa, stancamente, all'indietro e prendo un profondo respiro, stremata sia fisicamente che psicologicamente.
Socchiudo gli occhi, sapendo che ora lo porteranno via ma, con mia grande sorpresa, subito me lo mettono tra le braccia. Osservo confusa il medico, per poi scuotere quasi impercettibilmente la testa e guardare la dolce creatura tra le mie braccia.
Con una mano prendo la sua, così piccola e così delicata in confronta alla mia, e avvicino le sue piccole dita alla mia bocca, baciandole dolcemente.
"Hey, benvenuto al mondo piccolino..."
Lui è il mio miracolo, lo spettacolo più estasiante a cui io abbia mai assistito.
Il mio angelo.
Mio figlio.
Socchiudo gli occhi, stringendolo con delicatezza ancor di più a me e poggiando la testa contro il cuscino.
Ciò che vorrei fare ora, è riaddormentarmi, sentire di nuovo quella voce di velluto. Ma l'unica cosa che mi si presenta, è il dottore che mi toglie mio figlio dalle braccia, e io lo guardo allontanarsi con il mio miracolo, sicura che mai più assisterò a tale spettacolo.
Vorrei sussurrare quella parola, quella semplice parola che si dice quando si è sicuri di non rivedere mai più una persona, ma l'unica cosa che riesco a fare e aprire leggermente la bocca, reprimendo invano le lacrime che si affrettano a sgorgare fuori dai miei occhi.
Lo stanno portando via.
E non lo rivedrò più.





[Gentilmente revisionato da Herondale]
   
 
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